LA CORTE DI APPELLO
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile in grado
 di appello iscritta a ruolo in data 11 settembre 1992, al n. 438/1992
 r.g. promossa con ricorso in appello di data 5 agosto 1992  da  Maier
 Teresa  maritata  Chiusi,  rappresentata  e  difesa dall'avv. Michael
 Vescoli di Bolzano congiuntamente e disgiuntamente all'avv. Luigi  de
 Finis  di  Trento  con domicilio eletto presso lo studio del secondo,
 giusta delega a margine del ricorso in  appello,  appellante,  contro
 Chiusi Virginio, rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Valenzi
 di  Bolzano, giusta delega a margine del ricorso per la dichiarazione
 di cessazione degli effetti civili del matrimonio di data  11  maggio
 1990,  domiciliato  presso  l'avvocato  Paolo  a  Beccara  di Trento,
 appellato.
    Oggetto: Divorzio, art. 3, lett. b) legge  1›  dicembre  1970,  n.
 888.
    Appello  avverso  la sentenza del tribunale di Bolzano n. 472/1992
 di data 24 aprile 1992.
    Causa ritenuta in decisione all'udienza collegiale del 19  gennaio
 1993  sulle seguenti conclusioni di parte appellante: Voglia la Corte
 ecc.ma, contrariis reiectis ed in riforma dell'impugnata sentenza del
 tribunale di Bolzano n. 472/1992 del 24 aprile, 9 giugno 1992;
    1.  -  ferma  la  decisione  presa  dai  primi  giudici  in  punto
 dichiarazione  di  cessazione  degli  effetti  civili  del matrimonio
 concordatario contratto tra Chiusi Virginio e Maier Teresa a  Bolzano
 il  1›  maggio  1960,  imporre a Chiusi Virginio la corresponsione in
 favore della divorziata moglie Maier Teresa, come gia' impostogli con
 sentenza di separazione giudiziale dei coniugi dd. 5 giugno 1987,  di
 un  assegno  mensile pari a lire 300.000 a titolo di contributo al di
 lei mantenimento da rivalutarsi secondo gli indici  Istat  del  costo
 della  vita  nella  provincia di Bolzano con riferimento al 1› maggio
 1987, salva la futura rivalutazione annua secondo gli stessi criteri;
    2. - obbligare il sig. Chiusi Virginio  altresi'  a  passare  alla
 divorziata  moglie, ai sensi dell'art. 12- bis della legge n. 74/1987
 modificatrice  di  quella  n.  898  del  1›  dicembre  1970,  il  40%
 dell'indennita'  totale  di fine rapporto di lavoro da lui percepite,
 con riferimento agli anni in  cui  i  vari  rapporti  di  lavoro  del
 marito,  quali  in  particolare  quello  gia' in atto con certa ditta
 A.I.C. S.p.a., agenzia internazionale di Milano, sono coincisi con il
 matrimonio;
    3. - dichiarare sciolta, ai  sensi  dell'art.  191  del  c.c.,  la
 comunione  legale  dei  beni  in  atto  tra i coniugi, obbligando per
 effetto il sig. Chiusi Virginio a passare  alla  divorzianda  moglie,
 nell'equivalente  valore  in  denaro,  la meta' degli acquisti da lui
 compiuti durante il matrimonio, quale tra altri l'autovettura WV Golf
 Diesel,  e  dei  frutti  dei  beni  di sua proprieta', per quanto non
 consumati all'atto dello scioglimento della comunione;
    4. - in ogni caso con vittoria di spese, competenze ed onorari  di
 entrambi i gradi del giudizio.
    Di  parte  appellata:  Voglia  l'ecc.ma Corte d'appello di Trento,
 rigettando ogni diversa istanza, eccezione e deduzione: rigettare  la
 domanda  dell'appellante  e  conseguentemente  confermare  in toto la
 sentenza n. 472/1992 dd. 24 aprile 1992, del  tribunale  di  Bolzano;
 con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente procedimento.
                               F A T T O
    Chiusi  Virginio,  con ricorso 11 maggio 1990 proponeva, di fronte
 al tribunale di Bolzano, domanda  di  divorzio  nei  confronti  della
 moglie Maier Teresa.
    Esperito  senza  esito  il  tentativo di conciliazione di rito, il
 presidente del tribunale nominava il g.i. e quindi si  costituiva  in
 giudizio  la  Maier  la  quale  aderiva  alla  pronuncia  di divorzio
 proponendo, nel contempo domanda di un assegno mensile di L.  300.000
 a   titolo   di  contributo  di  mantenimento  altreche'  domanda  di
 corresponsione del 40% dell'indennita' totale percepita dal marito in
 occasione della cessazione dell'attivita' lavorativa.
    Il tribunale adito con sentenza  24  aprile  1992,  dichiarava  la
 cessazione degli effetti civili del matrimonio respingendo le domande
 di ordine economico proposte dalla Maier.
