Ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione della Repubblica e dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, fra il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Milano e la Camera dei deputati, in relazione alla autorizzazione a procedere nei confronti dell'on. Benedetto Craxi, detto Bettino, in parte concessa ed in parte negata nella seduta del 29 aprile 1993, per ritenuta violazione delle disposizioni di cui agli artt. 68, 101, 102, 104 e 112 della Costituzione della Repubblica; Letti gli atti del procedimento penale n. 8655/92 r.g.n.r. mod. 21; Vista in particolare la richiesta di autorizzazione a procedere formulata in data 12 gennaio 1993 nei confronti dell'on. Benedetto Craxi detto Bettino; Vista altresi' la nota in data 7 maggio 1993 con la quale il Presidente della Camera dei deputati comunicava la decisione dell'assemblea sulla menzionata richiesta; Propone conflitto di attribuzione con la Camera dei deputati in relazione alla deliberazione stessa, per i seguenti M O T I V I 1. - Premessa. Questa autorita' giudiziaria procede per svariati episodi qualificati come delitti contro la pubblica amministrazione o in danno della stessa, violazioni della normativa sul finanziamento dei partiti, ricettazione ed altro nei confronti di numerose persone. Nell'ambito di tale procedimento e' stata inoltrata alla Camera dei deputati, il 12 gennaio 1993, richiesta di autorizzazione a procedere (allegato 1), successivamente integrata (allegati 2, 3 e 4) nei confronti dell'on. Benedetto Craxi, gia' segretario politico del Partito Socialista Italiano, per vari episodi di ricezione di denaro versato da imprenditori in relazione ai rapporti da costoro intrattenuti con la pubblica amministrazione. In essa i capi dal numero 1 al numero 20 sono relativi a fatti di ricezione di somme di denaro versato da varie imprese in relazione agli appalti per i lavori della metropolitana milanese e per il passante ferroviario di Milano. Come segnalato nella richiesta di autorizzazione a procedere, per ogni fatto sono state formulate due ipotesi di reato, ossia la corruzione propria e la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti (cfr. richiesta di autorizzazione a procedere, pag. 83). I capi dal numero 21 al numero 35 sono relativi a fatti di ricezione di somme di denaro versate alla segreteria nazionale del P.S.I. in relazione ai rapporti intrattenuti con la pubblica amministrazione dagli imprenditori eroganti (riferiti dagli eroganti, tranne il fatto di cui al capo 35 desunto dal versamento di denaro da parte del segretario nazionale amministrativo al segretario regionale attraverso le indicazioni fornite al momento della consegna). Anche in questi capi, per ogni fatto sono state formulate due ipotesi di reato, ossia la corruzione propria e la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti (cfr. richiesta di autorizzazione a procedere pag. 83). I capi dal numero 36 al numero 41 sono relativi a fatti di ricezione di somme di denaro provenienti da reati contro la pubblica amministrazione o in danno della stessa, fatti in relazione ai quali sono state configurate le ipotesi di ricettazione e di finanziamento illecito dei partiti. Con nota n. 1993.7.7 in data 7 maggio 1993 il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Milano restituiva gli atti inviati alla Camera e trasmetteva copia della nota del 7 maggio 1993 del Ministro di grazia e giustizia (allegato 5), informando che nella seduta del 29 aprile 1993 la Camera dei deputati aveva deliberato: - di non concedere l'autorizzazione a procedere in relazione ai capi d'imputazione di cui ai numeri 1), 3), 5), 7), 9), 11), 13), 15), 17), 19), 35), 36), 37), 38), 39), 40), e 41); - di concedere l'autorizzazione a procedere in relazione ai capi di cui ai numeri 2), 4), 6), 8), 10), 12), 14), 16), 18), 20), 21), 22), 23), 24), 25), 26), 27), 28), 29), 30), 31), 32), 33), 34) della domanda. Per quanto attiene i capi da 1 a 20, l'autorizzazione e' stata dunque concessa per ciascun fatto, limitatamente alla fattispecie di violazione della normativa sul finanziamento