IL PRETORE Nell'udienza del 15 giugno 1993 nella causa tra Ferri Renzo (avv. Solimeno), contro l'Inps (avv. Boni), sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 20 aprile 1993, ha pronunciato all'udienza del 22 giugno 1993 la seguente ordinanza che costituisce parte integrale del verbale. 1. - Con ricorso depositato in cancelleria il 25 gennaio 1992, Renzo Ferri, premesso di essere titolare di una pensione di vecchiaia con decorrenza 1 giugno 1990, esponeva di avere trasformato il proprio rapporto di lavoro precedentemente in essere con il datore in rapporto a tempo parziale, cosi' come consentito dall'art. 5 della legge n. 863/1984, obbligandosi a prestare attivita' lavorativa per due ore giornaliere, per cinque giorni alla settimana. 2. - Lamentava il ricorrente che l'Inps aveva provveduto, in sede di prima liquidazione della pensione, ad effettuare direttamente la trattenuta prevista dall'art. 20, legge 30 aprile 1969, n. 153, nella misura di L. 3.447.550 per il periodo 1 giugno-7 settembre 1990, calcolata giornalmente, giusta il disposto della norma richiamata. 3. - Osservava lo stesso ricorrente come, in tale modo, la determinazione predetta, effettuata su base giornaliera, non sembrava raccordarsi con la normativa sul lavoro a tempo parziale, introducendo una irragionevole disparita' di trattamento tra i prestatori di lavoro che avessero optato per il c.d. part-time verticale, e quelli che avessero invece optato per il c.c. part-time orizzontale pur in presenza di una stesso numero di ore lavorate: difatti, mentre per i primi la trattenuta - calcolata sulle giornate di lavoro - avrebbe effettivamente avuto riguardo al lavoro prestato, per i secondi invece avrebbe inciso, dando luogo ad un deteriore effetto moltiplicatore, su giornate in realta' non lavorate per intero. 4. - Al riguardo, osserva questo giudice che il ricorrente, acquisito il diritto alla percezione della pensione di vecchiaia, ha inteso proseguire lo svolgimento dell'attivita' lavorativa, cosi' come del resto consentito dall'ordinamento per effetto della sentenza della Corte costituzionale 11 dicembre 1969, n. 155, che ha dichiarato incostituzionale l'art. 20, lettere a) e b) del d.P.R. n. 27 nella parte in cui prevedeva la non cumulabilita' tra pensione di vecchiaia e retribuzione. Di conseguenza, attesa la possibilita' di un cumulo soltanto parziale, sulla retribuzione percepita dal lavoratore-pensionato viene effettuata una trattenuta regolata dall'art. 21 del d.P.R. n. 488 medesimo, cosi' come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153, il quale prevede che "per l'applicazione del precedente articolo 20 il lavoratore tenuto a dichiarare per iscritto al proprio datore di lavoro la propria qualita' di pensionato. Il datore di lavoro, a seguito della denuncia o comunque accertato che il dipendente e' titolare di pensione liquidata a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia e i superstiti e sue gestioni speciali, e' tenuto ad annotare tale circostanza sul libro matricola ed ha altresi' l'obbligo di detrarre dalla retribuzione, al netto delle integrazioni per i carichi di famiglia comunque denominate, una somma pari all'importo dalla pensione o di una quota di essa, non dovuti ai sensi del citato articolo 20, e di versarla all'istituto nazionale della previdenza sociale". Il secondo ed il terzo comma determinano l'entita' della trattenuta da operare, prescrivendo rispettivamante che "l'ammontare della detrazine e' determinato moltiplicando l'importo della trattenuta giornaliera, da indicarsi sul certificato di pensione a cura dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, per il numero delle giornate retribuite del mese, fino ad un massimo di 26"; il terzo comma, infine dispone che "qualora l'orario settimanale previsto dalle norme contrattuali sia ripartito in un numero di giorni inferiori a sei, l'ammontare della detrazione da effettuare per ciascuna settimana di lavoro e' determinato moltiplicando l'importo della trattenuta giornaliera di cui al comma precedente per sei". Nel caso di specie, il ricorrente ha stipulato col proprio datore di lavoro, a far data dalla decorrenza dal diritto alla pensione di vecchiaia, un contratto di lavoro a tempo parziale part-time, secondo i criteri indicati dall'art. 5 del d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1984, n. 863. 