ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale di  vari  articoli
 della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo
 sviluppo  delle piccole imprese) promossi con ricorsi della Provincia
 autonoma di  Bolzano,  della  Regione  Lombardia  e  della  Provincia
 autonoma  di  Trento,  notificati  l'8  novembre  1991, depositati in
 cancelleria il primo il 13 gli altri  due  il  16  novembre  1991  ed
 iscritti ai nn. 49, 50 e 51 del registro ricorsi 1991;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1992 il Giudice relatore
 Vincenzo Caianiello;
    Uditi gli avv.ti Roland Riz e Sergio Panunzio per la Provincia  di
 Bolzano  e  Valerio  Onida  per  la  Regione Lombardia e la Provincia
 autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato  Sergio  Laporta  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  distinti  ricorsi  le Province autonome di Trento e di
 Bolzano e la Regione Lombardia  hanno  impugnato  molte  norme  della
 legge  5  ottobre  1991  n.  317  (Interventi  per l'innovazione e lo
 sviluppo delle piccole imprese), lamentando la violazione di  diversi
 parametri statutari e costituzionali.
    2.1.  -  La  Provincia  autonoma  di Trento e la Regione Lombardia
 chiedono entrambe la dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale
 degli  artt.  1, commi 2 e 3, 5, 6, 7, 8, 10, 12, 17, 18, 19, 20, 21,
 22, 23, 24, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 36, 39, comma 1, lett. a),  41  e
 43,  comma 1, in riferimento, la prima ricorrente, all'art. 8, nn. 9,
 18 e 20, all'art. 9, nn. 3 e 8, all'art. 15, all'art. 16 e al  titolo
 VI  dello  Statuto  (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), all'art. 5 delle
 norme di attuazione approvate con d.P.R. 31 luglio 1978  n.  1017,  e
 all'art.  5,  comma  2,  della  legge  30 novembre 1989 n. 386, e, la
 seconda ricorrente, agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione e in
 relazione agli artt. 56,63,65,84,109,110 e 126 del d.P.R.  24  luglio
 1977 n. 616 e all'art. 3 della legge 14 giugno 1990 n. 158.
    2.2.  -  La  Provincia  autonoma di Bolzano censura norme in parte
 coincidenti e in parte diverse rispetto  a  quelle  oggetto  dei  due
 altri  ricorsi indicati in precedenza (e precisamente gli "artt. da 1
 a 24, da 27 a 34, 36  e  43"  della  stessa  legge),  ritenendole  in
 contrasto  con  l'art.  8,  nn.  9 e 20, con l'art. 9, nn. 3 e 8, con
 l'art. 15, con l'art. 16, comma 1,  dello  Statuto,  nonche'  con  le
 norme   di   attuazione  recate  dai  decreti  del  Presidente  della
 Repubblica 22 marzo 1974 n. 278, 31 luglio 1978  n.  1017,  24  marzo
 1981 n. 228 e 19 novembre 1987 n. 526, in relazione anche all'art. 65
 del  d.P.R.  n. 616 del 1977, ed infine con i principi dell'autonomia
 finanziaria  provinciale  stabiliti  dal  titolo  VI  dello   Statuto
 (oltreche'  dall'art.  15)  e  dall'art.  5,  comma 1, della legge 30
 novembre 1989 n. 386.
    3. - In  particolare  la  Provincia  di  Trento  nel  suo  ricorso
 sostiene  che  tutti  i  tipi  di  contributi  previsti  dalle  norme
 impugnate configurano interventi finanziari diretti dello Stato  che,
 nella  parte  in  cui contemplano come beneficiarie imprese artigiane
 nonche'  piccole  imprese  operanti   nei   settori   di   competenza
 provinciale  (industria,  commercio,  turismo,  trasporti),consorzi e
 societa' consortili  tra  piccole  imprese  e  consorzi  di  garanzia
 collettiva  fidi,  interferiscono con le competenze della Provincia e
 ne ledono l'autonomia,  dal  momento  che  si  tratta  di  interventi
 capillari  concessi  in  via  ordinaria,  senza  alcun  riferimento a
 programmi straordinari o a specifiche esigenze  unitarie,  e  per  di
 piu'  di  interventi  che  non sono aggiuntivi (nella maggioranza dei
 casi) e  la  cui  gestione  e'  riservata  allo  Stato,  mentre  alla
 Provincia  sarebbe  riconosciuto  un  ruolo  meramente  istruttorio e
 sarebbe altresi' previsto un potere sostitutivo dello Stato, in  caso
 di  ritardo  negli  adempimenti devoluti agli organi provinciali, non
 conforme ai criteri sanciti dalla giurisprudenza costituzionale.
    Le norme violerebbero altresi' i principi statutari (art. 15 dello
 Statuto e art. 5 del D.P.R. n. 1017 del 1978) ai sensi dei quali sono
 assegnate alle province, sentite le stesse quanto al loro  ammontare,
 quote  degli  stanziamenti  statali  per  l'attuazione  di  leggi che
 prevedono interventi per l'incremento della produzione industriale, e
 le somme cosi' assegnate sono utilizzate d'intesa tra lo Stato  e  le
 province.  Nella  specie,  viceversa,  lo  Stato eroga direttamente i
 fondi ovvero li assegna  controllandone  l'erogazione,  senza  alcuna
 intesa con la Provincia autonoma.
    Ne'  puo'  sostenersi  che  si  versi  in  ipotesi  di  interventi
 riconducibili a "norme generali sulla programmazione" (art. 15  dello
 Statuto) - che legittimerebbero un "diverso sistema di finanziamento"
 -  perche' le misure previste dalle norme impugnate si esauriscono in
 una serie di agevolazioni, con  procedure  che  non  coinvolgono  gli
 organi  di  programmazione  ma  restano  "nell'esclusivo  dominio del
 Ministero  dell'industria  e,  talvolta,  del  Ministero del tesoro",
 operando  una  sottrazione  di  competenze  provinciali  in  tema  di
 incremento  della  produzione  industriale.   Per quanto attiene alla
 materia dell'artigianato, poi, l'art. 41 della legge,  che  autorizza
 la  Cassa  per il credito alle imprese artigiane (e cioe' un soggetto
 pubblico  facente  capo  allo  Stato)  ad  effettuare  una  serie  di
 interventi,  ulteriori rispetto agli attuali scopi statutari (d.m. 31
 agosto 1966 e successive modificazioni), di carattere  agevolativo  a
 favore  delle singole imprese, violerebbe l'autonomia della Provincia
 cui  spetta  provvedere  in  tema  di  agevolazioni  nello  specifico
 settore.
     L'art.  36,  inoltre,  dettando  norme  in  materia di "distretti
 industriali" - da individuarsi (sulla base di indirizzi  e  parametri
 di riferimento stabiliti dal Ministro dell'industria) dalle regioni e
 provincie  autonome,  quali  aree  per  le  quali  e'  consentito  il
 finanziamento in sede locale di progetti innovativi concernenti  piu'
 imprese  -  sarebbe lesivo delle competenze provinciali, posto che si
 verte in tema di programmazione  territoriale  e  di  sviluppo  delle
 piccole  imprese e dell'artigianato e cioe' in materie spettanti alla
 Provincia autonoma che vedrebbe  la  sua  competenza  condizionata  a
 determinazioni  discrezionali  del Ministro.  La previsione contenuta
 nell'art.  39,  relativa  alla  istituzione   presso   il   Ministero
 dell'industria,  di  un "servizio centrale per la piccola industria e
 l'artigianato", sarebbe anch'essa illegittima in  quanto  rivelatrice
 di  un  intento  accentratore  volto  a riassorbire nell'ambito delle
 competenze governative settori riservati alla Provincia autonoma,  ed
 inoltre   la   stessa   norma,   rappresentando   ostacolo  e  limite
 all'esplicarsi delle attribuzioni provinciali in materia, porrebbe le
 premesse per illegittimi interventi diretti dello  Stato  in  settori
 che  non  gli competono.  L'art. 43, infine, disponendo che gli oneri
 derivanti dalle previste  agevolazioni  gravano  sul  fondo  speciale
 rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della legge
 17  febbraio  1982,  n. 46, sarebbe lesivo dell'autonomia finanziaria
 della Provincia, dal momento che gli artt. 15 dello Statuto e 5 delle
 norme  di  attuazione   (d.P.R.   n.   1017   del   1978)   impongono
 l'assegnazione  alle  province  autonome  di  quote  di finanziamenti
 secondo  una  determinata  procedura  (intesa)   nella   specie   non
 rispettata,  e  l'art.  5,  comma  2,  della  legge  n.  386 del 1989
 ribadisce che i finanziamenti recati da qualunque  legge  statale  in
 cui  sia  previsto  il riparto in favore delle regioni (come nei casi
 previsti dagli artt.  21,  comma  4,  e  27,  comma  9,  della  legge
 impugnata)   sono   assegnati   alle  province  autonome  per  essere
 utilizzati   secondo   normative    provinciali    nell'ambito    del
 corrispondente  settore,  senza  nessun  altro  specifico  vincolo di
 destinazione e certamente senza i controlli dell'autorita'  centrale,
 che sono invece nella specie previsti.
    4.  -  Considerazioni  in  parte  analoghe sono svolte nel ricorso
 della Provincia autonoma di Bolzano, la quale in primo luogo  censura
 la  disciplina  di dettaglio stabilita da alcune disposizioni ("spec.
 artt. 1-10, 12, 14-24, 27, 29-31, 33-34, 36")  che  non  lascerebbero
 spazio alcuno alla ricorrente per valutare autonomamente le effettive
 esigenze economico-sociali del proprio territorio, in modo quindi non
 compatibile  con  la  titolarita'  di  competenze  esclusive (piccole
 imprese artigianali, turistiche e alberghiere) e concorrenti (piccole
 imprese commerciali e industriali, e consorzi di sviluppo industriale
 di  cui all'art. 36 della legge, attribuiti alla Provincia sulla base
 dell'art. 65 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e  senza  considerare
 altresi' che specifiche normative provinciali hanno gia' disciplinato
 la  medesima  materia  prevedendo  la  erogazione di agevolazioni che
 diverrebbero ora incompatibili con le nuove misure recate dalla legge
 impugnata ovvero ne sarebbe limitata la  cumulabilita'  con  i  nuovi
 incentivi.    Oltre  a  lamentare  la  riserva  allo  Stato  di tutta
 l'attivita'  istruttoria  e  di   verifica   nella   gestione   degli
 interventi,  la  ricorrente  censura  la  previsione  di  regolamenti
 ministeriali  attuativi  della  nuova  disciplina   in   materie   di
 competenza  provinciale,  in  difformita'  dal  divieto espressamente
 previsto nell'art. 17, comma 1, lett. b),  della  legge  n.  400  del
 1988,  e  osserva che la previsione delle agevolazioni sotto forma di
 credito  di  imposta  incide  negativamente  sui   flussi   tributari
 assegnatile  dallo  Statuto  per  il finanziamento delle attivita' di
 propria  competenza,  cosi'  violando   i   principi   di   autonomia
 finanziaria che garantiscono alla Provincia una quota percentuale del
 gettito  di  talune  imposte  riscosse  sul  territorio  provinciale.
