Ricorso della provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della giunta provinciale pro-tempore dott. Luis Durnwalder, giusa deliberazione della giunta n. 185 del 18 gennaio 1993, rappresentata e difesa - in virtu' di procura speciale del 19 gennaio 1993, autenticata dall'avv. Giovanni Salghetti Drioli, ufficiale rogante dell'amministrazione provinciale (repertorio n. 16650 - dagli avvocati professori Sergio Panunzio e Roland Riz, e presso il primo di essi elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 8, primo comma, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, recante "interventi urgenti in materia di finanza pubblica". F A T T O 1. - In base al titolo sesto (artt. 69 e segg.) dello statuto speciale Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 67, come modificato ed integrato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386) ed alle relative norme di attuazione, la provincia autonoma di Bolzano e' dotata di autonomia finanziaria, per l'esercizio delle proprie competenze di cui agli artt. 8, 9 e 16 dello statuto medesimo. In particolare l'art. 9, n. 10, dello statuto attribuisce ad essa competenze legislative (ed anche amministrative in base all'art. 16) in materia di "igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera"; ed al riguardo si ricorda che una norma d'attuazione dello statuto - l'art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (come recentemente sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267) - stabilisce che la provincia "deve garantire l'erogazione di prestazioni di assistenza igienico-sanitaria ed ospedaliera non inferiori agli standards minimi previsti dalla normativa nazionale e comunitaria". Anche alla luce di tale principio, e del fatto che per la provincia autonoma ricorrente gran parte delle risorse finanziarie e' costituita da una finanza "derivata", e cioe' consistente nei periodici trasferimenti di risorse da parte dello Stato, ben si comprende, allora, come non solo la quantita', ma anche la regolarita' e la affidabilita' delle previsioni di tali trasferimenti sia essenziale per garantire alla provincia una effettiva autonomia nell'esercizio delle proprie funzioni, il buon andamento dell'amministrazione e dei servizi pubblici di propria competenza, la programmabilita' della sua azione. Com'e' noto, tali esigenze sono state piu' volte rilevate da codesta ecc.ma Corte in relazione ai trasferimenti annuali provenienti soprattutto dal Fondo sanitario nazionale a favore delle regioni e province autonome. Infatti, gia' in passato varie sentenze hanno sottolineato la necessita' (derivante dal rispetto dei valori costituzionali) che gli interventi dello Stato, ivi compresi quelli finanziari, siano improntati ad organicita' e stabilita'. In particolare nella sentenza n. 307/1983 essa ha rilevato come "il susseguirsi di anno in anno di provvedimenti a carattere contingente, in deroga alla disciplina ordinaria renda quanto mai disorganico e provvisorio il quadro attuale della finanza regionale); e poi nella sentenza n. 245/1984 - a proposito delle disposizioni in materia sanitaria contenute nella legge finanziaria 1984 - osservava come per dare una disciplina organica e per assicurare efficienza al servizio sanitario nazionale "non servono allo scopo le leggi finanziarie, ne' gli altri provvedimenti di carattere urgente o comunque contingente: la' dove sono in gioco funzioni e diritti costituzionalmente previsti e garantiti, e' infatti indispensabile superare la prospettiva del puro contenimento della spesa pubblica, per assicurare la certezza del diritto ed il buon andamento delle pubbliche amministrazioni, mediante discipline coerenti e destinate a durare nel tempo". Vero e' che con la sentenza n. 381/1990 codesta ecc.ma Corte dichiaro' non fondata la impugnazione del primo comma dell'art. 19 del d.l. n. 415/1989 (poi convertito in legge n. 38/1990), che aveva ridotto alle sole regioni a statuto speciale ed alle province autonome (secondo le aliquote percentuali differenziate) le assegnazioni di parte corrente del Fondo sanitario nazionale. In realta', con quella sentenza codesta ecc.ma Corte ribadi' espressamente i suddetti principi enunciati nella sua precedente giurisprudenza, e riconobbe che la disciplina impugnata determinava un grave squilibrio nella finanza delle province autonome e delle regioni ad autonomia speciale; ma ritenne tuttavia che, nel caso