ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, comma
 secondo, 4, comma primo, 6, 16, 22, commi  primo,  secondo,  terzo  e
 sesto,  24,  commi primo e secondo, 35 e 36 della legge della Regione
 Valle d'Aosta riapprovata il 16 febbraio 1993,  recante:  "Disciplina
 dei controlli sugli atti degli enti locali", promosso con ricorso del
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri notificato il 9 marzo 1993,
 depositato in cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n.  21  del
 registro ricorsi 1993;
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Valle d'Aosta;
    Udito  nell'udienza pubblica del 6 luglio 1993 il Giudice relatore
 Gabriele Pescatore;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il  ricorrente,  e
 l'avv. Gustavo Romanelli per la Regione.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con ricorso
 notificato il 9 marzo 1993, ha impugnato gli artt. 3, comma  secondo;
 4,  comma  primo; 6; 16; 22, commi primo, secondo, terzo e sesto; 24,
 commi primo e secondo; 35 e 36  della  legge  regionale  della  Valle
 d'Aosta  riapprovata  il  16  febbraio  1993, recante "Disciplina dei
 controlli sugli atti degli enti locali". Nel  ricorso  si  deduce  la
 violazione  degli  artt. 3 e 97 della Costituzione, nonche' dell'art.
 43, primo comma,  dello  statuto  della  regione  Valle  d'Aosta,  in
 relazione ai principi stabiliti dalla legge 8 giugno 1990, n. 142. Al
 riguardo si espone quanto segue.
    L'art. 1, comma secondo, della legge 8 giugno 1990, n. 142 dispone
 che  i  principi  dettati  sull'ordinamento delle autonomie locali si
 applicano anche nelle regioni a statuto speciale, se compatibili  con
 le  attribuzioni  previste dai relativi statuti. Tale compatibilita',
 quanto  alla  Regione  Valle  d'Aosta,   sarebbe   dimostrata   dalla
 previsione  (art. 62 della legge n. 142) di una delega al Governo per
 l'emanazione,  con  una   particolare   procedura,   di   norme   per
 "armonizzare"  le  disposizioni  della legge n. 142 con l'ordinamento
 della regione medesima: a tale delega si e' adempiuto con il  d.legs.
 27  aprile 1992, n. 282. Inoltre, ai sensi dell'art. 43, primo comma,
 dello statuto valdostano, il controllo sugli atti dei comuni e  degli
 altri  enti  locali  e'  esercitato  dalla regione "nei modi e limiti
 stabiliti con legge regionale in armonia con i principi  delle  leggi
 dello  Stato".  Ne  deriverebbe che la regione, in tale materia, deve
 rispettare i principi fondamentali dettati dalla legge n. 142.
    Questa, agli artt. 42 e 43, fissa due criteri generali per  quanto
 riguarda  la  composizione  dell'organo:  il  primo  risultante dalla
 integrazione della componente elettiva con un  membro  designato  dal
 rappresentante  del  Governo  nella  regione;  il secondo, risultante
 dalla previsione di determinati  requisiti  tecnici  dei  componenti,
 nonche' d'indipendenza e imparzialita'.
