ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 20, quarto e quinto comma, del regio decreto 16 luglio 1905, n. 646 (Testo unico delle leggi sul credito fondiario), promosso con ordinanza emessa il 16 marzo 1993 dal Giudice dell'esecuzione presso il Tribunale di Ivrea nella procedura esecutiva promossa dal Credito fondiario s.p.a. ed altra nei confronti del fallimento della "Societa' Immobiliari riunite s.r.l.", iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di costituzione del Credito fondiario e industriale - FONSPA; Udito nella camera di consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che nel corso di una procedura esecutiva immobiliare, promossa dal Credito fondiario s.p.a. nei confronti del fallimento della "Societa' immobiliari riunite s.r.l.", il giudice dell'esecuzione presso il Tribunale di Ivrea, con ordinanza del 16 marzo 1993, ha sollevato, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 20, quarto comma, del regio decreto 16 luglio 1905 n. 646 (Testo unico delle leggi sul credito fondiario) nella parte in cui non prevede che l'istituto di credito fondiario procedente debba notificare, agli aventi causa del mutuatario originario, l'avviso di cui all'art. 498 c.p.c. (anche se essi non abbiano "notificato giudizialmente" il titolo di acquisto all'istituto predetto secondo la previsione dello stesso art. 20, primo comma); b) dell'art. 20, quinto comma, del medesimo testo normativo, nella parte in cui non prevede che gli aventi causa intervenuti nella procedura espropriativa possano chiedere la liberazione degli immobili di loro proprieta' dall'ipoteca e che, a tal fine, il giudice dell'esecuzione ordini all'istituto procedente di depositare schema di frazionamento del mutuo, consentendo il frazionamento medesimo; che, con la questione indicata sub a) - con la quale si prospetta nella sostanza quella gia' disattesa da precedenti pronunce di questa Corte (ordinanze nn. 496 e 184 del 1991, 125 del 1987 e sentenze nn. 249 del 1984, 61 del 1968) - il giudice a quo propone "una riconsiderazione della materia alla luce di profili di costituzionalita' ulteriori", specialmente riferiti all'art. 24 della Costituzione; che, a questi fini, egli contesta, in primo luogo, che possa ritenersi soddisfatto il diritto di difesa alla luce di una disciplina la quale prevede che il contraddittorio nel processo esecutivo sia legittimamente instaurato dall'istituto mutuante nei soli confronti del mutuatario originario, senza che ne sia dato alcun avviso all'avente causa, quando quest'ultimo non abbia notificato all'istituto l'atto di acquisto del bene ipotecato a garanzia del mutuo, essendo "perlomeno dubbio che si possa condizionare l'esercizio del diritto di difesa agganciandolo ad un comportamento positivo del soggetto passivo", quale appunto l'onere di notifica all'istituto dell'atto di acquisto; che, inoltre, il giudice rimettente - ancorche' consapevole che il profilo che verra' di seguito illustrato non e' direttamente rilevante nel giudizio a quo, dichiarando tuttavia di prospettarlo affinche' la Corte "non possa non tenerne conto onde valutare la congruita' complessiva del sistema" - osserva che neppure il terzo acquirente che abbia adempiuto all'onere della notifica dell'atto di acquisto, se non informato della procedura in corso, e' posto in grado di far valere le proprie ragioni; che, difatti, non sarebbe sufficiente che tale soggetto, ove ingiustamente subisca gli effetti dell'espropriazione diretta solo contro il dante causa, possa proporre l'opposizione di cui all'art. 619 c.p.c. o convenire in giudizio per danni l'istituto di credito, una volta che il principio costituzionale di cui all'art. 24 impone che la tutela sia "immediata ed effettiva"; che il diritto di difesa sarebbe rispettato, ad avviso del giudice a quo, soltanto se "tutti gli aventi causa siano in ogni caso notiziati tempestivamente della pendenza della procedura esecutiva", alla pari di quanto previsto dall'art. 498 c.p.c. per i creditori iscritti, anche per garantire "la celerita' dell'esercizio del diritto di intervento"; che dovrebbe, infine, essere