Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale Fiorinda Ghilardotti, autorizzata con delibera della giunta regionale n. V/39650 del 28 luglio 1933, rappresentata e difesa dagli avv. prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca ed elettivamente domiciliata presso quest'ultimo in Roma, Largo della Gancia 1, come da delega in calce al presente atto, contro il presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 7, primo comma, e 8- bis del d.l. 22 maggio 1993, n. 155, recante "misure urgenti per la finanza pubblica" convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 1993. 1. - Com'e' noto, l'imposta locale sui redditi e' stata istituita dal legislatore come tributo in favore delle regioni e degli enti locali (art. 9 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 599). Tuttavia ben presto lo stesso legislatore, con norme avrebbero dovuto essere transitorie ma di fatto sono divenute definitive, ha avocato allo Stato l'intero gettito dell'imposta, fissandone l'aliquota (cfr da ultimo l'art. 3, primo comma della legge n. 41/1986); in correlazione con tale misura e' stata disposta la corresponsione, fra l'altro, alle regioni di una entrata sostitutiva del gettito dell'Ilor, commisurata alle riscossioni dell'ultimo anno di applicazione della disciplina originaria, il 1977, e annualmente incrementata in relazione al tasso programmato di inflazione. Cio' e' avvenuto con disposizioni di efficacia annuale, a partire dall'art. 19- bis del d.l. 29 dicembre 1977, n. 946, convertito in legge 27 febbraio 1978, n. 43, che si riferiva all'anno 1978, per proseguire poi con una ininterrotta catena di provvedimenti annuali: cfr. l'art. 11, primo comma d.l. n. 702/1978 (conv. in legge n. 3/1979) per il 1979; l'art. 31, primo comma, del d.l. n. 153/1980 (conv. in legge n. 299/1980) per il 1980; l'art. 33, primo comma, del d.l. n. 38 del 1981 (conv. in legge n. 153 del 1981) per il 1981; l'art. 29 del d.l. n. 786/1981 (conv. in legge n. 51/1982) per il 1982; l'art. 28, quinto comma, del d.l. n. 55/1983 (conv. in legge n. 131/1983) per il 1983; l'art. 8, sesto comma, della legge n. 730/1983 per il 1984; l'art. 4, sesto comma, della legge n. 887/1984 per il 1985; l'art. 5, sedicesimo comma, della legge n. 41/1986 per il 1986; l'art. 4 del d.l. n. 357/1987, (conv. in legge n. 435/1987) per il 1987. Con la legge 1 agosto 1988, n. 340 "somme da corrispondere alle regioni e ad altri enti in dipendenza dei tributi soppressi nonche' per l'acquisizione allo Stato del gettito Ilor. Contributi straordinari alle Camere di commercio" la materia fu disciplinata per il triennio 1988-1990, sempre attraverso l'attribuzione alle regioni di una entrata sostitutiva, annualmente incrementata (art. 6). Successivamente si riprese la prassi dei provvedimenti annuali: cfr. l'art. 11 del d.l. n. 6/1991 (conv. in legge n. 80/1991) per il 1991, e l'art. 12, terzo comma, del d.l. n. 8/1993 (conv. in legge n. 68/1993) per il 1992. Anche per il 1993 si e' operato allo stesso modo. La legge finanziaria per il 1993 (legge 23 dicembre 1992, n. 500) ha previsto nell'ambito del fondo speciale di parte corrente di cui alla tabella A, alla voce "Ministero del tesoro", la somma occorrente per la corresponsione di detta entrata sostitutiva. Nella relazione del Governo al disegno di legge finanziaria, alla voce "Tabella A - Ministero del tesoro" si legge infatti, fra l'altro, che "l'accantonamento mira in particolare a consentire. . . di assicurare ad aziende di soggiorno, regioni e camere di commercio un volume di risorse sostitutive di tributi soppressi e del gettito Ilor pari a quello dell'anno 1992". A tale accantonamento, come tutti gli anni, avrebbe dovuto far seguito un provvedimento che assegnasse l'entrata sostitutiva. E infatti la regione ricorrente, nell'approvare il proprio bilancio per il 1993, con legge regionale 14 giugno 1993, n. 19 ha previsto una entrata di 91,5 miliardi relativa all'assegnazione sostitutiva del gettito Ilor. Viceversa, inopinatamente, nel d.l. 22 maggio 1993, n. 155 (recante "misure urgenti per la finanza pubblica" convertito, su questo punto senza modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 243, e' stato inserito un art. 7, primo comma, nel quale si stabilisce che "per l'anno 1993 le quote dei fondi speciali di cui alle tabelle A e B approvate con l'art. 2, secondo comma, della legge 23 dicembre 1992, n. 500, non utilizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto, costituiscono economie di bilancio" con alcune esclusioni, fra cui, per quanto riguarda la voce Ministero del tesoro, tabella A, il mantenimento di un importo di 160 miliardi (sugli oltre 8.517 miliardi originariamente stanziati). Disposizione, invero, singolare