    Nel  ricorso si sostiene che tali principi sarebbero stati violati
 dagli articoli impugnati e precisamente:
      a) dall'art. 3, comma secondo, che ha  attribuito  al  Consiglio
 regionale  l'elezione di tutti (e cinque) i componenti dell'organo di
 controllo, privandolo - in dissonanza con  il  primo  dei  suindicati
 criteri   generali  -  dell'apporto  di  un  membro  di  designazione
 "governativa";
      b) dall'art. 4, comma primo, il quale prevede,  quale  requisito
 per  l'elezione, la residenza nella regione per almeno tre anni e non
 - come stabilito dall'art. 42 - per gli esperti in materie giuridico-
 amministrative   ed   economico-finanziarie,   almeno   dieci    anni
 d'iscrizione   in  particolari  albi  e  la  proposta  da  parte  del
 rispettivo ordine professionale;
      c) dall'art. 6 il quale, rispetto al disposto dell'art. 43 della
 legge n. 142, per un verso limita  agli  "eletti  nella  regione"  la
 condizione  d'incompatibilita'  ivi  prevista  (alla  lett.  a) per i
 membri del Parlamento europeo e di  quello  nazionale  e,  per  altro
 verso,  non  considera  affatto tra le cause d'ineleggibilita' l'aver
 ricoperto  la  carica  di  amministratore  degli  enti  soggetti   al
 controllo nell'anno precedente alla costituzione dell'organo;
      d) dall'art. 16, il quale prevede una forma d'indicizzazione del
 compenso dei componenti la commissione, non prevista e non consentita
 dalla legge n. 142;
      e)  dagli  artt.  22  e  24, in quanto la disciplina dei termini
 procedimentali ivi prevista non rientrerebbe tra i possibili  oggetti
 della  disciplina  regionale  ai  sensi  dell'art. 44 della anzidetta
 legge;
      f) dall'art. 35, in quanto differisce l'applicazione delle norme
 sulla   composizione  dell'organo  al  primo  rinnovo  del  Consiglio
 regionale successivo all'entrata in vigore della disciplina relativa,
 mentre una volta intervenuto il decreto legislativo n. 282 del  1992,
 di  armonizzazione  delle  disposizioni  della  legge  n.  142 con le
 particolari condizioni di autonomia della Valle d'Aosta, non  sarebbe
 configurabile    alcuna   ragione   idonea   a   giustificare   detto
 differimento;
      g) dall'art. 36 in  quanto,  assoggetta  alla  nuova  disciplina
 "tutte  le  deliberazioni  adottate  dopo  la sua entrata in vigore",
 mentre l'art. 61 della legge n.  142  del  1990  prevede  l'immediata
 applicabilita'   della   nuova  disciplina  a  tutta  l'attivita'  di
 controllo,  senza  altro  limite  che  l'emanazione  delle  normative
 regionali.
    2.  -  Si  e'  costituita  davanti a questa Corte la Regione Valle
 d'Aosta,  deducendo  innanzitutto  l'inammissibilita'   del   ricorso
 perche'  formulato  in maniera generica e senza la specificazione dei
 principi costituzionali che si assumono violati.
    Nel merito, la regione contesta che i principi della legge n.  142
 del   1990   siano  tutti,  indistintamente,  applicabili,  ai  sensi
 dell'art. 1, comma secondo, anche alle regioni a statuto  speciale  e
 lamenta  che  l'esegesi  che  se  ne  da' nel ricorso sia "antitetica
 rispetto al suo dato testuale,  secondo  cui  le  disposizioni  della
 legge  non  si applicano alle regioni a statuto speciale e alle prov-
 ince  autonome  di  Trento  e  Bolzano,  se  incompatibili   con   le
 attribuzioni  previste  negli  statuti  e  nelle  relative  norme  di
 attuazione". Sostiene, pertanto, che "nel corpus della legge  n.  142
 del  1990  si  possono  individuare disposizioni che non si applicano
 alla Regione Valle d'Aosta, in quanto in contrasto con lo statuto  di
 autonomia speciale, e disposizioni che possono applicarsi soltanto in
 quanto  oggetto  di specifico adattamento alla realta' regionale". La
 legge n. 142, comunque, non potrebbe incidere  in  alcun  modo  sulla
 competenza  attribuita  alla  regione  dall'art. 43 dello statuto, di
 disciplinare "il controllo sugli atti dei comuni,  delle  istituzioni
 pubbliche  di  beneficenza, dei consorzi e delle consorterie ed altri
 enti locali", con l'unico limite "dell'armonizzazione con i  principi
 della legislazione statale".
    Passando  all'esame  delle  singole  censure,  la regione sostiene
 quanto segue.
    L'art. 43 dello statuto  regionale  non  prevede  la  composizione
 degli  organi  di  controllo  fra  le  materie la cui disciplina deve
 essere armonizzata con quella statale,  essendo  posto  tale  vincolo
 esclusivamente  per  le  modalita'  di  esercizio  del controllo, ne'
 prevede l'integrazione dell'organo  regionale  con  membri  designati
 dallo Stato.