particolare, valesse ad escludere la incostituzionalita' di quella disciplina legislativa il carattere di "provvisorieta'" e di "urgenza" che venne ad essa allora riconosciuto. Una disciplina che - come allora fu detto da codesta ecc.ma Corte - si giustificava in quanto "propedeutica" rispetto agli imminenti "futuri aggiustamenti che verranno definitivamente apportati a seguito di trattative del Governo con le singole regioni (o province) ad autonomia differenziata e nell'ambito di una riconsiderazione globale della materia, basata su piu' approfondite analisi del rapporto tra i flussi finanziari esistenti fra lo Stato e le regioni (e le province autonome) e le funzioni esercitate da queste ultime". E la sentenza n. 381/1990 non manco' di precisare anche che gli strumenti normativi appropriati per stabilire finalmente una disciplina che realizzasse un equilibrio tra le risorse finanziarie assegnate alle regioni (e alle province) ad autonomia differenziata e i piu' complessi compiti assegnati alle medesime sono costituiti non gia' da provvedimenti legislativi contingenti, episodici e frammentari, ma invece "dalle norme di attuazione e dalle leggi previste dagli statuti per la revisione delle proprie norme finanziarie". Vero e' che, ancora successivamente, l'art. 4, undicesimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ha ulteriormente ridotto, per le sole regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano, le percentuali di assegnazione di parte corrente del Fondo sanitario; e che codesta ecc.ma Corte, ha nuovamente dichiarato infondata, con la sentenza n. 356/1992, la relativa questione di costituzionalita'. Ma anche in questa occasione codesta ecc.ma Corte volle sottolineare ancora una volta il carattere eccezionale della legge e della stessa pronuncia, con la quale non si intendeva abbandonare i principi enunciati nella precedente giurisprudenza in materia. Infatti anche la sentenza n. 356/1992 pone l'accento sul carattere di "urgenza e provvisorieta'" delle misure contingenti adottate dal legislatore, ancora "in attesa della definitiva legge di riordino della materia - e quindi compatibili con le autonomie regionali ancorche' recanti ulteriori compressioni di queste (sentenza n. 505/1989) mediante la reiterazione di precedenti misure (sentenza n. 307/1983) analoghe ed incidenti sulla stessa materia". 2. - E' noto che con la delega contenuta nell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, si sia finalmente avviata a conclusione la vicenda della riforma sanitaria. Tale riforma, infatti, in virtu' di quella delega e' stata approvata dal Consiglio dei Ministri il 23 dicembre u.s. ed e' entrata in vigore con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 ("Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421"). Era dunque lecito pensare, a questo punto, che - considerata anche la nuova disciplina organica del finanziamento del servizio sanitario stabilita nel titolo terzo (artt. 11 e 13) del decreto legislativo di riforma - si potesse ormai considerare definitivamente superata la fase dei provvedimenti legislativi derogatori e contingenti, caratterizzati dalla urgenza e provvisorieta', che - secondo le citate pronuncie di codesta ecc.ma Corte - potevano ritenersi eccezionalmente consentiti "in attesa della definitiva legge di riordino della materia". Senonche', a smentire tali aspettative, sulla Gazzetta Ufficiale n. 304 del 29 dicembre 1992, e' stata pubblicata la legge 23 dicembre 1992, n. 498, il cui art. 8, primo comma, cosi' recita: "Per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano, le risorse provenienti dal Fondo sanitario nazionale o dalla attribuzione dei contributi sanitari in attuazione dell'art. 1, primo comma, lett. i), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, sono ridotte, per l'anno 1993, rispettivamente del 42 per cento per la regione Valle d'Aosta e per le province autonome di Trento e di Bolzano, del 19 per cento per la regione Friuli-Venezia Giulia, del 14,50 per cento per la regione Sicilia e del 10,50 per cento per la regione Sardegna. Per gli anni successivi restano confermate le aliquote di riduzione di cui all'art. 1, undicesimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412". Tale disciplina legislativa e' incostituzionale e gravemente lesiva dell'autonomia della provincia ricorrente, onde questa la impugna per i seguenti motivi di D I R I T T O Violazione, da parte dell'art. 8, primo comma, della legge impugnata, delle competenze provinciali di cui agli artt. 8 e 9 (in particolare 9, n. 10); 16, primo comma, 69 e segg. (titolo sesto come modificato ed integrato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386, spec. art. 5); 78; 104 e 107 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige e delle relative norme d'attuazione (spec. d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 267; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, spec. art. 10); nonche' degli artt. 3, 81, 116 e 119 della Costituzione. 