IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 112/1992 proposto da Di Girolamo Tommaso, rappresentato e difeso dagli avvocati Feliciano Serrao, Alberto Castagna e Ferdinando Musco Castagna, presso lo studio del secondo elettivamente domiciliato in Catanzaro, via Raffaelli, 26, contro la regione Calabria, in persona del presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Raffaele Mirigliani e Umberto D'Ippolito e nei confronti di Petrillo Mario, Giummo Antonio, Martirano Francesco, Piluso Vincenzo, De Franco Nazareno, Carbone Giuseppe, Pace Antonino, Faillace Italo Enzo, Musolino Annunziato, Dorsa Federico, Mandelli Mario, Pagano Domenicantonio, Russo Carlo, Scarnajanchi Michele, Sarullo Luigi, Paternoster Luigi, Garofalo Silvana, Condoleo Nicola (rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Azzariti Bova), Mazzeo Mario, Panuzzo Domenico, Donato Gennaro, Oliveti Angiolina per l'annullamento degli atti della commissione di cui all'art. 5 della l.r. n. 55/1990, nominata con d.p.g.r. n. 39/1991 per la formulazione delle graduatorie delle selezioni per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, limitatamente alla selezione E (attivita' agro- forestali) e della delibera di g.r. n. 4319 del 5 agosto 1991, con cui sono stati approvati gli atti della commissione e la graduatoria (sempre limitatamente alla selezione E), approvazione comunicate al ricorrente il 15 ottobre 1991; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione resistente e del controinteressato Condoleo; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 20 novembre 1992 il dott. Roberto Politi e uditi, altresi', l'avv. A. Castagna per il ricorrente, l'avv. R. Mirigliani per la regione Calabria; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Espone il ricorrente di aver preso parte alla selezione per posti di seconda qualifica dirigenziale (settore attivita' agro-forestali), riportando nella conclusiva graduatoria p. 64,50, con collocazione al ventiduesimo posto. Deduce avverso gli atti indicati in epigrafe la presente impugnativa, in primo luogo dolendosi, quanto all'attribuito punteggio per titoli (p. 44,50), della mancata considerazione riservata alle pubblicazioni riguardanti le sue funzioni, pure debitamente indicate nella domanda di partecipazione al concorso (configurandosi la relativa omissione quale vizio di eccesso di potere e di violazione dell'art. 45 della l.r. n. 34/1984). Quanto alla valutazione attitudinale - per la quale pure si denuncia sia violazione di legge, che eccesso di potere e disparita' di trattamento - si rammenta l'attribuzione di un punteggio di 20/30, mentre altri candidati (per i quali ricorrerebbe il presupposto dell'omogenea adibizione ad ufficio di Ispettorato agrario provinciale, e non anche all'assessorato agricoltura, presso il quale il ricorrente e' stato pure addetto) hanno ricevuto un punteggio di 25/30 (per identica fattispecie, in un altro caso, addirittura 30/30). La commissione sarebbe altresi' incorsa nel vizio di violazione dell'art. 3, n. 3, e dell'art. 4 della l.r. n. 55/1990, in quanto l'omessa valutazione dell'attivita' dal Di Girolamo prestata presso l'assessorato regionale all'agricoltura (quale capo servizio del sett. 5) confliggerebbe con i criteri da questa fissati, relativamente alla considerazione (verb. n. 1 del 2 marzo 1991) che si sarebbe dovuto prestare alle strutture organizzative di preposizione dei candidati ed alla natura e durata delle funzioni. Nel sottolineare altre ipotesi di disparita' di trattamento rela- tive alla valutazione riservata ai corsi di perfezionamento da altri candidati frequentati, conclude il ricorrente instando per l'accoglimento dell'impugnativa, con conseguente annullamento degli atti censurati. Si costituiscono in giudizio il controinteressato Condoleo Nicola e la resistente amministrazione regionale, deducendo l'inammissibilita' e, comunque, l'infondatezza nel merito del proposto ricorso, che viene ritenuto per la decisione all'udienza del 20 novembre 1992. D I R I T T O Osserva il collegio come l'esame nel merito delle doglianze formu- late con il presente gravame appaia, allo stato, precluso per effetto delle emerse perplessita' in ordine alla conformita' costituzionale della normativa regionale che fissa i criteri per la composizione della commissione incaricata di formare le graduatorie per la elezione del personale aspirante all'accesso alla seconda qualifica dirigenziale (trattasi, come infra sara' dettagliatamente illustrato, dell'art. 5 della l.r. 5 maggio 1990, n. 55). Si rammenta, al riguardo, come la questione di