ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 61, terzo
 comma, lett. c), del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 ("Istituzione  del
 servizio  di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e
 di altri enti pubblici, ai sensi  dell'art.  1,  primo  comma,  della
 legge  4  ottobre  1986  n.  657"),  e  2749, primo comma, del codice
 civile, promosso  con  ordinanza  emessa  il  10  dicembre  1991  dal
 Tribunale  di  Torino  nel  procedimento civile vertente tra Servizio
 Riscossione Tributi - Concessione Torino "a"  gestita  da  CRT  e  il
 fallimento  s.p.a. SEO, iscritta al n. 67 del registro ordinanze 1992
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  9,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  costituzione del Servizio Riscossione Tributi -
 Concessione  di  Torino  "a"  gestita  da  CRT,  nonche'  l'atto   di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  1992  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  In  un  procedimento  per  ammissione  al  passivo  in  via
 privilegiata  di  un  credito per compensi di riscossione coattiva di
 tributi diretti, ex art. 61, sesto comma, del d.P.R. 28 gennaio  1988
 n.  43,  l'adito Tribunale di Torino, - rilevato che, nel sistema del
 citato decreto del 1988, il compenso in discussione (peraltro "non ..
 aggiuntivo bensi' sostitutivo"  di  altre  voci),  non  potendo  (per
 diversita'  della sua causa in quanto credito personale e diretto dal
 concessionario nei  confronti  del  contribuente)  qualificarsi  come
 accessorio  del  tributo  e  neppure  essendo equiparabile alle spese
 ordinarie di intervento nell'esecuzione (per la diversita' intrinseca
 dei due istituti), finisce col non godere di privilegio sotto  alcuna
 delle   forme   previste   dall'art.  2749  cod.  civ.  (diversamente
 dall'"aggio", di cui al previgente sistema, che, in quanto  a  carico
 dell'Ente  beneficiario  veniva  trattenuto  sul tributo riscosso, ex
 art. 3, sesto comma, d.P.R. n. 603 del 1973,  fruendo  di  fatto  del
 correlativo  privilegio);  e considerato che tale situazione e' ancor
 piu' gravosa in caso di  esecuzione  fallimentare,  poiche'  (per  il
 principio   di   cristallizzazione  del  passivo  ex  art.  44  legge
 fallimentare) il suddetto credito non  puo'  neppure  partecipare  al
 concorso  in  via  chirografaria, quando (come nella specie) esso sia
 sorto in data successiva alla sentenza  di  fallimento  (per  effetto
 della  pubblicazione  dei ruoli a fallimento dichiarato), pur essendo
 il concessionario obbligato  ad  attivarsi  per  la  riscossione  del
 tributo  ("cosicche'  da  un  lato  gli  e'  imposto  un  servizio  e
 dall'altro non gliene e' assicurata la remunerazione") -  tutto  cio'
 premesso,  ha reputato di conseguenza rilevante (al fine del decidere
 in ordine all'ammissione del chiesto privilegio) e non manifestamente
 infondata, in riferimento agli artt. 36, primo  comma,  e  97,  primo
 comma,  Cost.,  onde ha sollevato con ordinanza del 10 dicembre 1991,
 questione incidentale di legittimita' costituzionale:
       A) "dell'art. 61, terzo comma, lett. c) d.P.R. 28 gennaio  1988
 n. 43 nella parte in cui non prevede come accessorio del tributo agli
 effetti  dell'art.  2749,  primo  comma,  cod.  civ.,  il compenso di
 riscossione coattiva ivi disciplinato";
       B) "in subordine: dell'art. 2749, primo comma, cod. civ., nella
 parte in cui non assimila alle spese ordinarie  di  intervento  nelle
 procedure  esecutive,  godenti  del  medesimo  privilegio del credito
 azionato,  il  credito  a  compenso  di  riscossione   spettante   al
 Concessionario  del  Servizio  Riscossione Tributi ai sensi dell'art.
 61, terzo comma, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1988 sopra citato".
    Secondo   il   Tribunale   rimettente,   la   denunciata   mancata
 attribuzione   del  privilegio  al  credito  del  concessionario  per
 compenso di riscossione ex art. 61, terzo comma,  d.P.R.  n.  43  del
 1988   -   ove   non  emendata  nei  sensi  gradatamente  indicati  -
 contrasterebbe infatti:
       a) con il precetto dell'art. 36, primo comma, Cost. sul diritto
 del   lavoratore   (non   necessariamente   subordinato)   ad    equa
 retribuzione:  intesa  l'invocata garanzia costituzionale non in modo
 esclusivamente  formale,  come  astratta  attribuzione  del  diritto,
 sibbene  nella  prospettiva  sostanziale  dell'effettivita'  del  suo
 soddisfacimento;
       b) con  l'art.  97,  primo  comma,  Cost.  (organizzazione  dei
 pubblici   uffici,   intesa   questa   in   senso  lato  di  apparato
 amministrativo ancorche' strutturato mediante  esercizio  privato  di
 pubbliche  funzioni), non sembrando dubbio che l'assenza di effettiva
 remunerazione, a fronte di  attivita'  svolte  e  di  spese  generali
 sostenute,   comporti   logoramento   ed  inefficienza  dell'apparato
 amministrativo   deputato   all'incombente,   contro   il   principio
 costituzionale del buon funzionamento.
