ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, 3, primo comma e allegati A, tariffa; parte prima, 31 della tariffa del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo) e successive modificazioni e 7 della legge 29 dicembre 1990, n. 405 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato; legge finanziaria 1991") promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1991 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Pratini Augusto e Rienzi Carlo, iscritta al n. 130 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visti l'atto di costituzione di Pratini Augusto, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 3 novembre 1992 il Giudice relatore Renato Granata; Uditi l'avv. Roberto Canestrelli per Pratini Augusto e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 28 novembre 1991 il Pretore di Roma nel corso del procedimento civile pendente tra Pratini Augusto e Rienzi Carlo ha sollevato questione incidentale di legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, 3, primo comma, e allegato A, tariffa, parte prima, art. 31 della tariffa, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642, e successive modificazioni, e dell'art. 7 legge 29 dicembre 1990 n. 405 nella parte in cui assoggettano gli atti difensivi nei procedimenti giurisdizionali civili ad imposta di bollo fissa nella misura di lire 10.000 al foglio per contrasto con gli artt. 3, 24 (primo, secondo e terzo comma) e 53 Cost. Il pretore rimettente ritiene che l'imposta di bollo, riscossa nella forma di fogli da impiegare nella difesa scritta del giudizio civile, debba essere proporzionale all'ipotizzato costo totale del processo atteso che i cittadini che accedono alla giustizia devono pagare secondo criteri che rispettino la misura della spesa da ciascuno di essi indotta. Quindi tale imposta dovrebbe essere proporzionale al valore della causa (analogamente al criterio che regola l'imposizione indiretta o sugli affari) oppure al reddito delle parti (secondo il criterio di progressivita' dell'imposizione diretta). Invece la quantita' di fogli utilizzati per la difesa - che attualmente determina l'ammontare dell'imposta dovuta - non costituisce un criterio adeguato non essendo neppure univocamente espressivo del costo del processo potendo ipotizzarsi una difesa scritta assai complessa (e quindi diffusa) in un processo di limitato valore e viceversa una difesa assai semplice (e quindi concisa ) in un processo di elevato valore. Inoltre l'imposta di bollo ha raggiunto una misura eccessiva, con conseguente compressione della possibilita' di agire e di difendersi in giudizio in funzione inversa del reddito, compressione non adeguatamente contrastata dalla normativa sul gratuito patrocinio. La questione, secondo il pretore rimettente, e' rilevante nel giudizio civile in corso perche' - anche se l'art. 19 d.P.R. n. 642 del 1972 cit. dispone che i giudici non possono rifiutarsi di assumere a base dei loro provvedimenti gli atti e i documenti non in regola con le disposizioni sul bollo - la prospettiva di dover comunque poi regolarizzare tale aspetto fiscale condiziona l'esercizio del diritto di difesa nel senso che le parti potrebbero con maggior aggio dimensionare lo sviluppo degli scritti difensivi se, in accoglimento della sollevata questione di costituzionalita', l'imposta di bollo fosse vuoi in assoluto inferiore a quella attualmente dovuta, vuoi proporzionata al costo e al valore del processo. 2. - Si e' costituita la parte privata Pratini chiedendo l'accoglimento della sollevata questione di costituzionalita' senza ulteriormente argomentare. 3. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo pregiudizialmente che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza in quanto ininfluente (come del resto riconosciuto del giudice rimettente) al fine della decisione del giudizio a quo (di cui peraltro non sono indicati oggetto e natura); ne' dal giudice rimettente sono allegati elementi di fatto che facciano pensare ad un'effettiva compressione del diritto di difesa dell'attore o del convenuto. Nel merito l'Avvocatura ritiene non fondata la questione sollevata perche' la commisurazione dell'imposta al numero di fogli difensivi risponde al canone di ragionevolezza e di proporzionalita'; invece l'auspicata commisurazione dell'imposta di bollo al reddito delle parti e' impraticabile posto che le parti sono due, o piu', e che non puo' certo farsi la media dei loro redditi; mentre l'altro ipotizzato parametro (il valore della causa) non e' del tutto negletto dal legislatore che prevede che l'imposta di bollo per gli atti compiuti dal giudice e dal cancelliere sia meno elevata in pretura che in tribunale (art. 7, secondo comma, legge n. 405 del 1990 cit.). Considerato in diritto 1. - E' stata sollevata - in riferimento agli artt. 3, 24, primo, secondo e terzo comma, e 53 Cost. - questione incidentale di legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo comma, 2, primo comma, e 3, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo), dell'art. 31 della tariffa, parte prima, Allegato A del cit. d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 642, e dell'art. 7 legge 29 dicembre 1990 n. 405 (legge finanziaria 1991) nella parte in cui assoggettano gli atti difensivi nei procedimenti giurisdizionali civili ad imposta di bollo fissa e nella misura di lire 10.000 al foglio, anziche' in misura proporzionata al valore della causa o alla capacita' contributiva delle parti o comunque in misura inferiore a quella suddetta. 2. - Va premesso che nelle more del giudizio incidentale di costituzionalita' la misura dell'imposta di bollo e' stata ulteriormente modificata dagli artt. 9 e 10 del decreto legge 11 luglio 1992 n. 333, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1992 n. 359 (in particolare l'imposta fissa di bollo e' stata elevata, a partire dal 14 luglio 1992, a lire 15.000). Ma la sopravvenuta innovazione normativa non preclude, ne' in alcun modo influenza, il pregiudiziale esame della eccezione, sollevata dall'Avvocatura di Stato, di inammissibilita' della questione di costituzionalita' per difetto del requisito della rilevanza. 3. - L'eccezione e' fondata. L'art. 19 del d.P.R. n. 642 del 1972 cit., come sostituito dall'art. 16 del d.P.R. 30 dicembre 1982 n. 955, prevede che - salve le ipotesi (connotate quindi da carattere di specialita') della cambiale, del vaglia cambiario e dell'assegno bancario, che non hanno la qualita' di titolo esecutivo se non risultano regolarmente bollati - il mancato od insufficiente pagamento dell'imposta di bollo non e' ostativo alla produzione in giudizio di documenti e di difese scritte. Quindi il cancelliere o il segretario non possono rifiutare l'attestazione dell'avvenuto deposito, ma sono unicamente tenuti a trasmetterli (anche in copia) all'ufficio del registro per la loro regolarizzazione ai sensi del successivo art. 31; e, quel che piu' rileva, di tali difese e documenti il giudice deve tenere normalmente conto, rimanendo cosi' escluso che il profilo tributario dell'imposta di bollo possa precludere o pregiudicare l'esercizio del diritto, costituzionalmente riconosciuto, di agire in giudizio (art. 24, primo comma, Cost.). Consegue che la misura dell'obbligazione tributaria gravante sulle parti in causa a titolo di imposta di bollo non incide al fine della decisione della controversia devoluta alla cognizione del giudice a quo. 4. - Neppure essa incide sotto il profilo - indicato nell'ordinanza di rimessione a giustificazione della ritenuta rilevanza della questione di costituzionalita' - che il timore della successiva regolarizzazione potrebbe condizionare l'esercizio del diritto di difesa nel senso che le parti sarebbero indotte a depositare documenti ed a svolgere argomentazioni negli atti scritti in numero e con un'ampiezza inferiore ed inadeguata rispetto alle reali esigenze difensive. Non e' sufficiente infatti allegare un ipotetico (oltre che indiretto) pregiudizio del diritto di agire in giudizio per ritenere che il giudice non possa definire la controversia senza che sia prima decisa la questione incidentale di legittimita' costituzionale; occorre che questa sospetta lesione - non altrimenti emendabile, in tesi, se non mediante la dichiarazione di incostituzionalita' della norma censurata - sussista nel giudizio a quo, come concreta possibilita' e non gia' come astratta ipotesi. Invece il giudice rimettente non indica il benche' minimo elemento di fatto che possa indurre a ritenere sussistente o probabile od anche meramente (in concreto) possibile la lamentata compressione del diritto di difesa conseguente alla scelta delle parti (o di una parte) di limitare il numero dei documenti prodotti o di contenere l'estensione degli scritti difensivi al fine di evitare di dover corrispondere un eccessivo importo a titolo di imposta di bollo. Non sussiste pertanto la rilevanza della sollevata questione di costituzionalita', che va dichiarata inammissibile.