 Quanto all'art. 43,  la  ricorrente,  oltre  a  ripetere  la  censura
 relativa alla violazione dell'art. 15 dello Statuto e delle procedure
 ivi contemplate, lamenta che l'omessa previsione dell'assegnazione di
 una  quota  a proprio favore sarebbe altresi' in contrasto con l'art.
 5, comma 1, della legge n. 386 del 1989, a tenore del quale le  prov-
 ince  "partecipano  alla  ripartizione di fondi speciali istituti per
 garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme su tutto  il
 territorio nazionale".
    5.  -  La Regione Lombardia, a sua volta, denuncia la violazione e
 l'invasione delle proprie competenze nelle materie del  turismo,  dei
 trasporti   e   dell'artigianato,   con   riferimento   a   parametri
 necessariamente diversi da quelli indicati negli altri  due  ricorsi.
 Rilevato  che  tutti  i  tipi di investimenti, diretti a modificare o
 modernizzare il processo produttivo o la gestione dell'impresa,  sono
 suscettibili  di  dare  titolo  alle  agevolazioni  contemplate nella
 legge, non per l'attuazione di  programmi  straordinari,  ma  in  via
 ordinaria per tutte le piccole imprese, la ricorrente, formulando sul
 punto  una  censura  identica  a  quella  proposta dalla Provincia di
 Trento,  sostiene  che  il  meccanismo  agevolativo  del  credito  di
 imposta,  lungi  dal  delineare  uno  strumento  fiscale, di pacifica
 competenza statale, in realta' maschera un sistema  di  finanziamento
 pubblico,  e cio' perche' il predetto meccanismo, invece che spettare
 di diritto a tutti coloro che versino nelle condizioni previste dalla
 legge, e' concesso "singulatim" dal Ministero dell'industria entro  i
 limiti  dello  stanziamento  previsto  ed  eventualmente,  in caso di
 insufficienza dei fondi, in misura percentuale ridotta.
     Ribadisce, quindi, che il carattere ordinario  dei  finanziamenti
 non legati a programmi straordinari o a specifiche esigenze unitarie,
 il  fatto  che  non si tratti di interventi aggiuntivi, la riserva di
 tutti i compiti gestionali allo Stato e l'attribuzione  di  un  ruolo
 meramente  istruttorio  alle  regioni,  la  previsione  di  un potere
 sostitutivo dello Stato non conforme ai criteri indicati dalla  Corte
 costituzionale,  sono  tutti  elementi  che configurano la lesione di
 competenze regionali.   In piu', le nuove  funzioni  attribuite  alla
 Cassa  per  il credito alle imprese artigiane (art. 41) non sarebbero
 rispettose  delle  attribuzioni  regionali riconosciute dall'art. 109
 del d.P.R. n. 616 del 1977 in materia creditizia; e la previsione dei
 distretti industriali (art. 36) si porrebbe in contrasto  con  l'art.
 65  dello  stesso  d.P.R.  n.  616 del 1977 sui consorzi industriali,
 illegittimamente  restringendo  l'autonomia  regionale  in  tema   di
 programmazione   territoriale.     Cosi'  pure  sarebbero  lesivi  la
 previsione di  nuovi  uffici  o  servizi  statali  per  attivita'  di
 competenza  regionale  (art. 39), nonche' il sistema di finanziamento
 con l'utilizzazione di un fondo di rotazione (art. 43), quando l'art.
 110 del d.P.R. n. 616 del 1977 ha  soppresso  i  fondi  nazionali  di
 rotazione  operanti in materie di competenza regionale, trasferendone
 le disponibilita' alle regioni.  A quest'ultimo riguardo, la  Regione
 Lombardia  osserva  che,  anche  per  la  parte  in  cui i fondi sono
 ripartiti tra le regioni (artt. 21, comma  4,  e  27,  comma  9),  la
 relativa  disciplina non e' conforme all'art. 3 della legge 14 giugno
 1990 n. 158, ai sensi del quale  gli  stanziamenti  annuali  previsti
 dalle  leggi  di  settore  sono accorpati nella "quota variabile" del
 fondo per il finanziamento dei programmi regionali di  sviluppo,  per
 essere  destinati  e  spesi  dalle  regioni  nell'ambito di "comparti
 funzionali" e sulla base di programmi regionali in  armonia  con  gli
 indici  e  gli  standards  stabiliti dal CIPE, e "ulteriori leggi che
 dispongano interventi da affidare alle regioni debbono  prevedere  la
 confluenza  degli  stanziamenti"  nella  predetta quota variabile del
 fondo.
    6. - Si e'  costituito  in  tutti  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello
 Stato,  rilevando  in  primo  luogo  che  le  disposizioni  impugnate
 prevedono un intervento destinato alla riqualificazione delle piccole
 imprese,  in  qualsiasi  settore  operanti,  nonche'  delle   imprese
 artigiane,  dei consorzi e delle societa' consortili costituiti fra i
 detti operatori economici, e  dei  consorzi  di  garanzia  collettiva
 fidi,  e che detto intervento, proprio per la portata generale che lo
 caratterizza, va inserito nell'ambito di quelli interessanti "settori
 dell'economia di rilevanza nazionale" per i quali e' stato  previsto,
 dall'art.  14  della legge 17 febbraio 1982, n. 46, un fondo speciale
 rotativo  per  l'innovazione  tecnologica,  ora  integrato  da  nuove
 risorse  per  il triennio 1991-1993.   La legge impugnata si propone,
 difatti, l'individuazione e l'attuazione di un generale indirizzo  di
 politica  e  programmazione  economica  per  favorire  il processo di
 modernizzazione  delle  imprese  di  piu'  ridotte  dimensione  e  la
 rilevanza  nazionale dell'interesse sotteso all'iniziativa giustifica
 l'emanazione di una normativa  statale  non  condizionata  da  limiti
 territoriali  e, in quanto rispondente al carattere di norma generale
 sulla programmazione economica, compatibile con le sfere di autonomia
 regionale e provinciale, anche sotto  il  profilo  finanziario.    La
 difesa  dello  Stato,  poi,  contesta  taluni  profili  delle censure
 sollevate  dalla  Provincia  autonoma  di  Trento  e  dalla   Regione
 Lombardia,  che  indiscriminatamente  accomunano,  nella  denuncia di
 indebito intervento finanziario diretto dello Stato, le due forme  di
 concessione dell'aiuto previste in via alternativa (credito d'imposta
 o contributo in conto capitale), nell'indimostrato presupposto che la
 prima   forma  "mascheri"  comunque  un  aiuto  e  non  possa  quindi
 ricondursi ad una legittima manovra fiscale  di  indubbia  competenza
 statale.    In    proposito,    infatti,   non   si   puo'   invocare
 l'"alternativita'"  degli  strumenti  tecnici previsti per negare che
 quello  del  credito  d'imposta  rappresenti  un  classico  modo   di
 atteggiarsi della politica fiscale, cui normalmente si fa ricorso per
 incrementare  lo  sviluppo  di  determinati  settori economici. Sotto
 questo profilo, pertanto, le norme  impugnate,  in  quanto  attinenti
 alla  materia  tributaria, si pongono al di fuori della portata delle
 censure delle ricorrenti.  Sempre in via generale,  la  difesa  dello
 Stato  osserva  poi che nemmeno le norme che prevedono la concessione
 di contributi  configurano  un'indebita  invasione  delle  competenze
 regionali  o  provinciali, proprio per il carattere di norma generale
 sulla programmazione economica  che  deve  essere  riconosciuto  alla
 legge in esame.
    Rilevata quindi l'infondatezza di tutte le censure sollevate con i
 tre   ricorsi,   l'Avvocatura   generale  dello  Stato  osserva,  con
 riferimento  alle  rivendicate  competenze  nella   concessione   dei
 contributi  alle  imprese  artigiane,  che  le  attribuzioni primarie
 invocate dalle  province  autonome  sono  pur  sempre  salvaguardate,
 riconoscendosi (art. 1) ai soggetti dotati di speciale autonomia - in
 virtu'  del richiamo alla legge quadro sull'artigianato (legge n. 443
 del 1985), che fa salve le specifiche competenze delle dette province
 autonome - il potere di identificare le imprese locali aventi  titolo
 per  accedere  ai  nuovi  benefici;  diversamente, invece, la Regione
 Lombardia, titolare di competenza concorrente nella materia e' tenuta
 a conformarsi ai principi della ricordata legge  quadro  e  le  norme
 regionali eventualmente difformi non possono costituire parametro per
 l'invocato sindacato sulle disposizioni ora impugnate.
     Quanto  poi  al  ruolo  meramente  istruttorio  che le ricorrenti
 lamentano sarebbe stato loro riconosciuto in  tema  di  contributi  a
 favore  dei  consorzi  e  delle  societa' consortili, la difesa dello
 Stato  rileva  che,  al  contrario,  concessione  ed  erogazione  dei
 contributi sono demandati alle "regioni" (ivi dovendosi ricomprendere
 anche  le  province  autonome)  (art. 20, comma 2), e che alle stesse
 spetta di approntare un progetto-programma di  iniziative  consortili
 nel  territorio  (art.  21,  comma  3),  di  avanzare le richieste di
 finanziamento (art. 21, comma 4) con  un  motivato  parere  circa  la
 compatibilita'  delle singole iniziative con il progetto-programma di
 cui sopra, di ricevere le somme in sede di riparto  (art.  21,  comma
 4),  di  gestire dette somme e di controllarne l'utilizzazione: tutti
 compiti che vanno ben oltre la mera istruttoria delle  domande  degli
 interessati.
    Circa  poi l'intervento sostitutivo dello Stato in caso di ritardo
 negli adempimenti regionali  o  provinciali  (censurato  nei  ricorsi
 della  Provincia  autonoma  di  Trento  e  della  Regione Lombardia),
 l'Avvocatura osserva che e'  del  tutto  ragionevole  la  previsione,
 avuto  riguardo  all'ambito nazionale delle agevolazioni recate dalla
 legge.  Quanto alla denuncia (ricorso  della  Provincia  di  Bolzano)
 delle  disposizioni (artt. 10, comma 10, 21, comma 7, 22, coma 5, 27,
 comma 11, 33, comma 4) che demandano a  regolamenti  ministeriali  la
 disciplina  di  dettaglio  e di attuazione di alcune norme, la difesa
 dello  Stato  ne  sostiene  l'inammissibilita'  per  carenza  di   un
 interesse  attuale.   Sulla censura (ricorso della Provincia autonoma
 di Bolzano) secondo cui gli artt. da 5 a 11, prevedendo  agevolazioni
 sotto  forma  di  crediti  d'imposta, inciderebbero negativamente sui
 flussi tributari assegnati dallo Statuto alla provincia autonoma, con
 violazione  della autonomia finanziaria della stessa, la difesa dello
 Stato obietta che gli artt. 75 e  78  dello  Statuto,novellati  dalla
 legge  n.  386  del  1989,  mentre  assicurano alle province autonome
 l'assegnazione di una quota del gettito di  talune  imposte,  non  ne
 garantiscono  certamente  l'entita'  in concreto spettante, che e' in
 funzione appunto dell'ammontare effettivo di quel gettito.
