IL PRETORE Letti gli atti del giudizio promosso da Capuano Vito ed altri contro la S.E.P.S.A. - Societa' per l'esercizio di pubblici servizi; O S S E R V A I ricorrenti - tutti agenti stabili alle dipendenze della predetta societa' esercente pubblici servizi di trasporto in concessione, inquadrati in V livello come "controllore movimento e traffico" - hanno chiesto dichiararsi il diritto alla superiore qualifica di "addetto movimento traffico" (IV livello ex lege n. 270/1988) per aver svolto tali mansioni a far tempo dal 1½ novembre 1989, ricevendone la maggiore retribuzione ma non il corrispondente formale inquadramento; a sostegno della domanda, hanno invocato l'art. 2103 del codice civile nel testo vigente modificato dall'art. 13 della legge n. 300/1979. La principale questione controversa (cui tutte le altre conseguono), puntualmente sollevata dalla difesa della societa' resistente, concerne la assunta esclusiva applicabilita' ai rapporti in oggetto dell'art. 18 del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, allegato A, che subordina il conseguimento del diritto alla qualifica superiore all'esigenza del requisito sostanziale dato dallo svolgimento delle mansioni per il periodo di sei mesi e di tre requisiti formali: l'ordine del direttore, la vacanza del posto in organico, l'acquisibilita' della posizione senza la necessita' di prova d'esame o di concorso. Orbene, rileva questo giudice che, pur non essendo mancati tentativi da parte di certa giurisprudenza di merito tesi ad escludere la prevalenza della normativa speciale a fronte della normativa statutaria di carattere generale (successiva e di pari grado sul piano della gerarchia delle fonti) - argomentando, in sintesi, che la prima avrebbe esclusivamente finalita', organizzative, di regolamentazione del sistema delle promozioni, la seconda, garantistiche, di legittimazione di situazioni di fatto nell'interesse della professionalita' del lavoratore, muovendosi, quindi, su piani diversi (in tali sensi, si cfr., da ultimo, Pret. Pisa 3 ottobre 1990, Gori c/A.T.L.) - secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimita', neppure di recente significativamente derogato per quanto ci risulta, la fonte legale di carattere speciale esclude l'applicabilita' al personale autoferrotramviario dell'art. 13 Stat. se non per il diritto alla maggiore retribuzione. Tale quadro normativo, per effetto dell'art. 21 della legge 17 maggio 1985, n. 210 (istitutiva dell'Ente ferrovie dello Stato), che ha contrattualizzato il rapporto di lavoro del personale dipendente, e della contrattazione collettiva successivamente stipulata in attuazione di detta norma, e' rimasto profondamente incrinato nella sua intima coerenza in considerazione che in conseguenza della normativa sopravvenuta per il personale dell'azienda di Stato, a situazioni di fatto identiche (poiche', com'e' evidente, la posizione lavorativa del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto obbiettivamente non muta a seconda che esso dipenda dalla persona giuridica preposta all'esercizio dei trasporti di Stato oppure da analoga azienda locale, pubblica o privata, operante in regime di concessione, ne' mutano i bisogni e le esigenze di interesse generale a tali situazioni sottesi) l'ordinamento appresta, senza alcuna apprezzabile ragione, una disciplina diversa, atteggiandosi - nelle sue espressioni piu' recenti - nel senso di escludere l'operativita', in materia di svolgimento di mansioni e correlativa progressione di carriera, di discipline di tipo rigido e finalita', almeno prevalentemente, organizzatorie come quella di cui al cit. art. 18, privilegiando l'interesse alla salvaguardia della professionalita' del lavoratore. Orbene, se l'opportunita' di tali valutazioni, sommamente discrezionali, sfugge, com'e' evidente, al sindacato del giudice, e' potere dovere di quest'ultimo individuare elementi di sostanziale discrasia del sistema, per i quali a situazioni identiche si apprestino discipline sostanzialmente divergenti, in violazione del principio di uguaglianza e di parita' sancito dall'art. 3 della Costituzione. Dunque, considerato che