ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 70, n. 5, della
 legge 10 aprile 1954, n. 113 (Stato  degli  Ufficiali  dell'Esercito,
 della  Marina e dell'Aeronautica), promosso con ordinanza emessa il 4
 novembre 1991 dal T.a.r. del Lazio sul ricorso proposto da Gianadelio
 Maletti contro il Ministero della difesa,  iscritta  al  n.  177  del
 registro  ordinanze  1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 ottobre 1992 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Ritenuto che con ordinanza emessa il 4 novembre 1991 e  depositata
 il  18  gennaio  1992,  il T.a.r. del Lazio, Sez. I-bis, nel giudizio
 promosso da Gianadelio Maletti contro il Ministero della  difesa  per
 l'annullamento  del  provvedimento  di  cessazione  dal  servizio per
 perdita del grado a decorrere dal 1› ottobre 1981 (in relazione  alla
 condanna  penale  dallo stesso gen. Maletti riportata per il reato di
 cui all'art. 479 c.p.), ha sollevato  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art.70, n. 5, della legge 10 aprile 1954, n. 113,
 che  prevede  l'automatica  perdita  del  grado e, di conseguenza, la
 rimozione per effetto di sentenza penale di condanna, in  riferimento
 all'art. 3 Cost;
      che  e' intervenuta in giudizio, per il Presidente del Consiglio
 dei ministri, l'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso  per
 l'inammissibilita' o, comunque, l'infondatezza della questione.
    Considerato  che  oggetto del giudizio a quo e' l'impugnazione del
 provvedimento  con  il  quale  l'Amministrazione  ha   disposto   nei
 confronti  del  gen.  Gianadelio  Maletti la "automatica" perdita del
 grado - con conseguente rimozione -  in  relazione  ad  una  sentenza
 penale di condanna dallo stesso subita;
      che  in  tale  fattispecie  di  destituzione  senza procedimento
 disciplinare trova applicazione l'art. 9, primo comma, della legge  7
 febbraio  1990, n.19 (pure menzionata dai remittenti), con cui (sulla
 scorta di quanto deciso da questa Corte con sentenza n. 971 del 1988)
 e' stato  disposto  che  "il  pubblico  dipendente  non  puo'  essere
 destituito  di  diritto  a  seguito  di  condanna  penale"  e che "e'
 abrogata ogni contraria disposizione di  legge"  (salva,  ovviamente,
 l'inflizione    della   destituzione   all'esito   del   procedimento
 disciplinare, ove ne sussistano i presupposti);
      che  pertanto,  essendosi  censurata  una disposizione normativa
 ormai abrogata, la questione sollevata  difetta  di  rilevanza  e  va
 dichiarata  manifestamente  inammissibile  (cfr.  sentenze n. 134 del
 1992; n. 415 del 1991; nonche', in tema di applicabilita' della legge
 n. 19 del 1990, le ordinanze n. 113 del 1991 e n. 130 del 1990);
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.