Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, presso i cui uffici in
 Roma, via dei Portoghesi, 12, e' domiciliato,  contro  il  presidente
 della   giunta   della   regione   Liguria,   per   la  dichiarazione
 d'illegittimita' costituzionale degli artt. 2,  lett.  e);  3,  terzo
 comma,  e  4  della legge regionale, approvata il 16 settembre 1992 e
 riapprovata il 22 dicembre 1992, recante "Nuove norme in  materia  di
 emigrazione    ed    istituzione   della   Consulta   regionale   per
 l'emigrazione", in relazione agli artt. 117 e 118 della Costituzione,
 nonche' all'art. 4 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ed alla legge 8
 maggio 1985, n. 205 (artt. 1, 2 e 25).
    1. -  Al  fine  di  promuovere  le  necessarie  iniziative  e  gli
 interventi  volti  alla  piena  integrazione  sociale  dei lavoratori
 emigrati e delle loro famiglie, come  pure  le  iniziative  intese  a
 rinsaldare  i  rapporti  con  i  lavoratori liguri emigrati e le loro
 comunita' oltre che ad assicurare  la  conservazione  e  lo  sviluppo
 dell'identita'  culturale della regione, il consiglio regionale della
 Liguria ha approvato, nella seduta del 16 settembre 1992,  il  d.d.l.
 n.  236 recante "Nuove norme in materia di emigrazione ed istituzione
 della Consulta regionale per l'emigrazione".
   Tra gli interventi regionali e' stata, cosi', prevista all'art.  2,
 lett. e), l'assegnazione di "contributi a sostegno delle associazioni
 piu' rappresentative costituitesi sia in Italia che all'estero per lo
 svolgimento  di  attivita'  a  favore degli emigrati, dei frontalieri
 (n.d.r.: ad ogni effetto della legge  equiparati,  dall'ultimo  comma
 dell'art.   1,  ai  lavoratori  emigrati)  e  delle  loro  famiglie",
 rimettendosi poi (art. 3,  terzo  comma)  ad  apposito  programma  da
 approvarsi  annualmente  dal  Consiglio  regionale  la determinazione
 delle modalita' per l'assegnazione dei contributi stessi.
    All'art. 4, e' stata quindi  disciplinata  la  Consulta  regionale
 dell'emigrazione  composta, complessivamente, di 37 membri (di cui 10
 residenti all'estero) ai quali la stessa norma - decimo  comma  -  ha
 riconosciuto il diritto al rimborso delle spese previste dalla l.r. 3
 gennaio 1978, n. 1.
    La   legge   in   tal   modo  approvata  ha  formato  oggetto  del
 provvedimento di rinvio 16 ottobre 1992, avendo il Governo rilevato:
      1) che le disposizioni di cui all'art. 2, lett. e), e quelle del
 correlato art. 3,  terzo  comma,  nel  prevedere  la  concessione  di
 contributi  a favore di associazioni di emigrati anche se costituite,
 e operanti, all'estero indipendentemente dalla condizione che  queste
 abbiano - quanto meno - una sede nella Regione, interferissero con le
 competenze  statali  in  materia  di cui al d.P.R. n. 18/1967 ed alla
 legge  n.  205/1985,   potendo   altresi'   comportare   duplicazione
 d'interventi;
      2)  che  la  composizione  pletorica  della  istituenda Consulta
 regionale di cui all'art. 4, comportando  anche  rilevanti  oneri  di
 rimborso  spese,  contrastasse col principio di buona amministrazione
 stabilito all'art. 97 della  Costituzione  oltre  che  con  l'attuale
 indirizzo governativo di rigoroso contenimento della spesa pubblica.
