ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 403 del  codice
 di  procedura  penale, promosso con ordinanza emessa il 9 marzo 1992,
 dal Tribunale di Torino nel procedimento penale a  carico  di  Zanghi
 Giuseppe  ed  altro, iscritta al n. 278 del registro ordinanze 1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  21,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  7  ottobre  1992  il  Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Ritenuto  che con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di
 Torino espone di essere stato chiamato a decidere se  potesse  essere
 inserito  nel  fascicolo del dibattimento l'atto dell'audizione della
 persona offesa del contestato delitto di atti di  libidine  violenti,
 atto  che  il  giudice  per  le  indagini  preliminari aveva disposto
 avvenisse in forma di incidente probatorio e  che  -  trattandosi  di
 cittadina  scozzese  residente  ad  Edimburgo  -  era  stato eseguito
 mediante  rogatoria  all'estero senza che il difensore dell'imputato,
 pur regolarmente avvisato, vi partecipasse;
      che su tale premessa il  Tribunale  dubita  -  limitatamente  al
 "caso  in  cui  dovendosi  assumere la prova all'estero, la procedura
 cola'  vigente  non   preveda   la   partecipazione   del   difensore
 dell'accusato  (o,  comunque,  non contempli meccanismi tali da poter
 attivare prontamente la partecipazione  di  difensore  d'ufficio)"  -
 della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  403 cod. proc. pen. ,
 "nella parte in cui subordina l'utilizzabilita' della  prova  assunta
 nell'incidente  probatorio  alla  presenza  effettiva  del  difensore
 dell'imputato, anziche' limitarsi a  disporre  che  lo  stesso  debba
 essere  posto  in  condizione  di  presenziare  attraverso  i  dovuti
 avvisi";
      che ad avviso del giudice rimettente la disposizione, per questa
 parte, si pone in contrasto:
      con  l'art.  112  della  Costituzione,  che,   interpretato   in
 collegamento con l'art. 24, impone che la parte pubblica sia posta in
 condizioni di accedere effettivamente e senza ostacoli insormontabili
 alla  giurisdizione  penale, mentre per effetto della norma impugnata
 essa  si  troverebbe  nella  sostanziale  impossibilita'  di  fornire
 dimostrazione del proprio assunto;
      con  l'art. 3 della Costituzione, dato che, a seconda che l'atto
 probatorio debba essere assunto in  Italia  o  all'estero,  la  parte
 pubblica  puo'  trovarsi nella condizione di poter raccogliere o meno
 la prova valida dibattimentalmente, dato che solo nel primo caso puo'
 avvalersi  del  congegno  normativo  (art.  97,  quarto   comma)   di
 sostituzione  immediata  del  difensore non comparso (in ipotesi, per
 scelta);
      che il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che la
 questione sia dichiarata non fondata, sostenendo,  tra  l'altro,  che
 l'inconveniente   lamentato   dal   giudice   a   quo   non  discende
 dall'applicazione dell'art. 403, ma dalla circostanza che, anche  ove
 esistano convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria, l'atto
 probatorio  assunto per rogatoria all'estero va espletato nelle forme
 proprie dello Stato richiesto e che sono quindi ad esso inapplicabili
 le regole processuali proprie dello Stato richiedente;
    Considerato - a prescindere dall'esame di tale  eccezione  -  che,
 successivamente  all'ordinanza  di rimessione, con il decreto-legge 8
 giugno 1992, n. 306, convertito, con  modificazioni,  nella  legge  7
 agosto  1992,  n. 356 - recante "Modifiche urgenti al nuovo codice di
 procedura penale  e  provvedimenti  di  contrasto  alla  criminalita'
 mafiosa"  -  e'  stata  modificata  la  lettera  d)  del  primo comma
 dell'art. 431 di detto codice, disponendosi che nel fascicolo per  il
 dibattimento vadano inseriti, i verbali, oltre che degli atti assunti
 nell'incidente  probatorio,  anche  "di  quelli  assunti all'estero a
 seguito di rogatoria" (art. 6, quarto comma);
      che inoltre - e soprattutto - con l'art. 8, comma  2-  bis,  del
 medesimo  decreto-legge, come sopra convertito, e' stato inserito nel
 codice di procedura penale l'art. 512- bis, concernente  la  "lettura
 di  dichiarazioni  rese dal cittadino straniero", a termini del quale
 "Il giudice, a richiesta di parte, puo' disporre, tenuto conto  degli
 altri  elementi  di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali
 di dichiarazioni rese dal cittadino straniero residente all'estero se
 la  persona non e' stata citata, ovvero, essendo stata citata, non e'
 comparsa"  (evenienza,  quest'ultima,   che   si   e'   concretamente
 verificata  nel  giudizio  principale);  che  di conseguenza, poiche'
 spetta al Tribunale rimettente valutare se di tali nuove disposizioni
 possa farsi applicazione in tale giudizio, occorre che gli  atti  gli
 siano  restituiti  affinche' possa riesaminare, alla stregua di esse,
 la rilevanza della questione sollevata.