IL PRETORE
    All'esito del dibattimento, sulle conclusioni delle parti;
                             O S S E R V A
    La  sig.ra  Simonetta  Zanasi  e'  stata chiamata a rispondere del
 reato di cui all'art. 388, secondo comma, del c.p., per avere,  quale
 legale   rappresentante   della   S.r.l.   "Calafiorita",   eluso  il
 provvedimento del pretore di Siniscola, reso il 15 dicembre  1990  ai
 sensi dell'art. 700 del c.p.c., con il quale si inibiva alla societa'
 da  lei  rappresentata di transitare e far transitare mezzi meccanici
 nella strada di lottizzazione realizzata dalla S.r.l. "Li Cucutti" in
 localita' "Li Salineddi" del comune  di  Budoni,  continuando  a  far
 transitare nella suddetta strada mezzi meccanici della "Calafiorita".
    Sulla  scorta  delle  prove  acquisite,  ritiene  il  pretore  che
 sussistano i presupposti per addivenire ad una pronuncia  assolutoria
 dell'imputata  per non avere commesso il fatto, e cio' per il duplice
 ordine di ragioni consistente da un lato nel fatto  che  il  transito
 successivo  all'inibitoria  pretorile  avrebbe dovuto essere ascritto
 alla sola ditta appaltatrice "C90" di Vittorio Miani, coimputato  per
 il  quale si e' proceduto separatamente, e non anche alla committente
 "Calafiorita",  dall'altro  nel  ruolo  svolto  dalla  rappresentante
 legale  di detta ultima societa', che risiede in Emilia-Romagna e non
 risulta, al  di  la'  della  carica  ricoperta,  aver  fornito  alcun
 effettivo e personale apporto causale alla verificazione dell'evento.
    Peraltro,   la  prospettata  pronuncia  assolutoria  comporterebbe
 automaticamente la condanna del querelante al pagamento  delle  spese
 del  procedimento  anticipate  dallo  Stato,  in virtu' del combinato
 disposto degli artt. 542, primo comma, e 427, primo comma, del c.p.p.
    Occorre tuttavia considerare che, nel caso di specie,  l'esercizio
 dell'azione  penale  nei  confronti  dell'imputata  non sembra essere
 dipeso da colpa del querelante.
    Invero,  la  S.r.l.  "Li   Cucutti",   in   persona   del   legale
 rappresentante,  ha  chiesto ed ottenuto un provvedimento ex art. 700
 del c.p.p. nei confronti sia della "Calafiorita" che della  "C90",  e
 successivamente, constatato che il transito dei mezzi era proseguito,
 ha  sporto querela, indicando che, verosimilmente, detto transito era
 da attribuire alle suddette quali ditte costruttrici di un  villaggio
 turistico e come tali convenute nel procedimento civile.
    Alla  luce  di  cio', si puo' affermare che la querelante ha agito
 correttamente,  posto  che  in  effetti  la   "C90"   operava   quale
 appaltatrice su incarico della "Calafiorita".
    Non puo' dunque farsi carico alla medesima di non aver considerato
 le circostanze, sopra menzionate, che oggi potrebbero condurre ad una
 assoluzione  della  Zanussi,  perche' le stesse in primis sono emerse
 compiutamente soltanto in seguito al dibattimento, e poi perche' sono
 state oggetto, da parte del giudice, di una valutazione che non  com-
 pete  al  privato,  il quale ha il solo onere di riferire i fatti con
 verita' e completezza, essendo  riservata  all'autorita'  giudiziaria
 ogni determinazione in ordine alle responsabilita' penali.
    Se  cio'  e' vero, ne consegue la non manifesta infondatezza della
 questione  di  legittimita'  costituzionale  relativa  agli  articoli
 richiamati, con riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Con  le  sentenze  n.  165/1974,  n.  52/1975 e, per ultima, la n.
 29/1992, pronunciate in merito agli artt. 382,  primo  comma  e  482,
 primo  comma,  del  c.p.p.  previgente,  la  Corte  costituzionale ha
 ripetutamente espresso il principio secondo cui le norme  denunciate,
 dettate  dalla  finalita'  di evitare liti temerarie, devono comunque
 esentare dalla responsabilita' per le spese  anticipate  dallo  Stato
 chi  ha  esercitato  il  diritto di querela allorquando l'assoluzione
 dell'imputato derivi da circostanze non riconducibili  al  querelante
 stesso, al quale, quindi, nessuna colpa puo' essere addebitata.
    Ove  cio' non avvenisse, sussisterebbe violazione del principio di
 eguaglianza, sottoponendosi allo stesso  trattamento  situazioni  del
 tutto diverse, quali quelle del querelante temerario da un lato e del
 querelante incolpevole dall'altro.
    La   questione   non   e'   suscettibile  di  risoluzione  in  via
 interpretativa, stante la tassativita' delle disposizioni cui  si  e'
 fatto riferimento, ne' puo' definirsi il giudizio prescindendone.
    Si   impone   pertanto   la   rimessione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale, per quanto di competenza.