1. - Come si e' visto, il primo comma dell'art. 8 della legge impugnata riduce ulteriormente, del 42 per cento, per il solo anno 1983 le risorse provenienti alla provincia ricorrente dal Fondo sanitario nazionale (oltre a quelle provenienti dalla attribuzione dei contributi sanitari ex art. 1, primo comma, lett. i), della legge n. 421/1992, di cui si dira' piu' specificamente in seguito). Inoltre (nel suo ultimo periodo) esso consolida per gli anni successivi le aliquote di riduzione dei trasferimenti dal Fondo sanitario nazionale, giu' stabilite (ma "provvisoriamente", come era stato detto) dall'art. 4, undicesimo comma, della legge n. 412/1991. Con tale disciplina, dunque, in primo luogo lo Stato (aggravando la situazione gia' determinata dall'art. 19, del d.l. n. 415/1991) ha ulteriormente ridotto alla provincia le risorse che ad essa sono peraltro necessarie al fine di effettuare prestazioni di servizi e correlative spese obbligatorie per la provincia stessa: prestazioni e spese peraltro per lo piu' "rigide" nella loro entita' e, comunque, in massima parte non dipendenti da autonome scelte della provincia, ma piuttosto da determinazioni dello Stato (cfr. anche il citato art. 2, secondo comma, del d.P.R. n. 474/1975, come di recente modificato dal d.lgs. n. 267/1992; ed art. 1 del d.lgs. n. 502/1992). In altri termini, con tale disciplina si pone ancora di piu' a carico della provincia la spesa sanitaria, senza che pero' la provincia abbia tutti gli strumenti necessari (al di la' di quelli previsti dal secondo comma dell'art. 13 del d.lgs. n. 502/1992) per poterla autonomamente controllare o ridurre. Quindi, in sostanza, la si costringe a coprire il deficit delle unita' sanitarie locali (come previsto dal primo comma del citato art. 13) risultante dai tagli nei trasferimenti del Fondo sanitario (ed anche - come gia' detto - dei contributi sanitari) o ricorrendo all'indebitamento, oppure destinando a tali spese le risorse finanziarie proprie che debbono quindi essere distolte dai loro impieghi: cosi' riducendo altri tipi di interventi provinciali, ostacolando l'esercizio delle normali funzioni della provincia, impedendole una razionale programmazione degli interventi, sconvolgendo le stesse previsioni di bilancio. Come codesta ecc.ma Corte ha rilevato in precedenti sentenze, la garanzia della autonomia delle regioni (e delle province autonome) "comporta che non possono essere addossati al bilancio regionale (o provinciale) gli oneri derivanti da decisioni non imputabili alla regione stessa (o alla provincia autonoma) o che, comunque, dipendono dall'esigenza di tutelare interessi pubblici o diritti costituzionali dei cittadini, la cui cura e' affidata alla Costituzione soltanto in parte - e non certo quella essenziale - alla regione" (sentenza n. 452/1989). Naturalmente, per la provincia ricorrente tutto cio' non significa che lo Stato non possa o non debba intervenire - ove necessario - in questa materia, per esigenze di risanamento della spesa pubblica. Ma e' chiaro che l'onere di eventuali interventi non puo' essere caricato solo nelle regioni a statuto speciale e sulle province autonome; e tali interventi debbono essere stabiliti secondo le pro- cedure richieste dal rispetto delle autonomie speciali (sentenza n. 381/1990). Cio' premesso, e' allora evidente come la disciplina legislativa impugnata violi, innanzitutto, il principio costituzionale dell'autonomia finanziaria della provincia, specie in materia di sanita' (art. 9, n. 10, 16 e titolo sesto dello statuto, nonche' art. 119 della Costituzione), ma anche nelle altre materie di competenza propria. Cio' in quanto tale disciplina scarica sul bilancio della provincia delle spese obbligatorie, ma di cui essa ha solo in parte il governo, e che quindi essa puo' sostenere solo indebitandosi o stornando proprie risorse finanziarie destinate ad altri