IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 305/1991 proposto da Corolla S.r.l. in persona del legale rappresentante pro- tempore, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Andrea Comba presso il quale e' elettivamente domiciliato in Torino, via Mercantini 6, contro il comune di Suno in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mauro Bolognesi e Sergio Sandrone, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Torino, via XX Settembre 62, per la condanna del comune di Suno alla restituzione della somma di L. 128.096.000 indebitamente percepita a titolo di oneri di urbanizzazione oltre agli interessi legali, interessi ex art. 1238 del c.c. ed al maggior danno; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune intimato; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 12 novembre 1992 la relazione del cons. dott. Montini e uditi, altresi', il dott. proc. Marco Coscia su delega del prof. Comba per la ricorrente e l'avv. Sandrone per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con licenza edilizia n. 42/1968, il comune di Suno autorizzava il mobilificio "Corolla" S.a.s. a "costruire uno stabilimento con relativi uffici in frazione Baraggia superiore". Successivamente, la Corolla S.a.s., che ai sensi della citata licenza aveva eretto un laboratorio industriale per la costruzione di mobili, mutava di proprieta' e diveniva Corolla S.r.l. I nuovi proprietari intendevano adibire il fabbricato ad esercizio commerciale, non dovendo a tal fine eseguire lavori edilizi ne' interni ne' esterni. A tale scopo la ricorrente si rivolgeva al comune di Suno il quale rilasciava concessione edilizia per cambio di destinazione d'uso dell'immobile, chiedendo il pagamento di L. 128.096.000 quali oneri di urbanizzazione primaria e secondaria. La ricorrente significava verbalmente al comune di ritenere che ai sensi della vigente legislazione urbanistico-edilizia non era necessaria, in quel particolare caso, una concessione edilizia, e, dunque, non era dovuto il pagamento dei relativi oneri, ma il comune, con lettera del 17 ottobre 1990, tornava a chiedere il versamento. La Corolla S.r.l. pagava allora le somme pretese dal comune (come da quietanza Banca Popolare di Novara n. 547 del 26 ottobre 1990) e con lettera 11 gennaio 1991 intimava formalmente la restituzione. Non avendo il comune provveduto, nei suoi confronti viene proposta azione diretta alla restituzione dell'indebito per i seguenti motivi: 1. - Violazione di legge per falsa applicazione dell'art. 17, ottavo comma, della legge n. 765/1967, introduttivo dell'art. 41-quinquies, della legge n. 1150/1942. L'immobile in questione e' stato costruito durante la vigenza della legge n. 765/1967, ma prima che entrasse in vigore la legge n. 10/1977, e sarebbe pertanto sottoposto, per quanto riguarda i vincoli di destinazione, ad una disciplina diversa da quella che regola gli immobili costruiti dopo il 31 gennaio 1977. Stando alla disciplina della legge n. 765/1967, sussisterebbe vincolo di destinazione d'uso solo a condizione che essa sia prevista dal p.r.g. e sia di conseguenza indicata nella licenza edilizia. Solo in base alla legge n. 10/1977, la quale differenzia l'importo degli oneri di urbanizzazione da pagare al momento del rilascio della concessione, a seconda della destinazione d'uso dell'immobile da costruire, si e' resa necessaria l'indicazione sulla concessione della destinazione stessa. L'immobile in questione, costruito in base ad una licenza edilizia del 29 novembre 1968, la quale si limita a descriverlo come "stabilimento con relativi uffici e servizi" e dunque nulla dice circa una sua eventuale destinazione d'uso, sarebbe "a destinazione libera", e non si potrebbe parlare di mutamento di destinazione. 