IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 500 primo e quarto comma del c.p.p. in relazione agli artt. 3, primo comma e 24, secondo comma della Costituzione, sollevata d'ufficio nel procedimento penale n. 52/1993 a carico di Lalario Paolo, imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv., 479, 61 n. 2 e 314 del c.p. F A T T O All'udienza dell'11 marzo 1993 il difensore dell'imputato chiedeva di poter contestare al denunciante Pavanello Silvano, ai sensi dell'art. 500, primo comma del c.p.p., le dichiarazioni dal medesimo rese in sede di denuncia al fine dell'eventuale acquisizione della stessa ex art. 500 quarto comma del c.p.p., in quanto utilizzata per le contestazioni. Il p.m. si opponeva alla richiesta, sostenendo che la denuncia non puo' essere oggetto di contestazioni e, quindi, non puo' essere acquisita nel fascicolo per il dibattimento per gli effetti indicati dall'art. 500 quarto comma del c.p.p. Il tribunale, dopo aver concluso l'istruttoria dibattimentale, all'udienza del 12 luglio 1993, sciogliendo la riserva sulla richiesta dalla difesa, sollevava d'ufficio questione di legittimita' costituzionale nei termini sopra precisati, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata. D I R I T T O Non si puo' mettere in discussione la rilevanza della questione, in quanto il controesame del denunciante, persona offesa puo' avere, nel caso di specie, esiti diversi, che si riflettono sul piano probatorio, a seconda che si consenta o meno al difensore dell'imputato la contestazione delle dichiarazioni costituenti oggetto della denuncia e, quindi, la loro eventuale acquisizione nel fascicolo per il dibattimento. La questione e' altresi' non manifestamente infondata. E' sufficiente al riguardo richiamare la sentenza n. 255/1992 della Corte costituzionale e sottolineare che anche in questo caso, l'interpretazione dell'art. 500 del c.p.p., che non consentisse di contestare e, quindi, di acquisire a fini probatori, il contenuto di una denuncia violerebbe i principi di ragionevolezza, di uguaglainza, di non dispersione dei mezzi di prova, nonche' il "fine primario ed ineludibile del processo penale" che e' "quello della ricerca della verita'". Non appare infatti, ispirato al criterio della ragionevolezza mettere su piani diversi le dichiarazioni rese dalla persona offesa di un reato alla p.g. o al p.m. e trasfuse nel relativo verbale e quelle contenute in scritti o altri mezzi di rappresentazione del pensiero, depositate o inviate all'autorita' giudiziaria o di p.g. (al limite anche ad altre autorita' pubbliche tenute all'obbligo della denuncia ex art. 331 del c.p.p.). Di fatti, in entrambe le ipotesi, identico e' il contenuto della denuncia, diverse solo essendo le modalita' di acquisizione e di documentazione della denuncia stessa; ne deriva che identica deve esserne la valenza probatoria, e quindi, identica la possibilita' di utilizzazione a fini di contestazione e di successiva aquisizione. Si pensi, ad esempio, al caso in cui la p.o., convocata dal p.m. confermi a verbale la denuncia precedentemente fatta pervenire all'autorita' giudiziaria: in tal caso il contenuto della denuncia, essendo integralmente recepito nel verbale reso avanti al p.m., puo' essere oggetto delle contestazioni previste dall'art. 500 del c.p.p., con tutto quanto ne consegue, mentre cio' non accadrebbe, accogliendo l'interpretazione di cui qui si eccepisce l'illegittimita' costituzionale, qualora la stessa denuncia non fosse seguita dalla conferma a verbale da parte del suo autore al p.m. In tale ultimo caso si disperderebbe, senza alcuna valida ragione, un mezzo di prova altrimenti utilizzabile e si vanificherebbe il fine primario della ricerca della verita', che deve sempre ispirare il giudice penale. Verrebbe, altresi', pregiudicata l'inviolabilita' del diritto di difesa in tutti i casi in cui il denunciante abbia reso dichiarazioni in contrasto con il contenuto della precedente denuncia e le stesse non possano essere contestate e, quindi, utilizzate a fini probatori. Nel caso di specie, non sarebbe possibile al difensore far rilevare delle difformita' tra le deposizioni rese in dibattimento da Pavanello Silvano e la denuncia dello stesso datata 8 novembre 1991 inviata al procuratore generale.