legittimita' possa essere dal giudice remittente sottoposta all'attenzione della Corte costituzionale anche d'ufficio, in relazione al disposto di cui agli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Per quanto concerne il rilievo assunto dalla verifica di conformita' costituzionale della disposizione sopra richiamata, anche in assenza di deduzione da parte del ricorrente, va osservato come l'impugnata deliberazione n. 4319/1991 (cosi' come i contestati atti procedimentali posti in essere dalla commissione incaricata di selezionare il personale per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale) presuppongano, sotto il profilo logico-giuridico, la preliminare indagine circa la legittimita' della normativa che detta i criteri di composizione della commissione stessa. Tale disamina, infatti, costituisce indefettibile premessa per la complessiva verifica di legittimita' sull'operato dell'organo procedente: laddove un rilevabile vizio (ancor piu' ove trattasi di sospetta incostituzionalita') riguardante la formazione del medesimo non potrebbe non riverberare conseguenze caducanti - e non gia' meramente inficianti - sul complesso dell'attivita' da questo posta in essere, nonche' sulle deliberazioni di relativo recepimento. Tale ipotizzabile conseguenza rende pertanto evidente la ragione del ricorso al potere di emissione che questo tribunale intende esercitare d'ufficio, avuto riguardo all'esigenza di previa verifica da parte della Corte costituzionale in ordine alla normativa regionale applicabile: non essendo ovviamente configurabile alcun sospetto di ultrapetizione (erroneamente argomentabile in base alla mancanza di censure dal ricorrente dedotte in materia), che invece e' chiaramente contraddetto (ed anzi, escluso) del rilevato stretto nesso di conseguenzialita' giuridica che connette la nomina di una commissione giudicatrice (e, con essa, le disposizioni che la prevedono e disciplinano) con gli atti da questa di seguito posti in essere. Quanto alla rilevanza della presente questione di legittimita' costituzionale, alle argomentazioni sopra svolte appare sufficiente aggiungere l'osservazione che la presente impugnativa, pur deducendo censure che concernono il merito valutario dalla commissione esercitato nel determinare la collocazione in graduatoria del ricorrente, pur sempre ha di mira l'annullamento degli atti da questa posti in essere, nonche' della deliberazione regionale che ne ha realizzato il recepimento (determinando la nomina a dirigente di seconda qualifica dei candidati utilmente graduatisi, fra i quali non e' ricompreso il ricorrente Di Girolamo: delib. g.r. n. 4319 del 5 agosto 1991). Ora, appare di immediata comprensione come un'eventuale decisione della Corte costituzionale che dichiarasse l'illegittimita' delle disposizioni che individuano i criteri per la composizione della commissione determinerebbe, in via derivata, l'annullamento dell'intero iter procedimentale dalla commissione stessa posto in essere onde pervenire, di seguito alla valutazione delle posizioni dei singoli candidati, alla formazione delle conclusive graduatorie che hanno poi costituito il fondamento per le determinazioni regionali di nomina (dei soggetti utilmente in esse collocatisi) e di successiva assegnazione e preposizione ad unita' operative. Tale effetto e', a ben vedere, del tutto omogeneo con le conseguenze - di contenuto chiaramente caducatorio - che il presente ricorso ha inteso promuovere: per l'effetto configurandosi di immediata evidenza la rilevanza di una questione che, appunto ove accolta dalla Corte costituzionale, provocherebbe la descritta invalidazione degli atti amministrativi oggetto del presente giudizio. 2. - Quanto al profilo riguardante la non manifesta infondatezza della questione - il cui positivo riscontro consente di sottoporre al vaglio della Corte la legittimita' costituzionale della normativa applicabile alla controversia in esame - occorre procedere ad una succinta ricostruzione delle pertinenti disposizioni. 