    Infondata e' pure la censura  (ricorso  della  Regione  Lombardia)
 sull'art.  43  della  legge, secondo cui sarebbero violati i principi
 dell'autonomia finanziaria regionale posti dall'art. 3 della legge 14
 giugno 1990, n. 158, perche' non ricorre nella specie "l'affidamento"
 dell'intervento alla regione che giustificherebbe la confluenza degli
 stanziamenti nella quota variabile del fondo dei programmi  regionali
 di sviluppo.
    Ancora  e  con riferimento alle questioni (ricorsi della Provincia
 autonoma di Bolzano e della Regione Lombardia) concernenti  le  norme
 che  prevedono  la  parziale  reintegrazione  dei  fondi  di garanzia
 collettiva costituiti da consorzi, societa' consortili e  cooperative
 per  favorire l'accesso al credito dei soggetti associati, nonche' le
 norme che dispongono la concessione di contributi per la costituzione
 di fondi interconsortili di secondo grado a carattere  nazionale,  la
 difesa  dello  Stato obietta che i previsti interventi realizzano una
 sorta di riassicurazione dei rischi connessi ad attivita' finanziarie
 e mirano allo sviluppo di forme mutualistiche di garanzia  collettiva
 del  credito,  costituendo  pertanto  espressione  di un indirizzo di
 politica economica generale attinente al governo del credito.  Quanto
 poi alla norma (art. 36) che attribuisce al Ministero  dell'industria
 di   fissare   indirizzi   e  parametri  di  riferimento  cui  devono
 uniformarsi  gli  enti  di  autonomia  nell'individuare  i  distretti
 industriali,  la  stessa  Avvocatura osserva che la previsione, da un
 canto, risponde ad ovvie  esigenze  d'indirizzo  e  coordinamento  e,
 dall'altro,  non  limita  la  possibilita'  di intervento finanziario
 regionale o provinciale in favore delle piccole imprese e  di  quelle
 artigiane,  tendendo piuttosto promuovere la costituzione di consorzi
 tra imprese del medesimo distretto,  in  maniera  da  consentire  una
 programmazione  piu'  razionale  e interventi piu' efficaci.  Nessuna
 competenza  invece  possono  rivendicare  le  ricorrenti   (Provincia
 autonoma   di   Trento   e   Regione   Lombardia)   di   fronte  alla
 riorganizzazione  funzionale  del  Ministero  dell'industria  con  la
 prevista  istituzione  di  un  servizio centrale (art. 39), mentre la
 denunciata  interferenza  statale,  nella  gestione  dei   fondi   di
 agevolazione  attribuita  alla  Cassa  per  il  credito  alle imprese
 artigiane (art. 41), appare quanto meno inattuale, posto che "forme e
 condizioni" degli interventi che la Cassa  e'  abilitata  a  compiere
 sono ancora da disciplinare attraverso apposite modifiche statutarie.
    7.1.  - Tutte le ricorrenti, in prossimita' della prima udienza di
 discussione (3 marzo 1992),  hanno  presentato  memorie  nelle  quali
 contestano  le  tesi  difensive  contenute negli atti di costituzione
 dell'Avvocatura generale dello Stato.
    7.2. - Considerazioni in sostanza analoghe, pur nel rilievo  della
 diversa  forma  di autonomia, sono svolte dalla Provincia autonoma di
 Trento e dalla Regione Lombardia.
    In primo luogo si ribadisce che quello delineato dalla  legge  non
 e'  un  intervento  straordinario  o aggiuntivo in vista di specifici
 interessi  nazionali,   suscettibile   come   tale   di   interferire
 legittimamente  con  le competenze provinciali o regionali, bensi' un
 intervento  esaustivo ed organico, non cumulabile talvolta con quelli
 previsti da normative provinciali o regionali, che copre per di  piu'
 l'intero  arco  delle  possibili  agevolazioni di investimento per le
 imprese ed ha carattere pluriennale e ripetitivo,  cosi'  vanificando
 del  tutto  le  competenze  dei  soggetti  di  autonomia.   Dopo aver
 richiamato taluni interventi svoltisi  nel  corso  della  discussione
 parlamentare,  diretti a evidenziare il ruolo regionale e provinciale
 almeno  in  alcune  fasi  del  procedimento  di   concessione   delle
 agevolazioni  alle  imprese,  specie  quelle artigiane, le ricorrenti
 ribadiscono le motivazioni gia' svolte a sostegno delle censure rela-
 tive ai consorzi (artt. 17-28),  ai  nuovi  compiti  attribuiti  alla
 Cassa  per il credito alle imprese artigiane (art.  41), ai distretti
 industriali (art. 36), all'istituzione del  nuovo  servizio  centrale
 presso   il   Ministero  dell'industria  (art.  39),  al  sistema  di
 finanziamento della spesa (art. 43).   In  particolare  la  Provincia
 autonoma  di  Trento, rilevato che ad essa spetta (a differenza delle
 regioni a statuto ordinario) la competenza  in  tema  di  "incremento
 della  produzione  industriale (art.  9 n. 8 dello Statuto), contesta
 la tesi secondo cui l'art. 15 dello Statuto consentirebbe  interventi
 finanziari  diretti  dello  Stato  anche  nel territorio provinciale,
 perche' da un canto tale possibilita' e' legata ad un procedimento di
 "intesa" con la Provincia, nella specie non previsto, e,  dall'altro,
 la  deroga  contenuta  nell'inciso  iniziale  della  norma statutaria
 ("salvo  che  le  norme  generali  sulla   programmazione   economica
 dispongano  un diverso sistema di finanziamento") deve essere intesa,
 se non si vuole vanificare del tutto la competenza provinciale  nella
 materia,  nel  senso  che  diversi meccanismi di finanziamento devono
 riguardare interventi straordinari e aggiuntivi, legati  a  specifici
 obiettivi programmatici.
    7.3. - La Provincia autonoma di Bolzano, quanto alla lesione della
 propria  autonomia  finanziaria,  osserva che se e' vero che le norme
 statutarie non assicurano l'esatto ammontare della quota del  gettito
 di  determinate  imposte, e' pur vero pero' che lo Stato non puo', al
 di fuori delle procedure  di  modifica  dello  Statuto,  alterare  il
 gettito  dell'imposizione  spettante  alla  Provincia,  ricorrendo  a
 finanziamenti sotto forma di crediti di imposta, perche' in tal  modo
 somme  spettanti  alla  Provincia  stessa verrebbero illegittimamente
 stornate  a  favore  dei  soggetti  beneficiari  delle   agevolazioni
 statali,senza  alcuna consultazione o coinvolgimento della ricorrente
 nella decisione statale.   Per  il  resto  ribadisce  l'invasione  di
 competenze provinciali.
    8.  -  Anche  l'Avvocatura  generale dello Stato ha depositato una
 memoria nella quale,  con  riferimento  a  tutti  e  tre  i  ricorsi,
 sottolinea  ulteriormente  che  lo  scopo  delle provvidenze disposte
 dalla legge impugnata e' quello di favorire la  competitivita'  delle
 piccole  imprese in vista dell'imminente attuazione del mercato unico
 europeo, agevolando i processi di ammodernamento e riconversione. Non
 sarebbero quindi fondate  le  censure  in  ordine  alla  mancanza  di
 qualsiasi  riferimento  a  programmi  straordinari  dello  Stato  e a
 specifiche esigenze unitarie, che sono  invece  insite  nelle  stesse
 previsioni   normative.    Quanto,  in  particolare,  alla  lamentata
 interferenza con il settore dell'artigianato,la  difesa  dello  Stato
 osserva che le speciali provvidenze recate dalla legge si riferiscono
 alle  imprese artigiane di produzione di beni, limitando nel contempo
 l'accesso alle agevolazioni per le rimanenti  imprese  artigiane  che
 gia' fruiscono di altre provvidenze statali o regionali, di guisa che
 i   soggetti   beneficiari  sono  principalmente  quelli  interessati
 dall'innovazione tecnologica che la legge intende favorire  in  vista
 della  formazione  di  nuove forme di professionalita'.  Per quel che
 attiene poi alle censure relative ai distretti industriali (art. 36),
 la  difesa  dello  Stato  ribadisce  la  necessita'   di   assicurare
 sull'intero  territorio  nazionale  una  uniformita'  di  criteri per
 l'individuazione delle aree destinatarie degli interventi sia statali
 che regionali, e la previsione che le regioni e le province  autonome
 partecipano  a  tale  processo  di  individuazione  esalta  il  ruolo
 programmatorio degli enti di autonomia,in coerenza con gli  obiettivi
 della  programmazione nazionale.  Infine, in relazione alle doglianze
 sull'art. 41 e le funzioni attribuite alla Cassa per il credito  alle
 imprese  artigiane,  l'Avvocatura generale dello Stato sottolinea che
 la  materia  attiene  alla  disciplina  del  credito,  di  competenza
 statale,  anche  per  gli innegabili riflessi sulla reale concorrenza
 delle nostre imprese nel mercato unico europeo.
    9. - In occasione della nuova udienza di  discussione  (fissata  a
 seguito  del  rinvio disposto il 3 marzo 1992), la Provincia autonoma
 di Bolzano ha presentato una seconda memoria nella quale,  richiamate
 tutte  le  deduzioni  contenute  nei  precedenti  scritti  difensivi,
 precisa che le nuove norme di attuazione dello Statuto  speciale  per
 il  Trentino-Alto Adige, approvate con i decreti legislativi nn. 266,
 267 e 268 del  1992,  lungi  dal  determinare  una  cessazione  della
 materia del contendere o il venir meno dell'interesse della Provincia
 a  coltivare  il ricorso, recano ulteriori argomenti a sostegno delle
 censure. Ne' puo' aver rilievo la considerazione che tali norme  sono
 successive alla legge impugnata, cosi' da far dubitare della loro in-
 fluenza nel presente giudizio, perche' esse, in quanto dirette a dare
 attuazione   allo   Statuto,  non  introducono  norme  nuove,  bensi'
 disciplinano  con  disposizioni  di  maggiore  dettaglio  istituti  o
 principi   gia'  ricavabili  dallo  Statuto  medesimo.    Proprio  la
 previsione contenuta nell'art. 4, terzo comma,del decreto legislativo
 n. 266 del 1992 - secondo cui, nelle materie  di  competenza  propria
 della  regione o della provincia autonoma, le amministrazioni statali
 non  possono   disporre   spese,   ne'   concedere   direttamente   o
 indirettamente finanziamenti o contributi - conferma l'illegittimita'
 delle  norme impugnate.   La stessa ricorrente ricorda, poi, che gia'
 nel corso dei  lavori  parlamentari  l'impianto  centralistico  della
 disciplina  impugnata  era stato criticato ed era stata auspicata una
 modifica  che  riconoscesse  alle  regioni  il  ruolo  di   effettiva
 individuazione  e  gestione  degli interventi e limitasse le funzioni
 del Ministero dell'industria a quelle  generali  di  indirizzo.    In
 riferimento alle specifiche censure relative alle disposizioni (artt.
 da  6 a 11) che attribuiscono agevolazioni alle piccole imprese sotto
 forma di "crediti d'imposta", nella  memoria  si  ribadisce  che  una
 siffatta  normativa  altera l'entita' della quota di gettito erariale
 spettante alla Provincia, senza rispettare la procedura prevista  per
 la  modifica  delle  norme  statutarie  e  delle  rispettive norme di
 attuazione (artt. 104 e 107 dello Statuto) e senza alcuna intesa  con
 la Provincia medesima.
