LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha   pronunciato   la   seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto
 dall'I.N.A.D.E.L. - Istituto  nazionale  assistenza  dipendenti  enti
 locali,  in  personale  del legale rappresentante pro-tempore, elett.
 dom. presso la cancelleria della Corte di cassazione: rappresentato e
 difeso dall'avv. L. Speranza, giusta delega a  margine  del  ricorso,
 ricorrente,  contro  Carrieri  Domenico, intimato, per l'annullamento
 della sentenza del tribunale di Taranto del 24 gennaio 1989-30 giugno
 1989, r.g. n. 1286/87;
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica  udienza  del
 19 gennaio 1993 dal consigliere dott. Vitrone;
    Udito  il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott.
 Francesco Nicita che ha  concluso:  chiede  che  venga  sollevata  la
 questione  di  incostituzionalita'  degli  artt. 2 e 4 della legge n.
 482/1985, in relazione agli artt.  3  e  53  della  Costituzione;  in
 subordine il rigetto.
                            FATTO E DIRITTO
    Con  ricorso  depositato  il  3  ottobre  1983  Carrieri  Domenico
 chiedeva al pretore di Taranto  la  condanna  dell'I.N.A.D.E.L.  alla
 restituzione  della  somma  di  L.  830.847,  trattenuta  a titolo di
 ritenuta Irpef sull'importo  complessivo  di  L.  14.028.386,  a  lui
 liquidato  quale  indennita' premio di fine servizio all'atto del suo
 collocamento a riposo come dipendente del comune di  Martina  Franca,
 avvenuto  in  data 1½ luglio 1978, assumendo che detta indennita' non
 rientrava - quanto meno per  il  suo  intero  importo  -  tra  quelle
 soggette  a  tassazione separata. In subordine, chiedeva trasmettersi
 gli atti alla Corte costituzionale denunciando il  contrasto  tra  le
 norme in base alle quali era stata operata la ritenuta e il principio
 fondamentale di eguaglianza.
    Il pretore, con sentenza del 15 aprile 1986, accoglieva la domanda
 e,  su  appello  dell'ente  soccombente  il tribunale di Taranto, con
 sentenza  del  24  gennaio-10  giugno  1989,  rigettava  il  gravame,
 confermando integralmente la decisione impugnata.
    Ribadita  la  giurisdizione  del  giudice  ordinario  per  essersi
 formato in materia il giudicato in mancanza di espresse contestazioni
 dell'appellante, il tribunale osservava che  il  principio  enunciato
 dal  pretore - il quale aveva escluso dall'imponibile del trattamento
 di fine rapporto quella parte di  esso  corrispondente  all'incidenza
 del   contributo   a  carico  del  dipendente  -  era  stato  sancito
 espressamente dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, con decorrenza  dal
 17  luglio 1986 per effetto della successiva legge 26 luglio 1988, n.
 291, mentre, per il periodo precedente,  trovava  il  suo  fondamento
 nella  sentenza  n.  178/1986,  con  la quale la Corte costituzionale
 aveva dichiarato l'incostituzionalita' degli artt. 2  e  4,  primo  e
 quarto  comma,  della legge 26 settembre 1985, n. 482, nella parte in
 cui essi non prevedevano che dall'imponibile assoggettabile ad  Irpef
 delle   indennita'   di   buonuscita   erogabili  dall'E.N.P.A.S.  ai
 dipendenti statali andasse detratta una somma pari  alla  percentuale
 corrispondente  al  rapporto  esistente, alla data del collocamento a
 riposo, tra il  contributo  a  carico  del  dipendente  e  l'aliquota
 complessiva   del   contributo   previdenziale  obbligatorio  versato
 dall'E.N.P.A.S. La normativa  risultante  a  seguito  dell'intervento
 della  Corte  costituzionale  doveva  ritenersi applicabile in via di
 analogia   anche   all'indennita'   premio   di   servizio    erogata
 dall'I.N.A.D.E.L.  ai  dipendenti degli enti locali, che aveva natura
 identica all'indennita'  di  buonuscita  erogata  dall'E.N.P.A.S.  ai
 dipendenti  statali,  e, conseguentemente, restava priva di efficacia
 la questione di costituzionalita' riproposta in via  subordinata  dal
 Carrieri.
    Contro   la   sentenza   ha   proposto   ricorso   per  cassazione
 l'I.N.A.D.E.L. articolando quattro motivi.
    Le sezioni unite della suprema Corte, con sentenza non  definitiva
 del 25 febbraio 1992, n. 2302, hanno dichiarati inammissibili i primi
 tre  motivi, rivolti cumulativamente contro la pronuncia confermativa
 della  giurisdizione  del  giudice  adito,  ed  hanno   disposto   la
 rimessione  degli  atti  alla  sezione  lavoro per l'esame del quarto
 motivo, relativo alle statuizioni nel merito.