anche sotto il profilo tecnico, poiche' si stabilisce che costituiscono "economie di bilancio" taluni stanziamenti non utilizzati. . . . prima che sia decorsa buona parte dell'esercizio finanziario cui gli stanziamenti stessi si riferiscono: benche' le "economie di bilancio" corrispondono, com'e' noto, agli importi di spesa stanziati e non utilizzati alla fine dell'esercizio, ne' mantenibili nel conto dei residui. La relazione governativa al disegno di legge di conversione del d.l. n. 155/1993 (atti Camera, n. 2695, p. 2) spiega che con l'art. 7 "viene eliminato, tra l'altro, l'accantonamento precostituito in sede di legge finanziaria per la corresponsione alle regioni di somme in corresponsione di tributi soppressi". Ne deriva la soppressione dell'assegnazione alla regione dell'entrata sostitutiva del gettito Ilor: infatti il commissario di governo, nel comunicare alla regione, con nota 8 giugno 1993, una serie di "osservazioni" sulla legge regionale di approvazione del bilancio 1993, al punto 2 ha affermato che "con riferimento allo stato di previsione dell'entrata, deve essere eliminata l'entrata iscritta al cap. 1.1 1468, per 91.5 miliardi, afferente l'assegnazione sostitutiva del gettito Ilor, atteso che, ai sensi dell'art. 7 del d.l. 22 maggio 1993, n. 155, le quote dei fondi speciali dello Stato non utilizzati alla data dell'entrata in vigore del decreto medesimo costituiscono economia di bilancio. Ne consegue che devono essere ridotte, per pari ammontare, le entita' complessive delle previsioni di spesa". In sostanza, dunque, per effetto della disposizione impugnata viene sottratta alla regione, dopo quindici anni, ad esercizio avanzato e dopo l'approvazione del bilancio regionale, una entrata ad essa spettante in quanto sostitutiva della quota regionale del gettito Ilor riscosso nella Regione medesima. Ora, e' ben vero che talora questa Corte ha ammesso la legittimita' di misure legislative che riducevano in corso di esercizio entrate della regione derivanti da trasferimenti statali. Ma nella specie si e' fatto qualcosa di piu': si e' sottratta alla regione, ad esercizio avanzato, una entrata la cui origine non e' un trasferimento discrezionalmente stabilito dallo Stato e altrettanto discrezionalmente modificabile, ma e' un'assegnazione sostitutiva di un'entrata tributaria propria della regione, essendo l'Ilor, in base alla legge istitutiva, un tributo imposto a favore della regione e degli enti locali, e corrispondendo l'entrata stessa, all'origine, all'importo dell'Ilor riscosso nel territorio regionale. Lo Stato non puo', insomma, prima avocare a se' il gettito di un tributo regionale, corrispondendo alla regione un'entrata sostitutiva del gettito del medesimo, e poi. . . far scomparire anche l'entrata sostitutiva, in nessun modo compensando lo squilibrio che si viene a determinare nella finanza regionale. Ne risulta violato l'art. 119 della Costituzione, che assicura alle regioni, l'autonomia finanziaria, e ne risulta violato altresi' l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, dal momento che si sottrae alla regione un'entrata propria senza indicare come essa debba far fronte all'onere relativo. L'obbligo di copertura, infatti come e' ben noto, riguarda non solo le leggi che dispongono nuove spese, sia pure a carico dei bilanci di altri enti pubblici, ma altresi', quelle che determinano riduzioni di entrate, come e' esplecitamente sancito, fra l'altro, dall'art. 27 della legge n. 468/1978, ai cui sensi "le leggi che comportano oneri, anche sotto forma di minori entrate, a carico dei bilanci degli enti" del settore pubblico allargato "debono contenere la previsione dell'onere stesso nonche' l'indicazione della copertura finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali". 2. - Una vicenda analoga riguarda l'entrata sostitutiva della imposta di soggiorno soppressa dal 1 gennaio 1989) prevista dall'art. 10 del d.l. 2 marzo 1989, n. 66 (conv. in legge 24 aprile 1989, n. 144), successivamente integrato dall'art. 11, quarto comma, del d.l. n. 6 del 1991 (conv. in legge n. 80 del 1991) e dall'art. 12, diciottesimo comma, del d.l. n. 8/1993 (convertito nella legge n. 68/1993): il quale, al secondo comma, attribuiva alla regione per gli anni 1989, 1990, 1991 e 1992, perche' le utilizzassero per il fabbisogno finanziario degli enti provinciali del turismo, delle aziende di soggiorno o di quelle di promozione turistica "somme di importo pari a quelle devolute a titolo di imposta di soggiorno per l'anno 1988 agli enti beneficiari del gettito di tale imposta, esclusi i comuni e le sezioni autonome per l'esercizio del credito alberghiero e turistico. Anche in questo caso l'accantonamento predisposto dalla legge finanziaria del 1993 doveva servire, come espressamente enunciato nella relazione governativa al disegno di legge, ad assicurare fra l'altro alle regioni un volume di risorse "sostitutive di tributi soppressi"; e anche in questo caso la eliminazione dell'accantonamento attuata con l'art. 7 del d.l. n. 155/1993 comporta la mancata assegnazione alle regioni "di somme in corrispondenza di tributi soppressi", come e' detto nella relazione governativa al disegno di legge di conversione. Pertanto, per la stessa ragione, gia' indicata a proposito dell'entrata sostitutiva dell'Ilor, la disposizione in esame e' illegittima anche con riguardo all'entrata sostitutiva dell'imposta di soggiorno. 