2. - Violazione di legge per contrasto con il combinato disposto degli artt. 8 e 25 ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Ove non si ritenesse invece l'immobile in questione "a destinazione libera", la lettura della legge n. 47/1985 porterebbe a concludere che l'attivita' svolta dalla ricorrente non necessita di alcuna concessione e, di conseguenza, non comportava il pagamento di alcunche' al comune di Suno. Infatti la legge n. 47/1985 distingue, all'art. 7, tra opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformita' o con variazioni essenziali. All'art. 8, primo comma, specifica quali sono le variazioni essenziali, e tra di esse, alla lett. a), inserisce il "mutamento della destinazione d'uso che implichi variazioni degli standards approvati dal d.m. 2 aprile 1968", equiparandolo alle costruzioni in assenza o in essenziale difformita' dalla concessione edilizia. L'art. 25, ultimo comma, poi, recita: "La legge regionale stabilisce altresi' criteri e modalita' cui dovranno attenersi i comuni, all'atto delle predisposizioni degli strumenti urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, delle destinazioni d'uso degli immobili, nonche' dei casi in cui per la variazione di essa sia richiesta la preventiva autorizzazione del sindaco". Dal combinato disposto di queste due norme si puo' dedurre che il mutamento di destinazione o e' da considerarsi variazione essenziale, ed allora necessita di concessione (art. 8, primo comma, lett. a), ovvero non e' da considerarsi variazione essenziale, ed allora necessita di autorizzazione solo nei casi previsti dalla legislazione regionale (art. 25, ultimo comma). Nel caso in questione, dunque, qualora si voglia considerare giuridicamente rilevante il mutamento di destinazione, lo si dovrebbe ritenere sottoposto esclusivamente a regime autorizzatorio, anziche' a concessione. Essendo l'autorizzazione un atto gratuito, la somma versata in relazione alla concessione rilasciata dal comune di Suno dovrebbe venire restituita. Ed anche alla stregua dell'ultimo comma dell'art. 25 il conguaglio di concessione richiesto dal comune per il mutamento della destinazione d'uso da industriale a commerciale sarebbe dovuto solo ove la ricorrente non avesse richiesto autorizzazione, mentre la Corolla S.r.l. ha ottenuto una concessione che assorbirebbe la funzione autorizzatoria richiesta dalla legge. 3. - Violazione di legge per falsa applicazione dell'art. 48 della legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, e successive modifiche. Con la legge n. 47/1985 la autorizzazione comunale per il mutamento di destinazione e' necessaria solo ove esplicitamente richiesta dalla legislazione regionale. In assenza di tale previsione, il mutamento di destinazione d'uso senza opere diventa giuridicamente irrilevante. In Piemonte, peraltro l'art. 48 della legge regionale n. 56/1977, come interpretato dalla giurisprudenza, stabilisce la necessita' della concessione edilizia per i mutamenti di destinazioni d'uso anche senza opere, ponendosi in contrasto con la successiva legislazione nazionale (legge n. 47/1985) la quale ha stabilito che la legge regionale, in materia di mutamento di destinazione d'uso senza opere, puo' al massimo prevedere la necessita' di una autorizzazione. Si verifica pertanto in questo caso una ipotesi di legge regionale in contrasto con una successiva legge quadro, risolto dall'art. 10 della legge n. 62/1953 con i principi della successione delle leggi nel tempo. Non avendo la regione Piemonte adeguato la sua normativa, sarebbe da ritenersi abrogata la presenza delle modifiche di destinazione d'uso senza opere tra i casi in cui e' necessaria la concessione edilizia. Ne conseguirebbe la illegittimita' della pretesa del comune di Suno di sottoporre a concessione il mutamento di destinazione d'uso effettuato dalla ricorrente, e dunque la non debenza delle somme versate. 4. - Violazione di legge per falsa applicazione dell'art. 10 della legge n. 10/1977, in violazione dell'art. 14 disp. sulla legge in generale, preliminari al codice civile. Ove si ritenesse comunque necessaria una concessione ai sensi della legge n. 10/1077, questa non comporterebbe il pagamento di oneri di urbanizzazione, non essendo dovuto contributo per opere di trasformazione di un immobile da una ad un'altra destinazione, qualora da tali opere non risultino mutate in modo apprezzabile le caratteristiche della zona. Si e' costituito il comune intimato, eccependo in atti difensivi depositati il 9 agosto 1991, il 20 luglio ed il 20 settembre 1992, l'inammissibilita' del ricorso per difetto di valida procura alle