2.1. - Ai fini della copertura dei posti della seconda qualifica dirigenziale la l.r. 22 novembre 1984, n. 34, ha disciplinato puntuali modalita' di svolgimento delle selezioni, indicando altresi' i criteri per l'attribuzione del punteggio per i titoli e per l'esame-colloquio (art. 45) e la composizione della commissione incaricata di formare le graduatorie per ogni settore o posizione di ricerca (art. 46). Tale ultima disposizione, in particolare, prevedeva il conferimento della presidenza al presidente della giunta regionale, nonche' la nomina, in qualita' di membri componenti, di: due professori universitari ordinari di materie attinenti ai posti oggetto di selezione designati dai rettori delle universita' calabresi; due magistrati amministrativi, designati al presidente del t.a.r. della Calabria; un rappresentante sindacale, destinato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. L'art. 46 predetto e' stato successivamente sostituito dall'art. 5 della l.r. 5 maggio 1990, n. 55, che ha modificato la composizione della commissione - fermi restando il membro di designazione sindacale ed il presidente della giunta regionale - sostituendo ai docenti universitari ed ai magistrati amministrativi: l'assessore regionale al personale; due consiglieri regionali, di cui uno in rappresentanza della minoranza (nominati, cosi' come i due consiglieri regionali aventi la veste di componenti supplenti, su designazione dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale, sentita la conferenza del presidente dei gruppi consiliari). Appare quindi essersi delineata - attraverso la descritta evoluzione normativa che ha condotto dall'originario testo dell'art. 46 della l.r. n. 34/1984 alle modifiche introdotte ex art. 5 della l.r. n. 55/1990 - la transizione da un modello di composizione della commissione volto a contemplare la presenza (peraltro maggioritaria) di specifiche competenze e conoscenze "tecniche" verso previsioni che, al contrario, risultano precipuamente intese a garantire la sola presenza "politica", realizzata attraverso la previa composizione di interessi "istituzionalizzata" dal raggiungimento di accordi ed equilibri fra i gruppi consiliari. Osserva al riguardo il tribunale remittente come il disposto dell'art. 5 in discorso - che ha trovato applicazione in sede di formazione della commissione incaricata di procedere alle selezioni per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, nominata con d.P.R. g.r. 39 del 14 febbraio 1991, su conforme deliberazione della giunta regionale n. 5271 del 29 ottobre 1990 - si ponga in diretto ed evidente contrasto con l'orientamento recentemente elaborato dalla Corte costituzionale in relazione ad analoga fattispecie. 2.2. - Si ha riguardo, in particolare, alla sentenza 29 settembre-15 ottobre 1990, n. 453, con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale di talune disposizioni della legge regionale siciliana 2 dicembre 1980, n. 125, nella parte in cui questa non aveva previsto che la maggioranza dei membri delle commissioni giudicatrici dei concorsi pubblici per i comuni e le province dovesse essere formata da esperti dotati di specifiche competenze tecniche rispetto alle prove previste dal concorso. Tale pronunzia - le cui motivazioni saranno infra analizzate - si inserisce in un cospicuo filone interpretativo che gia' in precedenza (sentenza n. 81/1983) aveva fissato, sia pur nel riconoscimento al legislatore di un'ampia discrezionalita' nello scegliere i sistemi e le procedure per la costituzione del rapporto di pubblico impiego e per la progressione in carriera, il limite derivante dall'art. 97 della Costituzione, dal quale discende la necessita' che le norme siano tali da garantire il buon andamento della p.a. (assicurando cioe' che i soggetti dimostrino convenientemente la rivestita attitudine a svolgere le funzioni che vengono loro affidate e richiedendosi, per la progressione verso piu' elevate posizioni, una valutazione congrua e razionale dell'attivita' pregressa del dipendente, onde trarne utili elementi per ritenere che egli possa svolgere anche funzioni superiori). Nel rinvenire l'ulteriore affermazione circa la funzionale preordinazione del pubblico concorso ad assicurare l'efficienza della selezione (sentenza n. 161/1990), e' dato altresi' riscontrare reit- erate occasioni di accentuazione del principio di imparzialita', unitamente a quello di buon andamento (sentenze nn. 217/1987 e 964/1988), con ricorrente richiamo all'esigenza di correlazione fra i relativi postulati costituzionali e le modalita' di selezione del personale. Con la pronunzia piu' recente (n. 453/1990) la Corte, ribadito come l'art. 97, primo comma, della Costituzione individui nell'imparzialita'dell'amministrazione uno dei principi essenziali cui deve informarsi, in tutte le sue articolazioni, l'articolazione dei pubblici uffici, ha affermato come anche il pubblico concorso (che costituisce mezzo ordinario di accesso, ex art. 97, terzo comma) debba ispirarsi, nelle sue modalita' organizzative e procedimentali, al rispetto rigoroso del suddetto principio di imparzialita'. Il riflesso di tale enunciazione di principio sul problema della composizione