IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 990/1992 proposto da Zamboni Stella, rappresentata e difesa dall'avv. Sandro Conti e dall'avv. Giuseppe Porqueddu, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in Brescia, via Vittorio Emanuele II n. 1, contro il Ministero della pubblica istruzione ed il provveditorato agli studi di Brescia, rispettivamente in persona del Ministro e del provveditore pro-tempore, costituitisi in giudizio e rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Brescia, via Solferino n. 20/c, per l'annullamento del provvedimento comunicato con nota del provveditore agli studi di Brescia Prot. 559/92 dd. 20 giugno 1992, ed avente per oggetto la reiezione dell'istanza di riammissione in servizio presentata dalla ricorrente, nonche' di tutti gli atti conseguenti e connessi: Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione intimata; Viste le memorie depositate dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, alla pubblica udienza del 26 febbraio 1993, il primo referendario dott. Fulvio Rocco; Uditi, altresi', l'avv. S. Conti per la ricorrente, e l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per l'amministrazione intimata; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O 1.1. - La ricorrente, prof.ssa Stella Zamboni, espone di essere stata, a suo tempo, in servizio presso la scuola media statale "Gnutti" di Lumezzane S.S. quale insegnante di ruolo di scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali (classe concorsuale LXXXV). Con decreto del provveditore agli studi di Brescia n. 7835/C1 dd. 27 maggio 1987, la medesima ricorrente e' stata dispensata dal servizio, a sensi e per gli effetti dell'art. 129 del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, avendo superato il periodo massimo consentito di aspettativa per salute ed essendo emersa dalla visita medica compiuta presso l'ospedale militare di Brescia l'"assoluta" e "permanente inidoneita'" dell'interessata "all'insegnamento e a qualsiasi altro lavoro proficuo". Dopo tale fatto, tuttavia, le condizioni di salute della Zamboni sono progressivamente e sensibilmente migliorate, tanto da spingerla a presentare al competente provveditorato, in data 14 gennaio 1992, a sensi del combinato disposto dell'art. 115 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, e del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, una documentata istanza di riassunzione in servizio, corredata, fra l'altro, da certificazione medica attestante le ristabilite, buone condizioni di salute. L'interessata ha, comunque, richiesto all'amministrazione di rivedere la sua posizione esperendo gli accertamenti sanitari del caso. Viceversa, il provveditorato agli studi ha risposto in senso negativo mediante la nota resa oggetto del presente gravame, sostenendo che "dall'elencazione tassativa prevista dall'art. 127 del t.u. 3/1957 non e' contemplata la riammissione nei casi di cessazione dal servizio per infermita' o per superamento del periodo massimo di aspettativa per infermita'". 1.2. - Cio' posto, con il ricorso in epigrafe - notificato il 7 agosto 1992 e depositato il 2 settembre 1992 - la Zamboni impugna tale provvedimento di diniego e tutti gli atti conseguenti e connessi, deducendo al riguardo l'incompetenza del provveditore agli studi, la violazione di piu' norme di legge (art. 115 del d.P.R. n. 417/1974: art. 8- bis del d.l. 6 agosto 1988, n. 323, convertito con modificazioni in legge 6 ottobre 1988, n. 426; art. 2, primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241; artt. 127 e 132 del t.u. 3/1957), ed eccesso di potere sotto piu' profili (motivazione carente, insufficiente e/o errata, sviamento di potere, intempestivita' e difetto di attivita' dovuta). 2. - In data 8 settembre 1992, si e' costituito in difesa il Ministero della pubblica istruzione, depositando un mese piu' tardi ampia documentazione rilevante ai fini di causa. 3. - A sua volta, la ricorrente, ha proposto con atto notificato il 29 settembre 1992 e depositato il 2 ottobre 1992, motivi di gravame aggiunti, deducendo, in particolare, la violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e, sotto altri profili, dell'art. 115 del d.P.R. 417/1974 e dell'art. 132 del t.u. 3/1957, nonche' ulteriori aspetti di eccesso di potere. 4. - Con ordinanza n. 612/1992 dd. 9 ottobre 1992 la sezione ha respinto l'istanza cautelare di sospensione interinale del provvedimento impugnato, avanzata dalla ricorrente. 5. - In data 13 febbraio 1993 la ricorrente ha depositato una memoria con cui insiste sulle proprie conclusioni. 6. - A sua volta, il Ministero della pubblica istruzione ha prodotto, il 15 febbraio 1993, una memoria di puntaule replica alle censure avversarie. 7. - Alla pubblica udienza del 26 febbraio 1993 il ricorso e' stato, quindi, trattenuto per la decisione. D I R I T T O 1.1. - Con il ricorso in epigrafe, la prof.ssa Stella Zamboni, gia' insegnante di ruolo di scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali (classe di concorso LXXXV) presso la scuola media statale "Gnutti" di Lumezzane S.S. e dispensata dal servizio nel 1987, ai sensi dell'art. 129 del T.U. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, avendo superato il periodo massimo di aspettativa concesso per sa- lute, impugna il provvedimento con cui il provveditore agli studi di Brescia le ha comunicato la reiezione dell'istanza di riammissione in servizio, da lei presentata il 14 gennaio 1992. 1.2. - Come puo' evincersi dagli atti di causa, la Zamboni ha presentato l'istanza di riassunzione in servizio nel documentato presupposto delle sue migliorate condizioni di salute, e richiedendo comunque all'amministrazione di rivedere la sua posizione esperendo, previamente, gli opportuni accertamenti sanitari. Il provveditore, viceversa, ha motivato il proprio diniego avendo riguardo al fatto che "dall'elencazione tassativa prevista dall'art. 127 del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 non e' contemplata la riammissione nei casi di cessazione dal servizio per dispensa per infermita' o per superamento del periodo massimo di aspettativa per infermita'". 2. - La questione di costituzionalita' che ci si accinge a prospettare risulta ineludibile ai fini della decisione del merito di causa, in quanto: a) in sede di presentazione di motivi aggiunti, la ricorrente ha rinunciato al vizio di incompetenza del provveditore agli studi, viceversa dedotto nell'atto introduttivo del giudizio; b) nella stessa sede, la ricorrente ha pure preso atto che il provvedimento impugnato e' stato preceduto dal parere (parimenti negativo) reso al riguardo dal consiglio scolastico provinciale di Brescia, sezione orizzontale per il personale docente di scuola me- dia: ed anche tale circostanza determina il venir meno di un'ulteriore censura riguardante la legittimita' del procedimento conclusosi con il diniego di riammissione in servizio; c) non sembrano, allo stato, condivisibili le censure della ricorrente che si incentrano su di un'asserita permanenza di funzioni consultive obbligatorie, nella materia di cui trattasi, in capo al consiglio nazionale della pubblica istruzione, e cio' in quanto l'art. 115 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 conferisce espressamente al provveditore agli studi la competenza ad adottare, sentito il consiglio scolastico provinciale, i provvedimenti di riammissione in servizio dei docenti che, come nel caso in esame, appartengono al ruolo provinciale (scuole medie). E' ben vero che la legislazione susseguente aveva, per un certo lasso di tempo, devoluto le anzidette funzioni di amministrazione attiva e consultiva, rispettivamente, al Ministro ed al consiglio nazionale della pubblica istruzione (cfr. art. 8- bis del d.l. 6 agosto 1988, n. 323, cosi' come convertito dalla legge 6 ottobre 1988, n. 426): ma e' altrettanto assodato che le funzioni stesse sono state poi riconferite agli anzidetti organi periferici, ai sensi dell'art. 1 del d.l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito con modificazioni in legge 27 dicembre 1989, n. 417; d) non paiono neppure condivisibili, allo stato, le residue censure della ricorrente, prevalentemente incentrate su asseriti vizi di eccesso di potere e di motivazione. 3. - L'art. 115 del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 afferma che al personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato "si applicano, per quanto concerne la riammissione in servizio, le disposizioni di cui al t.-u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3", fermo comunque restando che "la riammissione in servizio e' subordinata alla disponibilita' del posto o della cattedra", e che "non puo' aver luogo se la cessazione dal servizio sia avvenuta in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciali" (cfr. ibidem). Nel caso della Zamboni, la cessazione dal servizio era stata disposta - come si e' detto - in considerazione dell'avvenuto superamento del periodo massimo di aspettativa per motivi di salute: dimodoche' non sussistono, nella fattispecie in esame, preclusioni derivanti da norme transitorie o speciali. Rilevano, invece, ai fini del decidere, gli effetti del rinvio operato nei confronti della disciplina contenuta nel t.u. 3/1957 e, segnatamente, nei riguardi del suo art. 132. In base a quest'ultimo, risulta che la riammissione in servizio puo' essere accordata in favore di colui che sia cessato dall'impiego per dimissioni o per collocamento a riposo, ovvero per decadenza dall'impiego stesso, ma limitatamente ai casi previsti dalle lettere b) e c) del precedente art. 127. Dalla lettura dei surriferiti articoli del t.-u. n. 3/1957, risulta, comunque, che la riammissione in servizio e' preclusa nelle sole ipotesi di decadenza dall'impiego connessa ad effetti irreversibilmente impeditivi per la valida costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con la pubblica amministrazione (cfr. la lett. d) dell'art. 127, che riguarda l'ipotesi dell'impiego conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidita' non sanabile: oppure, ancora, la lett. a) del medesimo articolo, che contempla l'ipotesi della perdita della cittadinanza italiana, temperata peraltro dalla particolare previsione contenuta nel secondo comma dell'art. 132). Irrazionale risulta invece la mancata previsione della possibilita' di riammettere in servizio coloro che siano stati dispensati per motivi di salute e che