IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza collegiale nella causa di lavoro promossa dal comune di Soresina, coll'avv. G. Mondini, contro l'I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, con gli avvocati B. Battista e S. Guerrera. Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo; Considerato che al presente giudizio risulta applicabile l'art. 13 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, cosi' come sostituito dall'art. 6-bis della legge 18 marzo 1993, n. 67 (di conversione del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9) che espressamente esclude per i contratti d'opera o per prestazioni professionali, anche gia' stipulati alla data di entrata in vigore della norma stessa dalle province, comuni, comunita' montane e dai loro consorzi, dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (nella specie trattasi del comune di Soresina) la configurabilita' di un rapporto di lavoro subordinato ed esonera i suddetti enti dall'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi in materia di previdenza e di assistenza (il pretore di Cremona, con sentenza n. 151 del 22 aprile 1992, ha respinto l'opposizione proposta dal comune di Soresina avverso il decreto 22-26 agosto 1991 con il quale, su istanza dell'I.N.P.S., era stato ingiunto allo stesso il pagamento della somma di L. 96.785.810 per contributi previdenziali riguardanti Francesco Annona dall'agosto 1983 al dicembre 1987 e relativa somma aggiuntiva, a titolo di sanzioni civili, ritenendo che tra l'anzidetto comune e l'Annona fosse intercorso un rapporto di lavoro subordinato); Considerato che le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 6-bis della legge 18 marzo 1993, n. 67, secondo e terzo comma, appaiono non manifestamente infondate, potendo essere in contrasto con varie norme e principi costituzionali e, in particolare: 1) art. 101 della Costituzione. L'art. 13 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, cosi' come sostituito dall'art. 6-bis della legge 18 marzo 1993, n. 67, ha introdotto una norma innovativa e non semplicemente interpretativa (e' di interpretazione autentica solo quella disposizione che si riferisca e si saldi con quella da interpretare ed intervenga esclusivamente sul significato normativo di quest'ultima norma senza pero' intaccare o integrare il dato testuale ma solo chiarendone o esplicandone il contenuto ovvero escludendo o enucleando uno dei significati possibili), anche perche' non e' possibile individuare la norma interpretata ne' le incertezze interpretative cui tale norma avrebbe dato luogo (il divieto di cui all'art. 1 della legge n. 60/1969, ritenuto non operante dal primo comma del citato art. 6- bis, riguarda fattispecie diversa e non applicabile al caso di spe- cie). Orbene, se il legislatore puo' regolare ogni materia con disposizioni nuove e puo' espressamente disporne la operativita' anche per il passato, non puo' sottrarre all'autorita' giudiziaria quella attivita' che e' propria della funzione giurisdizionale e cioe' l'attivita' qualificatoria e interpretativa del fatto al fine di deciderne la disciplina applicabile. Puo', quindi, ravvisarsi nell'intervento legislativo sopra indicato una arbitraria compressione dell'autonoma funzione giurisdizionale, in violazione dell'art. 101 della Costituzione non trattandosi, nella specie, di semplice faccolta' di interpretare la norma ma di qualificare fatti e rapporti giuridici; 2) art. 3 della Costituzione. La norma citata, inserendosi arbitrariamente su un substrato giurisprudenziale non controverso ed operando retroattivamente su situazioni sostanzialmente gia' consolidate, appare introdurre una irrazionale e ingiustificabile disparita' di trattamento tra: a) datori di lavoro privati e pubblici e, nell'ambito di quest'ultima categoria, tra gli enti indicati tassativamente dall'art. 6-bis e i restanti enti pubblici, alcuni tenuti ed altri no ad adempiere l'obbligo contributivo e, quindi, anche tra lavoratori che, pur svolgendo identica attivita' lavorativa, per modalita' e tipo di prestazioni, saranno qualificati lavoratori subordinati o lavoratori autonomi a seconda della diversa qualifica del datore di lavoro; b) tra i lavoratori che, seppure assunti da comuni (o dagli altri enti indicati sulla norma) con incarico professionale o con contratto d'opera, hanno gia' ottenuto il riconoscimento giudiziale, con sentenza passata in giudicato, del loro diritto alla posizione assicurativa e previdenziale e gli altri lavoratori che tale diritto non possono piu' vedersi riconosciuto, nonostante versino nella medesima situazione di fatto; 3) art. 38 della Costituzione. Se e' vero, come e' vero, che sino al momento della sua entrata in vigore i lavoratori interessati avevano acquisito, per riconoscimento costituzionale, di diritto ad una posizione assicurativa, con conseguente diritto anche a pretendere eventualmente prestazioni da parte degli enti previdenziali, il successivo intervento legislativo, volto ad annullarne il contenuto per mere esigenze di bilancio, si e' trasformato in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidente su situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti frustrando, cosi', anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza sociale e giuridica che costituisce elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto (vedi sentenza Corte costituzionale n. 349/1985 e n. 39/1993). Inoltre, la nuova disposizione, sottraendo irrazionalmente risorse alle finalita' assistenziali e previdenziali e facendo ingiustificatamente risparmiare del denaro ad alcuni enti in materia contributiva ha leso il diritto alla previdenza sociale impedendo agli enti preposti di adempiere efficacemente ai loro compiti (art. 38, secondo e quarto comma, della Costituzione).