5. - E' noto come, dalla formulazione dell'art. 5, secondo comma, del d.l. predetto - il quale prevede che il contratto di lavoro a tempo parziale debba indicare "le mansioni e la distribuzione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno" (disposizione questa ritenuta non incostituzionale dalla Corte con la sentenza 4 maggio 1992 n. 210) - il legislatore abbia inteso accordare ai soggetti del rapporto la piu' ampia flessibilita' nell'articolazione dell'orario di lavoro, per cui risultano pienamente legittimi sia il c.d. part-time orizzontale - che si ha laddove l'orario di lavoro, ovviamente ridotto rispetto a quello ordinario, viene distribuito per piu' giorni alla settimana - sia quello c.d. "orizzontale" - che si ha laddove la prestazione lavorativa quantitativamente ridotta venga concentrata solo in alcuni giorni della settimana. In assenza di qualsiasi disposizione contraria dell'ordinamento, appare evidente come il contratto di lavoro a tempo parziale possa venire stipulato anche da un soggetto beneficiario di un trattamento pensionistico di vecchiaia. In tal caso, tuttavia, l'ente previdenziale, ottemperando al disposto dell'art. 21 del d.P.R. n. 488 citato, dovra' effettuare la detrazione ivi prevista, la quale si attua, come sopra rilevato, attraverso la trattenuta giornaliera indicata sul certificato di pensione. In questo modo, tuttavia, le differenti situazioni rappresentate dalla sussistenza di un rapporto di lavoro rispettivamente part-time "orizzontale" e "verticale" vengono unificate nella identita' del parametro di riferimento del calcolo per la detrazione, rappresentato dalla giornata di lavoro, con la evidente differenza che, mentre nella prima ipotesi (part-time "verticale"), l'ammontare della trattenuta rispecchia fedelmente la situazione lavorativa, essendovi perfetta coincidenza tra giornate lavorate e ammontare della trattenuta, nella seconda (part-time "orizzontale") detta coincidenza e' puramente fittizia, e si risolve a danno del prestatore di lavoro, poiche' la trattenuta viene calcolata in ragione di giornate lavorative che non sono piene. Ne deriva che, a parita' di ore lavorate, e quindi di quantita' di lavoro prestato, l'incidenza della trattenuta operata, e, dunque, l'ammontare della stessa pensione erogata, viene a dipendere da un elemento, di per se' neutro - e comunque tale da non giustificare siffatta differenziazione - quale la distribuzione delle (stesse) ore all'interno della settimana lavorativa, penalizzando in maniera piu' consistente il lavoratore-pensionato soggetto ad un contratto a tempo parziale "orizzontale". Ne' in contrario, appare conferente il richiamo al terzo comma della norma in esame, la quale prevede che, laddove l'orario di lavoro settimanale sia ripartito in un numero di ore inferiore a sei, l'ammontare della trattenuta sia determinato calcolando l'importo della trattenuta giornaliera per sei. Detta norma risulta infatti dettata per la c.d. "settimana corta", che rappresenta un istituto di fonte contrattuale in nessun modo assimilabile al rapporto speciale a tempo parziale (cfr circolare Inps n. 53380/prs 136 dell'8 settembre 1969 attuativa della legge 30 aprile 1969, n. 153), e pertanto non appare in alcun modo utilizzabile nel caso di specie. D'altra parte, non mancano nel corpus normativo della legge n. 863, espressi riferimenti ad una considerazione effettiva della quantita' di lavoro prestato: si vedano, in particolare, l'art. 5, quinto comma, il quale, risolvendo una dibattuta questione, prevede che la retribuzione minima oraria da assumere quale base per il calcolo dei contributi previdenziali si calcola rapportando alle giornate di lavoro a tempo parziale il minimale giornaliero di cui all'art. 7 del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, e dividendo tale importo per il numero di ore giornaliere di lavoro previste per i contratti a tempo pieno; ed il successivo undicesimo comma, che, nell'ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale, prevede che, ai fini della determinazione del trattamento pensionistico, l'anzianita' relativa al periodo di lavoro a tempo parziale si calcoli in proporzione all'orario effettivamente svolto. Da tali dati normativi e' dato evincere, ad avviso di questo giudice, il chiaro intendimento del legislatore di considerare, ai fini dell'applicazione di determinati istituti, l'effettivita' del lavoro svolto, indipendentemente dal dato, meramente accidentale, e, comunque, unicamente riferibile alla sfera di autonomia dei contraenti, rappresentato dalla collocazione temporale dell'orario di lavoro. 