    Contro  tale decisione ricorreva in appello Maier Teresa la quale,
 lamentando, da parte del primo giudice, una errata valutazione  delle
 condizioni     economico-patrimoniali    dei    coniugi,    un'errata
 interpretazione dell'art. 12- bis della legge n. 74/1987 ed un'errata
 decisione in ordine allo scioglimento della comunione concludeva come
 in epigrafe.
    Il Chiusi,  costituitosi,  ha  contestato  i  motivi  di  gravame,
 chiedendo la conferma dell'impugnata sentenza.
                             D I R I T T O
    Si  ritiene  di dover richiamare l'attenzione di codesta Corte sul
 secondo  motivo  di  gravame,  fondandosi  tale   doglianza   proprio
 sull'art.  12- bis della legge 6 marzo 1987, n. 74, norma che, per le
 ragioni     che      verranno      esposte      appresso,      appare
 costituzionalmenteillegittima.
    La  ricorrente in appello sostiene in particolare: Chiusi Virginio
 e' stato collocato a riposo il 30 giugno 1991, quando era  ancora  in
 vigore  l'assegno  di  L.  300.000 mensili fissato a suo carico nella
 sentenza di separazione personale. Conseguentemente, siccome all'atto
 della cessazione del rapporto di  lavoro  del  Chiusi  la  Maier  era
 ancora  titolare  dell'assegno  di  cui sopra, cancellato, poi, dalla
 sentenza   di   divorzio,   doveva   esserle   corrisposto   il   40%
 dell'indennita' di fine rapporto ricevuta dall' ex marito.
    Controparte si e' opposta alla richiesta, assumendo che l'art. 12-
 bis  della  legge  1›  dicembre  1970,  n. 898, cosi' come introdotto
 dall'art. 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74, prevede il diritto alla
 percentuale sulle indennita'  solo  a  favore  del  coniuge  titolare
 dell'assegno  divorzile  ex art. 5 della legge n. 898/1970 e non v'e'
 dubbio  che,   ove   non   fosse   stata   sollevata   questione   di
 incostituzionalita',  la  difesa  del  Chiusi avrebbe avuto rilevanza
 dirimente,  in  quanto altro e' l'assegno di mantenimento ex art. 156
 del c.c. ed altro e' l'assegno divorzile ex art. 5 della  legge  piu'
 volte citata.
    A questo punto il collegio giudicante ritiene di dover formulare i
 seguenti rilievi.
    Dalla  lettura  del  menzionato  art. 12- bis della legge divorzio
 introdotto con l'art. 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74  emerge  uno
 stretto parallelismo tra l'assegno divorzile ex art. 5 della legge n.
 898/1970  ed  il diritto di ottenere, da parte del coniuge che ne sia
 titolare, anche  la  percentuale  sull'indennita'  di  fine  rapporto
 percepita dall'altro coniuge.
    Ma  un tale parallelismo, secondo l'avviso della Corte giudicante,
 non  appare  sorretto  da  valide   giustificazioni   giuridiche   e,
 addirittura,  da  esso  derivano innegabili disparita' di trattamento
 che appaiono costituzionalmente illegittime.
    A tal fine e' appena il caso di ricordare che costituisce un  dato
 giurisprudenziale  pacifico  il fatto che l'assegno divorzile affondi
 le proprie radici in quella esigenza  di  solidarieta'  sociale  che,
 trascendendo  gli  stessi vincoli matrimoniali, deve sussistere anche
 fra gli ex coniugi, di guisa che la parte piu' debole e bisognosa  ha
 diritto    all'assegno    la    cui    funzione   e'   essenzialmente
 "assistenziale". Non altrettanto sembra sostenibile a  proposito  del
 diritto sancito dall'art. 12- bis sopra citato. Con il riconoscimento
 del diritto "latamente previdenziale" Corte costituzionale 1991 n. 23
 del  coniuge  alla  percezione  di una percentuale sull'indennita' di
 fine rapporto, il legislatore ha tenuto  conto,  verosimilmente,  del
 contributo  che  l'  ex coniuge ha apportato nell'economia familiare,
 con il proprio lavoro e con la propria assistenza  e  collaborazione,
 per  cui  la  natura  soprattutto  "compensativa"  di  tale spettanze
 difficilmente puo' essere messa in  contestazione.  Ne  consegue  che
 tale  diritto e' entrato a far parte del patrimonio dell' ex coniuge,
 indipendentemente dal fatto che al momento  del  divorzio  lo  stesso
 versi  in  uno  stato  di  bisogno  da  giustificare  a suo favore la
 corresponsione dell'assegno divorziale.
    Alla stregua di quanto esposto sussiste, dunque, una  correlazione
 che   mal   si   concilia   tra   assegno   divorzile  e  percentuale
 sull'indennita' di fine rapporto. Daltronde  a  quest'ultima  mal  si
 attaglierebbe  una  funzione assistenziale, trattandosi di un importo
 versato una tantum che non puo' superare una determinata  percentuale
 nei  confronti  di  un'indennita', il cui ammontare puo' essere anche
 limitato e quindi inadeguato ad assolvere  a  funzioni  assistenziali
 che   ben   si   realizzano   solo  con  l'assegno  che  abbia  quale
 caratteristica peculiare la periodicita'.
