LA CORTE D'APPELLO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile  di  primo
 grado, iscritta al n. 273 del ruolo generale dell'anno 1991, posta in
 decisione  all'udienza  collegiale  del  30  aprile 1993, promossa da
 Ferranti  Anna,  Ferranti  Maria  Pia,  Ferranti  Gabriella  e  Sarti
 Clementina, elettivamente domiciliate in Bologna, piazza Galileo n. 5
 presso  lo  studio  dell'avv.  Marzio  Dallari  che  le rappresenta e
 difende come da procura in calce all'atto di  citazione  in  appello,
 opponenti  contro  comune  di Cento, in persona del sindaco in carica
 elettivamente docmiciliato in Bologna, via Begatto  n.  1  presso  lo
 studio  dell'avv.  Fabio  Dani  che  lo rappresenta e difende come da
 procura a margine della comparsa di risposta, opposto.
    In punto a: "opposizione  a  indennita'  di  espropriazione  e  di
 occupazione d'urgenza".
                              CONCLUSIONI
    Il  procuratore  delle opponenti ha cosi' concluso: "Si chiede che
 l'on. Corte d'appello di Bologna voglia:
       a) in via istruttoria disporre un  supplemento  di  perizia  in
 relazione alle deduzioni delle opponenti verbalizzate all'udienza del
 19 febbraio 1992;
       b)  nel  merito  dichiarare dovuto alle opponenti dal comune di
 Cento: a) l'ammontare dell'indennita'  di  esproprio  che  risultera'
 legittimamente determinata in corso di causa, oltre alla svalutazione
 monetaria nella misura dei rendimenti medi dei titoli di Stato giusta
 l'art. 1224 cod. civ. dalla data del decreto di esproprio al saldo, e
 con  gli  interessi  sulla  somma  cosi' rivalutata dall'esproprio al
 saldo;
       c)  il  legittimo  ammontare  dell'indennita'  di   occupazione
 temporanea a decorrere dalla occupazione (18 dicembre 1985) sino alla
 data  del  decreto  di  esproprio  oltre  ai  relativi  interessi  da
 rivalutarsi,  e  conseguentemente  condanni  il  comune  di  Cento  a
 depositare  la  complessiva somma predetta presso la Cassa depositi e
 prestiti;
       d) in via subordinata sospeso il presente giudizio, disporre la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la verifica  di
 costituzionalita'  dell'art.  5-  bis del d.l. 2 luglio 1992, n. 333
 convertito in legge 8 agosto 1992, n. 359 in relazione agli artt.  3,
 24, 42, 53, 97 e 113 della Costituzione.
    Con vittoria di spese tutte di giudizio oltre Iva e c.p.a.".
    Il  procuratore  dell'opposto  comune  ha  concluso: "affinche' la
 Corte ecc.ma, ogni contraria  istanza  disattesa  e  reietta,  voglia
 respingere  in  toto  le  domande  attrici  in  quanto inammissbili e
 comunque infondate.
    Con vittoria di spese ed onorari.
    Udita la  relazione  della  causa  fatta  dal  signor  consigliere
 istruttore dott. Falcone;
    Udita  la  lettura  delle  conclusioni prese dai procuratori delle
 parti;
    Letti ed esaminati gli atti del processo ha cosi' deciso:
                             O S S E R V A
    Con atto di citazione notificato in data 4 marzo 1991 Anna,  Maria
 Pia  e  Gabriella Ferranti e Clementina Sarti, convenendo in giudizio
 innanzi a questa Corte d'appello il comune di Cento  hanno  proposto,
 ai   sensi  dell'art.  19  della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865,
 opposizione alla stima dell'indennita' definitiva  di  espropriazione
 effettuata  dalla competente commissione provinciale di Ferrara nella
 somma di L. 302.160.000 in relazione ad un appezzamento di terreno di
 mq 15.108 espropriato con delibera del consiglio comunale n. 221  del
 18  febbraio  1991,  gia'  occupato dal 18 dicembre 1985 a seguito di
 delibera n. 808 in data 31 ottobre 1985 della Giunta municipale.
    Costituendosi  il  contraddittorio  e'  stato  acclarato  con   la
 consulenza tecnica d'ufficio che, in forza del piano di fabbricazione
 approvato  il 4 giugno 1975, n. 1857, il detto terreno era ricompreso
 nella zona residenziale di espansione C2 e che il p.r.g. adottato nel
 1990 lo ha classificato  come  zona  di  attrezzature  per  il  tempo
 libero, per la pratica sportiva e per lo spettacolo sportivo G5.
    Attraverso  la  consulenza sono state determiante le indennita' di
 espropriazione e di occupazione d'urgenza del bene in oggetto secondo
 i criteri previsti dalla legge 25 giugno 1865,  n.  2359,  che  aveva
 ripreso  vigore,  per le aree a vocazione edificatoria come quello in
 oggetto, per effetto della sua natura riespansione su di esso operata
 dai   criteri   derogatori    fissati    dalle    norme    dichiarate
 incostituzionali  con  le  sentenze  n.  5/1980 (artt. 16 della legge
 865/1971 e 14 della  legge  n.  10/1977)  e  223/1983  (artt.  primo,
 secondo  e  terzo,  quarto  e  quinto  comma,  2  e  3 della legge n.