delle commissioni giudicatrici e' stato dalla Corte ritenuto comportare che "il carattere esclusivamente tecnico del giudizio debba risultare salvaguardato da ogni rischio di deviazione verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso, il cui obiettivo non puo' essere altro che la selezione dei candidati migliori. Tale esigenza impone che, nella composizione delle commissioni, la presenza di tecnici o esperti - interni o esterni all'amministrazione, ma in ogni caso dotati di adeguati titoli di studio o professionali rispetto alle materie oggetto di prova - debba essere, se non esclusiva, quanto meno prevalente, tale da garantire scelte finali fondate sull'applicazione di parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione delle attitudini e della preparazione dei candidati". 2.3. - Se dunque la Corte ha giudicato costituzionalmente inconferente una disciplina di selezione dei pubblici dipendenti che traduca modalita' di scelta fondate su criteri politici e non meritocratici (o di stretta valutazione di professionalita' ed idoneita' attitudinale), con ogni evidenza la posizione assunta dal giudice delle leggi si pone come qualificato momento di emersione di una piu' ampia teorizzazione dell'esigenza di separazione tra potere esecutivo ed apparato politico: in un quadro di riferimento - non sterilmente dogmatico, come la cronaca purtroppo insegna - i cui parametri costituzionali sono rappresentati non solo dall'art. 97, ma anche (e soprattutto) dall'art. 98, alla luce del quale viene a rilevarsi l'inconciliabilita' di fondo fra le regioni di affinita' e/o contiguita' politica ed il principio in base al quale i pubblici dipendenti devono essere al servizio esclusivo della Nazione. Se il carattere di non "neutralita'" dell'azione amministrativa - che puo' costituire una delle probabili ricadute della mancanza di oggettivita' ed imparzialita' nello svolgimento delle selezioni per l'accesso ai pubblici uffici o per l'avanzamento a piu' elevate posizioni di responsabilita' - puo' rispondere all'intento di pratica effrazione degli ambiti riservati all'azione amministrativa, (onde assoggettarli alle ingerenze ed interferenze di matrice politica), ben si comprende il rilievo rappresentato, a contrario, dalla precisazione di un chiaro orientamento che fin nella fase genetica del rapporto (o di ingresso ad ulteriori livelli) salvaguardi la vocazione essenzialmente meritocratica della selezione da operazioni svolte all'essenziale valorizzazione di interessi di parte. Puo' al riguardo sintetizzarsi l'orientamento espresso dalla Corte nella stabilita biunivocita' fra neutralita' della pubblica amministrazione e garanzia fornita, quanto alla composizione delle commissioni, da una presenza "se non esclusiva, quanto meno prevalente" di tecnici ed esperti. 2.3.1. - Se, quindi, il principio di imparzialita' ispira (anche) la disciplina delle modalita' organizzative e procedurali delle tecniche concorsuali (riflettendosi, pertanto, nella composizione delle commissioni giudicatrici), non appare peraltro univocamente argomentabile che sia assolutamente preclusa una formazione delle stesse rimessa ad una scelta operata dall'organo rappresentativo dell'ente (in quanto il "tecnico" non perderebbe certo tale sua qualita', ove designato in seno ad un organismo di rappresentanza politica): piuttosto dovendo ritenersi inficiata, sotto il profilo dell'inosservanza del principio costituzionale di imparzialita', quella composizione che contempli una maggioranza di non "esperti" o che, come nella fattispecie all'esame di questo collegio, si presenti di esclusiva estrazione politica, laddove la scelta dei membri risulta fondata su criteri di affidabilita' ed appartenenza di schieramento, estranei all'esigenza espressa dal primo comma dell'art. 97 della Costituzione. 2.3.2. - Va peraltro osservato come anche il sistema della designazione da parte degli organi politico - rappresentativi possa recare in se' - quando pure rivolto alla nomina di "esperti" - potenzialita' degenerative; il pericolo della possibile interferenza tra interessi di parte ed oggettiva valutazione concorsuale, infatti, potrebbe non essere a sufficienza scongiurato dalla necessaria qualificazione tecnica o professionale dei commissari, in quanto elemento inficiante l'imparzialita' del giudizio potrebbe sempre annidarsi nei meccanismi di funzionamento (e di identificazione, quando non anche di appartenenza) della designazione da parte di organi rappresentativi la quale con ogni evidenza puo' conseguire al concreto atteggiarsi dei rapporti fra schieramenti politici ed alla connessa composizione di interessi (evidentemente di parte), con ricadute in termini di spartizione e/o "lottizzazione". 