    2.  -  In  data  28  dicembre  1992  e',  peraltro,  pervenuta  al
 commissario del Governo notizia dell'avvenuta riapprovazione -  nella
 seduta  consiliare  del  22  dicembre  1992  - del testo di legge con
 un'unica, marginale modifica (di cui infra) che  lascia  -  per  ogni
 aspetto  piu'  rilevante - del tutto disattesi i rilievi governativi:
 ond'e' che il deducente Presidente del  Consiglio  dei  Ministri,  in
 conformita'  dell'apposita delibera di cui all'art. 31 legge 11 marzo
 1953, n. 87, propone col presente atto ricorso  per  la  declaratoria
 d'illegittimita' costituzionale delle norme come in epigrafe denunci-
 ate, rassegnando all'uopo le seguenti considerazioni.
    3. - Sull'art. 2, lett. e).
    Come  dianzi  sottolineato,  la  norma - nel testo originariamente
 approvato dal Consiglio regionale - ha  formato  oggetto  di  rilievo
 sotto  due  profili,  entrambi  segnalati nel provvedimento di rinvio
 come suscettibili di determinare invasione delle  competenze  statali
 nel  settore.  Per  un  verso,  infatti, la disposizione (con quella,
 correlata e dipendente, del successivo art. 3, terzo comma) e'  stata
 indicata  come di per se' contrastante con le competenze statali, per
 la parte destinata  a  prevedere  quali  possibili  beneficiarie  dei
 contributi  regionali  anche  associazion  costituite all'estero (per
 l'esplicazione di attivita' in favore  degli  emigrati)  senza  altra
 condizione; per altro verso, si e' "altresi'" - e piu' in particolare
 -  sottolineata  come  contrastante  con  le  attribuzioni statali la
 possibilita', conseguente dalla  formulazione  della  norma,  di  una
 duplicazione d'interventi.
    Orbene,  nel  testo  riapprovato  della legge il succitato rilievo
 governativo risulta in qualche modo accolto nella sola parte  diretta
 a  segnalare  la duplicazione degli interventi, essendosi nella nuova
 formulazione della  norma  subordinata  l'erogazione  del  contributo
 regionale al non godimento di analoghi contributi dello Stato; non e'
 stato  -  invece  -  in alcun modo recepito il motivo di rinvio nella
 parte intesa a denunciare interferenza con  le  attribuzioni  statali
 nella  prevista (e tuttora conservata possibilita' di) assegnazione -
 oltre tutto al di fuori d'ogni intesa con il Governo - di  contributi
 regionali  ad  associazioni  costituite all'estero, e qui operanti in
 favore degli emigrati (liguri).
    E' ora di tutta evidenza come  i  due  profili  del  "rinvio"  non
 fossero  esattamente  sovrapponibili, ed andassero quindi considerati
 (come in effetti erano)  autonomi,  dal  momento  che  gia'  la  sola
 assegnazione   di  contributi  regionali  ad  associazioni  con  sede
 all'estero si dimostra invasiva di compiti statali (indipendentemente
 dal cumulo di quei contributi con altri erogati dallo Stato).
    Al  riguardo,  giova  osservare  anzitutto  che  le   attribuzioni
 costituzionalmentegarantire  alle regioni dagli artt. 117 e 118 della
 Costituzione sono  naturaliter  limitate  all'ambito  dei  rispettivi
 territori,  appartenendo  invece  allo  Stato  tutto  quanto esuli da
 quell'ambito ed, in particolare, l'esercizio  di  funzioni  che,  pur
 nella   materia   di  competenza  regionale,  attengano  ai  rapporti
 internazionali. In tal senso e' esplicito l'art. 4, primo comma,  del
 d.P.R.  24  luglio  1977, n. 616, essendo appena il caso di rimarcare
 che l'espressione da tale  norma  adottata  ("funzioni  attinenti  ai
 rapporti  internazionali")  non  riguarda  soltanto  i  rapporti  tra
 soggetti "sovrani" e dotati  di  personalita'  giuridica  di  diritto
 internazionale  (secondo  precisazione che sarebbe risultata finanche
 superflua),  estendendosi  invece  a   comprendere   ogni   attivita'
 destinata, comunque, a manifestare effetti nell'ordinamento giuridico
 di Stati esteri. Se ne trae conferma dal
 successivo  comma  (secondo) dello stesso art. 4 cit. che subordina a
 previe intese con il Governo lo stesso svolgimento  all'estero  -  da
 parte  delle  regioni  - anche di (sole) attivita' promozionali nelle
 materie di competenza regionale.
