IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Visto  l'art.  23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, sull'eccezione
 di legittimita' costituzionale degli artt. da 1 a  10  del  d.-l.  n.
 306/1992,  8  giugno  (titolo  I,  capi  I, II, III e IV), relativi a
 "Modifiche  urgenti  al  nuovo  codice   di   procedura   penale,   a
 provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa".
                                OSSERVA
    1. - La questione e' rilevante essendo in gioco, allo stato  degli
 atti,  quantomeno  l'applicazione  dell'art.  238  del c.p.p. (se non
 l'intero gruppo di disposizioni sulle prove)  recentemente  riformato
 dal  provvedimento  gravato,  sicche' ritiene As. giudicante onorario
 che ( ex art. 23, secondo comma, legge n. 87/1953)  il  giudizio  non
 possa   esser  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della
 questione proposta.
    2 a. - Quanto allo strumento legislativo del decreto  del  Governo
 da  convertirsi in legge (art. 77, secondo comma, della Costituzione)
 la Corte costituzionale  impone  -  come  condicio  juris  della  sua
 emissione  -  che  debba  trattarsi  di  caso  straordinario,  e tale
 extraordinarieta'  dovra'  derivare  da  ragioni  di  necessita'   ed
 urgenza,  che  devono logicamente collocarsi del tutto al di fuori di
 ogni ragionevole ed ordinaria fattispecie concreta, perche' connotata
 da  evidente  pericolo  nel  caso   di   ritardo   nell'emettere   il
 provvedimento legislativo: questa sola condizione autorizza la deroga
 eccezionale   al   potere  esclusivo  di  legiferare  del  Parlamento
 italiano,  e  questa   caratteristica   di   eccezionalita'   promana
 chiaramente   dal   complesso   normativo   dell'art.  77  nella  sua
 intierezza.
    2 b. - Le menzionate caratteristiche di necessita' ed urgenza  ex-
 tra  ordinem  possono  essere  oggetto  di  sindacato  da parte della
 Suprema Corte costituzionale, come la giurisprudenza della stessa  ha
 piu'   volte   ricordato  (cf.r.  sentenze  nn.  75/1967,  55/1977  e
 302/1988).
    2.  -  La  legge  delega  per  l'approvazione  del nuovo codice di
 procedura penale, gia' prevedeva espressamente all'art. 7  (legge  n.
 81/1987)  una  procedura  particolarmente  snella  e  rapida  per  la
 modifica del progetto definitivo, concepito  in  modo  da  non  dover
 ricorrere  alla  piu'  laboriosa  procedura  prevista  per  le  leggi
 ordinarie. Il non aver semplicemente preso in  considerazione  questo
 specifico strumento, gia' approvato dal Parlamento e forse allo scopo
 di  evitare  proprio  la decretazione d'urgenza, costituisce un primo
 grave motivo di sospettare d'illegittimita' il decreto  in  discorso,
 poiche'  l'Esecutivo  dimostra  con  cio'  una  certa  negligenza nel
 valutare il "pericolo nel  ritardo"  di  cui  sopra,  scavalcando  ex
 abrupto (per due mesi) il dibattito alle Camere.
    2  d.  -  Nel  merito  poi,  va  osservato  che ne' la riforma del
 processo penale ne' la  necessita'  di  contrastare  la  criminalita'
 mafiosa  possono ritenersi casi di straordinaria urgenza e necessita'
 sul piano obiettivo,  atteso  che  la  mafia  siciliana  e'  fenomeno
 persistente  e diffuso in quella cultura delle istituzioni da decenni
 se non da secoli, e d'altro canto  la  necessita'  di  modificare  il
 c.p.p.  (con  particolare  riguardo  alle disposizioni sulla prova) o
 deve ritenersi apodittica ed  indimostrata  affermazione  del  potere
 esecutivo,  oppure  va  ricollegata  ai soli processi di criminalita'
 organizzata. Ma quest'argomentazione e' fuorviante e  non  veritiera,
 poiche'  tutti  gli  artt.  (dal n. 1 al n. 10) del citato d.-l. sono
 mirati a modificare grandemente  le  modalita'  di  assunzione  della
 prova in tutti i processi penali.
   E'  questo  il  secondo grave motivo che induce a sospettare che il
 gravato provvedimento sia stato emesso in  assenza  della  prescritta
 condicio  juris,  in  violazione  dell'art.  77, secondo comma, della
 Costituzione;  non  e'  dimostrabile  l'improrogabile  necessita'  di
 modificare il rito penale (se non come puro atto di fede nel Governo,
 che  lo  dichiara  nel  preambolo  del  decreto),  cosi'  come non e'
 dimostrabile  che  la  ritenuta  (ed  indimostrata,  a   sua   volta)
 necessita' di contrastare la criminalita' mafiosa, possa giustificare
 un'indiscriminata alterazione e un totale stravolgimento dei principi
 che reggono il codice di procedura penale.