evidenzino, a seguito di convincenti riscontri medici acclarabili anche dalla stessa pubblica amministrazione, l'integrale riacquisto della precedente capacita' lavorativa. Non sembra, invero, praticabile - al fine di sovvenire all'insuffienza del dato letterale delle disposizioni in esame - una lettura estensiva dell'art. 132 del t.u. n. 3/1957, in quanto l'ipotesi della dispensa dal servizio, disciplinata dall'art. 129 del medesimo t.u., costituisce, con ogni evidenza, un istituto diverso dalle "dimissioni", dal "collocamento a riposo" e della "decadenza", testualmente considerati dal legislatore quali unici presupposti per la riammissione in servizio. Sotto questo profilo, la difesa dell'amministrazione intimata a ragione argomenta la tassativita' del primo comma dell'art. 132, e cio' anche sulla scorta di talune concordanti pronuncie della giurisprudenza (ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 3 dicembre 1986, n. 814; sez. VI, 19 febbraio 1963, n. 91 e 2 luglio 1963, n. 510; t.a.r Lazio, sez. I, 19 marzo 1985, n. 370: tutte puntualmente invocate dalla consonante deliberazione 71/1991 dd. 21 febbraio 1991, emessa dalla sezione di controllo della Corte dei conti nel Friuli- Venezia Giulia e resa oggetto della circolare del Ministero della pubblica istruzione n. 307 prot. 1567 dd. 15 ottobre 1991), che hanno escluso la possibilita' di interpretare il termine "collocamento a riposo" in senso diverso dai casi di cessazione dal servizio conseguenti alla maturazione di determinate anzianita' quiescibili. Il collegio non e' dimentico degli ampi connotati di discrezionalita' che contraddistinguono, nel suo complesso, l'istituto della riammissione in servizio: ma la base legale per l'esercizio di tale discrezionalita', nel determinare le fattispecie con cui e' stato precedentemente risolto il rapporto d'impiego e che non impediscono il suo ripristino, deve fondarsi su criteri di ragionevolezza, desumibili dall'insieme delle situazioni che - per l'appunto - non determinano effetti irreversibili, o comunque non sanabili, nei confronti del dipendente interessato alla riassunzione. Orbene, lo stato di malattia, anche se a suo tempo ritenuto impeditivo per la proficua prosecuzione dell'attivita' lavorativa presso l'amministrazione di appartenenza, potrebbe in seguito regredire con esito soddisfacente (come sembra sia, per l'appunto, avvenuto nel caso di specie), e tale percio' da consentire il reimpiego dell'interessato nelle medesime, precedenti mansioni. Si tratta, per certo, di casi-limite: alquanto rari nella comune esperienza, ma non impossibili. Dinanzi a siffatte ipotesi, che in caso di consistente fumus possono essere convenientemente accertate anche dalla pubblica amministrazione a mezzo della visita medica collegiale prevista dall'art. 130 del t.u. n. 3/1957 (e, quindi, a mezzo di un contrarius actus rispetto al precedente procedimento di dispensa), la permanenza nell'ordinamento di una preclusione normativa appare difficilmente giustificabile alla luce dei precetti costituzionali. Sembra, innanzitutto, violato l'art. 35, primo comma, della Costituzione, che impone alla Repubblica la "tutela del lavoro, in tutte le sue forme": tutela che, per essere effettiva, deve anche farsi carico, ove possibile, di reinserire nell'ativita' lavorativa il soggetto che e' cessato dalla malattia. Non puo' sottacersi, a questo specifico proposito, che la rimozione della discriminazione evidenziata con la presente ordinanza, pur raccordandosi ad indubbie esigenze di ordine sociale, comporta, di per se', costi economici piu' contenuti rispetto agli stessi - e gia' operanti - interventi solidaristici finalizzati al recupero in mansioni inferiori dei lavoratori divenuti parzialmente inabili, e cio' in quanto la riassunzione - coerentemente alle stesse caratteristiche dell'istituto, che presuppongono la perdurante vacanza di un posto omologo a quello originariamente occupato dall'impiego - potrebbe essere disposta soltanto in caso di totale recupero della pregressa capacita' lavorativa. Sembra, altresi', violato l'art. 3 della Costituzione, nella misura in cui si discrimina immotivatamente il lavoratore ammalato che ha riacquistato la precedente capacita' lavorativa rispetto agli altri soggetti a cui l'art. 132 del t.u. n. 3/1957 consente di presentare istanza di riassunzione. E, da ultimo, appare pure violato l'art. 97, primo comma, della Costituzione, avendo riguardo sia all'"imparzialita'" che deve contraddistinguere l'operato della pubblica amministrazione nei riguardi del personale da essa dipendente (principio, questo, che riassume in se' anche la summenzionata esigenza di "non discriminazione", propria dell'art. 3 della Costituzione), sia al "buon andamento" degli uffici, realizzato mediante l'economicita' dell'azione amministrativa. Sotto tale ultimo profilo, sembra evidente che la possibilita' del recupero di un lavoratore professionalmente gia' formato sia ben piu' conveniente e rapida rispetto all'indizione di procedure concorsuali finalizzate alla copertura del posto vacante. 4. - Per tutte le considerazioni che precedono, il giudizio deve essere sospeso sino alla risoluzione del sopradescritto incidente di costituzionalita'.