                        Considerato in diritto
   1.  - Con i tre ricorsi in esame sono impugnati vari articoli della
 legge 5 ottobre 1991, n. 317, recante "Interventi per l'innovazione e
 lo sviluppo delle piccole imprese". In particolare  i  ricorsi  della
 Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia riguardano gli
 artt.  1,  commi 2 e 3, da 5 a 8, 10, 12, da 17 a 24, 27, da 29 a 33,
 36, 39, comma 1, lett. a), 41 e 43,  comma  1;  e  il  ricorso  della
 Provincia  autonoma  di Bolzano gli artt. da 1 a 24, da 27 a 34, 36 e
 43 della legge stessa.
    2. - Poiche'  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  che
 vengono  prospettate  con  i  suddetti  ricorsi  sono  o  identiche o
 analoghe o comunque fra di loro connesse, i relativi giudizi  possono
 essere riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.
    3.  - Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilita'
 formulata dall'Avvocatura generale dello Stato  per  genericita'  del
 ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano. In proposito si
 deve   osservare   che,  nonostante  che  talune  censure  riguardino
 cumulativamente piu' norme, rendendo difficile  l'individuazione  dei
 profili  riguardanti ciascuna di esse, e' tuttavia possibile rendersi
 conto dei loro specifici riferimenti, ai fini del sindacato di questa
 Corte in ordine alle singole questioni prospettate.
    4.1. - Ai fini dell'inquadramento di dette questioni e'  opportuno
 premettere  che,  come risulta anche dalla relazione illustrativa del
 disegno di legge governativo e dai lavori parlamentari, la legge, nel
 "promuovere lo sviluppo,  l'innovazione  e  la  competitivita'  delle
 piccole imprese" (art. 1), si propone l'intento di ridurre il divario
 esistente  tra le imprese di diverse dimensioni, nel presupposto che,
 mentre le grandi  imprese  hanno  potuto  conseguire  un  consistente
 recupero  di  efficienza  per effetto di misure pubbliche di politica
 industriale e del lavoro, le piccole e medie  imprese  continuano  ad
 incontrare   notevoli   difficolta'  nell'introdurre  le  innovazioni
 tecnologiche e manageriali necessarie  per  lo  sviluppo  produttivo.
 Questo  richiede  l'impiego di macchinari e tecnologie che comportano
 un piu' elevato livello di investimenti, anche per spese di  ricerca,
 spesso  non  compatibile  con  la struttura finanziaria delle imprese
 minori e con le loro possibilita' di accesso al credito.  La legge si
 prefigge altresi' obbiettivi di politica economica  che,  inquadrando
 gli    specifici   interventi   in   una   cornice   complessivamente
 unitaria,garantiscano  l'eguaglianza  delle  condizioni  a  tutte  le
 piccole  imprese,  con una manovra di sostegno mirata ad uno sviluppo
 equilibrato  del  sistema  produttivo  nazionale,  per   assicurargli
 competitivita'   in  vista  della  realizzazione  del  mercato  unico
 europeo.  Per conseguire tali obiettivi la legge detta  un'articolata
 normativa  che  prevede  la  concessione di una serie di agevolazioni
 (per lo piu' crediti d'imposta, o,  in  alcuni  casi,  contributi  in
 conto  capitale  o prestiti agevolati), destinate ad un considerevole
 numero di soggetti e per molteplici  iniziative.    In  favore  delle
 piccole  imprese,  come  definite  nell'art.  1  della legge, sono in
 particolare previsti benefici di sostegno:
       a) per investimenti innovativi  (apparecchiature  elettroniche,
 mezzi  robotizzati,  ed  altro) in grado di realizzare programmi piu'
 moderni ed  efficienti  delle  varie  fasi  del  ciclo  produttivo  e
 gestionale delle imprese (artt. 5-6);
       b)  per  l'acquisizione  di servizi reali destinati all'aumento
 della produttivita', al trasferimento delle tecnologie, alla  ricerca
 di nuovi mercati, allo sviluppo dei sistemi di qualita' (art. 7);
       c) per spese di ricerca (art. 8);
       d)  per  la  diffusione  commerciale, mediante il finanziamento
 parziale della quota di capitale di rischio conferita nelle  societa'
 e imprese miste all'estero (art. 14);
       e)  per  la  partecipazione  ad  azioni  comunitarie  dirette a
 promuovere lo sviluppo o a favorire la ripresa  di  zone  colpite  da
 fenomeni di declino industriale (art. 15).
    Sono poi previste agevolazioni:
      1)  in  favore  delle  societa' finanziarie anche regionali, per
 l'innovazione e lo sviluppo, che assumano  partecipazioni  temporanee
 al  capitale  di  rischio  di  piccole imprese costituite in forma di
 societa' di capitali e che siano iscritte in un albo (artt. 2 e 9);
      2) in favore di consorzi tra piccole imprese aventi lo scopo  di
 fornire   servizi   diretti   a   promuovere   lo   sviluppo   e   la
 razionalizzazionedella produzione, della commercializzazione e  della
 gestione delle imprese consorziate (artt. 17-24);
      3)  in favore di societa' consortili miste a capitale pubblico e
 privato che prestino analoghi servizi per  l'innovazione  tecnologica
 (art. 27);
      4)  in  favore  di "consorzi di garanzia collettiva fidi" per il
 reintegro delle perdite subite a seguito degli interventi di garanzia
 a favore delle piccole imprese consociate (artt. 29-32);
      5) in favore di organismi di  secondo  grado  dei  "consorzi  di
 garanzia  collettiva fidi" che costituiscano fondi interconsortili di
 garanzia (art. 33);
      6) in favore di centri di innovazione  imprenditoriale  promossi
 dalla  CEE o costituiti da societa' di promozione industriale anche a
 capitale misto (art. 34).   Ai fini  della  concessione  dei  crediti
 d'imposta  (disciplinati dagli artt. da 6 a 11), per le cui modalita'
 di attuazione la legge rinvia  ad  un  decreto  interministeriale  da
 adottarsi  entro  30 giorni dalla sua entrata in vigore (art. 10), e'
 previsto che i beneficiari rendano al  Ministero  dell'industria  una
 dichiarazione  circa  i  costi  sostenuti  in  relazione  a ogni tipo
 d'investimento o partecipazione, corredata da idonea  documentazione.
 E'  poi  previsto che il Ministero formi un elenco cronologico e che,
 verificate  le  disponibilita'  finanziarie   relative   ai   singoli
 interventi,  comunichi  al  richiedente  la  concessione  del credito
 d'imposta; che, inoltre, qualora gli stanziamenti a disposizione  non
 permettano  di  venire  incontro  al  complesso  delle  richieste per
 ciascuna  categoria  di  interventi,  il   Ministero   dell'industria
 disponga  la temporanea riduzione percentuale del beneficio in eguale
 misura, salva l'integrazione con  i  fondi  stanziati  per  gli  anni
 successivi.    E'  infine  stabilito che l'elenco dei beneficiari dei
 crediti  d'imposta,  ed  il  relativo  ammontare  di  questi,   venga
 trasmesso  dal  Ministero  dell'industria a quello delle finanze.  In
 alternativa ai crediti d'imposta, disposti ai sensi degli artt.  6  e
 7  in  favore  delle  piccole  imprese,  e'  prevista  (art.  12)  la
 concessione di contributi in conto capitale in misura equivalente, la
 cui erogazione e' parimenti rimessa al Ministero  dell'industria  con
 le  stesse  procedure  dettate per i predetti crediti d'imposta.  Per
 gli altri  contributi  in  conto  capitale,  disposti  in  favore  di
 consorzi e societa' consortili tra piccole imprese aventi lo scopo di
 fornire servizi per l'innovazione tecnologica di queste (artt. 17-22,
 27-28),  la gestione e' affidata quasi per intero alle regioni (artt.
 21, 27,  34);  queste  infatti:  provvedono  alla  istruttoria  delle
 domande;   predispongono   un   progetto-programma   di  sviluppo  di
 iniziative nel proprio territorio e valutano la conformita'  ad  esso
 della  domanda  del  soggetto  interessato;  trasmettono al Ministero
 dell'industria la domanda corredata dal proprio  motivato  parere  e,
 una  volta  ricevuta  la  quota  di finanziamento di loro spettanza a
 seguito del  riparto  operato  dal  Ministero  medesimo,  erogano  il
 contributo  e  ne  controllano  l'effettivo utilizzo.   La domanda di
 contributo, prima del riparto delle somme alle regioni, e'  approvata
 dal  Ministero  che puo' sostituirsi nelle attivita' istruttorie e di
 erogazione alle regioni che non  provvedono  e  cio'  allo  scopo  di
 assicurare che i finanziamenti giungano comunque in tutte le zone del
 Paese  interessate  da  processi  di ammodernamento tecnologico delle
 piccole  imprese.    Il  complesso  delle  agevolazioni  (crediti  di
 imposta,  contributi in conto capitale, crediti agevolati, contributi
 sulle quote di apporto ai fondi di garanzia) e' posto  a  carico  del
 fondo   speciale  rotativo  per  l'innovazione  tecnologica  previsto
 dall'art. 14 della legge n. 46 del 1982, all'uopo integrato con nuove
 risorse per il triennio 1991-93.
    4.2.  -  Dalla  esposizione  che  precede  risulta  che  la  legge
 impugnata  si  presenta come sviluppo ulteriore della legge n. 46 del
 1982 cit. e di quella n. 696 del 1983 - che hanno  entrambe  superato
 il  vaglio  di  questa  Corte  (sent.  n.  796  del 1988) - in quanto
 persegue  la  comune   finalita'   di   favorire   il   processo   di
 ammodernamento  tecnologico  delle  piccole  imprese  ed ha natura di
 normativa generale sulla  programmazione  economica,  per  realizzare
 l'interesse  nazionale  di  porre  in  grado  le  piccole  imprese di
 concorrere con quelle degli altri paesi  della  Comunita',  in  vista
 delle  scadenze  connesse al completamento del mercato unico europeo.