considerato il caso degli aventi causa successivi sui quali andrebbero a ricadere "gli effetti del mancato adempimento dell'onere" da parte del primo avente causa dall'originario acquirente, anche se, come dichiara lo stesso rimettente, e' questo un profilo non direttamente rilevante in questa sede; che, con la seconda questione (sopra indicata sub b) concernente il quinto comma dell'art. 20 cit., il giudice a quo sostiene che problemi di costituzionalita' si pongono "anche in relazione al 'contenuto' dell'intervento dei terzi aventi causa nella procedura esecutiva speciale"; che, difatti, si osserva che con l'ultima norma citata - la quale prevede che "i successori, gli aventi causa o i terzi potranno intervenire nel giudizio, senza obbligo dell'istituto di citare in causa gli altri interessati e non intervenuti per integrare il giudizio" - il legislatore avrebbe "avuto di mira solo la tutela del diritto degli aventi causa a partecipare alla distribuzione del ricavato dalla vendita"; che, invece, tale partecipazione non puo' esaurire gli interessi che determinano gli aventi causa ad intervenire, poiche' il loro vero interesse e' quello di ottenere la liberazione dall'ipoteca dell'unita' immobiliare di loro proprieta', liberazione impedita dal mancato frazionamento del mutuo e dalla mancanza del diritto, per il terzo acquirente di immobile ipotecato a garanzia del mutuo, di ottenerne il frazionamento per costringere l'istituto alla rinuncia al diritto all'indivisibilita' dell'ipoteca; che, inoltre, si sostiene che "appare inutile e privo di senso" l'intervento previsto dall'art. 20, quinto comma, cit., nel caso particolare di fallimento del mutuatario originario, dovendo l'aggiudicatario della vendita pagare il prezzo direttamente all'istituto di credito e versare nella cancelleria delle esecuzioni solo il prezzo residuo, da attribuirsi da parte del giudice dell'esecuzione al curatore del fallimento del mutuatario; che tale assetto normativo, ad avviso del giudice a quo, lede il diritto di difesa posto a tutela, non solo delle "ragioni della piccola proprieta' (art. 44 Cost.) ma piu' specificamente le ragioni abitative dei proprietari", cioe' "il diritto alla casa seppur indirettamente . .. tutelato dalla Costituzione"; che il giudice a quo reputa percio' necessaria una pronuncia della Corte che riconduca il sistema a razionalita' e congruenza con i principi costituzionali, nel senso che nell'ipotesi disciplinata dalla norma impugnata si dovrebbe consentire al giudice dell'esecuzione di ordinare all'istituto procedente di depositare lo schema di frazionamento del mutuo e di consentire, sull'accordo delle parti, il frazionamento, le cui condizioni non dovrebbero essere lasciate al mero arbitrio dell'istituto stesso; che gli aspetti posti in evidenza ai fini della questione prospettata sub b) renderebbero, secondo l'ordinanza di rinvio, chiara l'ulteriore ragione della questione indicata sub a), evidenziando l'esigenza di un meccanismo, quale l'avviso previsto dall'art. 498 c.p.c., che provochi rapidamente l'intervento degli aventi causa "allo scopo di non procrastinare indefinitamente la vendita delle unita' immobiliari componenti il compendio pignorato, rispetto alle quali non siano intervenuti i soggetti interessati a promuovere il frazionamento del mutuo"; che si e' costituito in giudizio il Credito fondiario e industriale FONSPA - Istituto per i finanziamenti a medio e lungo termine s.p.a., che, in via preliminare, ha eccepito la carenza di legittimazione del giudice a quo a sollevare le dedotte questioni, dal momento che l'intervento nella procedura in atto di alcuni soggetti aventi causa del mutuatario originario ha realizzato una forma di opposizione che comporta la prosecuzione del processo dinanzi ad altro giudice diverso da quello dell'esecuzione, il quale non dovrebbe fare applicazione delle norme impugnate; che lo stesso istituto in due memorie difensive, richiamando la precedente giurisprudenza della Corte, conclude per l'inammissibilita' e comunque per l'infondatezza delle questioni; Considerato che l'eccezione