    I  requisiti individuati dalla legge regionale per l'eleggibilita'
 nella commissione di controllo  non  contrastano  con  l'esigenza  di
 assicurare  una  particolare  qualificazione  tecnica e la necessaria
 indipendenza dei membri della commissione stessa. Infatti, da un lato
 la  designazione  da  parte  degli  ordini  professionali   richiesta
 dall'art.  42  della  legge  statale  n. 142 del 1990 non puo' essere
 ritenuta  condizione  necessaria  e  sufficiente  per  garantire   la
 terzieta'   dell'organo;   dall'altro,   in   una  realta'  regionale
 particolarmente   ristretta   come  quella  della  Valle  d'Aosta,  i
 professionisti che operano da  parecchi  anni  possono  trovarsi  con
 maggiore   probabilita'   in  posizione  conflittuale  rispetto  alle
 situazioni sottoposte alla commissione. Inoltre, la  designazione  da
 parte  di organi di ordini professionali e una determinata anzianita'
 nell'iscrizione all'albo professionale, implicherebbero per i  membri
 della   commissione   la  provenienza  da  una  cerchia  di  soggetti
 eccessivamente  ristretta,  mentre  i  requisiti  posti  dalla  legge
 regionale consentono una piu' ampia scelta.
    L'art.  43,  lett.  a)  della legge n. 142 del 1993 non afferma il
 principio che l'appartenenza  ad  una  "parte  politica"  esclude  la
 eleggibilita'  alla  commissione  di  controllo,  non prevedendo esso
 un'incompatibilita' per iscrizione a partiti politici, o comunque  un
 divieto di iscrizione a partiti politici, che potrebbero giustificare
 quanto  ex  adverso sostenuto. Considerazioni analoghe valgono per la
 mancata  previsione  dell'ineleggibilita'  per  chi  abbia  ricoperto
 cariche negli organi sottoposti a controllo.
    Secondo  la  regione,  la censura relativa all'art. 18 della legge
 regionale, in tema di determinazione dell'indennita' per i componenti
 della commissione, sarebbe inammissibile, mancando il riferimento  ai
 parametri  costituzionali  violati.  Comunque, l'art. 44 della stessa
 legge n. 142 attribuisce alle regioni la determinazione del  compenso
 dei  membri della commissione di controllo e l'esigenza di un congruo
 compenso trova conferma nella previsione dell'art. 42, settimo comma,
 della legge n. 142 del 1990, secondo il quale  il  presidente  ed  il
 vice  presidente  della  commissione,  se "dipendenti pubblici", sono
 collocati "in aspettativa non retribuita".
    Per quanto poi concerne le doglianze in ordine alla disciplina dei
 termini di cui agli artt. 22 e 24, la regione rileva che, "stante  la
 riserva  di legge regionale di cui all'art. 43 dello statuto, e' fuor
 di luogo invocare i limiti di contenuto della legislazione regionale,
 quali risulterebbero dall'art. 44 della legge  statale  ordinaria  n.
 142 del 1990". Analoghe considerazioni - secondo la regione - valgono
 per  la censura relativa al regime transitorio previsto dall'art. 35:
 la riserva di legge  regionale  di  cui  all'art.  43  dello  statuto
 postula,  infatti,  che  sia la regione a stabilire tempi e modalita'
 per il passaggio al nuovo regime.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso in  via
 principale,  ha impugnato gli artt. 3, comma secondo; 4, comma primo;
 6; 16; 22, commi primo, secondo, terzo e sesto;  24,  commi  primo  e
 secondo;  35  e 36 della legge regionale valdostana riapprovata il 16
 febbraio 1993, recante "Disciplina dei  controlli  sugli  atti  degli
 enti  locali",  deducendo  la  violazione  degli  artt.  3 e 97 della
 Costituzione,  nonche'  dell'art.  43,  primo  comma,  dello  statuto
 valdostano,  in  relazione ai principi stabiliti dalla legge 8 giugno
 1990, n. 142. In particolare con il ricorso si lamenta:
      a) che l'art. 3,  comma  secondo,  ha  attribuito  al  consiglio
 regionale  l'elezione di tutti (e cinque) i componenti dell'organo di
 controllo, mentre la  legge  n.  142  ha  previsto  -  con  norma  da
 ritenersi  di principio - che di esso debba far parte anche un membro
 di designazione governativa, col compito di  garantire  l'uniformita'
 d'indirizzo  nell'esercizio  della  funzione  di controllo sugli enti
 locali;
       b)  che  l'art.  4,  comma  primo,  prevede, per gli esperti in
 materie  giuridico-amministrative  ed  economico-finanziarie,   quale
 requisito  per  l'elezione,  la residenza nella regione da almeno tre