6. - Di conseguenza, attesa la differente incidenza della detrazione, operata sotto forma di trattenuta dall'Inps, in ragione del mero dato consistente nell'articolazione settimanale delle ore di lavoro, e pur in presenza dell'identico numero di ore lavorare dal pensionato-prestatore di lavoro part-time, la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 21, secondo e terzo comma, nella parte nella parte in cui non prevedono che, nell'ipotesi contratto di lavoro a tempo parziale di cui all'art. 5 del d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1984, n. 863, la trattenuta venga commisurata al numero effettivo di ore lavorate, appare non manifestamente infondata per violazione del principio di eguaglianza consacrato dall'art. 3, primo comma della Costituzione. 7. - Peraltro, la norma in questione appare altresi' in contrasto con l'art. 38 della Costituzione, in quanto incide sul trattamento previdenziale effettivamente erogato. E' noto, infatti, che la trattenuta viene effettuata dall'istituto previdenziale ed il relativo ammontare e' successivamente detratto dalla pensione corrisposta: per effetto della variazione dell'entita' della trattenuta, il trattamento pensionistico erogato subisce una contrazione che non risulta in alcun modo correlata ad un mutamento (evidentemente in melius) di quelle condizioni di bisogno alla cui eliminazione e' funzionalmente destinato il trattamento previdenziale corrisposto, bisogno che appare in effetti identico indipendentemente dalla distribuzione dell'orario di lavoro convenuta tra il pensionato ed il datore di lavoro nel contratto a tempo parziale. La stessa suprema corte, ha, del resto, ben precisato l'operativita' di detto meccanismo, con l'affermare che "per effetto del parziale divieto di cumulo tra pensione e restribuzione, sancito dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153, la retribuzione non subisce, in realta', alcuna riduzione, giacche' il divieto colpisce ogggetivamente la pensione Inps, dal cui importo viene detratta la quota non cumulabile, sebbene, ai fini di semplificazione contabile, il legislatore abbia creato un meccanismo per il quale la pensione continua ad essere erogata, mentre la retribuzione viene decurtata di una trattenuta, corrispondente alla quota di pensione non cumulabile, che lo stesso datore e' tenuto a versare poi all'Inps" (Cass. SS.UU. 14 luglio 1989, n. 11677). 8. - La questione, oltre ad apparire non manifestamente infondata, risulta altresi' rilevante per la definizione del presente giudizio. Difatti, avendo il ricorrente prestato attivita' lavorativa in esecuzione di un contratto di lavoro part-time c.d. orizzontale, distribuito in due ore giornaliere per cinque giorni alla settimana, appare evidente che nell'ipotesi di accoglimento della dedotta eccezione di illegittimita' costituzionale la trattenuta da effettuarsi da parte dell'Inps - per la restituzione di parte della quale e' stata proposta dal ricorrente domanda giudiziale - subirebbe una considerevole riduzione. Difatti, moltiplicando la quota giornaliera indicata al modello TE08 per il numero effettivo di ore lavorate, discenderebbe che la trattenuta complessiva da operarsi dall'Inps sulla erogazione della pensione risulterebbe alquanto minore nel suo ammontare. Sussistono, quindi, ad avviso di questo giudice, i requisti necessari e sufficienti per promuovere un giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 21 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, cosi' come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153, per contrasto con gli articoli 3 e 38 della costituzione, nella parte in cui non prevede che, nell'ipotesi di contratto di lavoro a tempo parziale di cui all'art. 5 del d.l. 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1984, n. 863, la trattenuta venga commisurata al numero effettivo di ore lavorate.