Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri,
 rappresentato dall'avvocatura  generale  dello  Stato  nei  confronti
 della regione Lazio, in persona del presidente della giunta regionale
 in  carica,  avverso la delibea legislativa riapprovata dal consiglio
 regionale il 23 settembre 1993, comunicata al commissario del Governo
 l'11 ottobre 1993, e riguardante l'inquadramento del personale  dello
 Ersal (ente regionale di sviluppo agricolo del Lazio).
    Con  telegramma  dell'8  dicembre  1992  il Governo ha rinviato la
 delibera legislativa 22 ottobre 1992, poi riapprovata con adeguamento
 di talune disposizioni ai rilievi formulati.
    1. - L'art.  1,  punto  2,  della  delibera  legislativa  predetta
 prevede  l'inquadramento  "nella qualifica immediatamente superiore a
 quella rivestita"  dei  dipendenti  non  dirigenti  dello  Ersal  che
 abbiano "diretto di fatto per almeno tre anni", tra il 1 gennaio 1983
 e  il  16  febbraio 1988, "strutture a livello di ufficio formalmente
 esistenti alla data del 1 gennaio 1983".
    La norma ipotizzata, che dovrebbe aggiungersi ad un  lungo  elenco
 di  disposizioni legislative regionali riguardanti il personale dello
 Ersal, mira ad estendere l'art. 1 della legge reg. 23 marzo 1990,  n.
 33  (in  bollollettino  ufficiale  della  regione  Lazio n. 10 del 10
 aprile 1990).
   L'ulteriore estensione cosi' ipotizzata contrasta con gli artt.  97
 e  117  della  Costituzione e con le norme "interposte" relative alla
 disciplina dei rapporti di lavoro con  le  pubbliche  amministrazioni
 (anche regionali). Tra l'altro, la separazione delle materie devolute
 alla  legge  da  quelle devolute agli accordi e' volta a prevenire il
 concorrere di  fonti  regolatrici  diverse.  D'altro  canto  principi
 fondamentali  sono stati stabiliti dall'art. 2 della legge 23 ottobre
 1992, n. 421 e dal  decreto  legislativo  3  febbraio  1993,  n.  29,
 entrato   in   vigore   prima  della  riapprovazione  della  delibera
 legislativa in esame. In  particolare  si  rammentano  i  criteri  di
 "contenimento  e  controllo  della  spesa  globale"  (art.  2 citato,
 lettera h)), di eliminazione degli automatismi (idem, lettera o)), di
 "organica  regolamentazione   delle   modalita'   di   accesso"   sia
 all'impiego sia a ciascuna qualifica (idem, lettera t)).
    La  delibera  legislativa  non accenna, neppure implicitamente, ad
 attribuzioni temporanee di funzioni superiori;  essa  fa  riferimento
 alla preposizione di fatto ad una "struttura a livello di ufficio", e
 non  anche  a  disposizioni  prevedenti  per  tale  preposizione  una
 qualifica superiore a quella posseduta dal preposto.  D'altro  canto,
 la delibera legislativa non richiede una preposizione ancora attuale,
 e  quindi  neppure adduce una esigenza funzionale dell'ente. Sicche',
 il passaggio di qualifica e' configurato come un effetto  automatico,
 come una sorta di "premio" postumo.
    Comunque,  l'art. 57 secondo comma del citato decreto legislativo,
 in conformita' con l'art. 2 citato lettera n), dispone che, nel  caso
 di  attribuzione  temporanea di mansioni superiori, "il dipendente ha
 diritto   (soltanto)   al   trattamento   economico    corrispondente
 all'attivita' svolta per il periodo di espletamento delle medesime".
    2.  - L'art. 1 punto 3 della delibera legislativa in esame prevede
 che i posti disponibili nella seconda  qualifica  dirigenziale  siano
 ricoperti  mediante  concorso: a) "interno" e "riservato al personale
 dello Ersal inquadrato nella prima qualifica dirigenziale con  almeno
 cinque  anni  di  anzianita' nella qualifica", e b) da effettuarsi ai
 sensi dell'art. 2 della legge 6 luglio 1987, n.  30  (in  boll.  uff.
 della regione Lazio n. 20, del 20 luglio 1987) ossia con le modalita'
 e con la commissione giudicatrice (a composizione prevalentemente non
 tecnica) previste da detto art. 2.
    Anche  questa  disposizione appare contrastante - oltre che con il
 principio di eguaglianza (con riguardo al connotato di cui  al  punto
 a)  - con gli artt. 97 e 117 della Costituzione e con le disposizioni
 "interposte",  anche  sopravvenute  al  rinvio  governativo,  recanti
 principi  generali  costituenti limiti alla legislazione regionale in
 tema  di  accesso  a  qualifiche  dirigenziali  superiori  a   quella
 iniziale.  Nella  relazione  alla  proposta  di  legge  si accenna al
 "precedente" dato dalla legge reg. 2 aprile 1991,  n.  13  (in  boll.
 uff.  della  regione  Lazio n. 11 del 20 aprile 1991); senonche' tale
 legge, a sua volta modificativa delle leggi reg. 11 aprile  1985,  n.
 36  e  6 luglio 1987, n. 39, ha ambito di applicazione meno ristretto
 di quello individuato dalla ipotizzata norma di che trattasi.
    Ne' puo' secondarsi la tendenza del legislatore regionale,  emersa
 gia'  nell'art.  2  della  citata  legge  reg.  n. 13/1991, a rendere
 permanenti - in un continuo rincorrersi di norme quasi personalizzate
 asseritamente motivate dalla esigenza  di  rimuovere  "ingiustificate
 disparita'  di  trattamento"  (cosi'  nella  menzionata  relazione) -
 "benefici" originariamente introdotti come transitori.
    3. - L'art. 2 prevede un onere di lire 400 milioni "annui". Non e'
 chairo se tale previsione riguardi solo il 1993, od anche il 1994  ed
 il  1995.  La  delibera  legislativa  non  risulta accompagnata dalla
 relazione tecnica, che deve precisare il conteggio occorrente, per la
 effettiva  copertura  finanziaria  delle  leggi   di   spesa,   anche
 regionali.