 E' quindi palese il comune "contesto unitario" (sent. n. 796 del 1988
 cit.) con le altre leggi in tema di innovazione  tecnologica  per  il
 settore  delle  piccole  imprese,  che la legge ora impugnata tende a
 disciplinare in modo ancor piu' organico avvalendosi delle precedenti
 esperienze.  Le nuove misure agevolative si  rivolgono,  come  si  e'
 visto, innanzitutto alle piccole imprese "industriali" (art. 1, commi
 2,  lett.  a)  e  3,  lett.  a), "commerciali e di servizi, anche del
 terziario avanzato" (art. 1, commi 2, lett. b) e 3  lett.  a),nonche'
 alle "imprese artigiane di produzione di cui alla legge 8 agosto 1985
 n.  443" (art. 1, comma 3, lett. b). Per imprese di servizi l'art. 1,
 comma 3, lett. a), precisa che "si intendono quelle che  operano  nei
 settori  dei servizi tecnici di studio, progettazione e coordinamento
 di infrastutture e impianti, dei servizi di informatica, di  raccolta
 ed  elaborazione  dati".   I settori di intervento sono quindi quelli
 dell'industria, dell'artigianato, del commercio  e  dei  servizi.  Il
 primo   attiene   a  materia  di  competenza  statale,  non  compresa
 nell'elenco dell'art. 117 Cost. e comunque diversa, come si vedra' in
 prosieguo,  dalle   attivita'   di   "incremento   della   produzione
 industriale"  affidate  alla  competenza  concorrente  delle province
 autonome di Trento e di Bolzano dallo statuto speciale  di  autonomia
 (art.  9  n. 8 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670).  Il secondo settore
 attiene a materia (artigianato) di competenza esclusiva  delle  prov-
 ince autonome (art. 8 n. 9 dello Statuto) e concorrente delle regioni
 a  statuto ordinario, (art. 117 Cost.); il terzo settore riguarda una
 materia (commercio) di competenza concorrente delle province autonome
 (art. 9 n. 3 dello Statuto), non compresa invece nell'art. 117 Cost.,
 onde per tale materia le competenze delle regioni di  diritto  comune
 vanno  individuate fra le attribuzioni che le leggi dello Stato hanno
 loro delegato di volta in volta (v.legge 426 del 1971; d.P.R. n.  616
 del  1977,  art.  52;  ed  altre). Quanto al settore delle imprese di
 "servizi anche del terziario avanzato", esso, comprendendo una  serie
 di attivita' estremamente diversificate (cfr. l'allegato 5 al decreto
 ministeriale  3  marzo  1992  n.  247,  recante il regolamento per la
 concessione alle piccole imprese  di  agevolazioni  per  investimenti
 innovativi,   pubblicato  nel  supplemento  ordinario  alla  Gazzetta
 Ufficiale  n.  75  del  30  marzo  1992),  puo'  essere   considerato
 strumentale  rispetto  a  piu'  materie.    Tale puntualizzazione, in
 ordine alle materie coinvolte nella legge impugnata ed al conseguente
 riparto di competenze tra  lo  Stato  e  le  regioni  e  le  province
 autonome  secondo  le  norme costituzionali e statutarie, consente di
 cogliere la complessita'  della  disciplina  impugnata,  che  pur  se
 interferisce  con  attribuzioni  proprie  degli enti di autonomia, ha
 come finalita' precipua  di  soddisfare  un  interesse  nazionale  di
 carattere  generale,  non suscettibile di frazionamento a livello lo-
 cale per  i  riflessi  nei  rapporti  con  l'estero  e  nell'economia
 nazionale;  cio'  giustifica,  anche  per  l'urgenza  di  pervenire a
 soluzioni idonee ad assicurare l'equilibrio dello sviluppo  economico
 del  paese,  l'intervento  del  legislatore  statale  in  una visione
 unitaria dei diversi aspetti e settori interessati (sent. 483  e  482
 del 1991, 139 del 1990, 459, 399 e 324 del 1989, 217 e 177 del 1988).
 E'  alla luce di tali premesse che puo' ora essere affrontato l'esame
 delle varie questioni.
    5. - La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia (i cui
 ricorsi sono in gran parte coincidenti  perche'  sollevano  questioni
 comuni,  pur  diversificate  in  riferimento  ai rispettivi parametri
 statutari o costituzionali o a norme interposte) impugnano, in  primo
 luogo,  l'art.  1,  commi  2  e  3,  della  legge,  che,  nel dare la
 definizione di piccola impresa, ricomprende nell'area dei destinatari
 delle  agevolazioni  (contenute  nei  successivi  articoli)   imprese
 operanti   in   settori   di   competenza  provinciale  o  regionale,
 assumendone il contrasto:  con  l'art.  8  nn.  9  (artigianato),  18
 (trasporti)  e 20 (turismo e industria alberghiera), con l'art. 9 nn.
 3 (commercio) e 8 (incremento della  produzione  industriale)  e  con
 l'art.   16   (correlative  funzioni  amministrative)  dello  Statuto
 speciale di autonomia approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (per
 la Provincia di Trento), nonche' con l'art.  117  della  Costituzione
 per  le  materie  dell'artigianato, del turismo e dei trasporti ed in
 relazione quindi agli artt. 56, 63 e 84 del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
 616 (per la Regione  Lombardia).    Le  questioni  non  sono  fondate
 perche', tenuto conto dell'interesse nazionale perseguito dalla legge
 in esame, appare naturale che i suoi destinatari siano da essa stessa
 individuati  per  evidenti ragioni di uniformita' imposte dall'unita'
 della disciplina.  In proposito non puo' condividersi  l'osservazione
 dell'Avvocatura   generale  dello  Stato,  secondo  cui  le  "imprese
 artigiane" beneficiarie delle provvidenze - essendo dalla legge indi-
 cate in quelle "di produzione di cui alla legge  8  agosto  1985,  n.
 443"  (Legge  quadro  per  l'artigianato),  la quale fa espressamente
 salve  (artt.  1  e  13,  ultimo comma) le competenze delle regioni a
 statuto speciale e delle province autonome - risulteranno in concreto
 definite dalla normativa provinciale. E' da ritenersi invece che,  ai
 fini  della  legge in esame, destinatarie dell'intervento sono quelle
 che il legislatore statale si e' riservato di definire, sia pure  con
 riferimento  ad  alcune  norme  di  legge, senza che per questo debba
 ritenersi operato un  rinvio  anche  alle  altre  norme  della  legge
 richiamata.  Ne' in cio' puo' ravvisarsi una lesione delle competenze
 provinciali apparendo legittimo che  lo  Stato,  nell'ambito  di  una
 manovra   di   programmazione  rispondente  all'interesse  nazionale,
 individui, relativamente alle provincie autonome ed a maggior ragione
 per le regioni a statuto ordinario, sia quando  l'intervento  statale
 interferisca  in  materia  di  competenza  legislativa  esclusiva sia
 quando  interferisca  in  materie  di  legislazione  concorrente,  le
 imprese  che  possono  anche  non  coincidere  con  quelle  che,  non
 rispondendo ai requisiti richiesti  dalla  legge  statale,  risultino
 destinatarie di altre provvidenze disposte in sede locale.
    6.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento  e la Regione Lombardia
 impugnano un gruppo di disposizioni (artt. 5, 6, 7, 8, 10 e  12)  del
 capo   secondo   della   legge   ("interventi   per   la   diffusione
 dell'innovazione") che prevedono - in alcuni casi in via  alternativa
 -  agevolazioni a favore delle piccole imprese consistenti in crediti
 d'imposta ed  in  contributi  in  conto  capitale.  Ad  avviso  delle
 ricorrenti le norme, configurando interventi finanziari diretti dello
 Stato  a favore delle imprese artigiane nonche' delle piccole imprese
 operanti  in  settori  di   competenza   provinciale   o   regionale,
 interferirebbero  con  le  loro  attribuzioni  e  lederebbero la loro
 autonomia finanziaria. Si tratterrebbe infatti per le  ricorrenti  di
 interventi finanziari, interamente gestiti dallo Stato, capillarmente
 distribuiti  a  favore  di  tutte le piccole imprese, concessi in via
 ordinaria, senza  alcun  riferimento  a  programmi  straordinari  ne'
 rispondenti  a  specifiche  esigenze  unitarie;  non  si  sarebbe  in
 presenza nemmeno  di  interventi  aggiuntivi,  stante,  talvolta,  la
 espressa   previsione   della   loro   non  cumulabilita'  con  altre
 agevolazioni previste in  sede  locale.  Inoltre,  si  soggiunge,  il
 meccanismo  del  credito d'imposta, lungi dal configurare una manovra
 tributaria di competenza statale, per il regime e la  disciplina  per
 esso  previsti,  nonche'  per il suo carattere alternativo, in alcuni
 casi, rispetto al contributo in conto capitale, sarebbe soltanto  uno
 strumento tecnico per assegnare alle imprese un beneficio finanziario
 e  cio'  confermerebbe  la  lesione  delle  competenze  provinciali e
 regionali.  Le censure in tal modo articolate non sono fondate.   Per
 superare  l'assunto  che  non si tratti di interventi straordinari ed
 aggiuntivi, tali  da  legittimare  le  competenze  statali,  oltre  a
 richiamare  le premesse (v. punto 4.2.), e' sufficiente ricordare che
 la Corte, nel tracciare i limiti dell'interesse nazionale  (sent.  n.
