ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 63 e 67 della
 legge  30  dicembre  1991,  n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi
 imponibili, per razionalizzare, facilitare e  potenziare  l'attivita'
 di  accertamento;  disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
 beni immobili delle imprese, nonche' per riformare il  contenzioso  e
 per  la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
 al Presidente della Repubblica per la  concessione  di  amnistia  per
 reati  tributari;  istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del
 conto fiscale) e dell'art. 1, terzo  comma,  del  d.P.R.  20  gennaio
 1992,  n.  23 (Concessione di amnistia per reati tributari), promosso
 con ordinanza emessa il 23 dicembre 1992 dal Tribunale di Pesaro  nel
 procedimento  penale  a  carico di Ricci Giuseppe, iscritta al n. 191
 del registro ordinanze 1993 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 20  ottobre  1993  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  giudizio penale concernente una
 imputazione   di   omesso   versamento   di   ritenute   di   acconto
 effettivamente  operate  e  dichiarate  nel  modello  770 da parte di
 sostituto d'imposta (art. 2, ultimo comma del decreto-legge 10 luglio
 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, nel testo in
 vigore alla data del 1987, tempo del fatto), il Tribunale di  Pesaro,
 con   ordinanza   del   23  dicembre  1992,  ha  sollevato  questione
 incidentale di legittimita' costituzionale degli  articoli  63  e  67
 della  legge 30 dicembre 1991, n. 413 e dell'art. 1, terzo comma, del
 d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23;
      che il Tribunale premette che, nel caso di specie, l'imputato ha
 omesso di versare le ritenute d'acconto effettuate e  da  lui  stesso
 dichiarate  nella  dichiarazione  annuale  di sostituto d'imposta del
 1987, e che, in base  ad  attestazione  dell'organo  esattoriale,  le
 dette  ritenute  non  erano  state  ancora  versate  alla data del 25
 febbraio 1992;
      che    quest'ultima    circostanza   preclude   l'applicabilita'
 dell'amnistia concessa con il d.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23,  emanato
 in  attuazione  della  delega  contenuta  nell'art. 67 della legge 30
 dicembre 1991, n. 413, giacche' l'art. 1, comma terzo, del richiamato
 provvedimento di clemenza stabilisce che, per i  reati  commessi  dai
 sostituti  di  imposta,  l'amnistia  si applica, a coloro che abbiano
 fatto dichiarazione (nel  modello  770)  delle  ritenute  operate,  a
 condizione  che  le ritenute medesime siano state versate entro il 23
 gennaio 1992; mentre per i sostituti d'imposta che non abbiano  fatto
 dichiarazione   delle  ritenute  nel  modello  770,  l'applicabilita'
 dell'amnistia e' condizionata al fatto che l'importo  delle  ritenute
 sia  compreso  in  quello  indicato  nella  dichiarazione integrativa
 presentata, a norma dell'art. 63 della legge  n.  413  del  1991,  in
 sostituzione di quella omessa o in aumento di quella gia' presentata,
 ed  il  termine  di  presentazione della dichiarazione integrativa e'
 stabilito al 30 giugno 1992, mentre quello  dei  relativi  versamenti
 scade nel luglio 1993;
      che  il  Tribunale rimettente sospetta di incostituzionalita' la
 disciplina sopra riferita, in rapporto al principio  di  eguaglianza:
 al  sostituto  d'imposta  che  ha  adempiuto  all'obbligo "primario e
 fondamentale"  della  dichiarazione  viene  ad  essere  accordato  un
 trattamento  penale deteriore rispetto a chi, nella stessa situazione
 debitoria,  abbia  omesso  non  solo  il  versamento  ma   anche   la
 dichiarazione;  a  quest'ultimo,  infatti, viene accordato un termine
 piu' ampio per regolarizzare la propria posizione, rispetto al primo;
      che i sospetti di illegittimita'  costituzionale  si  rafforzano
 ulteriormente,  per  il giudice a quo, alla luce di quanto stabilisce
 l'art.  3  del  decreto-legge  24  novembre  1992,  n.  455,  che  ha
 "riaperto"  i termini del condono tributario consentendo ai sostituti
 di imposta di presentare le dichiarazioni integrative di cui all'art.
 63 della legge n. 413 del 1991 fino al 31 marzo 1993, poiche'  questa
 normativa  sembrerebbe  aver  "riaperto"  i  termini  anche  ai  fini
 dell'applicazione dell'amnistia, nel  senso  che  gli  effetti  delle
 situazioni  ricomprese  nel  condono tributario in tal modo prorogato
 rileverebbero anche in sede penale ai fini dell'amnistia  di  cui  al
 d.P.R. n. 23 del 1992;
      che  e'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione;
    Considerato  che,  nella  prospettazione  del  giudice rimettente,
 l'eliminazione  della  lamentata  disparita'   di   trattamento   tra
 l'ipotesi  del sostituto di imposta che abbia omesso di versare entro
 il termine stabilito le  ritenute  d'acconto  (da  lui  effettuate  e
 dichiarate)  e  quella  -  assunta a termine di comparazione - in cui
 l'applicazione   del   beneficio   estintivo   e'   collegata    alla
 presentazione della dichiarazione integrativa, sarebbe possibile solo
 accordando  alla  prima  ipotesi il medesimo termine stabilito per la
 seconda  quanto  a   verificazione   della   condizione   applicativa
 dell'amnistia rispettivamente prevista nei due casi (versamento delle
 ritenute; presentazione della dichiarazione integrativa);
      che, pertanto, la questione sollevata tende ad ampliare l'ambito
 di  applicabilita'  dell'amnistia,  il  che  e'  precluso  in sede di
 giudizio di legittimita' costituzionale: un intervento  quale  quello
 richiesto  inciderebbe  in un ambito la cui determinazione e' rimessa
 alla esclusiva competenza del legislatore: (ex plurimis, ord. nn. 340
 e  628  del  1987; sent. nn. 59 e 79 del 1980, n. 32 del 1976, n. 154
 del 1974) e  comporterebbe  il  non  consentito  effetto  di  mutare,
 ampliandolo,  il  termine  di applicabilita' del beneficio, stabilito
 dalla legge sulla base del precetto contenuto nell'art.  79,  secondo
 comma, della Costituzione;
      che,  d'altra  parte, la concorrente prospettazione - in termini
 dubitativi - della possibile ulteriore efficacia in sede penale della
 riapertura dei  termini  per  la  presentazione  delle  dichiarazioni
 integrative (basata sul decreto-legge n. 455 del 1992, non convertito
 in  legge,  ma  ricollegabile  al successivo decreto-legge 23 gennaio
 1993, n. 16, convertito in legge 24 marzo 1993,  n.  75)  costituisce
 una  questione  di carattere interpretativo, rimessa alla valutazione
 del giudice ed estranea al sindacato di costituzionalita' delle norme
 impugnate;
      che sotto  entrambi  i  profili  ora  detti  la  questione  deve
 ritenersi manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;