dei partiti, mentre e' stata negata per la fattispecie di corruzione relativa all'erogazione della stessa somma di denaro. La Camera ha poi negato autorizzazione a procedere in relazione all'ulteriore fatto di corruzione ed agli altri fatti ciascuno dei quali ricondotto alle fattispecie di ricettazione e di violazione della disciplina sul finanziamento dei partiti. Le doglianze di questo ufficio attengono alla parte della deliberazione dell'assemblea afferente i capi da 1 a 20, in relazione alla diversa determinazione adottata circa la doppia qualificazione penalmente illecita che questa procura aveva attribuito ai fatti. 2. - Profili relativi alla legittimazione ad elevare conflitto. Ai sensi dell'art. 37 della legge n. 87/1953, il conflitto tra poteri dello Stato e' risoluto dalla Corte costituzionale, se insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volonta' del potere cui appartengono. Nel caso di specie, ci si duole della decisione della Camera dei deputati sulla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata nei confronti dell'on. Craxi, in conseguenza della quale, ad avviso dell'organo ricorrente, viene illegittimanente condizionato l'esercizio dell'azione penale, obbligatoria ai sensi dell'art. 112 della Costituzione, e come tale soggetta solo alla legge, salvo il controllo del giudice. Nel vigente ordinamento, titolare del potere - dovere di esercitare l'azione penale e' il pubblico ministero, con l'unica eccezione, posta con legge costituzionale, del collegio inquirente per i reati ministeriali. Ne consegue che organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' dello Stato in ordine all'esercizio dell'azione penale e' l'ufficio del pubblico ministero procedente, che, pertanto, deve ritenersi legittimato a proporre conflitto di attribuzione. Non ignora l'ufficio ricorrente che, in piu' occasioni, codesta Corte ha escluso la legittimazione del p.m. a sollevare conflitto di attribuzione (ordinanza n. 16/1979; sentenza n. 52/1976). Va tuttavia osservato che, nel caso in esame, il pubblico ministero agisce a difesa di attribuzioni che gli sono riconosciute in via diretta ed esclusiva dalla norma costituzionale (art. 112) e non dalla legge ordinaria. Quando dovesse escludersi la legittimazione del pubblico ministero, nessun altro organo dell'ordine giudiziario, ancorche' titolare di funzioni giurisdizionali, sarebbe competente a sollevare conflitto di attribuzione in relazione all'esercizio dell'azione penale. Non il g.i.p., il quale, ove non condivida le determinazioni del p.m. in ordine all'esercizio dell'azione penale (rectius: al mancato esercizio), puo' disporre la redazione coatta del capo d'imputazione, che e' comunque atto proprio del pubblico ministero. Non il giudice del dibattimento, la cui funzione giurisdizionale presuppone l'esercizio dell'azione penale, atto genetico del processo. Del resto la legittimazione del publico ministero a sollevare conflitto in ordine al diniego di autorizzazione a procedere, lesivo delle attribuzioni riservategli dall'art. 112 della Costituzione, si scioglie a contrario ove si consideri l'ipotesi in cui l'organo d'accusa, malgrado il diniego dell'assemblea legislativa, proceda ad indagini ed, eventualmente, eserciti l'azione penale. Non e' dubitabile che, in siffatta ipotesi, l'assemblea sarebbe legittimata a tutelare le proprie prerogative costituzionalmente rilevanti attraverso il procedimento previsto dagli artt. 37 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87, gia' nei confronti dello stesso pubblico ministero procedente, e senza dover attendere l'intervento del giudice (si pensi ai casi di perquisizioni personali o domiciliari disposte dal publico ministero). Cio' dimostra la legittimazione del pubblico ministero a sollevare conflitto in questa materia. 