 177  del  1988),  ne ha comunque riconosciuto il carattere elastico e
 relativo, non definibile in termini generali.  Nella specie, si e' in
 presenza di un intervento di programmazione economica  che  puo'  ben
 considerarsi  "straordinario"  in vista della necessita' di sovvenire
 ad esigenze urgenti, quale  quella  di  garantire  la  competitivita'
 delle  piccole  imprese in vista dell'entrata in funzione del mercato
 unico europeo. Esso, per di piu',  e'  limitato  ad  un  triennio  e,
 quindi,   anche  sotto  tale  profilo,  ha  il  carattere  di  misura
 eccezionale  finalizzata  al  perseguimento  dell'interesse nazionale
 connesso  a  tale  immediata  esigenza  e  percio'  non  invasiva  di
 competenze  provinciali  o  regionali.    Va  altresi' ribadito che i
 settori disciplinati dalle norme impugnate non coincidono  tutti  con
 quelli  in  cui  le ricorrenti possono vantare proprie competenze. In
 proposito, oltre a quanto gia' precisato (v. punto 4.2.), la  materia
 "incremento  della produzione industriale", di competenza concorrente
 delle   province   autonome,   non   puo'    ritenersi    interamente
 sovrapponibile  agli interventi recati dalla legge impugnata a favore
 delle imprese industriali, in primo luogo perche' la locuzione  usata
 nello  Statuto  e'  piuttosto  da  riferirsi ad un concetto di minori
 dimensioni rispetto a quello di "industria", che, come materia a  se'
 stante,  non  e'  contemplata  in  nessuno  statuto  delle regioni ad
 autonomia speciale e, a maggior ragione, nemmeno nell'art. 117  Cost.
 per   le  regioni  di  diritto  comune,  essendo  essa  pacificamente
 riservata alla competenza dello Stato.  Inoltre, trattandosi nel caso
 di specie di un intervento di cosi' ampie dimensioni  rispondente  ad
 un preciso interesse nazionale, quello previsto dalla legge impugnata
 e'  tale  da  limitare  in  ogni  caso  le  competenze delle province
 autonome con conseguente infondatezza  della  doglianza  di  indebita
 invasione.   Quanto al profilo della censura nel quale si lamenta che
 la gestione degli  interventi  sarebbe  accentrata  interamente  allo
 Stato,  va  osservato che, per quanto riguarda gli artt. 5, 6, 7, 8 e
 10,  in  essi  si  prevedono  agevolazioni  sotto  forma  di  crediti
 d'imposta.      Questi,   diversamente   da  quanto  sostenuto  dalle
 ricorrenti, costituiscono un mezzo di "politica fiscale"  tipicamente
 statale,   cui   si  fa  ricorso  per  incrementare  lo  sviluppo  di
 determinati settori ed iniziative; trattasi percio' di uno  strumento
 tributario  che  non  muta ne' in ragione degli obiettivi di politica
 economica  perseguiti,  ne'  per  il  fatto  di  risolversi   in   un
 alleggerimento  degli  oneri  fiscali che consente al beneficiario di
 investire nella impresa le risorse  finanziarie  resesi  disponibili.
 Quanto  poi  ai  contributi  in  conto capitale concessi in luogo dei
 crediti d'imposta (art. 12), per essi la necessita' di verifica della
 rispondenza  delle  iniziative  di  rinnovamento  tecnologico   delle
 singole  imprese  alle  linee direttrici, ai criteri e agli obiettivi
 indicati  dalla  legge  giustifica   la   gestione   accentrata   dei
 finanziamenti  presso  il  Ministero  dell'industria, per esigenze di
 uniformita' nell'attuazione degli  interventi  e  per  assicurare  la
 distribuzione degli incentivi e quindi il potenziamento del settore.
    7.1.  -  La  Provincia autonoma di Bolzano, rivendicate le proprie
 competenze  legislative  ed  amministrative  di  rango  esclusivo  in
 materia di "artigianato" e di "turismo e industria alberghiera" (art.
 8 nn. 9 e 20, e art. 16 dello Statuto), nonche' quelle concorrenti in
 materia di "commercio" e di "incremento della produzione industriale"
 (art.  9,  nn.  3 e 8 e artt. 15 e 16 dello Statuto), garantite anche
 dalle norme di attuazione delle disposizioni statutarie  (d.P.R.  nn.
 278  del  1974,  1017  del  1978,  228  del  1981 e 526 del 1987), ed
 altresi' quelle in materia di consorzi di sviluppo industriale che si
 fondano  sull'art.  65  del  d.P.R.  n.   616   del   1977,   impugna
 cumulativamente  molte  disposizioni  della  legge  (artt.  1-10, 12,
 14-24, 27, 29-31, 33, 34, 36) assumendo che esse,  disciplinando  nel
 dettaglio  i  requisiti  di ammissibilita' delle piccole imprese alle
 agevolazioni  ed  i  settori  di  attivita'  finanziabili,   non   le
 lascerebbero   spazio  alcuno  per  valutare  le  effettive  esigenze
 economico-sociali del proprio territorio. Verrebbero  cosi'  lese  le
 competenze  provinciali,  anche  per  il  fatto  che  in vari casi la
 disciplina    legislativa    statale    impugnata    stabilisce    la
 incompatibilita'  fra le agevolazioni ivi previste e quelle stabilite
 dalla normativa provinciale,  ovvero  ne  limita  in  vario  modo  la
 cumulabilita'  (cfr.  artt. 6, comma 3, 15, comma 3, 22, comma 3, 27,
 comma 13, 31, comma 3). Inoltre le norme  impugnate,  riservando  "ad
 autorita'   centrali   di   Governo  ogni  potesta'  concernente  gli
 interventi" disposti dalla legge, affiderebbero allo Stato  tutte  le
 attivita'  istruttorie e di verifica sulle domande di concessione, la
 adozione  dei  provvedimenti  di  autorizzazione  e  concessione  dei
 benefici,  il  potere di revoca dagli stessi (cfr.  artt. 1, comma 6,
 7, comma 2, 8 commi 2 e 5, 10, 12, 13, 14, 15, 21, 22,  24,  27,  28,
 31,  32).  La ricorrente riferisce di aver gia' emanato proprie leggi
 dirette ad incentivare le attivita'  delle  imprese  ricadenti  nelle
 materie   di   competenza,   proprio   per   favorirne  l'innovazione
 tecnologica e l'aumento della produttivita'.
    7.2. - Relativamente alla parte in cui la complessa censura  della
 Provincia  di Bolzano coincide con quelle contenute nei ricorsi della
 Provincia autonoma di Trento e della Regione  Lombardia,  si  possono
 richiamare  le  considerazioni  al  riguardo gia' svolte (v. punto 6)
 circa la legittimita' delle previste  competenze  statali.    Per  il
 resto,  diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, e' necessario
 osservare che le norme impugnate - tranne che per quanto  riguarda  i
 crediti  d'imposta  a  favore delle piccole imprese e le agevolazioni
 alternative, la cui gestione, secondo quanto si e' gia' rilevato  non
 puo'   che   essere  riservata  allo  Stato  -  lasciano  ampi  spazi
 d'intervento alle regioni e province autonome per quel che concerne i
 contributi in conto capitale in favore dei consorzi e delle  societa'
 consortili  di  servizi.  La loro erogazione e' difatti dall'art. 20,
 secondo comma, affidata alle  regioni  ed  ovviamente  alle  province
 autonome;  esse  sono  altresi'  tenute  ad  approntare  un progetto-
 programma di iniziative consortili nel proprio  territorio  che  deve
 accompagnare  le richieste di contributo ed a presentare al Ministero
 la domanda di finanziamento corredata di un proprio  motivato  parere
 (art.  21).    La  competenza  del  ministero e' invece limitata alla
 approvazione   delle   richieste   regionali   o    provinciali    di
 finanziamento,  allo  scopo di controllare che queste rispondano alle
 finalita' della legge, nonche' alle  ripartizioni  di  fondi  tra  le
 regioni  e  le  province  autonome  e  non  tra  i  destinatari delle
 provvidenze, onde appaiono rispettate le prerogative  degli  enti  di
 autonomia.
    7.3.  -  Quanto  al rilievo secondo cui la legge si sovrapporrebbe
 alla disciplina provinciale gia' intervenuta, va osservato  che  cio'
 e'  inevitabile  in  presenza  di  norme  di programmazione economica
 nazionale, che non possono incontrare limiti territoriali, una  volta
 che mirano a garantire pari condizioni di accesso ai benefici a tutte
 le piccole imprese.
    7.4.  -  Relativamente  poi  alla  prevista  non cumulabilita' dei
 benefici statali con quelli provinciali, denunciata  come  lesiva  di
 competenze provinciali, si deve osservare che la previsione dell'art.
 6  attiene a materia tributaria e quindi statale; quella dell'art. 15
 concerne le iniziative cofinanziate dalla CEE, per cui  la  legge  e'
 attenta ai divieti comunitari tendenti ad evitare l'alterazione delle
 regole  di  concorrenza  che si verificherebbe ove si consentisse che
 una stessa impresa goda  di  un  triplice  finanziamento  (Comunita',
 Stato e Provincie autonome); quella dell'art. 22, comma 3, non e' una
 vera  incumulabilita',  ma  una limitazione posta alle provvidenze in
 sede locale nel rispetto sia di condizioni di uniformita', sia  della
 normativa comunitaria; quella dell'art. 27, comma 13 (che non e' essa
 pure una vera incumulabilita') si preoccupa di chiarire che il cumulo
 delle  provvidenze  non  deve superare i limiti massimi di intervento
 nelle spese di investimento previsti proprio dalle leggi provinciali;
 quella dell'art. 31,  comma  3,  appare  rispettosa  di  un  corretto
 criterio  di  gestione,  dal  momento  che  la provvidenza attiene al
 parziale reintegro del fondo di garanzia dei  "consorzi  di  garanzia
 collettiva  fidi",  per  cui  una  misura  che prevedesse l'integrale
 reintegro  di  detto  fondo  annullerebbe  del   tutto   il   rischio
 dell'impresa.
    7.5. - Sempre in relazione alla stessa censura, poi, relativamente
 al  profilo  secondo  cui  alcune  disposizioni  della legge in esame
 conterrebbero una disciplina  di  dettaglio  che  vanificherebbe  del
 tutto le prerogative provinciali, va osservato, che:
      per  quel  che  riguarda  l'art.  1,  comma 6, la definizione di
 piccola impresa industriale o commerciale  o  di  servizi,  anche  in
 relazione al capitale investito, e' di competenza statale;
      quanto  all'art. 7, comma 2, la disciplina dei crediti d'imposta
 e' di esclusiva competenza statale;
      relativamente all'art. 8, commi 2 e 5, le competenze  del  CIPI,
 in  quanto  strumentali  alla  programmazione  nazionale, non possono
 essere contestate;
      per l'art. 10, trattasi  di  materia  tributaria  di  competenza
 statale,  cui  sono  connesse,  per quanto innanzi detto (v. punto 6,
 alla fine), anche le  funzioni  di  cui  all'art.  12  in  ordine  ai
 contributi  previsti  in  via  alternativa  ai  crediti  d'imposta  e
 all'art. 13 che disciplina la revoca di dette agevolazioni;
      per quel che concerne l'art. 15, spetta allo  Stato  dettare  la
 disciplina   concernente  la  partecipazione  delle  piccole  imprese
 nazionali  ad  "azioni  comunitarie   cofinanziate",   opportunamente
 prevedendosi che sia il CIPE a determinare le modalita' di intervento
 "in conformita' dei programmi comunitari";
      per   l'art.   14,   trattasi   di   disposizioni  attinenti  ad
 "agevolazioni per la diffusione commerciale" all'estero delle piccole
 imprese e alla  loro  ammissione  alla  garanzia  assicurativa  della
 Sezione  speciale  per  l'assicurazione  del credito all'esportazione
 (SACE), rispetto alle quali gli enti di autonomia non possono vantare
 competenze statutarie;
      quanto agli artt.  21,  22,  24,  27  e  28,  che  riguardano  i
 contributi  ai  consorzi di servizi e alle societa' consortili miste,
 la cui gestione e' affidata alle regioni e alle province autonome, le
 relative previsioni non sono  invasive  delle  competenze  di  queste
 ultime,  limitandosi  a  dettare norme in ordine a detto affidamento,
 nonche'  ad  indicare  i  limiti  massimi  delle  agevolazioni  e  ad
 esplicitare  i soggetti beneficiari degli interventi stessi, il tutto
 per  ragioni  di  uniformita'  rispondenti  all'interesse   nazionale
 sotteso all'intera legge;
      per  gli  artt.  31  e 32, e' giustificato che la gestione degli
 interventi statali di reintegro dei fondi di garanzia  dei  "consorzi
 di  garanzia  collettiva  fidi"  sia  affidata  a  organismi statali,
 perche' la materia attiene alla disciplina generale del credito sotto
 l'aspetto della  parziale  riduzione  del  rischio  d'impresa  e  non
 riguarda gli interventi creditizi a favore degli operatori economici.