    In coerenza, poi, con  tali  principi  fondamentali,  la  legge  8
 maggio  1985,  n. 205, ha attribuito, specificamente, ad organi dello
 Stato - quali sono gli uffici consolari,  all'uopo  coadiuvati  dagli
 appositi  comitati  dell'emigrazione italiana - ogni azione di tutela
 dei lavoratori emigrati e delle loro famiglie,  anche  "in  vista  di
 favorire il loro migliore inserimento nelle societa' di accoglimento,
 di  mantenere  i  loro  legami  con  la  realta' politica e culturale
 italiana e di migliorare la loro conoscenza  della  cultura  e  della
 lingua italiana".
    Essendo,  dunque,  quelli  appena  citati  i  parametri  cui avere
 riguardo, risulta chiaro come la disposizione denunciata si ponga  in
 contrasto  con  le  funzioni  di  competenza  statale, quali definite
 all'art. 4 del d.P.R. n. 616/1977 (oltre che  risultanti,  come  gia'
 visto,  dagli  artt.  117  e  118  della Costituzione) e, in materia,
 disciplinate dalla pure citata legge n. 205/1985 (artt. 1 e 2).
    Nella  definitiva  formulazione  della   norma   impugnata   resta
 consentita   -   ancorche'   in   assenza  di  contributi  statali  -
 l'erogazione  del  contributo   della   regione   alle   associazioni
 costituitesi  all'estero, e qui - dunque - aventi la loro sede legale
 di attivita'. Di conseguenza, e' incontestabile  che  la  regione  si
 proponga  -  oltre tutto, senza una previa intesa col Governo e cosi'
 in violazione anche del secondo  comma  dell'art.  4  del  d.P.R.  n.
 616/1977  -  di esercitare funzioni che, attraverso il coinvolgimento
 di soggetti privi di stabile organizzazione nel territorio  regionale
 ed  operanti  all'estero  (secondo  le  norme  d'un altro ordinamento
 giuridico), finiscono col connotarsi  esse  stesse  di  un  carattere
 ultraterritoriale toccando un ambito - attinente al "potere estero" -
 che  in  via  di  principio e' precluso all'azione delle regioni (pur
 nelle materie di loro competenza) e che, in concreto, nello specifico
 settore dell'emigrazione qui in rilievo, e'  positivamente  riservato
 alla  competenza  dello  Stato  che  la esercita - secondo criteri ed
 indirizzi unitari - attraverso gli uffici consolari e gli organismi a
 questi coordinati (secondo la legge n. 205/1985).
    Non puo', quindi, condividersi la contraria opinione sottesa,  sul
 punto,  alla  relazione  illustrativa  che  accompagna la proposta di
 riapprovazione  -  in  parte  qua  -  dell'identico  testo  normativo
 rinviato    dal   Governo,   dovendo   appena   osservarsi   (benche'
 superfluamente,  attesa  l'irrilevanza  delle  notazioni  della  gia'
 citata  relazione)  che  non  consta  di  leggi  di altre regioni che
 prevedano un sostegno economico anche alle associazioni  di  emigrati
 operanti  all'estero  (cfr.  infatti,  ad  es., le diverse previsioni
 dell'art. 2, lettere c), nonche' e) della  l.r.  Calabria  16  maggio
 1981,  n. 5; l'art. 13 della l.r. Abruzzo 15 maggio 1975, n. 43, come
 modificato con l.r.  n.  68/1979;  gli  artt.  8-14  del  regolamento
 d'attuazione della l.r. Sardegna 7 aprile 1968, n. 10).
    Va  da se', poi, che le considerazioni fin qui svolte si estendono
 anche al terzo comma dell'art. 3 della riapprovata legge regionale.
    4. - Sull'art. 4.