settori (cosi' riducendo la sua capacita' di spesa e di intervento anche in materie di propria competenza diverse dalla sanita'). Al riguardo la provincia ricorrente ritiene non piu' possibile considerare ancora una volta costituzionalmente giustificabile una siffatta disciplina come quella della legge n. 498/1992 oggi impugnata - che reitera ed aggrava le compressioni all'autonomia provinciale giu' poste in essere in precedenza dalle disposizioni legislative gia' richiamate - riconoscendo anche ad essa quel carattere di provvisorieta' (oltre che di urgenza) che valse a salvare da una pronuncia di incostituzionalita' altrimenti inevitabile le citate disposizioni dell'art. 19, primo comma, del d.l. n. 415/1989, e poi dell'art. 4, undicesimo comma, della legge n. 412/1991. Cio' non e' piu' possibile perche' la legge oggi impugnata e' appunto coeva alla riforma della disciplina in materia sanitaria stabilita dal d.lgs. n. 502/1992 (che in particolare contiene anche la disciplina del finanziamento della spesa sanitaria: artt. 11 e segg.); ed e' inoltre successiva alla nuova disciplina organica delle finanze provinciali stabilita con il d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268 (recante le ultime "Norme di attuazione dello statuto speciale Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale", norme emanate a seguito della trattativa per il completamento delle misure previste nel c.d. "pacchetto"). Anzi, in relazione a cio', non solo le misure contenute nella impugnata disciplina della legge n. 498/1992 non hanno nulla di provvisorio, perche' esse (diversamente da quelle considerate da codesta ecc.ma Corte nelle sentenze nn. 381/1990 e 356/1992) non sono certo state adottate "in attesa della definitiva legge di riordino della materia"; ma si deve piuttosto evidenziare un ulteriore profilo di incostituzionalita' di tale disciplina. Come infatti si e' visto, l'ultimo periodo del primo comma dell'art. 8 "consolida" anche per il futuro quelle aliquote di riduzione che erano state disposte dall'undicesimo comma dell'art. 4 della legge n. 412/1991: cioe' quelle misure la cui incostituzionalita' venne negata da codesta ecc.ma Corte proprio sulla base di una loro presunta "provvisorieta'". Ma la norma oggi introdotta dall'impugnato primo comma dell'art. 8 della legge n. 498/1992 smentisce, appunto, quella supposta provvisorieta'. Di conseguenza, la conferma a tempo indeterminato (a partire dal 1994), disposta dal primo comma dell'art. 8, della riduzione delle aliquote gia' disposta dalla legge n. 412/1991 e' di per se' incostituzionale, indipendentemente dalla ulteriore riduzione del 42 per cento disposta, per il solo anno 1993, nel precedente periodo dello stesso primo comma dell'art. 8. 2. - Per i motivi illustrati in precedenza, la disciplina stabilita dal, primo comma (primo periodo) dell'art. 8 della legge n. 498/1992 e' incostituzionale anche nella parte in cui riduce nella misura del 42 per cento (oltre alle risorse provenienti dal Fondo sanitario nazionale) pure le risorse provenienti dalla attribuzione alla provincia ricorrente dei contributi sanitari di cui all'art. 1, primo comma, lett. i), della legge n. 421/1992. Com'e' noto, i suddetti contributi sono stati ulteriormente disciplinati dall'art. 11 del recente d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (spec. commi da 9 a 13). In base alla disciplina stabilita dalla legge n. 421/1991, e poi dal successivo d.lgs. n. 502/1992, a partire dal 1½ gennaio 1993 tutti i contributi relativi agli iscritti al servizio sanitario domiciliato nella provincia di Bolzano sono attribuiti alla provincia stessa (analogamente a quanto e' disposto per tutte le ragioni). La integralita' del trasferimento dei contributi alla provincia ricorrente (ed a tutte le regioni) e' essenziale ai fini della nuova disciplina del finanziamento del servizio sanitario stabilita da ultimo con la riforma, poiche' e' innanzitutto con tali contributi che tutte le regioni e le province autonome debbono far fronte alle spese del servizio. Pertanto, la riduzione dei contributi sanitari per l'anno 1983 (oltretutto in una misura cosi' ingente), disposta dalla legge impugnata a carico delle sole regioni a statuto speciale e delle province autonome, costituisce una gravissima lesione dell'autonomia finanziaria della provincia ricorrente. La relativa disciplina e' dunque incostituzionale per gli stessi motivi gia' esaminati in relazione alla analoga riduzione della quota del Fondo sanitario. 