ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1 e 2, del d.l. 29 marzo 1991, n. 103 (Disposizioni urgenti in materia previdenziale), convertito in legge 1 giugno 1991, n. 166, dell'art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica) e dell'art. 4, comma 1, del d.l. 21 gennaio 1992, n. 14 (Disposizioni urgenti in campo economico ed interventi in zone terremotate), promosso con ordinanza emessa il 12 marzo 1992 dal Pretore di Parma nel procedimento civile vertente tra Tamboroni Rosina e l'I.N.P.S., iscritta al n. 221 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1992. Visto l'atto di costituzione di Tamboroni Rosina nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso contro l'INPS da Rosina Tamboroni, titolare di pensione diretta integrata al minimo e di pensione di riversibilita', per ottenere la riliquidazione della seconda pensione con integrazione al minimo nell'importo cristallizzato alla data del 30 settembre 1983, il Pretore di Parma, con ordinanza del 12 marzo 1992, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 6, comma 1 e 2, del d.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito in legge 1 giugno 1991, n. 166, il quale, in relazione alle controversie in materia di previdenza sociale, precisa che i termini previsti dall'art. 47, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, per l'esercizio dell'azione giudiziaria sono posti a pena di decadenza dal diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali, aggiungendo che la disposizione ha efficacia retroattiva salvo che per i processi in corso alla data di entrata in vigore del decreto; b) dell'art. 16, comma 6, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, secondo cui l'importo dovuto dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria a titolo di interessi per ritardato pagamento della prestazione e' portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subi'to dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito; c) dell'art. 4, comma 1, del d.l. 21 gennaio 1992, n. 14, portante interpretazione autentica dell'art. 6, comma 5, 6 e 7, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638, "nel senso che nel caso di concorso di due o piu' pensioni integrate al trattamento minimo liquidate con decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore del predetto decreto, l'importo del trattamento minimo vigente a tale data e' conservato su una sola delle pensioni"; che, ad avviso del giudice remittente, la disposizione sub a) contrasta con l'art. 3 Cost. sia perche' discrimina ingiustificatamente a seconda che la domanda giudiziale sia stata proposta prima o dopo l'entrata in vigore del decreto, sia perche' collega irrazionalmente la perdita del diritto a comportamenti per i quali precedentemente non erano previsti termini di decadenza o prescrizione; con l'art. 38 Cost. perche' tale effetto privativo e' disposto "in danno di soggetti deboli e riconosciuti meritevoli di particolare tutela"; con gli artt. 101, 102 e 104 Cost., in quanto violerebbe l'indipendenza della funzione giurisdizionale; con l'art. 136 Cost., in quanto impedirebbe l'efficacia retroattiva delle sentenze della Corte costituzionale relative all'integrazione al minimo; che la norma sub b) e' ritenuta contraria agli artt. 3 e 38 Cost. perche' produce disparita' di trattamento tra crediti previdenziali e crediti di lavoro, nonche' all'art. 136 Cost. perche' contraddice la sentenza n. 156 del 1991 di questa Corte; che la norma sub c) e' ritenuta lesiva dell'art. 3 Cost., dovendosi considerare irrazionale il ricorso allo strumento dell'interpretazione autentica per effettuare una sostanziale modifica legislativa; dell'art. 38, secondo comma, Cost., perche' non garantisce al lavoratore mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita; dell'art. 136 Cost., perche' vanifica le sentenze costituzionali che hanno dichiarato illegittime le norme impeditive della doppia integrazione al minimo, e in particolare la sentenza n. 418 del 1991; dell'art. 77 Cost., perche' riproduce una disposizione gia' contenuta nel disegno di legge governativo recante disposizioni in materia di finanza pubblica e da questo espunta in sede di approvazione della legge n. 412 del 1991; che nel giudizio davanti alla Corte si e' costituita la parte privata chiedendo per la prima e la terza questione una declaratoria di fondatezza, per la seconda una declaratoria di inammissibilita' o, in subordine, di fondatezza; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che tutte le questioni siano dichiarate infondate. Considerato che questa Corte ha gia' dichiarato la questione sub a) non fondata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., con sentenza n. 246 del 1992, e manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 101, 102, 104 e 136 Cost., con ordinanza n. 376 del 1992; che nel caso oggetto del giudizio a quo la fattispecie del ritardo imputabile del pagamento della prestazione previdenziale si e' perfezionata anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 412 del 1991 (31 dicembre 1991), onde la questione sub b) risulta irrilevante giusta il criterio accolto da questa Corte con sentenza n. 394 del 1992; che il d.l. n. 14 del 1992 di cui sub c) non e' stato convertito in legge (e uguale sorte e' toccata al successivo d.l. 21 luglio 1992, n. 345, non reiterato), di guisa che ha perduto efficacia fin dall'inizio; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.