    Ma a prescindere dalle suesposte considerazioni, deve mettersi  in
 risalto  una  ulteriore  incongruenza  legislativa che scaturisce dal
 parallelismo sopra denunziato.
    E cioe', proprio al fine di assicurare la  natura  e  la  funzione
 assistenziale  dell'assegno  divorzile  il legislatore, con l'art. 13
 della  legge  6  marzo  1987,  n.  74,  ha  introdotto  una  incisiva
 innovazione  nell'art.  9  della  legge  fondamentale  sul  divorzio,
 riconoscendo il diritto di richiedere, da parte di  colui  che  versi
 nelle  condizioni  fissate  dalla  legge,  al  tribunale in camera di
 consiglio, la revisione delle disposizioni concernenti i figli  e  le
 modalita' dei contributi da corrispondere.
    In  parole  povere,  se  con  la sentenza di divorzio non e' stato
 attribuito l'assegno, perche' non ne ricorrevano  i  presupposti,  la
 parte  divenuta bisognosa puo' richiederlo in un secondo momento, per
 cui puo' verificarsi  il  caso  che,  qualora  l'indennita'  di  fine
 rapporto  sia  stata  nel  frattempo  liquidata,  l'  ex  coniuge non
 titolare  di  assegno  all'epoca  della   liquidazione   non   potra'
 richiederla,  malgrado  in  epoca  successiva acquisti il diritto per
 farlo. E qualora dovesse ritenersi, interpretando  in  maniera  molto
 elastica l'art. 12- bis, la possibilita' di richiederla, l'indennita'
 nel  frattempo  potra'  essersi  volatilizzata  e all' ex coniuge non
 rimarra' alcuna tutela per conseguire la sua quota sulla stessa.
    La Corte giudicante non intende (ne' ad  essa  competerbbe  farlo)
 soffermarsi   sulla   giustificabilita'   o  meno  del  diritto  alla
 percentuale sull'indennita' di fine rapporto.  Trattasi,  invero,  di
 problema   di   politica  legislativa  che  in  questa  sede  non  va
 affrontato.
    Cio' che,  invece,  preme  evidenziare  e'  come  dal  piu'  volte
 menzionato  parallelismo dell'art. 12- bis che testualmente recita ".
 in quanto sia  titolare  di  assegno  ai  sensi  dell'art.  5.  .  ."
 scaturisca una inammissibile disparita' di trattamento che si pone in
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    E'   superfluo  rammentare  come,  in  virtu'  dell'irrinunciabile
 principio di uguaglianza, quanto uguali sono le situazioni  oggettive
 e  soggettive,  senza  un  ragionevole  motivo  la  legge  non  possa
 riservare trattamenti diversi a cittadini che  versino  nelle  stesse
 condizioni.
    Nella  specie  tale  disparita'  di  trattamento  e'  inevitabile,
 poiche' il diritto alla percentuale  sull'indennita'  e'  subordinato
 all'esistenza  dell'assegno  divorzile  le  cui finalita', come si e'
 visto sono diverse. Ne deriva che all' ex  coniuge,  il  quale  abbia
 collaborato  in  costanza  di  matrimonio  con  il lavoratore che poi
 percepisce l'indennita' di fine rapporto, non puo' liquidarsi  alcuna
 percentuale   sulla  stessa  qualora  non  sia  titolare  di  assegno
 divorzile.
    Inoltre, come poc'anzi si e'  prospettato,  all'  ex  coniuge  che
 diventi  bisognoso dopo la pronuncia di divorzio, stando alla lettera
 della legge e' consentito ottenere  una  revisione  delle  condizioni
 patrimoniali  e quindi un assegno divorzile, purtuttavia, se prima di
 tale revisione l' ex coniuge ha percepito la  liquidazione,  potrebbe
 richiedere  la  percentuale sulla detta indennita' ma sara' difficile
 per lui ottenerla qualora la  stessa  sia  stata  gia'  consumata  (e
 questa sara' l'ipotesi ricorrente in maniera costante).
    Ci  si  chiede  infine  (e si tratta sia pure di un caso limite ma
 giuridicamente ineccepibile) per quale mai ragione di giustizia  all'
 ex  coniuge  che  sia  riuscito  ad  ottenere  un  assegno  divorzile
 dall'ammontare sia pure simbolico venga consentito di ottenere  anche
 la percentuale sulla indennita'.
    Alla stregua di tutto quanto esposto, sembra alla Corte giudicante
 che  la sollevata questione non sia manifestamente infondata e la sua
 definizione da parte  della  Corte  costituzionale  ha  indiscutibile
 rilevanza   nella  presente  dicisione,  perche',  ove  si  ritenesse
 illegittimo il denunziato parallelismo, si potrebbe  attribuire  alla
 Maier una somma che altrimenti non potrebbe ottenere.