2.4. - Se, quindi, radicalizzando le posizioni sopra sintetizzate, potrebbe concludersi che unico elemento idoneo a consentire l'imparziale composizione delle commissioni di concorso sia rappresentato dall'affidamento della nomina (di una maggioranza di membri tecnici) a soggetti esterni all'amministrazione interessata (che e' poi lo schema seguito dall'originario art. 46 della l.r. 34/1984: cfr. supra, sub 2.1.), la fattispecie all'esame consente di prescindere da una scelta di campo siffatta, recando elementi di controversa legittimita' costituzionale sia sotto il profilo soggettivo (delle qualita' tecnico-professionali dei componenti), sia per quanto concerne le modalita' di designazione. 2.4.1. - Nel richiamo a quanto rammentato sub 2.1, e' infatti di inequivoca evidenza la circostanza che il legislatore regionale del 1990 non si sia minimamente preoccupato di assicurare alcuna presenza non politica in seno alla commissione de qua: piuttosto volgendo i propri sforzi all'individuazione di modalita' di designazione (e della sede competente, rinvenibile nella conferenza dei capi dei gruppi consiliari) che appaiono rappresentare al meglio quell'intento di imposizione della esclusiva presenza politica (eventualmente risultante dalla composizione degli interessi della maggioranza, "temperata" da qualche concessione alla opposizione consiliare) che legittimamente puo' collocarsi in netta antitesi con la lettera dell'art. 97 fornita dalla Corte (ed in precedenza illustrata). Tale affermazione non vuole certo, ingenuamente, porsi quale somministrazione di un giudizio di aprioristica "incompetenza" nei confronti dei rappresentanti consiliari (o sindacali) e dell'assessore che l'art. 5 della legge n. 55/1990 chiama a comporre la commissione di cui trattasi: piuttosto dovendosi censurare la circostanza che tali soggetti non vengano certo individuati per le loro qualita' culturali e/o professionali, quanto per la loro mera posizione di appartenenza politica o per il loro inserimento nella struttura politico-amministrativa dell'ente. E che invece il giudizio per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale necessiti di specifiche e qualificate cognizioni (piu' che di meri stati di omologazione partitica o sindacale) e' adeguatamente rappresentata dalla stessa tipologia di selezioni, avuto riguardo al raggruppamento dei settori e posizioni di ricerca operata con delib. g.r. n. 3379 del 12 luglio 1990 (attivita' giuridico-amministrative; attivita' economico-finanziarie, di contabilita' e programmazione; attivita' tecniche; attivita' sanitarie; attivita' agro-forestali): con riveniente esigenza di una congrua presenza di professionalita' e capacita' tecnico-conoscitive che ben avrebbero potuto assicurare non solo l'oggettivita' e neutralita' del giudizio, bensi' anche la consapevole ed illuminata espressione di una ponderata valutazione circa le reali potenzialita' culturali ed attitudinali degli aspiranti. 2.4.2. - Quanto all'organo chiamato ad operare la designazione - ufficio di presidenza del consiglio regionale, per quanto riguarda i consiglieri, membri effettivi e supplenti - va rilevata la presenza di un ulteriore profilo di discutibile promiscuita' nei rapporti fra i poteri. Far assumere infatti all'organo di rappresentanza politica (il consiglio regionale, cui compete l'elaborazione dell'indirizzo politico generale) la responsabilita' di atti di concreta gestione ed esecuzione amministrativa (che invece sembrano piu' propriamente sussumibili nel plesso di attribuzioni della giunta) appare introdurre elementi di indesiderabile confusione nella dialettica fra poteri rimessi ai diversi organi, accentuando peraltro la funzione di controllo politico sull'amministrazione attiva, in un quadro di ulteriore marginalizzazione del principio di imparzialita' e, con esso, del relativo disposto costituzionale. 2.5. - Ne' puo' ritenersi che l'enunciazione dei principi sopra diffusamente richiamati, di cui alla sentenza n. 453/1990 si configurabile nel solo angusto ambito della legislazione siciliana o delle selezioni concorsuali per l'accesso alla pubblica amministrazione nei ruoli comunali e provinciali: al contrario dovendo assumersi come la questione della neutralita' politica del potere amministrativo, valutata in uno dei suoi piu' delicati momenti (quale appunto quello della selezione per l'accesso ai pubblici uffici o per l'avanzamento ad elevate posizioni funzionali), non possa essere suscettibile di generalizzata tutelabilita'. 