 385/1980, nonche' gli articoli unici delle leggi 535/1981, 481/1982 e
 943/1982) della Corte costituzionale.
    In pendenza della causa e' entrata in vigore  la  legge  8  agosto
 1992, n. 359, la quale, all'art. 5-bis, primo comma, dispone che fino
 all'emanazione di una organica disciplina per tutte le espropriazioni
 preordinate  alla  realizzazione di opere o interventi da parte e per
 conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e  degli
 altri  enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali, o
 comunque  preordinate  alla  realizzazione  di  opere  o   interventi
 dichiarati  di  pubblica utilita', l'indennita' di espropriazione per
 le aree edificabili e' determinata a norma dell'art. 13, terzo comma,
 della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sostituendo  in  ogni  caso  ai
 fitti   coacervati   dell'ultimo   decennio   il  reddito  dominicale
 rivalutato di cui agli artt. 24 e  seguenti  del  testo  unico  delle
 imposte sui redditi, approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e
 che l'importo cosi' determinato va ridotto del quaranta per cento.
    Ai  sensi  del  settimo  comma  del  citato  art. 5- bis, il nuovo
 criterio estimativo e' applicabile  ai  procedimenti  di  opposizione
 alla stima in corso.
    Nella  comparsa conclusionale il comune di Cento ha chiesto che la
 causa  venga  rimessa   in   istruttoria   per   la   quantificazione
 dell'indennita'   definitiva  di  espropriazione  in  base  al  nuovo
 criterio legale.
    Le   espropriate   hanno   sollevato   questioni   di   leggimita'
 costituzionale  di  alcune  disposizioni  contenute  nell'art. 5- bis
 della legge n. 359/1992, questioni rilevanti ai fini della  decisione
 della causa.
    Prospettano  innanzitutto  l'incostituzionalita'  del  primo comma
 dell'art. 5- bis nella parte in cui riduce del 40 per cento l'importo
 ottenuto mediando il  valore  venale  sull'immobile  esprorpiato  col
 reddito dominicale rivalutato.
    Sostengono che tale decurtazione renderebbe incongrua l'indennita'
 di espropriazione e, quindi, contrasterebbe con l'art. 42 terzo comma
 della Costituzione.
    La  questione  non  e'  manifestamente  infondata ed e' stata gia'
 sottoposta alla Corte costituzionale da questa  Corte  d'appello  con
 ordinanza del 16 ottobre 1992.
    La  Corte  costituzionale ha costantemente affermato che l'art. 42
 comma terzo della  Costituzione  non  garantisce  all'espropriato  il
 diritto ad un'indennita' esattamente commisurata al valore di mercato
 del  bene ablato; la necessaria coordinazione del diritto del privato
 con pubblico interesse  comporta  che  l'indennizzo  dovuto  a  norma
 dell'art.  42  della  Costituzione.  Non  deve realizzare l'integrale
 ristoro del sacrificio  subito  per  effetto  dell'espropriazione  ma
 un'adeguata   riparazione.   Ne  consegue  che  il  legislatore  puo'
 legittimamente  contemperare  il  criterio  del  valore  venale   con
 meccanismi   conformativi  dell'indennizzo  ad  un  diverso  criterio
 purche' l'ammontare cosi' determinato non scenda sotto il livello  di
 congruita' (ex plurime: sentenze nn. 231/1984, 530/1988, e 216/1990).
    Ora, se la media tra valore venale e reddito dominicale rivalutato
 da' un importo equo ed adeguato perche' corrispondente a circa il 53%
 del  valore  di  mercato del bene, la riduzione di tale importo nella
 misura del quaranta per cento fa indubbiamente scendere  l'indennita'
 di   espropriazione   al   di   sotto   del   livello  di  congruita'
 commisurandola ad appena il 31,8% circa del valore di mercato.
   Deducono poi le opponenti che il comma secondo dell'art. 5- bis (il
 quale stabilisce che in ogni fase del procedimento  espropriativo  il
 soggetto espropriato puo' convenire la cessione volontaria del bene e
 in  tal  caso  non si applica la riduzione del 40 per cento di cui al
 comma primo) violerebbe il principio di eguaglianza di cui all'art. 3
 della Costituzione e confliggerebbe con l'art. 24, primo comma  della
 Costituzione disincentivando la tutela giurisdizionale.
    Anche  tale  questione  di legittimita' costituzionale non appare,
 nei due profili nei quali si articola, manifestamente infondata.
    La disposizione normativa in esame infatti attua una irragionevale
 disparita' di trattamento tra chi al momento  della  sua  entrata  in
 vigore  ha  gia'  subito  l'esproprio  e  non  puo' piu' convenire la
 cessione volontaria del bene e chi invece non e' ancora  colpito  dal
 provvedimento   ablativo   e  puo'  addivenire  alla  detta  cessione
 volontaria  senza  subire  la  riduzione  del  quaranta   per   cento
 dell'importo  determinato  mediando  tra  valore e reddito dominicale
 rivalutato.