liti, per difetto di giurisdizione del giudice adi'to sotto distinti profili (vertendosi in materia di diritti soggettivi e di ripetizione dell'indebito), l'irricevibilita' per tardivita', e comunque l'infondatezza nel merito stante la riconducibilita' del mutamento funzionale di destinazione alle attivita' comportanti trasformazione urbanistica del territorio, con conseguente assoggettamento agli oneri di urbanizzazione. Non sussisterebbe contrasto della l.r. n. 56/1977 con l'art. 25 della legge n. 47/1985, avendo la regione Piemonte gia' sufficientemente regolamentato la materia con la normativa vigente. In data 30 ottobre 1992 parte ricorrente ha depositato una memoria ribadendo le proprie censure e precisando, in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 73/1991, che alla stregua del principio fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione dell'art. 25 della l.r. n. 47/1985 la modifica funzionale di destinazione, senza interventi edilizi, puo' essere assoggettata soltanto al regime dell'autorizzazione, peraltro previa istruttoria comunale che differenzi le diverse situazioni ed esigenze territoriali. D I R I T T O Preliminarmente vanno respinte le eccezioni sollevate dalla difesa del comune di difetto di valida procura alla liti e di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Quanto alla prima, va osservato che la sottoscrizione della parte nell'originale del ricorso depositato e' autenticata non solo da funzionario comunale a cio' delegato, ma anche dal procuratore. Quanto alla seconda, la controversia in questione, rivolta a contestare il diritto del comune ad ottenere il pagamento degli oneri di urbanizzazione e a conseguire la ripetizione dell'indebito, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla stregua dell'art. 16 della legge n. 10/1977 e della giurisprudenza delle ss.uu. della Cassazione (tra le altre: 4 dicembre 1988, n. 5350; 19 ottobre 1990, n. 10177). La societa' ricorrente, che in base a concessione n. 64/1990 rilasciata dal comune di Suno ha attuato un cambio di destinazione d'uso adibendo, senza realizzare opere edilizie, ad esercizio commerciale un fabbricato prima utilizzato come laboratorio industriale per la costruzione di mobili, richiede la restituzione della somma di lire 128.096.000 in quanto indebitamente percepite dal comune quali oneri di urbanizzazione relativi alla suddetta concessione, sostenendo sotto vari profili che il mutamento di destinazione d'uso in questione non avrebbe potuto, in ogni caso, essere assoggettato alla corresponsione degli oneri. Cio' premesso, si impone in via preliminare, anche con riguardo all'ulteriore eccezione di irricevibilita', l'esame delle censure, formulate con il secondo e il terzo motivo di ricorso, di violazione di legge per contrasto della pretesa del comune, con gli artt. 8 e 25, ultimo comma, della legge n. 47/1985, nonche' di falsa applicazione dell'art. 48 della l.r. n. 56/1977, in quanto il mutamento d'uso posto in essere dalla ricorrente non necessiterebbe di alcuna concessione e non comporterebbe quindi obbligo di pagamento di oneri di urbanizzazione. Tali censure, dirette a contestare in radice l'assoggettabilita' di quanto attuato dalla ricorrente a concessione ed ai conseguenti oneri, si presentano prioritarie non solo in ordine logico rispetto agli altri motivi, coinvolgenti l'approfondimento di particolari aspetti della fattispecie concreta, ma altresi', come gia' accennato, ai fini dell'esame dell'eccezione di irricevibilita' del ricorso, notificato il 15 febbraio 1991 mentre la concessione edilizia e' pervenuta alla richiedente il 3 novembre 1990. Infatti, anche a prescindere dall'autonomia dell'obbligazione relativa agli oneri di urbanizzazione rispetto alla concessione edilizia (cfr. Cons. St. V 857/90) e dall'applicabilita' del termine di prescrizione e non di decadenza al ricorso avverso la determinazione (avente natura non autoritativa ma ricognitiva e contabile nell'ambito di un rapporto paritetico) del contributo di urbanizzazione, va osservato che un accoglimento delle predette censure condurrebbe a concludere che l'amministrazione ha agito in carenza di potere ed in violazione di un