    I  rilievi del Governo riguardanti la pletorica composizione della
 Consulta regionale dell'emigrazione, e motivati con richiamo all'art.
 97 della Costituzione nonche' all'indirizzo di  politica  finanziaria
 attualmente  teso  al  contenimento  rigoroso  della  spesa pubblica,
 risultano disattesi dalla regione (che ha riapprovato senza modifiche
 il testo rinviato dell'art. 4) in base alle  seguenti  considerazioni
 (cfr.  relaz.  cit.): il numero complessivo (37) dei componenti della
 Consulta e' stato ridotto di una unita' ed e',  comunque,  nettamente
 inferiore  a  quello  degli omologhi organi di altre regioni; l'onere
 finanziario sarebbe, comunque, contenuto in ragione della  previsione
 di  un'unica riunione annuale della Consulta e risulterebbe, percio',
 assai modesto (sulla scorta dei dati  consuntivi  di  spesa  relativi
 all'intero  arco  temporale  di  funzionamento  -  1978/1992  - della
 precedente Consulta).
    Non  sembra,  pero',  che  le  addotte  considerazioni  valgono  a
 sottrarre la norma alla formulata denuncia.
    E'   chiaro   intanto,   e   con  riguardo  all'attuale  indirizzo
 governativo  di  contenimento  della  spesa  pubblica,   che   nessun
 significato  potrebbe  attribuirsi al (maggior) numero dei componenti
 delle Consulte costituite, in  altre  regioni,  in  altri  tempi:  il
 parametreo   sul   quale,  nel  provvedimento  di  rinvio,  e'  stata
 richiamata l'attenzione della regione  e'  evidentemente  relativo  e
 variabile  nel  tempo,  dipendendo  dalle  situazioni  generali della
 pubblica finanza.
    In ogni caso, appare lecito osservare che il  principio  di  buona
 amministrazione - che si impone in modo assoluto a sensi dell'art. 97
 della   Costituzione   -   implica,   tra   l'atro,   una   economica
 configurazione  dell'apparato   amministrativo,   alla   quale   deve
 ispirarsi   la  produzione  normativa  ogni  volta  che  la  corretta
 funzionalita' dell'organo non ne resti compromessa.
   Trattandosi, ora, di  assicurare  una  rappresentanza  quanto  piu'
 completa  degli  interessi  coinvolti nel fenomeno migratorio, non e'
 privo di  senso  rilevare  come,  risultando  estremamente  contenuta
 l'area  d'una  potenziale  conflittualita'  tra i diversi organismi e
 categorie nella materia de qua, il  rispetto  del  principio  di  cui
 all'art.  97  della  Costizione  esigeva  piu' accorta disamina della
 omogeneita' od  affinita'  degli  interessi  rappresentati  dai  vari
 membri  della  Consulta,  con conseguente accorpamento in capo ad uno
 stesso rappresentante  delle  posizioni  d'interesse  sostanzialmente
 collimanti.
    A  tale  criterio, viceversa, non risulta conformatasi la norma de
 qua  nelle  previsioni  di  cui  alle  lettere  d),   e),   f)   (non
 ravvisandosi, invero, una oggettiva differenziazione di interessi fra
 i  minori  enti di autonomia locale considerati), come pure in quelle
 di cui alle lettere h) ed m) (essendo in  re  ipsa  che  istituti  di
 patronato  a  carattere  nazionale  operanti in materia difficilmente
 potrebbero ritenersi portatori d'interessi fra loro in contrasto;  ed
 essendo  -  per  altro  verso - evidente che gli "esperti" chiamati a
 comporre l'Organo per l'apporto di conoscenze tecniche opportuno  non
 devono rappresentare interessi di parte, bensi' - appunto - istanze e
 necessita'   suggerite  dalle  regole  disciplinanti  la  particolare
 materia).
    Non e' infine risolutiva, nel senso propugnato dalla  regione,  la
 circostanza  che  "di  norma"  la  Consulta  debba riunirsi una volta
 (sola) all'anno.