    Essa   inoltre    condiziona    pesantemente    la    proposizione
 dell'opposizione  alla  stima dell'indennita' definitiva di esproprio
 prevista dall'art. 19 della  legge  n.  865/1971  perche'  induce  ad
 accettare l'indennita' determinata in sede amministrativa anche se il
 valore  venale  posto  a  base  del  calcolo  e'  inferiore  a quello
 effettivo, invero l'eventuale  recupero  di  valore  derivante  dalla
 determinazione  giudiziale  sarebbe  in  tutto  o  in  notevole parte
 vanificato dall'applicazionedella riduzione del quaranta per cento.
    Dubitano infine le attrici della legittimita' costituzionale della
 norma contenuta nel quinto comma dell'art. 5- bis che demanda  ad  un
 regolamento, da emanarsi con decreto del Ministro dei lavori pubblici
 ai  sensi  dell'art.  17  della  legge  23  agosto  1988,  n. 400, la
 definizione  dei  criteri  e  dei  requisiti   per   l'individuazione
 dell'edificabilita'  di  fatto  di  cui  al  comma terzo dello stesso
 articolo 5-  bis.  Tale  disposto  normativo  contrasterebbe  con  la
 riserva   di  legge  prevista  dall'art.  42,  secondo  comma,  della
 Costituzione  perche'  affida  ad  un  regolamento  ministeriale   la
 determinazione dell'edificabilita' delle aree e, quindi, dell'assetto
 del diritto di proprieta'.
    Inoltre  la  mancata  previsione  di  un termine entro il quale il
 detto regolamento deve essere emanato da un lato  differirebbe  senza
 limite  di  tempo  il  soddisfacimento  del  diritto  all'indennizzo,
 dall'altro precluderebbe una sollecita  definizione  dei  giudizi  di
 opposizione  alla  stima  attualmente pendenti; da cio' la violazione
 degli artt. 42 e 97 della Costituzione.
    Anche tali sospetti di incostituzionalita' non sono manifestamente
 infondati.
    La riserva di legge contenuta nel secondo comma dell'art. 42 della
 Costituzione e' indubbiamente di carattere relativo. L'art.  7  della
 legge  17  agosto  1942, n. 1150 (e successive modificazioni) - norma
 che ha superato il  vaglio  di  costituzionalita'  -  attribuisce  ai
 comuni   il   potere   di   zonizzazione  (e  quello  correlativo  di
 determinazione della tipologia edilizia in ciascuna zona) e il potere
 di imposizione di vincoli espropriativi.
    Gli strumenti urbanistici  comunali  non  sono  che  provvedimenti
 amministrativi di carattere normativo.
    Se  e' vero che la riserva relativa di legge comporta che la legge
 "deve  pur  sempre  intervenire  previamente,  ma  puo'  limitarsi  a
 delineare  gli aspetti fondamentali della disciplina, permettendo che
 i regolamenti o altre fonti senza forza di legge la completino  e  la
 articolino  compitamente"  e'  altrettanto  vero  che il legislatore,
 nell'autorizzare    l'esercizio    della    potesta'    regolamentare
 ministeriale,  non  puo'  esimersi dal fissare i criteri direttivi ai
 quali il potere esecutivo deve uniformarsi,  specie  nel  caso,  come
 quello  in esame, in cui si affida al Ministro dei lavori pubblici il
 compito  di  definire  criteri  e  requisiti   per   l'individuazione
 dell'edificabilita'  di  fatto  delle  aree  espropriate  e  cioe' di
 stabilire una  classificazione  delle  aree  che  incide  in  maniera
 penetrante  sul  diritto  di  proprieta' tanto da rendere applicabili
 criteri estimativi diversissimi tra loro.
    In  sostanza  il  legislatore  non  puo'   lasciare   all'assoluta
 discrezionalita'del  potere esecutivo una classificazione delle areee
 costituenti il presupposto dell'applicazione  di  criteri  estimativi
 che  possono  essere  fissati  unicamente dalla legge. Ne consegue il
 prospettato contrasto con l'art. 42 secondo comma della Costituzione.
    Profili di incostituzionalita' del quinto comma dell'art.  5-  bis
 della  legge  n. 359/1992 possono peraltro ravvisarsi con riferimento
 ai parametri di cui all'art. 42, terzo comma  e  all'art.  24,  primo
 comma,  della Costituzione nella mancata indicazione di un termine in
 cui il regolamento minsiteriale deve essere emanato.
    L'assenza di un tale termine si riflette infatti negativamente sia
 sul  diritto  dell'espropriato  alla  corresponsione  dell'indennizzo
 entro  tempi ragionevoli, sia sulla sollecita definizione dei giudizi
 di opposizione alla stima, non essendo il nuovo  criterio  estimativo
 applicabile prima dell'emanazione del detto regolamento.