 anni e non come stabilito dall'art. 42 della legge n. 142  del  1990,
 con  norma  di  principio  diretta ad assicurare l'imparzialita' e la
 capacita' tecnica dell'organo - almeno  dieci  anni  d'iscrizione  in
 determinati  albi  e  la  proposta  da  parte  del  rispettivo ordine
 professionale:
      c) che l'art. 6 limita agli "eletti nella regione" la condizione
 d'incompatibilita' prevista dall'art. 43, lett. a) della legge n. 142
 per i membri del Parlamento europeo  e  di  quello  nazionale  e  non
 considera  tra  le cause d'ineleggibilita' l'aver ricoperto la carica
 di  amministratore  degli  enti  soggetti  al   controllo   nell'anno
 precedente alla costituzione dell'organo;
      d) che l'art. 16 prevede una forma d'indicizzazione del compenso
 dei  componenti  la  commissione,  in  contrasto  con  l'indirizzo di
 contenimento della spesa pubblica;
      e) che gli artt. 22 e 24 dettano una disciplina dei termini  del
 procedimento  di controllo che non rientra nella competenza regionale
 (art. 44 della legge n. 142) e, comunque, contrasta con la  normativa
 statale di principio (artt. 46, 47 e 50 della legge n. 142);
      f)  che  l'art.  35, differendo l'applicazione delle norme sulla
 composizione dell'organo al primo  rinnovo  del  Consiglio  regionale
 successivo   all'entrata   in   vigore   della  disciplina  relativa,
 contrasterebbe con l'art. 61, terzo comma, della  legge  n.  142,  ai
 sensi  del  quale  l'entrata in vigore dovrebbe essere coeva a quella
 del decreto di armonizzazione delle disposizioni della legge  statale
 con le particolari condizioni di autonomia della Valle d'Aosta;
      g)  che  l'art.  36  assoggetta  alla nuova disciplina "tutte le
 deliberazioni adottate dopo la sua entrata in vigore", mentre  l'art.
 61  della  legge  n.  142 del 1990 prevede l'immediata applicabilita'
 della nuova disciplina a tutta l'attivita' di controllo, senza  altro
 limite che l'emanazione delle normative regionali.
    2.  - Va pregiudizialmente respinta l'eccezione d'inammissibilita'
 prospettata dalla Regione  Valle  d'Aosta,  sotto  il  profilo  della
 genericita'  delle  censure proposte: queste, infatti, sono puntuali,
 essendo indicati specificamente nel ricorso gli  articoli  impugnati,
 le norme della Costituzione e dello statuto regionale che si assumono
 violate  (artt.  3  e  97  della  Costituzione; art. 43 dello statuto
 valdostano) ed i principi della legislazione statale, in  riferimento
 ai quali sono dedotte le violazioni statutarie.
    3. - Passando all'esame del merito, deve premettersi che l'art. 43
 dello  statuto  speciale  della  Regione Valle d'Aosta (approvato con
 legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4) dispone che il  "controllo  sugli
 atti  dei  comuni,  delle  istituzioni  pubbliche di beneficenza, dei
 consorzi e delle consorterie ed  altri  enti  locali,  e'  esercitato
 dalla regione nei modi e nei limiti stabiliti con legge regionale, in
 armonia  con  i  principi delle leggi dello Stato". Trattasi di norma
 che differenzia le competenze legislative della Regione Valle d'Aosta
 in  materia  di  controlli  sugli  atti  degli  enti  locali,   dalla
 disciplina  dettata  in  materia, per le regioni a statuto ordinario,
 dall'art.  130  della  Costituzione,  ai  sensi  del  quale  l'organo
 regionale  di  controllo sugli atti degli enti locali, e' "costituito
 nei modi stabiliti da legge della Repubblica".
    Al  riguardo  va tenuto presente che l'art. 117 della Costituzione
 conferisce alle regioni una potesta'  legislativa  concorrente  nella
 materia  "dell'ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla
 regione" e, a norma dell'art. 13 del d.P.R. n. 616 del 1977, in  tale
 materia  rientrano  anche i controlli relativi a detti enti (sentenza
 n. 21 del 1985). Sulla base del coordinamento di queste  disposizioni
 con  l'art. 130 della Costituzione, la Corte ha affermato che "esiste
 in materia una ripartizione delle competenze fra Stato e regioni tale
 che, mentre al primo e' riservata la regolamentazione  degli  aspetti
 fondamentali e dei principi (vale a dire, oltre alla composizione, le
 norme   piu'   rilevanti   sulla  competenza  e  sulle  procedure  di
 controllo), spetta invece alle regioni la disciplina residuale e,  in
 particolare,  quella  concernente  il  funzionamento  dell'organo  di
 controllo" (sentenza n. 612 del 1988).