diritto soggettivo e che quindi non occorreva impugnare la concessione, anche a considerare (come fa in sostanza la difesa del Comune) che l'assoggettamento al contributo di urbanizzazione era sorto in seguito all'accoglimento della domanda presentata il 18 gennaio 1989. Va premesso ancora, per completezza, che il pagamento del contributo di urbanizzazione non determina acquiescenza (Cons. St. V, 24/87). Nelle sue linee essenziali, la tesi della ricorrente - come ulteriormente precisato in memoria, con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 1991, n. 74 - e' che il cambio di destinazione d'uso senza opere edilizie non puo' essere sottoposto a regime concessorio. Pertanto il comune di Suno non avrebbe avuto titolo a percepire gli oneri per opere di urbanizzazione. All'accoglimento di tale assunto, pur conforme ad un principio gia' stabilito in varie occasioni dai giudici amministrativi in base alla legge n. 10/1977, si oppone pero' nella legislazione regionale piemontese l'art. 48, primo comma, della l.r. n. 56/1977, il quale dispone che il proprietario o l'avente titolo deve chiedere al sindaco la concessione o l'autorizzazione, a norma dei successivi articoli, per l'esecuzione di qualsiasi attivita' comportante la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale, escludendo soltanto, anche dall'obbligo di semplice autorizzazione, "i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili relativi ad unita' immobiliari non superiori a 700 mc., che siano compatibili con le norme del p.r.g. e/o degli strumenti urbanistici". Il collegio ritiene di non avere motivo per discostarsi dall'interpretazione di questa norma, da parte sia del t.a.r. Piemonte (474/83) che dal Consiglio di Stato (V, 824/1988, confermativa della precedente), nel senso che il Piemonte i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili superiori a 700 mc., anche se effettati senza lavori edilizi, sono subordinati a concessione. Cio' in quanto, se la disposizione riguardasse soltanto i mutamenti di destinazione d'uso accompagnati dall'esecuzione di opere edilizie, essa sarebbe inutile, poiche' tutte le trasformazioni edilizie sono gia' soggette ad assegno essendo ricomprese nella prima parte dell'articolo. Va soggiunto che, alla stregua della legge regionale piemontese, certamente i mutamenti di destinazione d'uso non sono sottoposti a semplice autorizzazione, posto che essi non sono affatto considerati dal successivo art. 56, che elenca i singoli interventi soggetti ad autorizzazione, onde deve concludersi che per essi la legge reg. n. 56/1977 prevede sempre - con la sola eccezione di cui alla lett. a) dell'art. 48 - la necessita' della concessione. Pertanto nel caso di modificazioni delle destinazioni d'uso in assenza di opere edilizie, il mutamento di destinazione, se consentito dal piano regolatore, sara' possibile senza concessione solo se l'unita' immobiliare non supera i 700 mc.; se invece esso interessa un'unita' superiore a detto limite, occorrera' sempre il preventivo e formale controllo del comune, che si attua mediante concessione (cfr. altresi' l'art. 65, quarto comma, della legge reg. cit.). Nel caso in esame, e' pacifico che il mutamento di destinazione non prevede (come specificato nella domanda 18 gennaio 1989) alcuna opera edilizia ed interessa un'unita' eccedente i 700 mc, onde alla stregua della legge piemontese e' stato assoggettato a concessione con l'ulteriore conseguenza dell'obbligo del contributo di urbanizzazione. Non essendo possibile superare in via interpretativa la previsione della legge regionale, che non consente di differenziare agli effetti in questione i mutamenti di destinazione con opere da quelli senza opere, ritiene il collegio che si appalesi non priva di fondamento - oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, poiche' su di essa si fonda il potere esercitato dal sindaco - la questione di legittimita' costituzionale della normativa regionale sopra citata in riferimento all'art. 117 della Costituzione, prospettata nei termini seguenti. La materia in questione e' oggetto di legislazione ripartita tra norme statali di principio e norme regionali di sviluppo e dettaglio. Come