2.5.1. - Al riguardo, puo' rilevarsi come del tutto inconferente si dimostri l'osservazione che, nella fattispecie, la selezione concorsuale fosse riservata ad un ambito ristretto di destinatari, identificabili nei soggetti aventi i requisiti per il passaggio alla seconda qualifica dirigenziale dei ruoli regionali. Anche ove si tratti di concorso "interno" o "riservato", infatti, viene comunque in considerazione l'esigenza che l'attivita' cui viene funzionalizzata la relativa procedura non si risolva mai in un ambito (neppur latamente) politico, piuttosto dovendosi atteggiare in un significato strettamente tecnico: cio' in quanto il giudizio concorsuale non coinvolge (alla luce dei principi ex artt. 97 e 98 della Costituzione) valutazioni discrezionali interferenti con l'indirizzo politico, ne' presuppone altresi' comparazioni di interessi, di carattere rappresentativo o privato. I giudizi concorsuali - per i quali va ribadita la rigidita' dell'assunto di uno svolgimento oggettivo e neutrale, quale esclusivamente inteso a rilevare le capacita' e la preparazione del candidato - non implicano peraltro valutazioni relative al quadro di obiettivi dell'amministrazione, intesi quali elementi di emersione dell'indirizzo politico amministrativo: ben comprendendosi, al riguardo, come non sia direttamente l'amministrazione a scegliere i funzionari pubblici, dovendosi invece avvalere di un'apposita commissione (che, quantunque destinata a riversare i risultati del suo lavoro in una sfera di diretta pertinenza dell'ente precedente, comunque pur sempre rappresenta una forma, ancorche' attenuata, di "terzieta'" rispetto alla struttura che ha indetto la procedura concorsuale). Se e' quindi vero che il pubblico concorso - ancorche' limitato, o riservato, a particolari categorie di destinatari aventi requisiti di carattere professionale o culturale - deve appunto prevedere meccanismi di oggettiva valutazione atti a scongiurare le potenzialita' pregiudizievoli per l'imparzialita' dell'amministrazione invece insite nella scelta diretta dei funzionari, collegata alle manifestazioni dell'indirizzo politico- amministrativo (si' da rendere eloquente il prevalere del rapporto fiduciario con i vertici del relativo potere), tale regola appare suscettibile di peculiare attuazione nella materia che qui interessa. 2.5.2. - Proprio in relazione a selezioni che si svolgano all'interno dell'organizzazione amministrativa - come appunto il concorso per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale - il rischio di muoversi in una logica di pura cooptazione appare, se non ex ante scongiurabile, almeno tendenzialmente contenibile ove venga opportunamente elisa la possibilita' di un giudizio svolgentisi in una "camera di compensazione" degli interessi politici, al quale conseguirebbe la pratica marginalizzazione di ogni oggettiva e neutra valutazione di quelle capacita' il cui riscontro dovrebbe invece costituire presupposto indefettibile per il passaggio verso il piu' elevato livello della dirigenza regionale. Se, come pure e' stato rilevato in sede di analisi alla pronuncia della Corte, il rispetto del principio di imparzialita' non possa ammettere alcun collegamento fra membri di commissione ed interessi di parte (si da indurre il rilievo sintomatico della non imparzialita', in relazione ad un collegio prevalentemente formato da "politici" selezionati sulla base di criteri di contiguita' e/o diretta appartenenza a questo a quello schieramento), sono senz'altro le selezioni svolgentisi all'interno dell'organizzazione amministrativa a rivestire, in un giudizio necessariamente prognostico, quelle piu' pericolose potenzialita' di deviazione dal perseguimento del pubblico interesse che una composizione totalmente politica sembra appalesare nel segno della contiguita' di rapporto fra attivita' amministrativa e rappresentanza politico-istituzionale. 3. - Che gli elementi di ricaduta di una siffatta metodica di gestione della cosa pubblica secondo criteri di mera "occupazione" (eventualmente previa "spartizione") dei gangli dirigenziali della struttura organizzativa regionale possano ritenersi compatibili con una convinta e non retorica affermazione del contenuto di imparzialita' (e buon andamento) che deve presidiare l'agire dei pubblici poteri, e' cosa della quale sia consentito al tribunale remittente dubitare: conseguentemente determinando la rimessione d'ufficio alla Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 5 della l.r. 5 maggio 1990, n. 55, per contrasto con gli artt. 97, primo comma, e 98 della Costituzione.