IL PRETORE
    Sciogliendo  la  riserva  formulata  all'udienza  del 20 settembre
 1993, osserva: la ditta Veronika Voss S.n.c.,  corrente  in  Vittorio
 Veneto,  con  ricorso  depositato  il  24  ottobre  1992  chiedeva la
 condanna di Pinzolo Claudia di Bologna al pagamento di una  somma  da
 determinarsi  in  corso  di  causa,  a  titolo  di risarcimento di un
 preteso danno arrecato alla ditta preponente dalla  predetta  Pinzolo
 in  pendenza  di  un  pregresso  rapporto di agenzia e rappresentanza
 commerciale.
    Nel   corso   della   fase   istruttoria   la   Pinzolo   eccepiva
 l'incompetenza   territoriale   del   giudice  adito  indicando  come
 competente il pretore di Bologna in funzione di giudice del lavoro, a
 norma dell'art. 413, quarto comma, del c.p.c., cosi' come  introdotto
 dall'articolo unico della legge n. 128/1992.
    Con  successiva  nota difensiva depositata il 16 settembre 1993 la
 ricorrente eccepiva l'incostituzionalita' della predetta legge n. 128
 per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta  costituzionale,  dato
 che  prevedeva  un foro esclusivo e speciale per la determinata serie
 di controversie individuali di lavoro prevista dall'art. 409,  n.  3,
 del c.p.c., privilegiando immotivatamente una categoria di prestatori
 e  per  contro  svantaggiando  altra  diversa  categoria di datori di
 lavoro.
    I dubbi di legittimita' costituzionale sollevati dalla  ricorrente
 del  ricordato  articolo  unico  in relazione agli artt. 3 e 24 della
 nostra legge fondamentale non paiono allo scrivente infondati.
    Va affermato anzitutto che la formula del nuovo quarto  comma  del
 citato  art.  413,  del  c.p.p.,  quale  introdotta  dalla  legge  n.
 128/1992, "competente per territorio per le controversie previste dal
 n. 3) dell'art. 409 e' il giudice nella cui circoscrizione  si  trova
 il  domicilio dell'agente, del rappresentante di commercio ovvero del
 titolare degli altri rapporti di collaborazione di cui al predetto n.
 3  dell'art.  409"   rivela   inequivocabilmente   l'intenzione   del
 legislatore  di creare un foro esclusivo speciale per le controversie
 di cui all'art. 409,  n.  3,  del  c.p.c.,  in  deroga  ai  tre  fori
 alternativi  speciali  previsti dall'art. 413, secondo e terzo comma,
 del c.p.c. per le altre controversie in materia di lavoro (cfr. a tal
 proposito Cass. sez. un. civili 11 maggio 1992, n. 5597).
    La ratio legio di siffatta deroga, che ha sottratto la  competenza
 al  giudice del foro dell'azienda per attribuirla al giudice del foro
 del  domicilio  del  lavoratore  para-subordinato,  pare   ravvisarsi
 nell'esigenza di salvaguardare il diritto di azione del prestatore di
 lavoro,  ritenuto  il  contraente  piu'  debole,  che,  non potendosi
 avvalere del foro della cosidetta dipendenza, era costretto a  citare
 in  giudizio  la  ditta  preponente presso il foro dell'azienda o del
 luogo  dove  fosse  sorto il rapporto di lavoro, spesso coincidenti e
 spesso lontani dal suo domicilio.
    Senonche'  l'indicata  esigenza  ben  poteva   esser   soddisfatta
 affiancando  ai  fori  speciali alternativamente concorrenti previsti
 dall'art. 413,  secondo  e  terzo  comma,  del  c.p.c.  il  foro  del
 domicilio  del  prestatore,  talche'  l'agente, il rappresentante, il
 lavoratore  parasubordinato  in  genere,  potessero  a  loro   scelta
 radicare  il  giudizio  presso il giudice del foro dell'azienda o del
 loro domicilio.
    Sostituendo il foro della  dipendenza  aziendale  con  quello  del
 domicilio  degli  agenti,  il ricordato articolo unico non solo e non
 tanto, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione,  ha  creato  una
 disuguaglianza  di  trattamento,  sul  piano dell'accesso alla tutela
 giurisdizionale, fra tutti i prestatori di  lavoro  subordinato  e  i
 lavoratori   parasubordinati,  ma  soprattutto  un'ingiustificata  ed
 irragionevole sperequazione  tra  datori  di  lavoro  a  seconda  che
 abbiano   delle   controversie   con   dipendenti   o  con  agenti  e
 rappresentati.
    Non e' comprensibile perche' i primi continuerebbero ad  avere  la
 possibilita'  di  rivolgersi a piu' fori alternativi in ragione della
 proprie esigenze difensive, mentre i secondi si vedrebbero  costretti
 ad  una  sola  scelta  obbligata,  vale  a  dire citare a giudizio il
 lavoratore parasubordinato presso il di lui domicilio, quando  questi
 soggetti  sono  tutti  titolari  di situazioni giuridiche sostanziali
 omogenee.
    Si e' obiettato che il codice di rito  conosce  altre  ipotesi  di
 fori  esclusivi  e  non concorrenti, come il foro erariale, di cui e'
 stata riconosciuta la legittimita', ma e' agevole  replicare  che  il
 diversificato   trattamento  si  giustifica  in  base  al  privilegio
 riservato all'amministrazione dello Stato quale parte in causa.
    L'articolo unico della legge 11 febbraio 1992, n. 128, invece,  ha
 costruito  una  disciplina  processuale  differenziata  in  quanto di
 competenza tra situazioni sostanziali omogenee  (rapporti  di  lavoro
 contemplati  dall'art. 409 del c.p.c.) pregiudicando immotivamente il
 diritto  di  agire  in  giudizio  del  datore  di   lavoro-preponente
 costretto  a  radicare  la  causa  presso  l'ufficio  giudiziario del
 domicilio del lavoratore parasubordinato,  diversamente  dagli  altri
 datori  di  lavoro  facoltizzati  a promuovere il giudizio davanti ai
 fori alternativamente previsti dall'art. 413, secondo e terzo  comma,
 del  c.p.c.,  ponendosi  cosi'  in  contrasto, oltre che con l'art. 3
 anche con l'art. 24 della Costituzione che  tutela  il  diritto  alla
 difesa.
    La rilevanza della questione sollevata e' peraltro palese.
    In  base alla menzionata legge 11 febbraio 1992, entrata in vigore
 il  5  marzo  1992,  prima  dell'inizio  del  presente  giudizio,  lo
 scrivente  sarebbe  costretto  a rilevare la propria incompetenza per
 territorio inderogabile, per esser competente il pretore in  funzione
 del  lavoro  di  Bologna,  domicilio della convenuta Pinzolo (cfr. la
 gia' citata sentenza della Cass. a sez. un.).
    Diversamente,   qualora   fosse   ritenuta   l'incostituzionalita'
 dell'articolo  unico  della  legge n. 128/1992, potrebbe continuare a
 conoscere e trattenere presso di se' la causa.