3. - Sotto un ulteriore profilo la disciplina legislativa impugnata (specie quella che riduce percentualmente la quota del Fondo sanitario nazionale) e' incostituzionale per violazione, in particolare, delle norme degli artt. 78, 104 e 107 dello statuto del Trentino-Alto Adige, 5, primo comma, della legge n. 386/1989, 10 e 12 del d.lgs. n. 268/1992. Infatti, con gli artt. 10, quarto comma, lett. d), e 12, primo comma, del d.lgs. n. 268/1992 (contenente le ultime norme d'attuazione dello statuto del Trentino-Alto Adige in materia finanziaria) si e' stabilito che per la ripartizione del Fondo sanitario nazionale si applica la disciplina dell'art. 5 della legge n. 386/1989 (legge "rinfozata" ex art. 104 dello statuto del Trentino-Alto Adige). Ne deriva che la provincia ricorrente partecipa in condizione di parita' con le altre regioni alla ripartizione del Fondo sanitario; e che degli stanziamenti statali relativi al Fondo non si tiene conto ai fini della determinazione annuale della "quota variabile" di cui all'art. 78 dello statuto del Trentino-Alto Adige solo in quanto la quota del Fondo (a parita' di condizioni con le altre regioni) sia trasferita alla provincia. Deriva da cio', fra l'altro, che eventuali difficolta' finanziarie dello Stato per l'anno in corso, tali da richiedere tagli ai trasferimenti finanziari dello Stato alla provincia, come pure eventuali esigenze di carattere perequativo e di riequilibrio dei flussi finanziari, avrebbero dovuto effettuarsi, semmai, nella sede appropriata, costituita appunto dalla procedura di determinazione della "quota variabile" ex art. 78 dello statuto; ovvero, mediante una modifica della vigente disciplina delle finanze provinciali stabilita dallo statuto e dalle relative norme di attuazione, mediante la speciale procedura prevista dagli artt. 104 e 107 dello statuto. 4. - Un ultimo profilo di incostituzionalita' della disciplina legislativa impugnata discende dalla violazione degli artt. 3 e 116 della Costituzione. Essa, infatti, discrimina la provincia ricorrente, in modo del tutto irrazionale ed ingiustificato, nei confronti delle regioni ad autonomia ordinaria, che non subiscono riduzioni di assegnazioni di quote del Fondo sanitario, ne' di attribuzioni dei contributi sanitari. Si tratta, invero, di una discriminazione in peius la quale, oltre che inammissibile in se', e' in contrasto con le ragioni della specialita' dell'autonomia della provincia ricorrente, sancita in primo luogo dall'art. 116 della Costituzione. Del resto, quella ora evidenziata e' una discriminazione che non potrebbe neppure essere giustificata da finalita' di perequazione finanziaria (come quelle richiamate da codesta ecc.ma Corte nelle sentenze nn. 381/1990 e 356/1992). Soprattutto va al riguardo sottolineato che oggi, una volta entrata in vigore la nuova disciplina organica della finanza provinciale (d.lgs. n. 268/1992), e la riforma del Servizio sanitario nazionale anche nei suoi aspetti finanziari (d.lgs. n. 502/1992), esigenze come quelle richiamate possono essere perseguite, per quanto riguarda la provincia autonoma ricorrente, solo mediante gli strumenti appropriati e costituzionalmente corretti: cioe', come si e' gia' detto, in sede di determinazione della "quota variabile" ex art. 79 dello statuto del Trentino-Alto Adige, od eventualmente mediante la modifica delle norme statutarie o d'attuazione. Non anche, come invece si pretenderebbe con la disciplina legislativa impugnata, mediante la decurtazione occasionale di risorse finanziarie che sono invece di regola destinate - come anche quelle del Fondo sanitario (cfr. art. 5, primo comma, della legge n. 386/1989) - ad assicurare, a parita' di livelli e standards di prestazioni su tutto il territorio nazionale, una parita' di trattamento fra regioni a statuto ordinario e regioni (e province) ad autonomia differenziata. Sotto quest'ultimo profilo, particolarmente evidente e' la incostituzionalita' della riduzione per l'anno 1983 anche della attribuzione dei contributi sanitari di cui all'art. 1, primo comma, lett. i), della legge n. 421/1992. Contributi, questi, che costituiscono la risorsa primaria e fondamentale per il finanziamento del servizio sanitario (cfr. artt. 11-13 del d.lgs. n. 502/1992), e che proprio in quanto tale non puo' comunque mai essere lo strumento di eventuali manovre perequative dello Stato.