ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio sull'ammissibilita' del conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta nei confronti della Camera dei deputati, con ricorso depositato in Cancelleria il 30 aprile 1993 ed iscritto al n. 45 del registro di ammissibilita' conflitti; Udito nella camera di consiglio del 26 maggio 1993 il Giudice relatore Enzo Cheli; Ritenuto che con ricorso depositato il 30 aprile 1993 (Reg. Amm. Confl. n. 45 del 1993) la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta ha sollevato conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato - pubblico ministero e Camera dei deputati - in ordine alla restituzione da parte della Camera dei deputati, per mancata osservanza del termine di cui all'art. 344, primo comma, del codice di procedura penale, degli atti relativi alla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla stessa Procura nei confronti del deputato Gianfranco Occhipinti per concorso nel reato di cui agli artt. 353 del codice penale e 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 (turbata liberta' degli incanti, pluriaggravata), nonche' per concorso nel reato di cui agli artt. 319 e 321 del codice penale e 7 del citato decreto-legge n. 152 del 1991 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, aggravata); che si chiede a questa Corte di voler dichiarare che non spetta alla Camera dei deputati restituire - per mancato rispetto del termine di cui all'art. 344, primo comma, del codice di procedura penale - gli atti relativi alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di un deputato "senza adottare una decisione di merito, ancorche' negativa o, quantomeno, una decisione interlocutoria"; che, secondo la procura ricorrente, il provvedimento di restituzione degli atti adottato dalla Camera dei deputati ha leso l'attribuzione del pubblico ministero consistente nell'obbligo di esercitare l'azione penale; che, ai fini della ammissibilita' del conflitto, con riferimento al profilo soggettivo della legittimazione dell'organo, l'ufficio ricorrente - nella sua veste di pubblico ministero territorialmente competente per le indagini - afferma di essere il titolare esclusivo dell'azione penale e percio' l'organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartiene; che, sempre ai fini dell'ammissibilita' del conflitto, il pubblico ministero ricorrente osserva anche, con riferimento al profilo oggettivo, che sussiste la natura costituzionale del conflitto, dal momento che la Camera dei deputati avrebbe superato i confini delle sue attribuzioni e paralizzato l'esercizio dell'azione penale, in violazione della "delimitazione delle ... sfere di attribuzione" del pubblico ministero e del Parlamento dettate dagli artt. 68, secondo comma, 107, quarto comma, 108, secondo comma, e 112 della Costituzione; che, in subordine, il ricorrente - nell'ipotesi di inammissibilita' del proposto conflitto - ha sollecitato la Corte a sollevare dinanzi a se' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 344, primo comma, del codice di procedura penale in riferimento agli artt. 3, primo comma, 25, 68, secondo comma, 112, e 119 (recte 109) della Costituzione "nella parte in cui si prevede che il termine entro cui il pubblico ministero deve richiedere l'autorizzazione a procedere contro un parlamentare indagato sia stabilito a pena di decadenza dall'esercizio dell'azione penale". Considerato che ricorrono i requisiti di cui all'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ai fini della configurabilita' di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la cui risoluzione spetta a questa Corte; che, infatti, ciascuno degli organi fra i quali si assume essere insorto il conflitto e' abilitato ad esercitare, nella materia, attribuzioni proprie ad esso conferite dalla Costituzione (artt. 68 e 112 della Costituzione); che, inoltre, e' lamentata in concreto la lesione di un'attribuzione costituzionalmente garantita, quale e' quella conferita dall'art. 112 della Costituzione al pubblico ministero in tema di iniziativa ed esercizio dell'azione penale e che, nell'assolvimento di tale funzione, il pubblico ministero dichiara definitivamente la volonta' del potere cui appartiene; che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato in questa sede ammissibile, mentre, atteso il carattere di mera delibazione, senza contraddittorio, della presente pronuncia, resta impregiudicata, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ogni ulteriore decisione anche in punto di ammissibilita'.