gia' precisato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 73/1/991, la legge n. 47/1985, disciplinando ex-novo gli istituti della concessione e dell'autorizzazione edilizia ed individuando l'ambito degli interventi di spettanza del legislatore regionale, enuncia i principi fondamentali cui devono attenersi le regioni in detta materia. Con riguardo al mutamento di destinazione, l'art. 8 ne ha previsto l'assoggettabilita' al regime concessorio solo quando, in sintesi, esso comporti variazioni essenziali al progetto (che la legge regionale dovra' definire nei limiti dei criteri fissati dall'art. stesso) e sia connesso con modifiche strutturali dell'immobile. Mentre il mutamento di destinazione, comunque accompagnato da qualsiasi intervento edilizio, anche se solo interno, per il quale non sia altrimenti prevista la concessione, e' assoggettabile in base a quanto si desume dall'art. 26 a regime autorizzatorio, il mutamento di destinazione senza opere e' considerato (Corte costituzionale n. 73/1991 cit.) dall'art. 25, ultimo comma, della legge statale n. 47/1985, che attribuisce al legislatore regionale il compito di stabilire "criteri e modalita' cui dovranno attenersi i comuni, all'atto della predisposizione di strumenti urbanistici, per l'eventuale regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, della destinazione d'uso degli immobili, nonche' dei casi in cui, per la variazione di essa, sia richiesta la preventiva autorizzazione". Si evince dunque da questa norma, nonche', "a contrario" dalle altre disposizioni della legge n. 47/1985 che si riferiscono a variazioni d'uso comportanti l'esecuzione di opere (artt. 7, primo comma; 8, primo comma, lett. a); 15; 26) che il principio fondamentale posto dalla legge quadro e' che la modifica meramente funzionale e non strutturale della destinazione puo' essere al massimo assoggettata ad autorizzazione secondo le leggi regionali e soltanto allorche' in sede di pianificazione urbanistica comunale abbia avuto luogo un preventivo apprezzamento di insieme del territorio inteso a verificare la compatibilita' con il tessuto urbanistico. Con tale nuovo principio fondamentale posto dalla legge statale contrasta ora la preesistente normativa della legislazione regionale piemontese in materia urbanistica che all'art. 48, primo comma, ha assoggettato indiscriminatamente i mutamenti di destinazione riguardanti unita' eccedenti i 700 mc., compresi quelli senza opere edilizie, al regime concessorio. Trattandosi di fonti facenti parte di diversi ordini normativi, il rapporto tra la legge cornice e la legge regionale non e' regolato secondo un criterio di generale preferenza della legge statale, onde non puo' ritenersi verificato un effetto abrogativo, e l'antinomia tra la disposizione di legge regionale ed il principio fondamentale posto dalla legge statale sopravvenuta va ad avviso del collegio definito in termini di invalidita' della prima per contrasto con l'art. 117 della Costituzione perche' assoggetta direttamente ed indiscriminatamente a concessione tutti i mutamenti di destinazione non comportanti la esecuzione di opere edilizie relativi alle unita' immobiliari superiori a 700 mc., e cio' in difformita' dal principio fondamentale della legge statale, che non prevede per detti mutamenti la concessione edilizia e demanda alla legge regionale di disciplinare il potere dei comuni di regolamentare, se lo ritengono opportuno, in ambiti determinati del loro territorio, le destinazioni d'uso degli immobili, assoggettandone eventualmente i mutamenti a semplice autorizzazione. Ritiene pertanto il collegio non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 48, primo comma, della legge regionale del Piemonte 5 dicembre 1987, n. 56, e succ. mod. e int., nella parte in cui assoggetta a concessione i mutamenti di destinazione d'uso non accompagnati dall'esecuzione di opere edilizie relativi ad unita' immobiliari superiori a 700 mc., per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, considerato che l'art. 25, quarto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, costituisce un principio fondamentale cui la legge regionale in materia urbanistica deve attenersi.