IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro Piccolomini Giovanni, nato il 7 luglio 1960 a Roma, atto di nascita n. 2470/A.I., residente a Montorio Romano (Roma) in via 4 Novembre n. 56, coniugato, incensurato; serg. magg. presso il 63 Battaglione Carri "Fioritto" in Cordenons (Pordenone), libero imputato di: a) diserzione aggravata (artt. 47, n. 2, e 148, n. 2, del c.p.m.p.) perche', serg. magg. presso il 63 Battaglione Carri "Fioritto" in Cordenons, scadutagli in data 14 luglio 1992 una licenza di convalescenza, non faceva rientro al corpo sotto tale, senza giusto motivo, rimanendo arbitrariamente assente fino al giorno 14 settembre 1992 data in cui veniva ricoverato all'ospedale militare di Roma; b) diserzione aggravata (artt. 148, n. 2, e 47, n. 2, del c.p.m.p.) perche', serg. magg. come sopra, dimesso "idoneo" dall'ospedale militare di Roma in data 12 ottobre 1992, non faceva rientro al Corpo sotto tale data, senza giusto motivo, rimanendo arbitrariamente assente per i cinque giorni successivi e fino a tutt'oggi. Entrambi reati avvinti dal vincolo della continuazione (art. 81, cpv. del c.p.) e con l'aggravante del grado rivestito (art. 47, n. 2, del c.p.m.p.). In esito al pubblico ed orale dibattimento. FATTO E DIRITTO A conclusione del dibattimento, risultano a carico del serg. magg. Piccolomini sicure prove di responsabilita' in ordine ai reati di assenza dal servizio in epigrafe. Non emergono, inoltre, per lo stesso ripetersi dei reati e per i numerosi precedenti disciplinari del condannabile, elementi per concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena. La condanna che dovrebbe essere pronunciata non comporta piu' (per la parziale abrogazione degli artt. 29 e 34, primo comma, del c.p.m.p. ad opera dell'art. 9 della legge 7 febbraio 1990, n. 19) l'automatica rimozione dal grado. Questa, essendo il Piccolomini sottufficiale in servizio permanente, potrebbe essere eventualmente inflitta, unitamente alla destituzione, all'esito di apposito procedimento di competenza dell'autorita' disciplinare (art. 9, secondo comma, citato). Di conseguenza, nell'intero periodo di esecuzione della reclusione militare, o almeno sin quando non intervenga il provvedimento amministrativo di definitiva destituzione e perdita del grado, al sergente maggiore verrebbe applicata la sospensione dal grado, come stabilito dagli artt. 31 e 34, secondo comma, del c.p.m.p. Questa pena accessoria, che consiste dunque nella "privazione temporanea del grado militare" durante l'espiazione della pena principale, si applica ai sottufficiali e ai graduati di truppa. Nell'ambiente carcerario sono per costoro sospese le attribuzioni del grado e, nel periodo di carcerazione, anche l'eventuale rapporto di impiego, che nel grado ha il suo imprescindibile presupposto. Nel caso in cui la reclusione militare venga, invece, eseguita nei confronti di ufficiali, l'art. 30 del c.p.m.p. esclude la sospensione dal grado e prevede la sola sospensione dall'impiego. L'ufficiale, dunque, nell'ambiente carcerario mantiene le attribuzioni del grado. Questo tribunale, non emergendo alcuna valida ragione che giustifichi la differenziazione nel trattamento sanzionatorio, in cio' ravvisa una violazione del principio di uguaglianza. Appare, inoltre, evidente che anche il principio della pari dignita' di ogni militare sia incompatibile con una cosi' vistosa disuguaglianza delle pene accessorie. E, infine, la stessa esigenza di rispetto della persona non consente che, quando per la condanna non sia intervenuta la perdita definitiva del grado, nell'ambiente militare carcerario il condannato sia privato del grado. Pertanto, viene sollevata questione di legittimita' degli artt. 30 e 31 del c.p.m.p., nella parte in cui prevedono per i sottufficiali ed i graduati di truppa una pena accessoria diversa da quella prevista per gli ufficiali, in relazione agli artt. 3 e 52, ultimo comma, della Costituzione.