    Con il quarto motivo l'I.N.A.D.E.L. denuncia  violazione  e  falsa
 applicazione  degli  artt. 12, lett. e), e 14 del d.P.R. 29 settembre
 1973, n. 597, cosi' come modificato dalla legge 26 settembre 1985, n.
 482, nonche' dell'art. 23 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli
 artt. 136 della Costituzione e 17 del d.P.R.  22  dicembre  1986,  n.
 917, cosi' come modificato dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, e, in-
 fine, dell'art. 6, comma 1- bis, della legge 26 luglio 1988, n.  291,
 per contrasto con l'art. 360, n. 3, del cod. proc. civ.
    Premessa   l'inapplicabilita'  in  via  analogica  della  sentenza
 costituzionale n. 178/1986 all'indennita' di  fine  rapporto  erogata
 dall'I.N.A.D.E.L.,  la quale differisce dall'indennita' di buonuscita
 erogata dall'E.N.P.A.S.,  il  ricorrente  sostiene  che  la  ritenuta
 fiscale  nei  confronti  del  Carrieri  era  stata  operata nel pieno
 rispetto della normativa all'epoca vigente, in  quanto,  pur  volendo
 considerare  l'evoluzione  della  giurisprudenza  costituzionale,  la
 sentenza n. 877/1988 - che ha dichiarato l'incostituzionalita'  degli
 artt.  89,  ultimo  comma, e 140, ultimo comma, del d.P.R. 29 gennaio
 1958, n. 645, nella parte in cui non prevedevano che  dall'imponibile
 assoggettato alle imposte di ricchezza mobile e complementare andasse
 detratta   una   somma   pari  alla  percentuale  dell'indennita'  di
 buonuscita  corrispondente  al  rapporto  esistente,  alla  data  del
 collocamento   a  riposo,  tra  il  contributo  posto  a  carico  del
 dipendente e  l'aliquota  complessiva  del  contributo  previdenziale
 obbligatorio   versato   dall'I.N.A.D.E.L.   -   non  incideva  sulle
 disposizioni contenute nell'art. 17 del nuovo t t.u.ii.dd.  approvato
 con  d.P.R.  22 dicembre 1986, n. 917, mentre l'art. 6, comma 1- bis,
 della legge 26 luglio 1988, n. 291, retroagiva solo a far data dal 17
 luglio 1986.
    Al riguardo va considerato che la tassazione delle  indennita'  di
 fine   rapporto   disciplinata  dal  t.u.ii.dd.  del  1958  e'  stata
 dichiarata incostituzionale dalla sentenza 19 novembre 1987, n.  400,
 con  riferimento all'indennita' di buonuscita erogata dall'E.N.P.A.S.
 e  dalla  sentenza  26  luglio  1988,   n.   877,   con   riferimento
 all'indennita' di fine rapporto erogata dall'I.N.A.D.E.L.
    A  seguito  della riforma tributaria, la materia e' stata regolata
 dall'art. 14 del d.P.R. 29 settembre 1973, n.  597,  modificato  (con
 effetti  dal  1½  gennaio  1976)  dall'art. 10 della legge 2 dicembre
 1975, n. 576. Lo stesso articolo e' stato poi riscritto  dall'art.  2
 della  legge  26  settembre  1985,  n.  482  (entrato in vigore il 1½
 ottobre 1985); gli artt. 4 e 5 di detta legge prevedevano,  altresi',
 a   determinate   condizioni,   l'applicazione  retroattiva  di  tale
 disciplina. Infine la  Corte  costituzionale,  con  sentenza  del  27
 giugno  1986,  n.  178,  ne  ha  dichiarato l'incostituzionalita' con
 riferimento,  peraltro,  alla  sola  indennita' di buonuscita erogata
 dall'E.N.P.A.S.
    Il nuovo testo unico delle imposte dirette, approvato  con  d.P.R.
 22  dicembre  1986,  n.  917,  recependo  l'insegnamento  della Corte
 costituzionale, ha previsto all'art. 17 la parziale detrazione  della
 base  imponibile con riferimento all'indennita' di buonuscita erogata
 dall'E.N.P.A.S.
    Successivamente l'art. 4, comma 3- ter, del d.l. 14  marzo  1988,
 n. 154, ha esteso il beneficio della detrazione di un importo pari al
 rapporto  tra  i  contributi  versati dal lavoratore e quelli versati
 dall'ente, datore di lavoro a tutte le indennita',  comunque  denomi-
 nate, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a
 carico  dei lavoratori; quindi, con l'art. 6, comma 1- bis, del d.l.
 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, nella legge 26
 maggio 1988, n. 291, ne e' stata disposta l'applicazione retroattiva,
 con effetto dal 17 luglio 1986.