    Diversamente, nella Regione Valle d'Aosta il citato art. 43  dello
 statuto, rimettendo alla legge regionale la determinazione dei "modi"
 e  "limiti" del controllo, "in armonia con i principi stabiliti dalle
 leggi dello Stato", attribuisce allo Stato la determinazione di  tali
 principi sia in materia di costituzione e composizione dell'organo di
 controllo,   sia   in   materia  di  competenza  e  di  funzionamento
 dell'organo stesso, nonche' del relativo procedimento.
    Alla legge regionale attribuisce, invece, nelle medesime  materie,
 la  competenza  ad  emanare la normativa dei modi e dei limiti, cioe'
 dei mezzi di attuazione concreta della disciplina e dei confini entro
 i quali il controllo stesso debba  esplicarsi,  con  riferimento  sia
 agli enti destinatari, che al territorio interessato.
    La  legge  n.  142  del  1990,  in  coerenza  con quanto stabilito
 dall'art. 130 della Costituzione in  tema  di  controlli  sugli  atti
 degli  enti  locali,  ha  posto  le  norme  sulla  costituzione  e la
 composizione del comitato regionale di controllo (artt. 41 - 43),  ha
 delineato  la  struttura  e  le  fasi  del  procedimento  (art.  46),
 rimettendo alle regioni  (art.  44)  la  disciplina  attuativa  e  di
 dettaglio  del  funzionamento  dell'organo  e  dei  termini  relativi
 all'esercizio del controllo (art. 46, comma settimo).
    Ai sensi dell'art. 1, comma secondo, della stessa  legge  n.  142,
 tali  norme  non si applicano alle regioni ad autonomia differenziata
 "se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e  dalle
 relative norme di attuazione".
    Vero  e'  che,  con riguardo specifico alla Regione Valle d'Aosta,
 l'art. 62 della legge n. 142 attribuisce al  Governo  una  delega  ad
 emanare  -  con  la  particolare procedura prevista dall'art. 3 della
 legge 5 agosto 1981, n. 453 (approvazione  delle  norme  delegate  da
 parte  del  Consiglio  dei  ministri,  su proposta di una commissione
 paritetica formata da tre rappresentanti  del  Governo  e  tre  della
 regione,   sentita  la  commissione  parlamentare  per  le  questioni
 regionali) - uno o piu' decreti aventi valore di legge ordinaria  per
 armonizzare  le  disposizioni  della  legge  n. 142 con l'ordinamento
 della  regione,  tenendo  conto  delle  sue  "particolari  condizioni
 d'autonomia".  Il  decreto  legislativo emanato in attuazione di tale
 delega (d.legsl. 27 aprile 1992, n. 282), peraltro, non  reca  alcuna
 norma  in  tema  di controlli, in correlazione alla circostanza, gia'
 posta in luce, della precisa demarcazione operata dall'art. 43  dello
 statuto  valdostano.  Questa  norma  infatti ripartisce le competenze
 dello Stato e della  regione  al  riguardo  secondo  i  criteri  gia'
 enunciati.
    Le  norme  di  principio,  emanate  dalla legge n. 142 del 1990 in
 materia di controllo sugli atti degli enti locali,  si  pongono  come
 limite alla disciplina della legge regionale; mentre la normativa non
 di  principio  o  "di dettaglio", emanata con la legge n. 142, non e'
 applicabile nella Regione Valle d'Aosta (dove in materia di controlli
 gia' vigeva la legge regionale 15 maggio 1978, n. 11), secondo quanto
 previsto dall'art. 1, comma secondo, della stessa legge n. 142.
    4. - Passando all'esame  delle  singole  censure  va  innanzitutto
 dichiarata  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3, comma  secondo,  della  legge  impugnata,  il  quale  ha
 attribuito  al  consiglio  regionale  l'elezione  dei  cinque  membri
 effettivi e dei  membri  supplenti  della  commissione  regionale  di
 controllo sugli atti degli enti locali istituita dall'art. 2.
    Non  ha  infatti  pregio  la  censura prospettata sotto il profilo
 della mancata previsione, tra i componenti delle commissione,  di  un
 membro  di  nomina  governativa,  come  e'  stabilito, per i comitati
 regionali di controllo, dall'art. 42, n. 1, lett. b) della  legge  n.
