ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 85, secondo
 comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione  del  testo
 unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili
 e  militari  dello  Stato), promosso con ordinanza emessa il 30 marzo
 1992 dalla Corte  dei  Conti  sul  ricorso  proposto  da  Landriscina
 Giovanna  contro  la  Direzione  Provinciale  del  Tesoro di Bologna,
 iscritta al n. 166 del registro ordinanze  1993  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  17, prima serie speciale,
 dell'anno 1993;
    Udito nella camera di consiglio del 20  ottobre  1993  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
                           Ritenuto in fatto
    Nel  corso del giudizio promosso da Giovanna Landriscina contro il
 decreto 29 gennaio 1981, n. 7653,  della  Direzione  provinciale  del
 tesoro  di Bologna, che ha revocato a decorrere dal 1 gennaio 1976 la
 pensione  ordinaria  di  riversibilita'  intestata  alla  ricorrente,
 orfana  maggiorenne  inabile  al  lavoro,  la  Corte  dei  Conti, con
 ordinanza del 30 marzo 1992, pervenuta alla Corte costituzionale il 1
 aprile  1993,  ha  sollevato,  in  riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 85,
 secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, "in  quanto  non
 considera   sussistente   il  requisito  della  nullatenenza  per  la
 riversibilita' delle pensioni ordinarie al verificarsi  delle  stesse
 condizioni  di  reddito stabilite dal sopravvenuto art. 70 del d.P.R.
 23  dicembre  1978,  n.  915,  e  successive  modificazioni,  per  la
 riversibilita' delle pensioni di guerra".
    Ad avviso del giudice remittente, "considerato (alla stregua della
 sent.  n.  133  del  1972 di questa Corte) l'eguale contenuto etico e
 sociale dei trattamenti pensionistici di riversibilita' e  il  comune
 carattere  assistenziale  ed alimentare, finalizzato a sopperire alle
 condizioni di bisogno in cui vengono a trovarsi i superstiti dopo  la
 morte  del dante causa", non e' giustificata la disparita' del limite
 massimo  di  reddito  previsto  dalla  norma  impugnata  rispetto  al
 trattamento  di riversibilita' delle pensioni di guerra, sopravvenuta
 per effetto del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, che  ha  fissato  il
 limite in L. 2.400.000.
    Quanto  alla rilevanza della questione si osserva che, se ne fosse
 riconosciuta la fondatezza,  sarebbe  consentito  l'accoglimento  del
 ricorso  oggetto  del  giudizio  a  quo  per  il  periodo  successivo
 all'entrata in vigore del citato d.P.R. n. 915 del 1978.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte dei Conti ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  85,  secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre
 1973, n. 1092, "per contrasto con l'art.  3  della  Costituzione,  in
 quanto  non considera sussistente il requisito della nullatenenza per
 la riversibilita'  delle  pensioni  ordinarie  al  verificarsi  delle
 stesse  condizioni  di reddito stabilite dal sopravvenuto art. 70 del
 d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni,  per  la
 riversibilita' delle pensioni di guerra".
    2. - La questione non e' fondata.
    Il  d.P.R.  n.  915  del 1978, successivo alla sentenza n. 133 del
 1972,  attribuisce  alla  pensione  di   guerra   natura   di   "atto
 risarcitorio,  di  doveroso riconoscimento e di solidarieta' da parte
 dello Stato nei confronti  di  coloro  che,  a  causa  della  guerra,
 abbiano  subito  menomazioni all'integrita' fisica o la perdita di un
 congiunto". La diversita' di natura rispetto alla pensione  ordinaria
 si  riflette  sulla funzione del limite di reddito cui e' subordinata
 nell'uno e nell'altro  istituto  la  riversibilita'  della  pensione,
 talche'  deve  essere  confermata,  anche  sotto  questo  profilo, la
 giurisprudenza  di  questa  Corte  che  ha  escluso  in  generale  la
 confrontabilita', ai  fini  dell'art.  3  della  Costituzione,  della
 disciplina  delle  pensioni  ordinarie  con  quella delle pensioni di
 guerra (sent. n. 186 del 1985).
    La riversibilita' della pensione ordinaria agli orfani maggiorenni
 inabili  al  lavoro  conserva  parzialmente  a  questa  categoria  di
 superstiti   la   pensione,   di   cui  in  vita  del  titolare  gia'
 beneficiavano indirettamente, come  forma  di  assistenza  nel  senso
 dell'art.  38,  primo comma, della Costituzione: il limite di reddito
 previsto dalla legge e' qui un indice di  "nullatenenza",  ovvero  di
 mancanza  "dei mezzi per vivere". La riversibilita' della pensione di
 guerra,   invece,   adempie   solo   indirettamente   una    funzione
 assistenziale,  senza  percio'  essere  strettamente subordinata alla
 condizione di indigenza: nei casi previsti dall'art. 70 del d.P.R. n.
 915  del  1978  il  riferimento  alle   condizioni   economiche   del
 richiedente  si  fonda  piuttosto  su una valutazione, correlata alla
 politica  di  bilancio  e  ai  criteri  di  allocazione  della  spesa
 pubblica, per cui, nel caso di morte del titolare della pensione (per
 cause  diverse  dalla  guerra),  si  ritiene che l'estensione a certe
 categorie di superstiti  dell'atto  risarcitorio  e  di  solidarieta'
 nazionale  costituito  dalla pensione diretta debba essere limitata a
 coloro che non dispongono di un reddito superiore a una certa soglia,
 possibilmente  non  ridotta   al   concetto   di   nullatenenza.   E'
 significativa  in  proposito  l'estraneita'  di  questo concetto alle
 norme sulla riversibilita' delle pensioni di guerra.
    Pertanto la determinazione del limite di reddito, in  rapporto  al
 limite  previsto  per  la  riversibilita'  della  pensione ordinaria,
 rientra   nella   discrezionalita'   del   legislatore,   onde    una
 disuguaglianza   di   disciplina   non   puo'   subire   censure   di
 irrazionalita' fino a quando non  assuma  proporzioni  manifestamente
 eccessive.  La  denunciata disparita' non puo' dirsi eccedente questo
 limite.