ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 444, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 17 giugno 1992 dal Pretore di Nuoro, sezione distaccata di Siniscola, nel procedimento penale a carico di Farris Pasqualina, iscritta al n. 731 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1992; Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che il Pretore di Nuoro, sezione distaccata di Siniscola, adito in sede di applicazione della pena su richiesta, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 444, secondo comma, del codice di procedura penale, "nella parte in cui prevede che il giudice dispone con sentenza l'applicazione della pena indicata anche quando accerta, sulla base degli atti, che il fatto e' diverso da come descritto nell'imputazione"; che il giudice remittente ritiene che l'imputazione di lesioni personali lievissime, contestata all'imputato, risulti incompleta rispetto a quanto emerge dagli atti, in base ai quali e', a suo avviso, ravvisabile la ben piu' grave ipotesi di tentato omicidio; che cio' nonostante il Pretore osserva di non potersi esimere dal dare luogo all'applicazione della pena richiesta dalle parti in quanto la norma impugnata non prevede che egli possa rilevare la diversita' del fatto rispetto alla contestazione; che proprio la mancata previsione di un potere di controllo sulla genuinita' e sull'esattezza dell'imputazione contrasterebbe: - con l'art. 3 della Costituzione, per l'irragionevolezza di detta disciplina in raffronto all'opposta previsione dettata per il dibattimento dall'art. 521 del codice di rito, nonche' con il potere, pur sempre concesso al giudice, di esercitare un sindacato di legittimita' sulle richieste delle parti; ed inoltre per l'ingiustificata disparita' di trattamento in conseguenza dell'opzione per il rito speciale; - con l'art. 76 della Costituzione, in quanto l'art. 2, n. 45, della legge di delega per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, riferisce la pena "patteggiata" a quella irrogabile per il reato effettivamente commesso, e non gia' per quello formalmente contestato; - con l'art. 112 della Costituzione, consentendo di fatto al pubblico ministero di conseguire una sentenza inappellabile in ordine ad un fatto diverso da quello commesso, eludendo percio' il principio dell'obbligatorieta' dell'azione penale. Considerato che, secondo la sua stessa prospettazione, il Pretore remittente mostra di ritenere che sulla base degli atti sottoposti al suo esame sia configurabile il reato di tentato omicidio non contestato in fatto all'imputato; che tale situazione implica necessariamente che, ai sensi dell'art. 21, primo comma, del codice di procedura penale, il Pretore e' tenuto ("in ogni stato e grado del processo") a dichiarare immediatamente la propria incompetenza per materia in quanto il reato e' attribuito alla cognizione di un giudice di competenza superiore (cfr. anche la sentenza n. 347 del 1991 di questa Corte); che, conseguentemente, la norma impugnata non puo' ricevere applicazione alcuna nel giudizio a quo e, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;