    Quindi e' intervenuto l'art. 2 del d.l.  2  marzo  1989,  n.  69,
 convertito, con modificazioni, nell'art. 2- bis della legge 27 aprile
 1989, n. 154, la quale ha testualmente stabilito che "le disposizioni
 di  cui  al  comma  3- ter dell'art. 4 del d.l. 2 marzo 1988, n. 70,
 convertito con modificazioni dalla legge 13 maggio 1988, n.  154,  si
 applicano  alle  indennita'  ivi indicate corrisposte successivamente
 alla data di entrata in vigore della legge 26 settembre 1985, n. 482,
 nonche' a quelle indennita' per le  quali  trovano  applicazione  gli
 artt.  4  e 5 della stessa legge n. 482/1985, ancorche' non sia stata
 presentata l'istanza  ivi  prevista".  Tale  disciplina  ha,  quindi,
 esteso  retroattivamente  a  tutte  le  indennita'  corrisposte  dopo
 l'entrata in vigore della legge n. 482/1985, e cioe' a far tempo  dal
 1½  ottobre  1985  (e  non  piu'  dal  17  luglio 1986) il sistema di
 liquidazione   conforme   ai   principi   enunciati    dalla    Corte
 costituzionale  e che il legislatore aveva gia' recepito con il d.l.
 n. 70/1988, mentre, per il periodo di tempo precedente al 1½  ottobre
 1985,  ha  disposto  l'applicazione  retroattiva della riliquidazione
 dell'imposta per quelle indennita', comunque denominate, per le quali
 la stessa legge n. 482/1985 era ritenuta applicabile, e cioe' per  le
 somme percepite a tale titolo a decorrere dal 1½ gennaio 1980.
    In  applicazione  di tale disciplina, la Corte costituzionale, con
 la  recente  sentenza  9  novembre  1992,  n.  417,   ha   dichiarato
 inammissibile la questione di legittimita' costituzionale degli artt.
 2  e  4, primo e quarto comma, della legge 26 settembre 1985, n. 482,
 sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione  dalle
 sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione  con  l'ordinanza del 13
 febbraio  1992,  n.  126,  in  ordine   al   trattamento   tributario
 dell'indennita'  di  fine  rapporto liquidata dall'I.N.A.D.E.L. prima
 del 17 luglio 1986, ma in epoca successiva al 1½ gennaio 1980.
    Allo stato della normativa vigente, quindi, la riliquidazione  del
 trattamento   tributario  applicato  all'indennita'  premio  di  fine
 rapporto erogata dall'I.N.A.D.E.L. e' consentita solo a far data  dal
 1½  gennaio 1980, mentre continua ad applicarsi la disciplina dettata
 dall'art. 14 del d.P.R. 29  settembre  1973,  n.  597,  e  successive
 modificazioni,  a tutte le indennita' premio di fine rapporto erogate
 nel periodo di tempo intercorrente tra il 1½ gennaio  1974  (data  di
 entrata in vigore del t.u.ii.dd. del 1973) e il 1½ gennaio 1980.
    Nella   specie   il   Carrieri   ha   chiesto   la  riliquidazione
 dell'indennita' premio di fine rapporto a lui corrisposta  alla  data
 del  suo  collocamento  a  riposo,  avvenuto  il  1½  luglio 1978, in
 un'epoca, cioe' in cui non  era  consentita,  secondo  la  disciplina
 ancora  vigente  con  riferimento  alla normativa applicabile, alcuna
 riliquidazione dell'importo trattenuto dall'I.N.A.D.E.L. a titolo  di
 Irpef  nelle  forme  della tassazione separata prevista dall'art. 12,
 lett. e), del d.P.R. n. 597/1973.
    E, poiche' per  il  periodo  suddetto  non  appare  manifestamente
 infondata,  con  riferimento  agli artt. 3 e 53 della Costituzione la
 questione di incostituzionalita' degli artt. 2 e 4,  primo  e  quarto
 comma,  della  legge 2 settembre 1985, n. 482, nella parte in cui non
 prevedono  che  per   l'indennita'   premio   di   servizio   erogata
 dall'I.N.A.D.E.L.  a  favore  degli  iscritti  nel  periodo  di tempo
 intercorrente tra il 1½ gennaio 1974  e  il  1½  gennaio  1980,  vada
 detratta  una  somma pari alla percentuale corrispondente al rapporto
 esistente, alla data del collocamento a  riposo,  tra  il  contributo
 posto  a carico dell'iscritto e l'aliquota complessiva del contributo
 previdenziale obbligatorio versato all'I.N.A.D.E.L., essa deve essere
 riproposta con la precisazione in ordine temporale innanzi enunciata.
    In applicazione dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  la
 soluzione  di  tale  questione  va rimessa alla Corte costituzionale,
 previa sospensione del presente giudizio.