IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   1.  -  Preliminarmente  che l'art. 401, quarto comma, del codice di
 procedura penale, il quale non consente la trattazione e la pronuncia
 di nuovi provvedimenti su questioni relative  alla  ammissibilita'  e
 fondatezza  della  richiesta  di  incidente  probatorio, si riferisce
 chiaramente alle sole parti, le quali infatti avevano la possibilita'
 di contraddire rispetto alla richiesta di incidente nei termini e con
 le forme di cui  all'art.  396  del  codice  di  procedura  penale  e
 decadono,  ove non lo abbiano fatto, dalla possibilita' di riproporre
 tali questioni dopo l'ordinanza ammissiva dell'incidente  probatorio;
 la  disposizione,  al contrario, non pregiudica il potere del giudice
 di revocare l'ordinanza ammissiva ove, anche all'esito  di  ulteriori
 elementi  acquisiti,  ritenga  la  prova  inammissibile:  cio' sia in
 conformita' al generale potere di revoca  relativo  ai  provvedimenti
 sulla  ammissione della prova sancito dall'art. 190, terzo comma, del
 c.p.p.; sia perche' altrimenti si creerebbe una  illogica  disparita'
 rispetto al dibattimento (che l'incidente probatorio non fa altro che
 anticipare) nel quale tale potere di revoca e' espressamente previsto
 dall'art.  495,  quarto  comma, del codice di procedura penale (cfr.,
 oltre ad un obiter  dictum  di  Cass.  9  luglio  1991,  Ascione,  la
 generalita' della dottrina).
    2. - Cio' premesso, ritiene il giudice per le indagini preliminari
 che,   anche   qui   sulla   scorta  della  prevalente  dottrina,  la
 ricognizione di persona o di cosa costituisca  sempre  una  forma  di
 testimonianza, essendo innegabile che l'autore della ricognizione non
 fa  che  descrivere  al giudice, nel contraddittorio dibattimentale o
 dell'incidente probatorio, una determinata realta' fenomenica  caduta
 (o  meno)  sotto  i  propri sensi ed attinente ai fatti oggetto della
 imputazione, con specifico riguardo alla identita' di una  persona  o
 di  una  cosa.  Sembra  evidente cio' che nel momento in cui effettua
 (positivamente o non) la ricognizione, il  suo  autore  riferisce  al
 giudice  -  e  cioe'  testimonia  -  in  ordine  alla esistenza, alla
 presenza,  alla  identita'   di   una   certa   persona,   alle   sue
 caratteristiche  ed a quant'altro valga ad attribuire alla persona (o
 ad escludere) la  paternita'  di  un  fatto  rilevante  nel  processo
 penale.
    Cio'   malgrado  si  osserva  che  la  disciplina  positiva  della
 ricognizione non contempla le ipotesi  di  incompatibilita'  previste
 dall'art.  197  del codice di procedura penale della testimonianza e,
 in particolare, non prevede il divieto di assumere come ricognitori i
 coimputati   del   medesimo   reato  o  le  persone  imputate  in  un
 procedimento connesso a norma dell'art. 12 del  codice  di  procedura
 penale.
    E   tale   lacuna  normativa  non  puo'  essere  coperta  con  una
 interpretazione o estensione analogica, essendo per un verso evidente
 la volonta' del codificatore di tenere distinte le rispettive  disci-
 pline  relative  ai  due  mezzi  di  prova  (la  testimonianza  e  la
 ricognizione); e trattandosi, per altro verso, di norma (art. 197 del
 c.p.p.) di natura eccezionale rispetto alla regola generale  per  cui
 ogni  persona ha la capacita' di testimoniare (art. 196 del c.p.p.) e
 come tale in-suscettibile di estensione analogica.
    Appare dunque non conforme al principio  di  uguaglianza  che,  al
 contrario  del  caso  della testimonianza, il coimputato dello stesso
 reato o la persona imputata in un procedimento connesso  ex  art.  12
 (come   nel   caso  di  specie)  non  possa  rifiutare  l'ufficio  di
 ricognitore ed anzi non sia, prima ancora,  previsto  il  divieto  di
 assumere tali soggetti come autori della ricognizione.
    A parte cio', non sembra conforme al dettato dell'art. 24, secondo
 comma,  della  Costituzione  costringere  un  coimputato dello stesso
 reato o di reato commesso  a  rendere  dichiarazioni  tali  da  poter
 pregiudicare  la  sua  posizione  processuale  senza  assicurargli il
 diritto di rifiutarsi di rispondere o di prestare comunque  l'ufficio
 di ricognitore del coimputato.
   3.  -  La  questione  e' rilevante nel presente giudizio, posto che
 nella odierna udienza fissata per  l'incidente  probatorio  richiesto
 dal  p.m.  si  tratta  di  assumere come ricognitore della persona di
 Greco Daniele (imputato  del  furto  aggravato  di  una  autovettura)
 proprio  il  Brandi  Celestino  imputato,  nello  stesso processo, di
 ricettazione della stessa  auto  e  cioe'  imputato  di  procedimento
 commesso ai sensi dell'art. 12, lett. c), del c.p.p.