 142, che ne demanda la nomina al commissario del Governo.
    Tale  norma  - contrariamente a quanto si deduce nel ricorso - non
 ha valore di principio, non  potendosi  accedere  alla  tesi  che  la
 presenza  minoritaria di un rappresentante governativo nell'organo di
 controllo  possa  essere  presupposto  indispensabile  per  il   buon
 funzionamento  del medesimo, assicurandone l'unitarieta' d'indirizzo.
 La legge  n.  142,  infatti,  non  contiene  alcuna  norma  idonea  a
 perseguire  tale unitarieta', se intesa con riferimento all'attivita'
 di controllo nelle singole regioni, mentre ha espressamente  previsto
 strumenti  per  attuarla  in  relazione  all'attivita'  del  comitato
 regionale  di  controllo   in   ciascuna   regione,   attraverso   le
 prescrizioni  contenute  nell'art. 41 (nn. 2 e 3) ed, in particolare,
 la pubblicazione "delle principali decisioni del  comitato  regionale
 di controllo con le relative motivazioni".
    D'altro  canto  la legge valdostana impugnata non poteva prevedere
 una norma analoga a quella contenuta nell'art. 42,  n.  1,  lett.  b)
 della  legge  n.  142  del  1990,  essendo  estranea  all'ordinamento
 dell'autonomia della Regione Valle d'Aosta la figura del  commissario
 del  Governo.  Gli  artt.  31,  45  e  46  dello statuto, infatti, in
 relazione alle "particolari condizioni di autonomia" della regione  -
 connesse  alla  peculiarita'  della  sua  stessa  formazione  e  alle
 componenti storiche  e  territoriali  di  essa  -  prevedono  che  il
 controllo  di  legittimita'  sugli  atti amministrativi regionali sia
 effettuato da  una  commissione  di  coordinamento,  composta  da  un
 rappresentante  del  ministero  degl'interni  che  la presiede, da un
 rappresentante del ministero delle finanze  e  da  un  rappresentante
 della  regione, designato dal consiglio della Valle d'Aosta (artt. 45
 e 46). Il presidente di tale commissione vista  le  leggi  regionali,
 rinviandole  al  consiglio  ove  ritenga  che  eccedano la competenza
 regionale o contrastino  con  l'interesse  dello  Stato  o  di  altre
 regioni.
    5.  -  Deve essere dichiarato illegittimo, invece, l'art. 4, comma
 primo, lett. a) e lett. b), della legge impugnata.
    Esso dispone che  i  componenti  effettivi  della  commissione  di
 controllo debbono essere scelti, fra i cittadini iscritti nelle liste
 elettorali  dei comuni della Valle d'Aosta residenti nella regione da
 almeno tre anni, che abbiano determinati requisiti. Con riferimento a
 tali  requisiti  il  consiglio regionale deve eleggere, tra gli altri
 "un esperto in materie  giuridico-amministrative  in  possesso  della
 laurea in giurisprudenza" (art. 4, comma primo, lett. a); "un esperto
 in materie economico-finanziarie in possesso della laurea in economia
 e commercio" (art. 4, comma primo, lett. b).
    Con il ricorso si lamenta che la legge regionale, cosi' statuendo,
 abbia  violato  la norma di principio stabilita al riguardo dall'art.
 42, comma primo, della legge n. 142, il quale prevede che l'organo di
 controllo sia composto, tra  l'altro,  da  un  esperto  "iscritto  da
 almeno  dieci  anni  nell'albo  degli  avvocati,  scelto in una terna
 proposta  dal  competente  ordine  professionale"  e  da  un  esperto
 "iscritto da almeno dieci anni nell'albo dei dottori commercialisti o
 dei  ragionieri,  scelto  in una terna proposta dai rispettivi ordini
 professionali".
    Deve affermarsi in proposito che la determinazione dei  requisiti,
 che  i  componenti  dell'organo  di  controllo  debbono possedere, si
 configura come norma di  principio,  in  quanto  intesa  a  garantire
 l'appartenenza  in  ciascun  membro  di competenze valutate, in linea
 generale,   unitaria   ed   omogenea,   come   idonee   a   garantire
 l'espletamento   migliore  delle  funzioni  e,  quindi,  il  migliore
 funzionamento dell'organo. In  particolare,  l'iscrizione  da  almeno
 dieci  anni negli albi indicati dal citato art. 42 della legge n. 142
 del 1990 e' un requisito diretto  ad  assicurare  la  preparazione  e
 l'esperienza dei suoi componenti, mentre il previo inserimento in una
 terna,   designata   dai   relativi   ordini  professionali,  esprime
 l'esigenza di perseguire, insieme con la capacita' specifica tecnico-
 professionale della scelta, l'esercizio adeguato delle funzioni.