    7.6.  -  Le  considerazioni  che  precedono  valgono  anche per le
 questioni riferite agli artt. 10, comma 10, 21, comma 7, 22, comma 5,
 27,  comma  11,  33,  comma  4,  che,  ad  avviso  della  ricorrente,
 riservando  ad  emanandi  regolamenti  ministeriali  la  normativa di
 attuazione in materie  di  competenza  provinciale,  violerebbero  il
 riparto  delle  competenze  normative  tra Stato e Provincia autonoma
 come precisato nell'art. 17, comma 1, lett. b) della legge n. 400 del
 1988. Va, infatti, in proposito osservato che non  si  tratta,  nella
 specie,  di  normativa  di  attuazione  in  materia  regionale, ma di
 normativa di attuazione di interventi statali di interesse nazionale,
 per cui  proprio  la  natura  della  legge  impugnata  e  l'interesse
 nazionale   che   vi   e'  connesso  giustificano  la  previsione  di
 regolamenti da emanarsi da autorita' centrali di  Governo.    Non  e'
 quindi conferente il richiamo operato dalla ricorrente, nella seconda
 memoria di udienza, a precedenti decisioni della Corte (sentt. n. 391
 e  n.  204 del 1991) ove si e' affermato il principio secondo cui "un
 regolamento ministeriale di esecuzione o di attuazione di  una  legge
 statale  ..  non  puo'  porre norme dirette a limitare la sfera delle
 competenze delle regioni in materie  ad  esse  attribuite".  Difatti,
 diversamente dalle fattispecie legislative - oggetto delle richiamate
 sentenze  - disciplinanti specifici settori di competenza regionale o
 provinciale (formazione professionale e agricoltura), si  e'  ora  in
 presenza  di  una legge di programmazione economica, concernente piu'
 materie, non tutte e non interamente di competenza provinciale, e che
 risponde  ad  un  interesse  nazionale  non  frazionabile,  tale   da
 richiedere  condizioni  uniformi e modalita' di generale applicazione
 degli interventi previsti per il suo perseguimento.
    7.7.  -  La  Provincia  autonoma  di  Bolzano  sostiene,  poi,  la
 illegittimita'  costituzionale  degli  articoli  da  6  a 11 sotto un
 ulteriore profilo: le norme, prevedendo le agevolazioni con la  forma
 dei  "crediti d'imposta", rilevanti ai fini IRPEF, IRPEG, ILOR e IVA,
 inciderebbero  negativamente  sui  flussi  tributari  assegnati  alla
 Provincia  autonoma  e  violerebbero gli artt. 75 e 78 dello Statuto,
 come novellati dalla legge n. 386 del 1989.   Le questioni  non  sono
 fondate,  perche',  come piu' volte la Corte ha affermato (sentt. nn.
 381 del 1990, 1145 e 633 del 1988, 433 del 1987, 356 del 1985 e  ord.
 n.  165 del 1988), nessuna norma statutaria garantisce alla Provincia
 un  flusso  finanziario  quantitativamentedeterminato,   mentre   "la
 concessione  ovvero  l'eliminazione  o  la  riduzione  di determinati
 finanziamenti   rivolti   a   scopi   specifici    rientrano    nella
 discrezionalita'  del  legislatore  statale ove, considerate nel loro
 insieme, non determinino quella grave alterazione" del  rapporto  tra
 bisogni  regionali  o provinciali e mezzi finanziari per farvi fronte
 nei limiti della compatibilita' con  le  "preminenti  esigenze  della
 finanza pubblica" (sentt. n. 381 del 1990 cit. e n. 307 del 1983).
    7.8.  -  Nella  seconda  memoria  di udienza la ricorrente insiste
 sulle "sopravvenute"  norme  di  attuazione  dello  Statuto  (decreti
 legislativi n. 266 del 1992, art. 4, comma 3, e n. 268 del 1992, art.
 7)  che  vietano i finanziamenti diretti dello Stato nelle materie di
 competenza  propria delle province autonome e dettano piu' articolate
 procedure per la determinazione della  quota  dei  tributi  spettante
 alle  province stesse.  Osserva la Corte che, pur in presenza di tale
 sopravvenienza normativa, le conclusioni  cui  si  e'  pervenuti  non
 possono   mutare,  essendo  le  invocate  norme  successive  rispetto
 all'entrata in vigore della legge impugnata e percio'  non  producono
 effetti rispetto ad essa.
    8.  -  La  Provincia  autonoma  di  Trento  denuncia la violazione
 dell'art. 15 dello Statuto e dell'art. 5 del d.P.R. 31  luglio  1978,
 n.  1017  da  parte  di  quelle norme che prevedono benefici a favore
 delle piccole imprese e dispongono che lo Stato eroghi direttamente i
 fondi ovvero li assegni alla Provincia  controllandone  l'erogazione,
 senza  alcuna  intesa  con  la provincia stessa. I parametri invocati
 imporrebbero,  nell'assegnazione  delle  quote   degli   stanziamenti
 destinati  all'incremento della produzione industriale, una procedura
 particolare che nella specie non sarebbe rispettata.    La  questione
 non   e'  fondata  perche'  il  carattere  di  norma  generale  sulla
 programmazione  economica,  propria  della  legge  impugnata,   rende
 operante la deroga al meccanismo ordinario di finanziamento, prevista
 dalla prima parte dell'art. 15 dello Statuto (sent. n. 796 del 1988).
 Quanto  al  secondo  parametro  invocato  (art. 5, d.P.R. n. 1017 del
 1978), esso non e' conferente trattandosi di una norma procedurale la
 quale prevede che le quote dei finanziamenti  statali  sono  indicate
 "nel  contesto  della  determinazione  della  quota  variabile di cui
 all'art. 78" dello Statuto.
    9. - La Provincia  autonoma  di  Trento  e  la  Regione  Lombardia
 impugnano  gli  artt.  da  17  a 24 e 27, in materia di contributi ai
 consorzi e alle societa' consortili di servizi tra  piccole  imprese,
 sotto l'ulteriore profilo della violazione delle loro competenze, per
 avere  le norme riservato un ruolo meramente istruttorio alle regioni
 e alle province autonome e, in alcuni casi (artt. 21, comma 5, e  27,
 comma 9), previsto un potere sostitutivo del Ministro non conforme ai
 criteri  indicati dalla giurisprudenza costituzionale.  La censura e'
 fondata solo in parte.  Mentre, come si e' in  precedenza  (v.  punto
 7.2)   osservato,   le  norme  impugnate  prevedono  una  sostanziale
 partecipazione  degli  enti  di   autonomia   nel   procedimento   di
 concessione  dei benefici in questione, si' che non puo' condividersi
 la doglianza che muove dal carattere  marginale  del  ruolo  ad  essi
 assegnato,  effettivamente  talune  previsioni legislative (artt. 21,
 comma  5,  e  27,  comma  9,  cit.),  nel   conferire   al   Ministro
 dell'industria  il  potere sostitutivo in caso di inerzia delle prov-
 ince autonome  o  delle  regioni,  non  contemplano  quella  garanzia
 procedurale,  consistente  nella previa diffida ad adempiere entro un
 determinato termine, che la Corte (sentt. nn. 483 e 49 e 37 del 1991,
 85 del  1990,  830  del  1988,  304  del  1987)  ha  sempre  ritenuto
 necessaria  "nelle  materie  di  competenza regionale o provinciale",
 quando tali materie siano disciplinate in modo uniforme da una  legge
 dello  Stato.    In  questi limiti, e cioe' con riferimento alle sole
 materie  proprie  delle  regioni  e  delle  province  autonome,  deve
 pertanto  essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
 21, comma 5, essendo la  seconda  disposizione  impugnata  (art.  27,
 comma 9) una norma di mero rinvio alla prima (ord. n. 304 del 1992).
    10.  - Sono poi oggetto delle impugnative della Provincia autonoma
 di Trento e della Regione Lombardia gli artt. da 29 a 33 in  tema  di
 agevolazioni ai consorzi e cooperative di "garanzia collettiva fidi",
 nella  parte in cui contemplano come beneficiarie imprese artigiane e
 piccole imprese operanti nei  settori  di  competenza  provinciale  o
 regionale.  Le  norme,  prevedendo  interventi finanziari dello Stato
 capillarmente  distribuiti  e  concessi  in  via   ordinaria,   senza
 riferimento  a  programmi  straordinari, interferirebbero con le gia'
 ricordate attribuzioni delle ricorrenti.  La censura non e'  fondata.
 Le norme impugnate prevedono la parziale reintegrazione dei fondi dei
 detti  consorzi  o la concessione di contributi alla costituzione dei
 fondi interconsortili di secondo  grado,  realizzando  una  sorta  di
 riassicurazione  dei  rischi  connessi ad attivita' finanziarie: esse
 mirano allo sviluppo di forme mutualistiche di garanzia collettiva  e
 costituiscono  un  indirizzo di politica economica generale attinente
 al governo del credito, di competenza statale.  Inoltre la legge  non
 esclude,  anzi  espressamente  prevede che le regioni possano erogare
 agli stessi soggetti propri contributi  (art.    32,  comma  2),  nel
 rispetto quindi delle loro competenze.