di inammissibilita' formulata dal Credito fondiario deve essere disattesa, in quanto con l'ordinanza si sollevano testualmente due questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 20 del r.d. 16 luglio 1905 n. 646, rispettivamente riferite al quarto e al quinto comma che disciplinano il procedimento esecutivo nella specifica materia e che sono percio' le norme di cui deve fare applicazione il giudice a quo, cui spetta, in quanto giudice dell'esecuzione, la verifica, ai sensi delle norme stesse, della regolare instaurazione del processo innanzi a lui pendente: che nel merito, per quel che concerne la questione indicata sub a), relativa all'art. 20, quarto comma, cit. e sollevata in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, essa e' stata gia' piu' volte disattesa da questa Corte nell'assunto che il quarto comma vada letto congiuntamente con i tre commi che lo precedono, i quali prevedono che gli aventi causa debbano notificare all'istituto di credito che procede all'esecuzione il loro atto di acquisto, per cui "basta assolvere tempestivamente questo non pesante onere per vedere prevenuti in partenza gli inconvenienti lamentati" (v. per tutte sent. n. 249 del 1984) e per ottenere quindi l'avviso del procedimento di esecuzione relativo all'immobile ipotecato a garanzia del mutuo fondiario; che, quanto agli illustrati "profili di costituzionalita' ulteriori" che l'ordinanza di rinvio propone ai fini di "una riconsiderazione della materia", si e' in realta' in presenza di argomenti gia' tenuti presenti nelle precedenti pronuncie di infondatezza e quindi inidonei a far mutare indirizzo alla Corte; che, inoltre, per quanto riguarda altre situazioni prospettate nell'ordinanza di rinvio - come il caso del terzo acquirente che, pur avendo notificato l'atto di acquisto all'istituto, possa non essere avvertito della procedura esecutiva a carico del primo mutuatario e quindi ugualmente impedito dal poter far valere le sue ragioni,o il caso dei subacquirenti successivi che verrebbero a subire le conseguenze negative del mancato adempimento dell'onere da parte del primo subacquirente - devesi rilevare che si e' in presenza di ipotesi estranee al giudizio a quo, come si riconosce dallo stesso organo rimettente, e quindi ininfluenti ai fini della questione circoscritta al caso di colui che, avendo acquistato l'immobile dal primo mutuatario, abbia omesso di darne notizia all'istituto; che, per quel che concerne la questione indicata sub b) ed avente per oggetto il comma quinto dell'art. 20 cit., ancorche' sollevata, come precisa il rimettente, quale "ulteriore ragione (oltreche' rilevanza) della questione . .in rapporto al quarto comma dell'art. 20", va osservato che il profilo che costituisce il nucleo della questione sub b) - relativo all'esigenza di una previsione normativa che consenta di obbligare l'istituto di credito fondiario al deposito in giudizio del piano di frazionamento del mutuo ed a dare il consenso al conseguente frazionamento dell'ipoteca - e' manifestamente inammissibile sotto piu' aspetti; che, difatti, nel prospettarsi l'esigenza di una norma sul frazionamento del mutuo fondiario e dell'ipoteca si tende ad una modifica della disciplina sostanziale dei due istituti, estranea percio' alle norme denunciate (comma quarto e quinto dell'art. 20 cit.) aventi natura processuale, il che rende anche inconferente il riferimento all'art. 24 della Costituzione, che riguarda appunto la difesa in giudizio e non la configurazione di situazioni di diritto sostanziale; che, in ogni caso, un intervento diretto alla modifica del regime dei mutui fondiari e delle ipoteche esula dai poteri della Corte, perche' implica una serie di scelte discrezionali di competenza del legislatore, come dimostra il decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, emanato nelle more del presente giudizio e che contempla all'art. 39, sesto comma, il diritto al detto frazionamento escludendo, fra l'altro, i procedimenti esecutivi in corso ai quali continuano ad applicarsi le norme precedenti. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;