    Pertanto la Regione Valle d'Aosta e' tenuta  ad  "armonizzare"  la
 propria  legislazione  con  tali  principi, ai sensi dell'art. 43 del
 proprio statuto.
    6.  -  Va  parimenti  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 6, della legge impugnata.
    L'art.  43 della legge n. 142 del 1990, prevede specifiche ipotesi
 di incompatibilita'  (o  di  ineleggibilita'),  per  quello  che  qui
 interessa,   riferendole   nella   lett.   a)   e  nella  lettera  c)
 rispettivamente  ai  parlamentari  nazionali  ed  europei   ed   agli
 amministratori  di  comuni  o  province  ed  altri  enti  soggetti  a
 controllo del comitato, nonche' a coloro che abbiano  ricoperto  tali
 cariche nell'anno precedente alla costituzione del medesimo comitato.
    Come   e'   agevole  percepire,  la  normativa  statale  individua
 categorie, nella loro tipicita' e generalita', e considera i titolari
 delle funzioni ad essi affidate in posizione di incompatibilita'  (od
 ineleggibilita')  a  far  parte  dei  comitati di controllo. La legge
 regionale impugnata, mentre riferisce detta preclusione  soltanto  al
 parlamentare  europeo, al senatore e al deputato eletti nella regione
 (art.  6,  lett.   a),   non   menziona   affatto   come   causa   di
 incompatibilita'  l'ipotesi  della  titolarita'  nell'anno precedente
 alla costituzione del comitato, della  carica  di  amministratore  di
 enti soggetti a controllo, prevista dalla lett. c) dell'art. 43 legge
 n. 142 del 1990.
    Cosi',  detta normativa si pone in contrasto con quella statale su
 un criterio che, come si desume  dai  lavori  preparatori,  e'  stato
 considerato  essenziale  nelle  scelte  del  legislatore.  Esso  puo'
 riassumersi nell'esigenza di assicurare al comitato di  controllo  la
 partecipazione    di    persone   che   garantiscano   imparzialita',
 indipendenza e neutralita' nell'esercizio delle relative funzioni.
    Sotto quest'angolo visuale  la  normativa  statale  e'  del  tutto
 coerente   con  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  quale  ha
 costantemente affermato che il principio di  imparzialita'  stabilito
 dall'art. 97 della Costituzione - del quale si lamenta nel ricorso la
 violazione - costituisce un valore essenziale cui deve uniformarsi in
 tutte  le  sue  diverse  articolazioni, l'organizzazione dei pubblici
 uffici (cfr. sentt. n. 18 del 1989; n. 331 del 1988).
    Del pari e'  stato  affermato  dalla  Corte  che  la  Costituzione
 esprime    "la    distinzione   piu'   profonda   tra   politica   ed
 amministrazione" e che  quest'ultima  e'  vincolata  ad  agire  senza
 distinzione  di parti politiche, per il perseguimento delle finalita'
 pubbliche obbiettivate dall'ordinamento (sentt. n. 333 del  1993;  n.
 453 del 1990).
    Limitando  la incompatibilita' ai parlamentari eletti localmente e
 incorrendo nella omissione della  previsione  d'incompatibilita'  per
 gli amministratori, di cui innanzi e' accennato, l'art. 6 della legge
 regionale valdostana, nella parte impugnata, si pone in contrasto con
 l'art.  43, lett. a) e c) della legge n. 142 del 1990, che esprime al
 riguardo,  per  i  valori  che  intende  realizzare,   principi   non
 derogabili dalla normativa regionale.
    7.  -  Non  fondata  e',  invece,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 16 della legge impugnata, secondo  il  quale
 l'indennita'  dei  componenti effettivi e supplenti della commissione
 di controllo, nonche' del presidente, e'  commisurata  all'indennita'
 spettante   ai  consiglieri  regionali,  sulla  base  di  determinate
 percentuali (il trentacinque per cento di tale indennita'  ai  membri
 effettivi;  con  una  maggiorazione  del venticinque per cento per il
 presidente; il dieci per cento ai membri supplenti).
