IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso r.g. 323/92 proposto da Milana Angelo, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Avolio, presso il cui studio in Milano, via E. Vaina 2, e' elettivamente domiciliato, contro il Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici in Milano, via Freguglia 1, e' domiciliato, e nei confronti del Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro pro-tempore; per l'annullamento del d.m. 7/541/N del 4 luglio 1991 con il quale il ricorrente e' stato dichiarato decaduto dall'esercizio della funzione di presidente della commissione tributaria di primo grado di Piacenza, degli atti preordinati, e in particolare della proposta del presidente del tribunale di Piacenza in data 2 maggio 1991 e di quelli conseguenziali e connessi con particolare riferimento a quelli con i quali il ricorrente sia stato eventualmente sostituito in seno alla commissione tributaria; Visto il ricorso ed i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle finanze; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 6 aprile 1993 (relatore dott. Rita Cerioni) i procuratori della parte ricorrente e dell'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Il ricorrente, procuratore della Repubblica di Piacenza dal 1 febbraio 1984 al 7 marzo 1991, dimissionario dal 21 aprile 1991, a seguito di procedimento disciplinare venne trasferito alla corte di appello di Trieste, con decorrenza 8 marzo 1991. Al dott. Milana, che dal 1974 esercitava le funzioni di presidente della commissione tributaria di primo grado, fu notificato il decreto impugnato che lo dichiara decaduto dalla carica a far tempo dal 18 dicembre 1991, ai sensi dell'art. 4, lett. c), del d.P.R. n. 636/1972 e dell'art. 6, comma uno, lett. a), del medesimo d.P.R. "per la perdita del requisito della buona condotta". Il ricorrente censura il provvedimento assunto, acriticamente, dal Ministero, sulla base di una proposta del presidente del tribunale di Piacenza, in quanto non sarebbe comprensibile in cosa debba consistere la buona condotta, non sarebbe motivato neanche con rinvio alla proposta sopramenzionata ed infine dovrebbe ritenersi abrogata la norma che stabilisce il requisito della buona condotta, cosi' come per le assunzioni dei pubblici dipendenti e degli istituendi giudici di pace; infine ed in ogni caso si riscontrerebbe una violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 perche' non vi sarebbe stata informativa in ordine all'inizio del procedimento. Resiste il Ministero delle finanze che reputa infondato il ricorso. D I R I T T O Ad avviso del collegio il ricorso proposto dal dott. Milana, volto a far dichiarare illegittimo il decreto con il quale e' stato dichiarato decaduto dall'esercizio della funzione di presidente della commissione tributaria di primo grado di Piacenza, potrebbe essere accolto solo nell'ipotesi di dichiarata incostituzionalita' dell'art. 6, lett. a), in riferimento all'art. 4, lett. c), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, nella parte in cui in contrasto con l'art. 108 della Costituzione, e' previsto l'accertamento della permanenza del requisito della buona condotta in capo ai soggetti nominati giudici tributari, senza l'instaurazione di uno specifico procedimento in contraddittorio, diretto a verificare il venir meno del citato requisito. Il collegio reputa rilevante la questione e non manifestamente infondata. Se e' vero infatti che le commissioni tributarie, uscite dalla riforma del 1972, costituiscono, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 3 agosto 1976, n. 215, organi giurisdizionali a tutti gli effetti, non e' ammissibile che i giudici chiamati a farne parte siano privati di quelle garanzie di indipendenza che sono la caratteristica peculiare di ogni organo giuirisdizionale. L'indipendenza del giudice e' assicurata dalla inamovibilita', la quale si realizza anche attraverso la previsione di procedure particolari finalizzate all'accertamento della permanenza del requisito della buona condotta richiesto dalla legge. Nella fattispecie, in base al richiamato art. 6, la decadenza e' dichiarata dal Ministro su proposta del presidente del tribunale, ove il primo ha un potere vincolato, ed il secondo agisce senza che il diretto interessato non solo non possa interloquire, ma non e' neppure posto a conoscenza dell'iniziativa, i cui momenti istruttori e decisionali appartengono ad una sfera segreta nei quali la piu' ampia discrezionalita' amministrativa, che in taluni casi potrebbe trasformarsi in arbitrio, non ha alcun controllo o verifica. D'altra parte il ricondurre anche la presente fattispecie ad un automatismo, in cui il presidente del tribunbale constata il verificarsi di un accadimento esterno - come e' ravvisabile nelle ipotesi di perdita degli altri requisiti previsti nell'art. 4, in cui l'evento preconizzato dalla norma e' un dato di fatto incontestabile (perdita cittadinanza, residenza, etc.) - non e' convincente, poiche' il giudizio sulla buona condotta e' cosi' aleatorio e mutevole in ragione del tempo e del luogo e della persona, che non puo' essere rimesso alla valutazione di un singolo, senza garanzie sufficienti quantomeno per il contraddittorio e per la motivazione. Vi e' altresi' da notare che il legislatore della riforma degli organi di giurisdizione tributaria si e' fatto carico di tali contraddizioni normative, e da un lato ha eliminato il requisito della buona condotta, e dall'altro ha sottoposto a procedimento disciplinare avanti al consiglio di presidenza, con una graduazione delle sanzioni, i comportamenti reputati scorretti (v. artt. 7 e 15 del decreto legislativo n. 545 del 31 dicembre 1992 istitutivo del nuovo ordinamento degli organi di giurisdizione tributaria). Si rileva, peraltro, che tale nuova normativa non comporta la soluzione della presente fattispecie perche' successiva all'esaurimento di essa ed applicabile alle nuove commissioni tributarie dopo il loro insediamento e la costituzione del previsto consiglio di presidenza. Ne', a parere del collegio, sarebbe sufficiente una motivazione congrua della proposta di decadenza, tipica e necessaria nei provvedimenti limitativi di diritti ed interessi, per far superare la ventilata incostituzionalita' della norma; infatti la decadenza, rientrante in una categoria diversa dalla destituzione, perche' si ripete non dovrebbe dar luogo ad alcuna valutazione discrezionale, nel momento in cui invece investe comportamenti che debbono essere variamente apprezzati e giudicati, non puo' sottrarsi ad una specifica procedura in contraddittorio; tanto piu' quando, come gia' precisato, si tratta di salvaguardare l'indipendenza di un organo giurisdizionale da possibili interferenze. Pertanto delle due l'una: o la buona condotta e' un requisito incompatibile con la indipendenza del giudice, sia pure tributario, e puo' essere richiesto solo per l'accesso alla funzione di giudice tributario, oppure la verifica della permanenza di esso in capo al soggetto non puo' prescindere da una fase istruttoria e decisionale in contraddittorio e con tutte le garanzie previste per un procedimento disciplinare. Nell'uno e nell'altro caso la norma soprarichiamata, a parere del collegio, collide con l'art. 108 della Costituzione.