IL TRIBUNALE
    Il giudice delegato  al  fallimento  "in  estensione"  di  Borelli
 Roberto,  dichiarato  con sentenza n. 54/1993 emessa in data 6 aprile
 1993  dal  tribunale  di  Alessandria,  ha  pronunciato  la  seguente
 ordinanza  ai  sensi  dell'art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo
 1953, n. 87.
    Preso atto della  predetta  dichiarazione  di  fallimento,  questo
 giudice  dovrebbe oggi procedere (immediatamente ed obbligatoriamente
 all'apposizione dei sigilli ex art. 84 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267
 (c.d. legge fallimentare) presso la  residenza  del  fallito  Borelli
 Roberto (sita in Alessandria, via Plana n. 49).
    Codesta  norma,  tuttavia, appare incostituzionale "nella parte in
 cui non prevede che il giudice delegato possa autorizzare il curatore
 a  redigere   immediatamente   l'inventario   senza   la   preventiva
 apposizione  dei  sigilli,  allorche' quest'ultima alla stregua degli
 atti risulti impossibile o superflua", per violazione  del  principio
 del  buon  andamento  dell'amministrazione della giustizia ex art. 97
 della Costituzione (sul quale v. Corte Costituzionale 10 maggio 1982,
 n. 86;  19  gennaio  1989  n.  18)  e  della  direttiva  generale  di
 razionalita'  dell'ordinamento giiuridico tutelata dall'art. 3, primo
 comma, della Costituzione.
   Rilevanza della questione. - Atteso che il presente  fallimento  e'
 stato  dichiarato  (su  istanza  del  curatore,  ma  anche)  dopo  la
 presentazione di richieste ad hoc dello stesso soggetto  fallito  (la
 prima  depositata il 19 gennaio 1993 (v. relazione del curatore, pag.
 6 ed allegato 2) e la seconda prospettata alla curatela  fallimentare
 (v.  relazione,  pag.  5  ed  allegato  1)),  puo'  oggi fondatamente
 presumersi l'inesistenza di un attuale pericolo  di  distrazione  dei
 beni  in possesso del fallito (il quale, se avesse voluto occultare o
 distrarre tali beni, l'avrebbe fatto ancor prima della  presentazione
 delle  suddette richieste di "autofallimento" e/o della sua audizione
 innanzi al giudice delegato ex art. 147, secondo comma,  della  legge
 fallimentare).
    Pertanto,  un'eventuale  declaratoria di incostituzionalita' della
 norma de qua (nei termini suindicati) consentirebbe a questo  giudice
 delegato  di  omettere  le  (inutili)  attivita' di sigillazione e di
 autorizzare il curatore ad iniziare  direttamente  le  operazioni  di
 inventario ex art. 87 della legge fallimentare.
    Non  manifesta  infondatezza  della  questione.  - L'art. 84 della
 legge  fallimentare,  imponento  al  giudice  delegato  di  procedere
 all'apposizione  dei  sigilli sempre e comunque (id est: anche quando
 gli elementi acquisiti fanno  apparire  verosimile  l'inesistenza  di
 cose  "sigillabili"  -  cfr. art. 86 della legge fallimentare - o del
 pericolo attuale del loro occultamento o della loro  distrazione)  ed
 operando  oggi  in  un  contesto  normativo  che (con l'obbligo della
 preventiva convocazione del "fallendo":  v.  Corte  costituzionale  2
 luglio  1970, n. 141; 16 luglio 1970, n. 142; 27 giugno 1972, n. 110)
 ha di fatto "sterilizzato" o, comunque,  "depotenziato"  le  sue  (id
 est: dell'art. 84 cit.) finalita' cautelari e conservative, determina
 automaticamente  nella  stragrande maggioranza dei casi il compimento
 di operazioni (coinvolgenti il giudice delegato, il cancelliere ed il
 curatore) prive di qualsivoglia rilevanza  sostanziale  nell'economia
 della  procedura  fallimentare:  conseguenza,  codesta, che sembra al
 remittente in contrasto con i superiori principi  ex  artt.  3  e  97
 della  Costituzione  perche'  "incompatibile  col  principio del buon
 andamento dell'amministrazione della  giustizia  e  non  giustificata
 dalle  finalita'  che  la  norma  intende  realizzare"  (cosi'  Corte
 costituzionale 19 gennaio 1989, n. 18).