IL PRETORE
    Sciogliendo la riserva di cui al verbale che precede;
    Letti gli atti, visti i documenti;
    Sentiti i difensori delle parti;
                           OSSERVA IN FATTO
    Con  ricorso  del 16 novembre 1992 proposto ex art. 45 della legge
 n. 392/1978, Faimali Pierino adiva il pretore di Piacenza esponendo:
      1)  di  essere  proprietario  di  un  immobile  locato,  ad  uso
 abitativo, al sig. Guido Ceccarelli, sito in Piacenza, via Farini, 2;
      2)  che  il  canone,  concordato  ai  sensi  della  legge citata
 ammontava a L. 1.782.500;
      3) che a partire dal 1½ gennaio 1992, a seguito della  revisione
 in aumento delle rendite catastali determinato ai sensi dei dd.mm. 20
 gennaio  1990  e  27 settembre 1991, il valore locativo dell'immobile
 doveva ritenersi pari a L. 3.266.918, calcolato ai sensi dell'art. 12
 e 13 della legge n. 392/1978, applicando  la  percentuale  3,85,  non
 gia'  sul  valore  locativo,  ottenuto  dal prodotto della superficie
 convenzionale per il  costo  unitario  di  produzione,  bensi'  sulla
 rendita catastale x 100, ridotta al 50% per l'autorimessa ex art. 13,
 lettera b).
    Si  costituiva  il  convenuto  contestando  le  avverse pretese in
 particolare rilevando:
      1) che le nuove rendite  catastali  erano  gia'  state  ritenute
 illegittime  e quindi disapplicate, da numerose sentenze di T.A.R., e
 commissioni tributarie (per tutte Tar Lazio 6 maggio 1992, n. 1184);
      2) che nessuna norma legittimava  la  richiesta  del  ricorrente
 atteso  che  in materia di equo canone vigeva tuttavia il criterio di
 determinazione previsto dall'art. 12;
      3) che  anzi,  al  fine  di  fugare  ogni  possibile  dubbio  in
 proposito,  con d.l. 13 settembre 1991, n. 299, convertito con legge
 18 novembre 1991,  n.  363,  all'art.  1,  decimo  comma,  era  stato
 soppresso  ultimo  comma  dell'art.  12  della legge n. 392/1978, che
 prevedeva l'applicazione delle modalita' (di determinazione dell'equo
 canone) fino all'attuazione del nuovo catasto urbano.
    All'udienza  di  comparizione  delle parti il ricorrente sollevava
 eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  decimo  comma,
 d.l.  n.  299/1991  convertito  in  legge n. 363/1991 per violazione
 dell'art. 3 primo e secondo comma e 42 della Costituzione.
                              IN DIRITTO
    Ritiene  questo  pretore  che  l'eccezione  sia  rilevante  e  non
 manifestamente  infondata.  Quanto al primo requisito e' evidente che
 ove sussistesse ancora il comma abrogato  dell'art.  12,  in  ragione
 della  radicale revisione delle rendite catastali operate a far tempo
 dal 1½ gennaio 1991, con evidente aggiornamento delle stesse mediante
 adeguamento, e a volte superamento del valore  di  mercato,  che  non
 puo'  considerarsi  revisione  a tutti gli effetti, tutte le norme di
 determinazione del canone legale, dovrebbero  considerarsi  decadute,
 in particolare quelle che stabiliscono il cd. valore locativo.
    Ne conseguirebbe l'accoglimento della domanda del ricorrente.
    Il  secondo  requisito  deriva dalle circostanze che attraverso la
 permanenza del canone legale da una  parte,  tuttora  vigente  per  i
 contratti  in  corso e per quelli prorogati per legge ex art. 2- bis,
 della  legge  n.  359/1992,  e  l'applicazione  delle  nuove  rendite
 catastali   dall'altra,  si  attua  di  fatto  un  doppio  regime  di
 valorizzazione degli immobili, secondo il quale ai  fini  fiscali  la
 stima  di  base  risulta assai piu' elevata di quanto non sia ai fini
 locativi, quindi della effettiva rendita che il  proprietario  ricava
 dall'immobile.
    L'inadeguatezza  del valore locativo emerge con assoluta evidenza,
 sia in relazione al valore catastale, sia di mercato degli  immobili,
 ed e' palesemente confermata dalle stesse alterne vicende dell'ultimo
 comma dell'art. 12 citato.
    Il  legislatore  infatti,  consapevole  di tali circostanze, aveva
 ritenuto di poter vincolare il canone non oltre l'entrata  in  vigore
 della  riforma del nuovo catasto urbano; sacrificando, solo in virtu'
 della temporaneita' del  regime,  il  diritto  del  locatore  ad  una
 adeguata rendita.
    Viceversa,  al  momento dell'entrata in vigore delle nuove rendite
 catastali, contraddicendosi  clamorosamente,  ha  ritenuto  di  dover
 cancellare  con  un  colpo  di  spugna  tale  previsione, rendendo il
 divario ulteriormente gravoso per la proprieta', e allo stesso  tempo
 ammettendo  implicitamente  che  le  nuove  rendite  costituivano per
 l'appunto la "revisione del nuovo catasto urbano".
    Non puo' legittimamente negarsi che il sistema attuale costituisca
 una ingiusta, eccessiva e palese mortificazione della proprieta',  in
 aperto  contrasto con l'art. 42 della Costituzione in particolare con
 l'affermazione che la proprieta' e' riconosciuta  e  garantita  dallo
 Stato.
    Tale  garanzia  in questo caso, appare violata due volte: la prima
 attraverso la sproporzione dei valori suddetti, la seconda in  quanto
 gli  effetti  di tale sproporzione vedono come parte favorita proprio
 lo Stato.
    Ma anche sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione la  norma
 appare  illegittima, in quanto essa discrimina palesemente tra coloro
 che occupano abitazioni di proprieta' e inquilini.
    I primi infatti vedono ripagarsi lo sforzo economico sostenuto per
 l'acquisto  della casa adibita ad uso personale con l'applicazione di
 un  valore   catastale   maggiore,   disapplicato   viceversa   nella
 determinazione  dell'equo  canone,  a  cio'  non rilevando il diverso
 stato  soggettivo  (proprietario  o  inquilino)  bensi'  la  identica
 funzione  sociale  svolta  dell'immobile  abitativo, funzione sociale
 esplicitamente considerata dallo stesso art. 42 della Costituzione.
    Infine va sottolineato, che nonostante l'emananzione dell'art.  11
 del  d.l.  n.  333/1992,  non  e'  venuta meno la legge n. 392/1978,
 sull'equo canone, atteso che quest'ultimo rimane pur sempre il regime
 ordinario delle locazioni abitative, essendo, i cd. patti in  deroga,
 una    disciplina   eccezionale   ed   eventuale,   condizionata   al
 raggiungimento di un accordo delle parti.