LA CORTE DEI CONTI
    Ha  formulato  la  seguente  ordinanza  nel  giudizio  di  appello
 iscritto al n. 1162/SR/A del registro  di  segreteria,  proposto  dal
 Procuratore  Generale  avverso  la  sentenza  n.  28/1991  in data 18
 gennaio 1991 della sezione prima giuridizionale ordinaria;
    Visti gli atti di causa;
    Uditi all'udienza  pubblica  dell'8  aprile  1992  il  consigliere
 relatore  Rita  Arrigoni  ed  il  pubblico ministero vice procuratore
 generale Tommaso Cottone;
    Premesso che nel corso del giudizio di primo grado instaurato  nei
 confronti dei signori Amelia e Silvio Smedile, quali eredi del signor
 Antonio  Smedile  - dipendente del Ministero dei lavori pubblici - e'
 intervenuta - gia' citati detti eredi - la legge 8  giugno  1990,  n.
 142,   la   quale   all'art.   58,   quarto   comma,  ha  escluso  la
 trasmissibilita' agli eredi della responsabilita' per danni cagionati
 dal de cuius al comune o alla provincia di cui era  amministratore  o
 dipendente;
    Premesso  altresi'  che  il giudice di primo grado con la sentenza
 impugnata ha assolto detti  eredi  per  mancanza  di  legitimatio  ad
 causam  avendo  ritenuto  ai  medesimi applicabile il richiamato art.
 58, quarto comma della legge n. 142/1990, pur trattandosi di eredi di
 dipendente statale anche se deceduto il dante causa e gli eredi  gia'
 citati prima dell'entrata in vigore della detta legge n. 142/1990;
    Considerato  che  secondo un indirizzo giurisprudenziale di questa
 Corte, che questo giudice ritiene di condividere, l'art.  58,  quarto
 comma, per la parte che qui interessa, pur essendo norma sostanziale,
 ha  efficacia  retroattiva  ed  e'  applicabile a tutti i giudizi nei
 confronti  di eredi di amministratori e dipendenti del comune e della
 provincia gia' pendenti alla data in vigore  della  legge  citata  in
 quanto  norma  di  favore,  di  diritto  pubblico  e jus superveniens
 applicabile  ai  rapporti  giuridici  pendenti   al   momento   della
 decisione;
      che a tali conclusioni detta giurisprudenza, condivisa da questo
 giudice, e' pervenuta nella considerazione:
       a) che si tratta di rapporti ad effetti non esauriti;
       b) che la citata legge n. 142/1990 disciplina gli effetti e non
 il fatto generatore della situazione giuridica;
       c)  che  la  responsabilita'  amministrativa si concreta in una
 situazione soggettiva  che  si  protrae  nel  tempo,  alla  quale  va
 applicato  lo  jus  superveniens secondo la teoria dei fatti compiuti
 (cfr. in tal senso Corte dei conti, sezione seconda, n.  317  del  15
 ottobre  1991;  sezione  prima  n.  60  del 22 febbraio 1991; sezione
 seconda n. 330 dell'8 ottobre 1990. Cfr. peraltro in senso  contrario
 per  una  diversa ricostruzione in ordine ai limiti di applicabilita'
 dello jus superveniens secondo la teoria del fatto  compiuto  sezione
 prima  n.  245  del  26  novembre 1990, sezioni riunite n. 751 del 17
 febbraio 1992 e piu' in generale Cass. civ.  n.  2003  del  12  marzo
 1990.  Cfr.  infine  Corte  costituzionale ordinanza n. 475 del 16-19
 dicembre 1991);
    Considerato che, posta la retroattivita' della  norma,  essa  allo
 stato   appare  applicabile  solo  agli  eredi  di  amministratori  e
 dipendenti dei comuni e delle province e  non  anche  agli  eredi  di
 dipendenti  statali - come nella fattispecie per cui e' qui causa - e
 di amministratori e dipendenti di altri enti pubblici istituzionali e
 locali;
    Considerato per l'effetto che il piu' volte  richiamato  art.  58,
 quarto  comma,  appare  di  dubbia  costituzionalita',  in quanto non
 applicabile alla fattispecie  per  cui  e'  qui  causa  ed  ad  altre
 consimili,  per  violazione  dell'art.  3  della Costituzione - cosi'
 operando una disparita' di trattamento tra  eredi  di  amministratori
 e/o  dipendenti  comunali e provinciali ed eredi degli altri pubblici
 dipendenti  soggetti  alla  giurisdizione  di  questo  giudice  -   e
 dell'art.  97  della  Costituzione  - la' dove sancisce i principi di
 imparzialita' oltreche' di buon andamento dell'Amministrazione -,  il
 tutto  in  un ordinamento che ha inteso ricondurre in un unico regime
 le responsabilita' (art. 58, primo comma);
    Considerato che la norma di cui al piu' volte richiamato art.  58,
 quarto  comma,  che costituisce deroga ai principi geneali in materia
 di successione mortis causa nei limiti e nella  prospettazione  indi-
 cate,  non  appare  scorretta  da  alcuna  esigenza  o  situazione di
 peculiarita';
    Rilevato infine che la norma stessa appare  in  contrasto  con  il
 principio  di  razionalita',  atteso il contrasto tra il primo comma,
 che pone un principio di omogeneizzazione  delle  responsabilita'  di
 tutti  i pubblici dipendenti, ed il successivo quarto comma, che pone
 ingiustificate discriminazioni per quanto innanzi  detto  e  pertanto
 sotto  tale  profilo  non  appare  rilevante  ai fini del decidere la
 dedotta questione di legittimita' costituzionale dell'art. 58, quarto
 comma, nella parte in  cui  non  prevede  l'esclusione  dai  rapporti
 patrimoniali trasmissibili agli eredi della responsabilita' per danni
 cagionati  anche  da  de cuius allo Stato pubblica amministrazione di
 cui era dipendente;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953;