3. - La legge n. 243/1993, di conversione del d.l. n. 155/1993, ha inserito nel d.l. un articolo 8- bis del seguente tenore: "Per l'anno 1993 non si fa luogo alla corresponsione della quota variabile del fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, quale determinata dall'art. 4, primo comma della legge 23 dicembre 1992, n. 500". Il fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, istituito dall'art. 9 della legge n. 281/1970, e' costituito, ai sensi dell'art. 3 della legge 14 giugno 1990, n. 158 (che ha ripreso sul punto una disciplina gia' prevista dall'art. 2 della legge 10 maggio 1976, n. 356), da una quota fissa pari a quella assegnata nel 1990, al netto delle assegnazioni su leggi di settore confluite nel fondo, e da una "quota variabile, determinata con la legge finanziaria su base triennale, comprensiva degli stanziamenti annuali previsti dalle vigenti leggi di settore" (art. 3, primo comma, lett. b). Alla individuazione delle leggi di settore i cui stanziamenti confluiscono in detta quota variabile provvede, sentita la conferenza Stato-regioni, il Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 3, secondo comma; la quota e' ripartita nell'ambito di comparti funzionali individuali con decreto del Presidente del Consiglio, sentita la Conferenza (art. 3, terzo comma); le regioni predispongono programmi da finanziare con detta quota sulla base di indici e di standards deliberati del Cipe (art. 3, quarto comma). In effetti quota variabile del fondo e' stata determinata, per gli anni 1991, 1992 e 1993, rispettivamente in 68, 137 e 210 miliardi, dall'art. 12 della legge finanziaria per il 1991 (1. n. 405 del 1990); per il 1994 in 287 miliardi dall'art. 5 della legge finanziaria per il 1992 (legge n. 415 del 1991), il quale per gli anni 1992 e 1993 confermava le quote stabilite da detto art. 12 della legge n. 415/1990; ed e' stata rideterminata in 137 miliardi annui per il 1993, il 1994 e il 1985 dall'art. 4, primo comma, della legge finanziaria per il 1993 (legge n. 500/1992). Ora la disposizione dell'art. 8- bis del d.l. n. 155, inserita dalla legge di conversione ad esercizio ormai giunto ad oltre meta' del suo corso, stabilisce che per il 1993 "non si fa luogo alla corresponsione della quota variabile" in discorso. Ancora una volta dunque si sottrae alle regioni, ad esercizio inoltrato, una entrata ad esse spettante per legge, e quantificata su base triennale, da ultimo dalla legge finanziaria per l'esercizio corrente: in tal modo impedendo alle regioni stesse una corretta programmazione dei propri investimenti, e gravandole di un ulteriore onere, sotto forma di minore entrata, senza indicare un alcun modo la copertura: in violazione dunque, ancora una volta, dell'art. 119 e dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione anche in relazione all'art. 27 della legge n. 468/1978. Anche ammettendo che il legislatore statale possa ridurre l'entita' dei trasferimenti finanziari a favore delle regioni, in ragione di obiettivi della politica finanziaria statale (ma sempre rispettando il limite di congruita' fra le funzioni attribuite alle regioni e le risorse ad esse assegnate), non puo' certo considerarsi legittima la totale soppressione, per un esercizio, di una entrata per legge spettante alle regioni: che comporta una grave alterazione dell'intera struttura della finanza regionale. Per di piu' la disposizione in esame comporta la soppressione di un fondo in cui, per legge, confluiscono gli staziamenti previsti da leggi di settore, dalle quali discende a favore delle regioni un vero e proprio diritto ad ottenere le relative risorse, e la cui operativita' viene invece cosi' compromessa. Tutto il contrario di quel principio di "autonomia finanziaria fondata su certezza di risorse proprie e trasferite" (art. 54, secondo comma, legge n. 142/1990, espressione di un principio valido a fortiori per le regioni), che dovrebbe costituire il fondamento dei rapporti finanziari fra lo Stato e gli enti autonomi territoriali, primi fra tutti le regioni.