ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 20, primo comma, lett. c), ultima parte, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico - edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), promossi con 6 ordinanze emesse il 19 marzo 1992 dal Pretore di Napoli - Sezione distaccata di Portici nei procedimenti penali a carico di Montella Carmela, Frattura Giuseppe, Buono Caterina, Sannino Antonio, Cozzolino Serafina e Ciriello Maria, iscritte ai nn. 270, 271, 272, 273, 274 e 275 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale dell'anno 1992; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 1992 il Giudice relatore Enzo Cheli; Ritenuto che nel corso del procedimento penale nei confronti di Montella Carmela il Pretore di Napoli - sezione distaccata di Portici, con ordinanza del 19 marzo 1992 (R.O. n. 270 del 1992), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma e 27, terzo comma, della Costituzione la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, primo comma, lett. c) della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico- edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), nella parte in cui, a causa del minimo previsto per la pena edittale, non consente al giudice di disporre la sospensione condizionale della pena; che ad avviso del giudice remittente la disposizione impugnata sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione dal momento che, verificandosi spesso il concorso tra la violazione dell'art. 20, primo comma, lett c) ed altri reati piu' gravi - concorso che, in caso di unificazione sotto il vincolo della continuazione, potrebbe consentire la concessione del beneficio della sospensione, dato il minimo edittale generalmente previsto per la maggior parte dei reati per i quali e' ipotizzabile il concorso con la norma impugnata - si realizzerebbe una lesione del principio di eguaglianza, in quanto l'effetto sanzionatorio sarebbe piu' grave per chi viola la sola disposizione di cui all'art. 20 lett. c) rispetto a chi viola la medesima norma contravvenzionale in concorso con altra ipotesi delittuosa; che, sotto diverso profilo, la disposizione impugnata, precludendo la possibilita' per il giudice di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, violerebbe il principio previsto dall'art. 27 della Costituzione, secondo il quale la pena deve tendere alla rieducazione del condannato; che con altre cinque ordinanze del 19 marzo 1992 (R.O. nn. 271, 272, 273, 274 e 275 del 1992), di contenuto identico alla precedente, lo stesso Pretore di Napoli - sezione distaccata di Portici, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 20, primo comma, lett. c) della legge n. 47 del 1985, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione; che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che le questioni siano dichiarate inammissibili e infondate; che, avendo ad oggetto identiche questioni di costituzionalita', i giudizi devono essere riuniti; Considerato che la Corte, con ordinanza n. 377 del 1990, ha gia' dichiarato manifestamente inammissibile identica questione nei confronti dell'art. 20, primo comma, lett. c) della legge n. 47 del 1985, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparita' di trattamento fra l'ipotesi di condanna per il solo reato di cui alla norma impugnata e l'ipotesi di condanna per il medesimo reato unificato dalla continuazione ad altro reato piu' grave; che nella stessa ordinanza n. 377 del 1990 la Corte ha altresi' dichiarato manifestamente infondata la questione sollevata nei confronti della stessa norma in riferimento all'art. 27 della Costituzione, sotto il profilo concernente la violazione del principio secondo il quale la pena deve tendere alla rieducazione del condannato; che con le ordinanze in esame non sono stati prospettati argomenti nuovi e pertanto le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili per il profilo concernente l'art. 3 della Costituzione, e manifestamente infondate in riferimento alla violazione dell'art. 27 della Costituzione.