LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto da
 Zerini Fabrizio, nato a  Roma,  il  12  settembre  1956,  avverso  la
 sentenza del pretore di Terni del 15 ottobre 1992;
    Sentita la relazione fatta dal consigliere Michele Corsaro;
    Lette le conclusioni del pubblico ministero con le quali chiede il
 rispetto del ricorso, con ogni conseguenza;
                           PREMESSO IN FATTO
    Il  pretore  di  Terni,  con  sentenza  del  15  ottobre  1992, ha
 applicato a Zerini Fabrizio, ai sensi degli artt.  444  e  segg.  del
 codice  procedura  penale,  la  pena di L. 160.000 di ammenda, per il
 reato di cui all'art. 30, lettera h), della legge 11  febbraio  1992,
 n.  157, cosi' modificata l'imputazione del delitto di cui agli artt.
 624 e 625, nn. 2 e 7 del codice penale.
    Gli era stato addebitato il fatto di  essersi  impossessato,  dopo
 averli  uccisi,  di  ventidue  fringuelli  (specie protetta: legge n.
 968/1977 e d.P.C.M. 6 aprile 1982), sottraendoli allo Stato. In  agro
 di Stroncone il 30 ottobre 1991.
    Ricorre per Cassazione lo stesso imputato e chiede l'annullamento,
 senza  rinvio,  della  sentenza  impugnata,  per erronea applicazione
 della legge penale, in relazione agli artt. 18 e 30  della  legge  11
 febbraio  1992,  n.  157.  Assume  che,  ai sensi dell'art. 18 (primo
 comma,  lett.  b))  la  caccia  al  fringuello  e'   consentita,   in
 determinati periodi dell'anno, ed il pretore erroneamente ha ritenuto
 applicabile  l'art. 30, lett. h), atteso che il legislatore, anche se
 non si e' espresso chiaramente, ha sanzionato  (art.  30)  la  caccia
 alla  piu'  ampia  famiglia  dei  fringillidi,  ma ha fatto esplicita
 eccezione (art. 18) per il fringuello  e  la  peppola,  della  stessa
 famiglia.
    Aggiunge  lo Zerini che e' ininfluente il richiamo della normativa
 CEE, perche' la stessa, come tale, non ha forza di legge  nel  nostro
 ordinamento.
    Il  procuratore  generale,  nel  chiedere  il rigetto del ricorso,
 riconosce che il caso di specie non e' di facile  soluzione,  per  la
 scarsa  chiarezza  e  l'idoneita'  a  creare non pochi equivoci della
 normativa in esame; tuttavia,  per  ritenere  esente  da  censura  la
 decisione  impugnata,  considera  decisivo  il  dato  di  fatto che i
 fringuelli abbattuti (senza bubbio,  "fringuellidi")  erano  piu'  di
 cinque  (superando,  quindi,  il limite dell'art. 30, lett. h), della
 legge citata).
    Il  pretore  ha  motivato  la  responsabilita'  dell'imputato  nei
 termini seguenti.
    I  fringuelli  sono  dei fringillidi e sono ricompresi appieno nel
 sistema sanzionatorio degli artt. 30 e 31 della  legge  n.  157/1992.
 L'inserimento   nel  calendario  venatorio  dei  fringuelli  e  delle
 peppole, come specie cacciabili,  contrasta  con  il  disposto  della
 direttiva  CEE  n.  79/409  e  suc.  mod.  (all. II/2). Detto sistema
 sanzionatorio, quindi, "prevale" sulla disposizione dell'art. 18;  in
 attesa  di  una  evoluzione  normativa di modifica o di un intervento
 della Corte, costituzionale, in ordine al contrasto con la  normativa
 CEE,  pienamente recepita ed operativa nel nostro tessuto giuridico e
 normativo".
    Ad avviso di questa Corte, da quanto  sopra  esposto,  si  possono
 trarre  sufficienti  elementi di valutazione per ritenere proponibile
 la questione di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli  artt.  18, primo comma, lett. b), e 30, primo comma, lett. h),
 della legge citata.
    Non sopperiscono i comuni canoni di ermeneutica legislativa.
    Non solo per la fomulazione delle norme suddette, ma anche per  la
 loro  collocazione  nel  testo,  devesi  escludere che il legislatore
 abbia inteso, prima (art. 18), inserire, nell'elencazione delle  spe-
 cie  cacciabili,  il  fringuello  e  la  peppola, come eccezione alla
 "regola", stabilita, dopo (artt. 30 e 31), per  i  fringuellidi,  con
 limiti  quantitativi  che non risultano nell'art. 18 (in cui i limiti
 non solo stagionali).
    Non  sono  appaganti,  ovviamente, le altre interpretazioni che: o
 "si fermano" alla lettura degli artt. 30/H e 31/G,  distinguendo  tra
 sanzioni   penali   (piu'   di   cinque   fringuellidi)   e  sanzioni
 amministrative (meno di cinque) ed ignorando del tutto la  norma  che
 consente  la  caccia  a quegli uccelli, oppure pervengono alla stessa
 conclusione, inficiando la legittimita' di detta norma assentiva.
    In definitiva,  non  e'  possibile  stabilire,  con  pieno  rigore
 logico,  "cosa  rimane"  della  liceita'  prevista,  per fringuelli e
 peppole, dall'art. 18, lett.  b),  dovendosi  comunque  applicare  le
 sanzioni degli artt. 30 e 31.
    La  segnalata  irrazionalita'  della  normativa  in esame richiede
 l'intervento  della  Corte  costituzionale,  dovendosi  ritenere  non
 manifestamente infondata la prospettazione di un contrasto, oltre che
 con le direttive CEE, con l'art. 25, primo, cpv., della Costituzione.