    11.  -  L'art.  36  (gia'  impugnato  dalla  Provincia autonoma di
 Bolzano insieme ad altre norme - v. punto 7.1) e' oggetto di  censura
 anche  da  parte  della  Provincia autonoma di Trento e della Regione
 Lombardia.  Ad  avviso  delle   ricorrenti   la   norma,   prevedendo
 l'individuazione  da  parte delle regioni (e delle province autonome)
 dei "distretti industriali" sulla base degli indirizzi e dei  criteri
 dettati   dal   Ministro  dell'industria,  violerebbe  le  competenze
 provinciali e regionali, perche'  condizionerebbe  la  programmazione
 territoriale  e  di  sviluppo  delle  piccole imprese (per la Regione
 Lombardia: le imprese artigiane ex art. 117 della Costituzione,  e  i
 consorzi industriali ex art. 65 d.P.R. 616 del 1977) a determinazioni
 ministeriali,  dal  momento  che  solo per tali aree e' consentito il
 finanziamento da parte delle regioni e  delle  province  autonome  di
 progetti  innovativi  concernenti  piu'  imprese,  sulla  base  di un
 contratto di programma stipulato con il consorzio  interessato.    La
 questione  e' infondata.  La previsione che affida ad un'autorita' di
 Governo di fissare  indirizzi  e  parametri  di  riferimento  per  le
 regioni,  nell'individuazione  dei distretti industriali, risponde ad
 una  esigenza  di  coordinamento  che  postula,  nella  specie,   non
 attivita'  politico-decisionali  (rimesse  agli  enti  di autonomia),
 bensi'  soltanto  attivita'  tecniche  (v.  art.  36,  comma  1)   di
 rilevazione   (concentrazione   di   imprese   insistenti   nell'area
 territoriale, rapporto con la popolazione residente, specializzazione
 produttiva dell'insieme delle imprese), per cui,  dovendo  l'emanando
 decreto  del  Ministro  dell'industria  attenersi  a  tali  ristretti
 ambiti, non puo' ritenersi violata la competenza delle ricorrenti. La
 norma, difatti, pur nella sua imprecisa formulazione, appare  diretta
 ad incentivare la costituzione di consorzi tra imprese per conseguire
 razionalita'  ed  efficacia  degli  interventi, per cui non restringe
 l'autonomia  regionale  in  ordine  ad  ulteriori   possibilita'   di
 intervento  finanziario  delle regioni stesse in favore delle piccole
 imprese localizzate in quelle zone.
    12. - La Provincia autonoma  di  Trento  e  la  Regione  Lombardia
 assumono,  poi,  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 39, che,
 prevedendo l'istituzione presso il  Ministero  dell'industria  di  un
 "servizio   centrale  per  la  piccola  industria  e  l'artigianato",
 violerebbe   le   loro  attribuzioni  essendo  la  norma  rivelatrice
 dell'intento di riassorbire  nell'ambito  delle  competenze  centrali
 settori non appartenenti alla titolarita' dello Stato e ponendo cosi'
 le premesse per illegittimi interventi statali di gestione in settori
 di  competenza provinciale o regionale.  La questione non e' fondata.
 Il servizio  centrale  per  la  piccola  industria  e  l'artigianato,
 costituito  presso il Ministero dell'industria, e' stato previsto per
 lo svolgimento di attivita' di rilevazione ed analisi dello  sviluppo
 economico,  finanziario  e produttivo delle piccole imprese, anche in
 collegamento con gli osservatori economici regionali e comunitari (v.
 art. 4, comma 3) o con le societa' finanziarie regionali (v. art.  4,
 comma  4).  Non  si  tratta  quindi,  come sostenuto, di attivita' di
 "gestione" in settori di competenza regionale.  Al riguardo la  Corte
 ha   escluso   che  tali  attivita'  possano  ritenersi  invasive  di
 competenze regionali e provinciali, affermando viceversa  che  simili
 ipotesi   di   rilevazioni  e  collegamenti  assicurano  il  corretto
 svolgimento delle funzioni pubbliche (sent. n. 139 del 1992).  E' poi
 evidente che il decreto del Presidente della  Repubblica  (art.  39),
 che dovra' provvedere alla riorganizzazione della Direzione generale,
 nell'ambito  della  quale  e' previsto il suddetto servizio centrale,
 non potra' discostarsi  dalle  linee  tracciate  nella  legge  e  dal
 rispetto  delle  competenze regionali, e qualunque invasione da parte
 dell'emananda normativa regolamentare potra' essere censurata in sede
 di conflitto.
    13. - Anche l'art. 41  e'  oggetto  dei  ricorsi  della  Provincia
 autonoma di Trento e della Regione Lombardia, le quali sostengono che
 la  norma  -  autorizzando  la  Cassa  per  il  credito  alle imprese
 artigiane ad effettuare una  serie  di  attivita'  estranee  ai  suoi
 compiti   statutari  e  trasformandola  da  organismo  incaricato  di
 provvedere al finanziamento degli istituti e delle aziende di credito
 in organismo che gestisce direttamente le agevolazioni alle imprese -
 invaderebbe la competenza provinciale o regionale, cui spettano  tali
 forme di interventi (la Regione Lombardia invoca, in proposito, quale
 parametro,  l'art.  109  del  d.P.R. 616 del 1977).   In proposito e'
 sufficiente osservare che la norma autorizza modifiche statutarie  di
 un  istituto  di  credito, da approvarsi dal Ministero del tesoro. In
 tal senso essa attiene all'ordinamento generale del credito  e  degli
 istituti che lo esercitano (v. art. 109 cit.).
    14.1.  -  Tutte  le  ricorrenti  sollevano,  infine,  questioni di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  43,  che  pone   gli   oneri
 derivanti  dall'attuazione  della  legge  a carico del fondo speciale
 rotativo per l'innovazione tecnologica, istituito dall'art. 14  della
 legge n. 46 del 1982.
    Le  due  province  autonome denunciano la violazione del titolo VI
 dello Statuto e dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989,  ma,  mentre
 la  Provincia di Bolzano fa riferimento al primo comma di tale ultima
 disposizione, la Provincia di Trento ne richiama  invece  il  secondo
 comma.  Entrambe,  poi,  lamentano  la  violazione dell'art. 15 dello
 Statuto  che   dispone   in   ordine   ai   finanziamenti   destinati
 all'incremento  delle  attivita'  industriali.  La  sola Provincia di
 Trento richiama, altresi', l'art. 5 del d.P.R. n. 1017 del 1978.
    Tutte  le  questioni,  che  si  sostanziano  nella  denuncia della
 lesione  dell'autonomia  finanziaria  delle  province  autonome   per
 l'inosservanza  della procedura partecipativa delle stesse al sistema
 di erogazione dei finanziamenti, non sono fondate.
    Ed invero, premesso che non e'  ravvisabile  nessuna  lesione  del
 sistema  finanziario  provinciale, quale previsto nello Statuto (c.d.
 quota variabile), da parte di una legge  che  dispone  un  intervento
 straordinario di carattere nazionale, dovendosi ogni pretesa avanzare
 in  sede  di  determinazione  della predetta quota di spettanza delle
 province autonome, non e' neppure  da  ritenersi  violato  l'art.  15
 dello  Statuto,  perche' proprio esso consente, da parte delle "norme
 generali sulla programmazione economica"  (quale  quelle  in  esame),
 deroghe   al  sistema  di  finanziamento  degli  interventi  relativi
 all'"incremento delle attivita' industriali". Al riguardo va altresi'
 ribadito che l'ampio ventaglio di interventi ipotizzati  dalla  legge
 impugnata  e  la  complessa  tipologia  dei  beneficiari  non possono
 considerarsi  tutti  ricompresi   nelle   materie   attribuite   alla
 competenza provinciale.
    Nemmeno e' violato l'art. 5, comma 1, della legge n. 386 del 1989,
 giacche'  la norma invocata si riferisce ai fondi speciali "istituiti
 per garantire livelli minimi di prestazioni in modo uniforme" (quale,
 ad esempio, il fondo sanitario nazionale). Tale non  e',  invece,  il
 fondo  rotativo  per  l'innovazione  tecnologica, che non risponde al
 soddisfacimento di primarie esigenze (quali il  diritto  fondamentale
 alla  salute), ma allo sviluppo di un settore economico (sent. n. 116
 del 1991).
    Quanto all'art. 5, comma 2, della  legge  n.  386  del  1989,  che
 riguarderebbe tutti gli altri fondi statali, si rileva che tale norma
 va  collegata con l'art. 15 dello Statuto, che e' la norma "speciale"
 relativa "all'incremento della produzione industriale" e che prevede,
 come gia' detto, deroghe al sistema ordinario di finanziamento  della
 Provincia   autonoma   da   parte   di   norme  statali  generali  di
 programmazione economica.
    Infine, relativamente al riferimento all'art.  5  delle  norme  di
 attuazione  (d.P.R.  n. 1017 del 1978), vale quanto gia' osservato in
 precedenza (v. punto 8), potendosi soltanto aggiungere che il sistema
 delle  fonti  non  consente  che  si  attribuisca  ad  una  norma  di
 attuazione  significati  che  possano  annullare  o  disattendere  le
 previsioni contenute nello statuto e cioe' in un atto legislativo  di
 rango superiore.
    14.2.  -  L'art.  43 e' impugnato, infine, dalla Regione Lombardia
 che lamenta la lesione di  norme  interposte  rispetto  ai  parametri
 costituzionali  attributivi di competenze regionali, quali l'art. 110
 del d.P.R. n. 616 del 1977, che ha soppresso i  fondi  di  rotazione,
 trasferendone le disponibilita' alle regioni, l'art. 126 dello stesso
 decreto presidenziale che "non consente di impiegare uno strumento di
 spesa  statale",  quale  e'  il fondo di rotazione, nell'ambito delle
 competenze regionali, e l'art. 3 della legge 14 giugno 1990  n.  158,
 il quale dispone che gli stanziamenti statali delle leggi di settore,
 da  ripartire  tra le regioni, devono confluire nella quota variabile
 del fondo per il finanziamento dei programmi  regionali  di  sviluppo
 (art.  9  della  legge  n. 281 del 1970).  Le censure sono infondate,
 perche' il fondo di rotazione in esame  e'  stato  istituito  con  la
 legge  n.  46 del 1982, gia' sottoposta come si e' detto al vaglio di
 questa Corte (sent.  n.  796  del  1988  cit.)  in  epoca  successiva
 rispetto   al  trasferimento  delle  funzioni  alle  regioni,  ed  ha
 caratteri  del  tutto  peculiari,   essendo   rivolto   a   programmi
 straordinari   di   imprese   destinati   a   introdurre  innovazioni
 tecnologiche  in  relazione  ad  "esigenze   generali   dell'economia
 nazionale"  (cfr.  art.  14 della legge n. 46 cit.), e l'art. 3 della
 legge  n.  158  del   1990   non   e'   idoneo,   nel   giudizio   di
 costituzionalita',  a  fungere da parametro di riferimento soprattuto
 in considerazione del  carattere  transitorio  della  disciplina  ivi
 prevista,  transitorieta'  che,  se pur esplicitata ("in attesa delle
 disposizioni di riforma della finanza regionale") nell'art.  2  della
 stessa  legge  n.  158  cit.  relativamente al "fondo comune" (art. 8
 legge n. 281 del 1970), deve  essere  riferita  per  ragioni  logiche
 anche all'art. 3 invocato, relativo al fondo per il finanziamento dei
 programmi regionali di sviluppo (art. 9 legge n. 281 del 1970).