    2. - Nel giudizio innanzi alla Corte, si e' costituito il Servizio
 Riscossione  Tributi  Concessione A di Torino (istante nel processo a
 quo) per  sostenere  l'infondatezza  della  questione  sollevata,  in
 quanto basata su erronei presupposti interpretativi.
    Contrariamente  all'avviso  del  Tribunale,  il  credito in parola
 sarebbe infatti gia' assistito dal reclamato privilegio ex art.  2749
 cod.  civ.  perche'  il  compenso  ex art. 61 d.P.R. n. 43 del 1988 -
 rispondendo alla stessa funzione e destinazione  dell'aggio  previsto
 dal  presente  sistema  di  riscossione  -  costituirebbe, al pari di
 (quanto  pacificamente  ritenuto  per)  quello,  un  accessorio   del
 tributo, del quale quindi mutuerebbe il privilegio.
    3. - A conclusioni sostanzialmente analoghe e' pervenuta anche nel
 suo  atto  di intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri
 l'Avvocatura dello Stato che ha preliminarmente peraltro eccepito  la
 non  conferenza  dei  parametri costituzionali richiamati ("in quanto
 nella specie non si verte in materia di lavoro ne' viene  in  rilievo
 l'organizzazione dei pubblici uffici").
                        Considerato in diritto
    1.  - Con l'ordinanza di rimessione di cui in narrativa, si chiede
 alla Corte di accertare se contrastino con gli artt. 36 e 97 Cost.:
       a) l'art. 61, terzo comma, lett. c), del d.P.R. 28 gennaio 1988
 n. 43 (istitutivo del Servizio di riscossione dei  tributi  ed  altre
 entrate dello Stato ed altri enti pubblici), nella parte in cui detta
 norma  non  prevede che il compenso di riscossione, ivi disciplinato,
 spettante al concessionario del servizio riscossione tributi  per  il
 caso  di riscossione coattiva, sia considerato accessorio del tributo
 riscosso, agli effetti dell'art. 2749, primo comma, cod. civ., e come
 tale assistito dai medesimi privilegi del credito principale;
       b) in subordine, l'art. 2749, primo  comma,  cod.  civ.,  nella
 parte  in  cui  non assimila alle spese ordinarie di intervento nelle
 procedure esecutive, godenti  del  medesimo  privilegio  del  credito
 azionato,   il   credito  a  compenso  di  riscossione  spettante  al
 concessionario del servizio riscossione tributi ai sensi  del  citato
 art. 61, d.P.R. n. 43 del 1988.
    2.  - Preliminarmente va osservato che - in quanto il rapporto tra
 le due questioni cosi' sollevate e' di consecutivita' e non  gia'  di
 alternativita'  -  le stesse sono senz'altro ammissibili (e del resto
 nessuna eccezione e' stata sollevata al riguardo), alla  stregua  dei
 numerosi  precedenti  di questa Corte, nei quali l'esame di questioni
 plurime, prospettate in ordine successivo non e' stato (per  evidenti
 ragioni  di  economia  processuale)  mai declinato, conducendo, nelle
 varie fattispecie, a seconda dell'accoglimento o  del  rigetto  della
 prima  impugnativa,  a  pronunzia ora di assorbimento (sentt. 107/74;
 31/87;  469/88)  ora  di  inammissibilita' (sent. 208/92) ovvero alla
 separata delibazione della questione  o  delle  questioni  successive
 (sentt. 189/81; 343/83; 311/88).
    3.  -  Sempre  in limine, va poi ancora esclusa l'inammissibilita'
 delle   odierne   questioni   sotto   l'ulteriore   profilo   (questo
 espressamente  eccepito  dall'Avvocatura)  della  "non  conferenza di
 entrambi  i  parametri  evocati":  invero  l'eventuale  errore  nella
 denuncia  di  violazione di dati parametri costituzionali da parte di
 norma di legge ordinaria attiene direttamente alla fondatezza o  meno
 del   giudizio   di   legittimita'   e   non   ha  rilievo  meramente
 pregiudiziale.