3. - Profili relativi alla ammissibilita' del conflitto. Ai sensi dell'art. 68, secondo comma, della Costituzione, senza autorizzazione della camera di appartenenza nessun membro del Parlamento puo' essere sottoposto a procedimento penale. Attraverso la deliberazione richiamata in premessa, la Camera dei deputati ha, dunque, esercitato una potesta' costituzionalmente prevista. Ritiene tuttavia questo ufficio che l'esercizio di siffatto potere possa essere sindacato dalla Corte costituzionale, ai sensi degli artt. 37 e segg. della legge n. 87/1953, allorquando, mediante il suo uso non conforme ai principi della Costituzione, siano state lese le attribuzioni di altri poteri dello Stato. Ed invero, la ragion d'essere dell'art. 68 della Costituzione non e' quella di garantire una insindacabile area d'impunita' ai membri del Parlamento, che non possono ritenersi legibus soluti, ma quella di garantire la liberta' e l'autonomia delle Camere. Ne consegue che il potere delle Camere, pure amplissimo, non e' arbitrario, ma e' obiettivamente limitato dalla funzione per cui e' previsto e dalle attribuzioni costituzionalmente riservate agli altri poteri dello Stato. In tal senso e' significativo il precedente costituito dalla sentenza n. 1150/1988 della Corte costituzionale, con la quale si e' riconosciuta l'ammissibilita' del "conflitto da lesione o menomazione" sollevato dalla corte d'appello di Roma in ordine ad una deliberazione del Senato secondo cui i fatti, per i quali pendeva giudizio civile presso gli uffici giudiziari di Roma, erano ricompresi nella prerogativa della insindacabilita', prevista dall'art. 68, primo comma, della Costituzione. In tale circostanza la Corte, ammettendo conflitto di attribuzioni sollevato dalla corte d'appello di Roma, ha enunciato il seguente principio: " .. In quanto e' attribuito nei limiti della fattispecie indicata nell'art. 68, primo comma, e solo entro questi limiti legittimamente esercitato, il potere valutativo delle camere non e' arbitrario o soggetto soltanto ad una regola interna di self- restraint. Nella nostra Costituzione, che riconosce i diritti inviolabili dell'uomo (tra cui il diritto all'onore ed alla reputazione) come valori fondamentali dell'ordinamento giuridico e prevede un organo giurisdizionale di garanzia costituzionale, il detto potere e' soggetto ad un controllo di legittimita', operante con lo strumento del conflitto di attribuzione a norma degli artt. 134 della Costituzione e 37 e segg. della legge n. 87/1953, e percio' circoscritto ai vizi che incidono, comprimendola, sulla sfera di attribuzioni della autorita' giudiziaria ..". In ordine agli altri requisiti di ammissibilita' del conflitto va rilevato che: la camera dei deputati, nel momento del voto assembleare, e' certamente organo idoneo ad affermare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta; il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di Milano e', secondo le vigenti disposizioni, organo competente ad affermare definitivamente, in questa fase, la volonta' del pubblico ministero, nell'ambito del procedimento di cui si e' detto. 4. - Profili di diritto. Ai sensi degli artt. 101, 102, 104 della Costituzione della Repubblica, l'ordine giudiziario e' indipendente da ogni altro potere e la funzione giurisdizionale - regolata legislativamente - e' esercitata da magistrati ordinari. Ai sensi dell'art. 112 della Costituzione della Repubblica, il pubblico ministero, che dell'ordine giudiziario fa parte, ha l'obbligo di esercitare l'azione penale - nelle forme legislativamente previste - al fine di sottoporre alla decisione di un giudice soggetto soltanto alla legge le sue determinazioni sulla fondatezza delle notizie di reato che gli pervengono e sui risultati di eventuali indagini da lui compiute. Nel vigente modello processuale, l'atto di esercizio dell'azione penale si colloca alla fine delle indagini preliminari ed e' costituito dalla attribuzione specifica a taluno, nelle forme indicate dall'art. 405 del c.p.p., di un fatto storicamente determinato e giuridicamente qualificato. L'art. 68 della Costituzione della Repubblica, nel prevedere la necessita' di autorizzazione per dar corso a procedimento penale nei confronti di parlamentari, non individua esso stesso che cosa debba intendersi per "procedimento penale", sicche', sul piano tecnico, il contenuto di tale disposizione va desunto