    L'art. 44 della legge n. 142 del 1990 rimette, infatti, alla legge
 regionale  la  determinazione  dell'indennita'   da   attribuire   ai
 componenti  degli organi regionali di controllo sugli atti degli enti
 locali, cosicche' legittimamente essa e' stata  fissata  dalla  legge
 regionale  impugnata.  Ne' si ravvisano nei criteri di determinazione
 elementi d'irragionevolezza del tutto genericamente lamentati con  il
 ricorso.
    Ugualmente    infondata    e'   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 22 e 24 della legge  impugnata,  la  quale
 disciplina  (all'art.  22) il termine per l'esercizio del controllo e
 il  termine  per   la   comunicazione   dell'annullamento   dell'atto
 sottoposto  al  controllo (art. 24) in difformita' delle disposizioni
 della legge n. 142 del 1990 (artt. 46 e segg.). Trattasi, infatti, di
 modalita' attinenti al procedimento di  controllo,  le  cui  fasi  di
 svolgimento  si  conformano  -  nelle  loro  linee  fondamentali - ai
 principi della legge statale. Le specifiche  previsioni  della  legge
 regionale  non  alterano siffatta omogeneita'. Inoltre la materia, ai
 sensi dell'art. 43, primo comma, dello statuto  della  Regione  Valle
 d'Aosta, e' rimessa alla legislazione regionale.
    8.   -   Non   fondata  e'  anche  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 35 della legge impugnata, secondo  il  quale
 le   disposizioni  sulla  nuova  composizione  della  commissione  di
 controllo si applicano con il primo rinnovo del  consiglio  regionale
 successivo all'entrata in vigore della legge stessa.
    Nel  ricorso  si  sostiene  che,  una volta intervenuto il decreto
 legislativo n. 282 del 1992,  di  armonizzazione  delle  disposizioni
 della  legge  n. 142 con le particolari condizioni di autonomia della
 Valle d'Aosta, non sarebbe  configurabile  alcuna  ragione  idonea  a
 giustificare detto differimento.
    Come  gia'  si e' esposto in precedenza, il D.Lgs. n. 282 del 1992
 e' estraneo alla materia dei controlli e non  vi  e'  percio'  alcuna
 ragione che vieti al legislatore regionale di differire il momento di
 entrata  in  vigore delle nuove disposizioni sulla composizione della
 commissione di controllo oltre l'emanazione di detto decreto,  tenuto
 conto   anche   delle  esigenze  di  organizzazione  derivanti  dalla
 istituzione dell'ufficio.
    Non fondata e', infine, la questione relativa  all'art.  36  della
 legge  impugnata,  il  quale  dispone che essa si applica "a tutte le
 deliberazioni adottate dopo la sua entrata in vigore".
    Si e' censurata la norma per  la  sua  irrazionalita',  in  quanto
 sarebbe  in contraddizione con la dichiarazione d'urgenza della legge
 regionale di cui  al  successivo  art.  39;  essa  sarebbe,  poi,  in
 contrasto con l'art. 61 della legge n. 142 del 1990, il quale prevede
 l'immediata applicabilita' della nuova disciplina a tutta l'attivita'
 di  controllo,  senza  altro  limite che l'emanazione delle normative
 regionali.
    Il combinato disposto degli artt. 36 e 39  sopra  citati  implica,
 invero,  che  la legge impugnata si applichi a tutte le deliberazioni
 adottate dopo la sua entrata in vigore, a partire, quindi, dal giorno
 successivo alla pubblicazione di essa. Ne' alcuna norma di  principio
 e'  posta  al  riguardo  dall'art. 61 della legge n. 142 la quale, al
 terzo comma, si limita a  statuire  che,  entro  un  anno  dalla  sua
 entrata  in  vigore,  le regioni provvedono alla ricostituzione degli
 organi di controllo in conformita'  delle  disposizioni  della  legge
 stessa nonche' della relativa regolamentazione legislativa regionale.
 Tale  termine, infatti, non comportando alcuna decadenza in relazione
 al suo decorso senza  che  le  regioni  abbiano  adempiuto  a  quanto
 prescritto,  ha  carattere  ordinatorio e si riferisce, comunque alla
 ricostituzione degli organi di  controllo  e  non  all'applicabilita'
 della  nuova  normativa  alle  deliberazioni  oggetto  del  controllo
 stesso.