    4. - Nel merito, il Tribunale rimettente muove - come in narrativa
 detto - dalla premessa che (a differenza  del  cessato  regime  degli
 aggi  esattoriali,  nel  quale il compenso dell'esattore era a carico
 dell'ente beneficiario e veniva trattenuto sul tributo  riscosso,  ai
 sensi  dell'art. 3, sesto comma, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 603, con
 la conseguenza che di fatto la remunerazione del servizio esattoriale
 era assicurata dal privilegio che assisteva il tributo)  nell'attuale
 sistema  introdotto con d.P.R., 28 gennaio 1988 n. 43, e con riguardo
 in particolare all'ipotesi della riscossione coattiva, il correlativo
 compenso spettante al concessionario del servizio di  riscossione  ai
 sensi  dell'art. 61, terzo comma, lett. c) d.P.R. n. 43 del 1988 cit.
 non possa - in quanto scorporato dal tributo  e  posto  ad  esclusivo
 carico  del  contribuente  dal  sesto  comma  del medesimo art. 61 -,
 essere considerato elemento accessorio del tributo riscosso,  con  la
 conseguente  inestensibilita'  ex  art.  2749  cod. civ. al primo dei
 privilegi previsti per il secondo dal successivo art. 2752.
    Sia la difesa del  Servizio  costituito,  sia  l'Avvocatura  dello
 Stato  hanno  prospettato la superabilita' di tale interpretazione in
 considerazione del "nesso strumentale e funzionale" che legherebbe il
 compenso di riscossione al tributo.
    Peraltro la  Corte  non  ravvisa  ragioni  per  discostarsi  dalla
 esegesi  proposta  dal  Tribunale a quo, considerando, da un lato, la
 inesistenza allo stato di un contrario diritto vivente e, dall'altro,
 la non irragionevolezza delle argomentazioni che la sorreggono.
    Ma anche cosi' interpretata la norma dell'art. 61 cit. non viola i
 parametri costituzionali richiamati.
    Non vi e' infatti  contrasto  con  l'art.  36  Cost.,  perche'  la
 garanzia  dell'equa  retribuzione quivi sancita - ancorche' in taluni
 casi riferibile anche a lavoratori autonomi (cfr. sent. 75/64) -  non
 puo' essere comunque invocata dall'imprenditore, quale innegabilmente
 e'  invece  il concessionario del servizio di riscossione nel sistema
 del d.P.R. n. 43 del 1988 (v. art. 31 d.P.R. cit.; art. 1,  lett.  e)
 legge-delega 4 ottobre 1986 n. 657).
    E  neppure  vi  e' contrasto con l'art. 97 Cost., per l'assorbente
 ragione che il principio di buona amministrazione (se  pur  latamente
 riferibile  anche  ad ipotesi di gestione non diretta del servizio da
 parte della Pubblica Amministrazione: cfr.  sent.  428/89)  non  puo'
 dirsi  nella  specie  in  alcun  modo  compromesso  dalla  denunciata
 inesistenza  del  privilegio,   sia   perche'   l'eventuale   mancata
 percezione  del compenso a carico del contribuente costituisce per il
 concessionario  del  servizio  riscossione  un  rischio  di  impresa,
 preventivato  ed  accettato come costo della concessione, sia perche'
 tale  rischio   risulta   comunque   valutato,   e   forfettariamente
 remunerato,  dal legislatore in sede di determinazione dell'ammontare
 del  compenso  (stabilito,  proprio  per  quanto  riguarda  l'ipotesi
 specifica  della  riscossione  coattiva - art. 61, terzo comma, lett.
 "c",  citato  -  con  riguardo   "soprattutto   all'ammontare   delle
 esecuzioni    fruttuose",    cosi'    come   con   riferimento   alla
 "remunerazione" in genere - citato  art.  61,  terzo  comma,  seconda
 proposizione  -  e'  prescritto  doversi tenere conto "dell'indice di
 morosita' e di quello di inesigibilita'").
    E pertanto la questione sollevata in via primaria e' in ogni  caso
 infondata.
    5.  -  A  sua  volta,  la questione subordinata - incentrata sulla
 denuncia dell'art. 2749 cod. civ.  e  mirante  ad  analogo  risultato
 attributivo  di  privilegio  al  compenso  in  oggetto,  per  via  di
 estensione di quello previsto per le spese ordinarie per l'intervento
 nel processo di esecuzione - e' del pari destituita di fondamento.
    Infatti - al di la' della ritenuta (dal giudice a quo) concettuale
 irriducibilita' del  "compenso"  per  riscossione  del  tributo  alle
 "spese"  di  esecuzione - e' decisivo anche in questo caso il rilievo
 che l'esistenza dell'invocato privilegio non e'  comunque  per  alcun
 verso implicata dai parametri costituzionali richiamati.