dalla legislazione vigente, secondo la quale il procedimento penale ha come atto genetico la notizia di reato, seguita, di regola, dalle indagini preliminari. Queste, dunque, si svolgono in relazione ad un fatto che appare essere penalmente rilevante, cui sara' data una compiuta qualificazione giuridica nel momento di esercizio dell'azione penale, attraverso la formulazione della imputazione, atto proprio del p.m. Ne consegue che, nella fase delle indagini preliminari, autorizzare l'autorita' giudiziaria a sottoporre un membro del Parlamento a procedimento penale significa autorizzare il pubblico ministero a svolgere le indagini necessarie in relazione ad un fatto per le conseguenti determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale e con la qualificazione giuridica necessaria ai soli fini dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato. In tale fase non vi e' spazio per un'imputazione in senso tecnico (si noti, al riguardo, che il termine "imputazione" compare solo nell'art. 405 del c.p.p., mentre prima si parla di fatto e di norme di legge che si assumono violate - cfr. art. 375, 343 e 111 delle disp. att. e 292 del c.p.p.). La Camera alla quale appartiene la persona sottoposta ad indagini, investita della richiesta di autorizzazione a procedere in relazione ad un determinato fatto che appare essere penalmente rilevante (avuto riguardo alla qualificazione giuridica attribuita dal pubblico ministero richiedente) puo' deliberare di concedere o di negare l'autorizzazione. Per contro non puo', ad avviso di questo ufficio, ingerirsi nei profili della ricostruzione del fatto o della sua qualificazione giuridica, attribuzioni riservate dalla Costituzione e dalla legislazione vigente dalla autorita' giudiziaria e, nella fase di esercizio dell'azione penale, al pubblico ministero. 5. - Profili di fatto. Nel caso di specie, ogni singolo episodio di versamento di denaro all'on. Craxi, descritto in ciascuna notizia di reato pervenuta a sua carico, e' idoneo, ad avviso di questo ufficio, a legittimare indagini (ne' altro puo' pretendersi atteso il termine strettissimo che deve intercorrere tra l'iscrizione del nome dell'indagato e l'inoltro della richiesta di autorizzazione) in relazione sia ad ipotesi di violazioni della normativa sul finanziamento dei partiti politici, sia ad ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione, sicche' e' stato iscritto sotto il titolo degli artt. 7 della legge n. 195/1974 e 4 della legge n. 659/1981 e sotto il titolo del reato di cui all'art. 319 del c.p. Si e' in presenza di un caso tipico di concorso formale eterogeneo, riscontrandosi una condotta - la ricezione di denaro come corrispettivo di una pluralita' di atti amministrativi - che integra violazioni di diverse norme incriminatrici. Pertanto non si e' in presenza di diversi fatti, ma di un unico fatto, per ogni episodio storico, riconducibile a diverse figure delittuose. La inscindibilita' in concreto fra le due figure di reato (almeno nella fase delle indagini preliminari) peraltro si coglie agevolmente ove si consideri che la illiceita' del finanziamento si e' fatta derivare non solo dal mancato rispetto delle forme di pubblicita' e di trasparenza previste dalla legge, ma anche dalla circostanza che trattavasi di finanziamenti comunque vietati dalla legge, per l'ovvia ragione che integravano gli estremi del reato di corruzione propria. Ne' tale assunto puo' essere revocato in dubbio obbiettando che, in relazione alle due diverse norme incriminatrici, sono state redatte distinte ipotesi d'imputazione, giacche' l'idendita' storica dei fatti contestati e' evidente (la ricezione del denaro e' elemento costitutivo del reato di corruzione e, nello stesso tempo, fatto di consumazione del reato di illecito finanziamento) e la distinzione per capi e' frutto di una scelta di comodita' espositiva, dettata anche dalla circostanza che per alcuni episodi di ricezione di denaro puo' procedersi in ordine soltanto al reato di corruzione, poiche' il reato di finanziamento illecito e' coperto da amnistia. Del resto la sussistenza, in