IL TRIBUNALE Pronunciandosi sull'istanza della difesa dell'imputato Giancarlo Di Muro, che solleva questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 34 del c.p.p., e 444 del c.p.p. in relazione all'art. 248 del d.-lgs. 28 luglio 1989, n. 271, e che rileva l'incompatibilita' del giudice che abbia rigettato la richiesta di applicazione della pena in seguito ad una valutazione di merito, a procedere al dibattimento. O S S E R V A La Corte costituzionale gia' si e' pronunciata sulla questione con riguardo ai processi interamente disciplinati dal rito attualmente in vigore. Nel caso di specie trattasi di processo disciplinato dal codice di procedura penale abrogato, cui peraltro e' applicabile per il disposto dell'art. 248 norme di attuazione l'attuale rito speciale, di cui all'art. 444 del c.p.p. La motivazione dell'istanza e' peraltro identica a quella che ha determinato la Corte costituzionale alla pronuncia d'illegittimita' sopra menzionata, sentenza n. 186 del 22 aprile 1992. Pertanto cio' impedisce di ritenere la questione manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione con riguardo, oltre che agli articoli enunciati nell'istanza, anche all'art. 61 del c.p.p. abrogato. La questione e' palesemente rilevante, identificandosi questo collegio in quello che, per ragioni di merito, ha respinto la richiesta di applicazione pena. E' da rilevare, tuttavia, che, qualora ne risultasse l'incompatibilita' del giudice nel senso di cui alla questione sollevata, si incorrerebbe nella irragionevole conseguenza che la richiesta di applicazione pena potrebbe essere nuovamente formulata avanti al diverso giudice, che a sua volta, potrebbe di nuovo respingerla e cosi' di seguito, senza limiti. Ne deriverebbe cosi' una irragionevole limitazione dell'esercizio della giurisdizione, se non l'impossibilita' dello stesso, specie con riguardo agli uffici giudiziari di ridotto organico.