ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 34, secondo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 il 13 febbraio 1992 dal Giudice per le indagini preliminari presso il
 Tribunale  di  Napoli  nel procedimento penale a carico di Cavagnuolo
 Raffaele ed altri, iscritta al n. 276 del registro ordinanze  1992  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 21, prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 ottobre 1992 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Ritenuto che con l'ordinanza indicata in epigrafe il  Giudice  per
 le  indagini  preliminari  presso il Tribunale di Napoli dubita della
 legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma,  cod.  proc.
 pen.,   sostenendo   che   esso,   nella   parte  in  cui  -  secondo
 l'interpretazione datane nella sentenza n. 401  del  1991  di  questa
 Corte   -  stabilisce  l'incompatibilita'  a  celebrare  il  giudizio
 abbreviato   del  giudice  che  ha  emesso  il  decreto  di  giudizio
 immediato, contrasterebbe:
      con la direttiva n. 67 della legge delega n. 81  del  1987  -  e
 quindi  con  gli  artt. 76 e 77 Cost. - dato che impiega la locuzione
 "giudizio" in luogo di quella piu' restrittiva  di  "dibattimento"  -
 caratterizzata  dalla  mancata  conoscenza  degli atti delle indagini
 preliminari - e che mancherebbero ragioni di stabilire  in  tal  caso
 l'incompatibilita',   non  comportando  l'emissione  del  decreto  di
 giudizio immediato una valutazione sulla fondatezza  dell'accusa,  ma
 solo  sull'idoneita'  degli  atti  a sostenere la tesi accusatoria in
 giudizio;
      con  l'art.  97  Cost.,  dato  che,  in  contraddizione  con  la
 direttiva  (n. 40) della legge delega di concentrazione in capo ad un
 unico giudice di tutti gli atti relativi al medesimo procedimento, la
 diversificazione dei giudici in caso di trasformazione  del  giudizio
 immediato  in  abbreviato  nuocerebbe  alla  celere  trattazione  dei
 processi, specie ove tale trasformazione sia richiesta solo da taluni
 degli imputati;
      con gli artt. 25 e 101 Cost., dato che  l'art.  458  cod.  proc.
 pen.  sembra presupporre l'identita' del giudice chiamato a celebrare
 i due giudizi, immediato ed abbreviato, sicche'  la  diversificazione
 comporterebbe  che  il  processo  sia  distolto  dal giudice naturale
 precostituito per legge;
      che il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che la
 questione sia dichiarata infondata;
    Considerato che, per quanto attiene alla dedotta violazione  della
 direttiva n. 67 (art. 2) della legge delega - e, quindi, dell'art. 76
 Cost. - la questione, gia' sollevata in termini analoghi dallo stesso
 Giudice,  e'  stata dichiarata non fondata con la sentenza n. 261 del
 1992, ove si e' tra l'altro precisato  che  impiegando  la  locuzione
 "giudizio"  "il  legislatore  delegato,  lungi  dal violare la delega
 conferitagli, ne ha correttamente inteso lo spirito";
      che conseguentemente tale questione va dichiarata manifestamente
 infondata;
      che  alla  medesima  conclusione  deve  pervenirsi  per   quanto
 concerne la censura riferita all'art. 97 Cost., dato che la direttiva
 n.  40  della  legge  delega  prevede  la concentrazione in capo allo
 stesso  giudice  "di  tutti  i  provvedimenti  relativi  allo  stesso
 procedimento"  solo  "ove  possibile", con cio' evidentemente facendo
 salvi, innanzitutto, i casi di incompatibilita';
      che manifestamente infondata deve  ritenersi  anche  la  censura
 riferita  agli  artt.  25  e  101  Cost., perche' - a prescindere dal
 rilievo che l'opinione secondo cui la locuzione  "giudice"  impiegata
 dall'art.  458, secondo comma, del codice si riferirebbe al giudice -
 persona fisica non e' confortata da argomenti persuasivi - le  regole
 sull'incompatibilita'  sono  dettate  appunto  al  fine  di garantire
 l'osservanza  di   tali   precetti   costituzionali   attraverso   la
 precostituzione per legge di un giudice imparziale.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.