relazione alle condotte contestate, del concorso formale eterogeneo era nota alla Camera dei deputati, se, nel suo intervento alla seduta della Camera del 29 aprile 1993, l'on. Pinza, relatore sulla richiesta di autorizzazione a procedere, precisava: " .. Tale sistema di finanziamenti paralleli propone per altro problemi assai complessi per quanto concerne i reati di ricettazione e corruzione (mi limito a questi perche' quello di concussione non e' contestato nel caso in esame). In particolare, la corruzione spesso costituisce il fatto reato che consente l'acquisizione in modo illecito di denaro, sicche' accade sovente che, come in questo caso, entrambi i reati siano congiuntamente contestati .." (resoconto seduta 29 aprile 1993, pag. 13). Nella stessa richiesta di autorizzazione a procedere si evidenziava: " .. si segnala che per ogni fatto sono state indicate due imputazioni, quella relativa al reato di corruzione o di ricettazione e quella relativa al reato di violazione della disciplina sul finanziamento dei partiti politici insita nella stessa ricezione del denaro .." (richiesta, pag. 83). Va altresi' rilevato, sul piano procedurale, che la Camera dei deputati non ha votato distintamente su ogni capo d'imputazione, ma per blocchi di contestazioni, individuati in relazione alla qualificazione giuridica del fatto. Tale modalita' di voto e' indice sintomatico dello sconfinamento di attribuzioni posto in essere dalla Camera. Attraverso tale procedura infatti l'assemblea non ha potuto, ne' poteva, apprezzare la corrispondenza tra singoli fatti e la qualificazione giuridica attribuita nelle richieste, ma solo esprimere interpretazioni di ordine generale in tema di diritto penale sulla applicazione della legge. Tale attivita' puo' essere svolta mediante interpretazione autentica, attribuzione del legislatore nel suo complesso e solo con le forme di un atto avente forza di legge, e non da parte di una sola delle assemblee legislative, con un atto quale la deliberazione su richiesta di autorizzazione a procedere. Inoltre un'autorizzazione a procedere parziale, ossia limitata a determinate qualificazioni giuridiche del fatto, si traduce, nella sostanza, in una autorizzazione a procedere "condizionata", nel senso che si subordina, di fatto, l'esercizio dell'azione penale alla possibilita' di ravvisare, in relazione ad un fatto, solo talune ipotesi di reato. E non sembra che l'atto di autorizzazione, irrevocabile, possa essere soggetto a termini od a condizioni. 6. - Conclusioni. La Camera dei deputati autorizzando, quanto ciascuna notizia di reato e fattispecie, in relazione ai capi 1/20, il procedimento soltanto per taluno dei titoli di reato ipotizzati ha sconfinato dalle sue attribuzioni, invadendo quelle della autorita' giudiziaria, sola competente a ricostruire i fatti ed a qualificarli secondo diritto. Pertanto, deve essere richiesto alla Corte costituzionale di dichiarare che spetta alla autorita' giudiziaria, ed al pubblico ministero in sede di indagini preliminari e di esercizio dell'azione penale, ricostruire il fatto e deciderne la qualificazione giuridica, mentre alla assemblea legislativa di appartenenza spetta concedere o negare l'autorizzazione a procedere in relazione a tale ricostruzione ed a tale qualificazione giuridica, senza possibilita' di modificarle ovvero di apporre condizione o termine alla concessa autorizzazione. Conseguentemente, del parziale diniego di autorizzazione a procedere, di cui alla seduta in data 29 aprile 1993 della Camera dei deputati, va richiesto l'annullamento con rinvio allo stesso organo per una nuova deliberazione. Si osserva infine, sotto il profilo processuale, che questo ufficio deve ritenersi legittimato a stare direttamente in giudizio a mezzo dei magistrati che ne hanno la rappresentanza sia ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 26 D.C.C. 16 marzo 1956, sia in applicazione dei principi generali dell'ordinamento giudiziario, per i quali il pubblico ministero, quando e' titolare della legittimazione sostanziale, lo e' anche di quella processuale, come dello ius postulandi.