ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 238, primo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il  6  marzo  1992  dal  Tribunale di Lecce nel procedimento penale a
 carico  di  Rapana'  Salvatore,  iscritta  al  n.  246  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 21  ottobre  1992  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto che il Tribunale di Lecce, nel presupposto che il rifiuto
 di  sottoporsi all'esame - ex art. 210 del codice di procedura penale
 - da parte di due coimputati minorenni comportasse la impossibilita',
 ai sensi dell'art.  513,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale,  di  disporre  la  lettura dei verbali delle dichiarazioni da
 essi rese al giudice per le indagini preliminari presso il  Tribunale
 per   i   minorenni,   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 238, primo comma, del  codice  di  procedura
 penale,  nella  parte  in  cui ammette - previo consenso delle parti,
 nella fattispecie sussistente - l'acquisizione di verbali di prove di
 altro  procedimento  penale  solo  se  si  tratta  di  prove  assunte
 nell'incidente  probatorio  o  nel dibattimento (ovvero di verbali di
 cui e' stata data lettura durante il dibattimento stesso), ma non  la
 estende  a  tutti  gli  altri verbali di dichiarazioni comunque rese,
 alla presenza del difensore, dalle persone indicate nell'art. 210 del
 codice di procedura penale;
      che la norma, ad avviso  del  remittente,  violerebbe  l'art.  3
 della     Costituzione     perche'    discrimina    irragionevolmente
 l'acquisizione di prove di altro procedimento  pur  in  presenza  del
 consenso  dell'imputato,  nonche'  l'art.  24  della  Costituzione in
 quanto limita il diritto alla prova, anche a danno dell'imputato;
      che l'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza  del
 Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza
 della questione;
    Considerato  che l'art. 3, primo comma, del decreto-legge 8 giugno
 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e
 provvedimenti di contrasto alla  criminalita'  mafiosa),  convertito,
 con  modificazioni, con legge 7 agosto 1992, n. 356, ha integralmente
 sostituito l'art. 238 del codice di procedura penale,  il  quale  ora
 stabilisce  in linea generale, come auspicato dal giudice remittente,
 che  "i  verbali  di  dichiarazioni  possono  essere  utilizzati  nel
 dibattimento se le parte vi consentono" (quarto comma);
      che,  inoltre,  va anche rilevato che questa Corte, con sentenza
 n.  254  del  1992,  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  513,  secondo comma, del codice di procedura penale "nella
 parte in cui non prevede che il giudice, sentite le parti, dispone la
 lettura dei verbali delle dichiarazioni di cui  al  primo  comma  del
 medesimo  articolo rese dalle persone indicate nell'art. 210, qualora
 queste si avvalgano della facolta' di non rispondere";
      che,  pertanto,  e'  venuto  meno anche il presupposto su cui il
 remittente ha fondato la proposta questione;
      che, in conclusione, occorre restituire gli atti  al  giudice  a
 quo  affinche'  riesamini,  alla  luce  della  nuova disciplina della
 materia, la rilevanza della questione.