per vari aspetti l'art. 18 dell'allegato A al regio decreto n. 148/1931 e' certamente meno favorevole per il lavoratore rispetto all'art. 13 della legge n. 300/1970 e che nella specie si controverte, per l'appunto, della applicabilita' di tali norme, rivelandosi la questione (sotto il profilo che trattasi di posto da coprirsi mediante prova selettiva) influente per la definizione del giudizio, oltre che non manifestamente infondata, va sollevato ex officio incidente di legittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, relativamente all'art. 18, primo ed ultimo comma, del reg.to allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, nelle parti in cui - nell'ipotesi di attribuzione di svolgimento di funzioni (mansioni) di grado (qualifica) superiore a quello rivestito - subordina il diritto alla promozione alla vacanza del posto in organico ed alla condizione che non si tratti di posto da coprirsi mediante esame. Subordinamente (e pur nell'inerzia del legislatore, che, a distanza di vari anni, tuttora non ha raccolto l'auspicio rivoltogli dalla Corte, cfr. Sent. del 27 aprile 1988), nell'ipotesi in cui si ritenga ostativa all'apprezzamento di illegittimita' costituzionale delle citate disposizioni normative la considerazione che esse in se' e per se' non violino il menzionato principio di eguaglianza (apparendo, anzi, nel loro contesto applicativo razionali per il fatto di riferirsi ad organizzazioni produttive strutturate su piante organiche per il personale e posti di lavoro cui si accede mediante l'esperimento di prove selettive), pare al giudice adito che le richiamate disposizioni violino, comunque, l'art. 35 della Costituzione, che sancisce - da parte della Repubblica - la tutela del lavoro e la cura della elevazione professionale dei lavoratori. Vero e' infatti che laddove, per l'esistenza di uno dei menzionati elementi ostativi al conseguimento del diritto alla promozione, questo non si realizzi pur essendo trascorso il periodo di sei mesi di "reggenza", e' possibile che il lavoratore venga lasciato per un tempo non definito a svolgere le funzioni del grado superiore senza conseguire l'inquadramento professionale coerente con la qualita' del lavoro svolto (pur ricevendone il relativo trattamento retributivo); situazioni tutt'altro che infrequenti in concreto. Ne' pare sufficiente, al fine di conferire maggiore determinatezza alla norma e di infrenare la discrezionalita' del datore di lavoro, la locuzione avverbiale "temporaneamente" usata dalla norma a proposito dell'adibizione da parte del direttore dell'azienda, temporalmente alquanto vaga ed imprecisa stando per adibizione non definitiva. Sotto tale profilo l'esigenza di tutela del prestatore di lavoro postula che la legge fissi un periodo massimo di permanenza nelle mansioni decorso il quale si consegua comunque il diritto al grado o qualifica superiore. Cio' tanto piu' che nella pratica sono endemiche le situazioni di inadeguatezza di organico (in altri termini, non c'e' posto vacante perche' i posti esistenti sono coperti, anche se insufficienti) come sovente trascorre lungo tempo prima che le proce- dure di concorso abbiano svolgimento e conclusione ed, ancor prima, vengano deliberate (nella specie i ricorrenti lamentano una situazione ormai datata oltre tre anni fa). Ne consegue che il lavoratore non riceve il giusto riconoscimento dell'attivita' svolta e della professionalita' dimostrata, la qual cosa gli pregiudica sia altre eventuali occasioni di lavoro sia la ulteriore progressione di carriera nell'ambito della stessa azienda. E la rilevanza della questione (per quanto, ma finora solo in astratto, attenuta) non e' esclusa dalla (sopravvenuta) derogabilita' ad opera della contrattazione nazionale di categoria delle disposizioni del regolamento nelle materie (tra le quali quella in discussione) in precedenza sottratte alla disponibilita' delle parti sindacali, sia perche' legata ad un fatto meramente eventuale (e, cioe', l'intervento di una diversa regolamentazione collettiva) sia perche' l'efficacia di quest'ultima resterebbe limitata ai rapporti disciplinati dalla fonte pattizia.