ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 7, recante la "disciplina della proroga degli organi amministrativi", promosso con ricorso della Regione Calabria notificato l'11 febbraio 1993, depositato in cancelleria il 16 successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1993; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 1 dicembre 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto che con il ricorso indicato in epigrafe la Regione Calabria ha impugnato il decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 7, recante la "disciplina della proroga degli organi amministrativi", in riferimento agli articoli 77, 117, 118, 121, 122 e 123 della Costituzione; che, in particolare, la regione ricorrente, richiamati i precedenti decreti-legge adottati in materia (nn. 381 e 439 del 1992) nonche' gli enunciati della sentenza n. 208 del 1992 di questa Corte, sottopone a verifica di costituzionalita', in primo luogo, l'articolo 9 del decreto-legge impugnato; questa previsione, che statuisce l'adeguamento degli ordinamenti regionali - ordinari e speciali - e delle province autonome di Trento e di Bolzano alle disposizioni del medesimo decreto, si porrebbe - se interpretata come statuizione idonea a vincolare in dettaglio la competenza legislativa ripartita, con effetto immediatamente abrogativo delle preesistenti normative regionali difformi - in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, in quanto esorbitante rispetto all'esigenza generale di rigore in tema di proroga degli organi amministrativi, e dunque sarebbe lesiva della potesta' legislativa regionale (e delle province autonome); che, sempre sul detto presupposto interpretativo della vincolativita' in dettaglio della normativa statale impugnata, anche altre norme del decreto-legge n. 7 del 1993 sarebbero in contrasto con precetti costituzionali: a) l'articolo 4, comma 2, che trasferisce la competenza alle designazioni o alle nomine, per gli organi amministrativi scaduti, in caso di inerzia degli organi collegiali (gia') competenti, ai rispettivi presidenti, violerebbe sia la competenza regionale in materia di ordinamento degli uffici ed enti dipendenti dalla regione (art. 117 della Costituzione), sia la competenza statutaria (art. 123 della Costituzione), incidendo sulle norme, legislative e statutarie, che regolano le competenze degli organi collegiali e creando una nuova competenza dei presidenti in danno dei rispettivi collegi; questa disposizione, inoltre, si porrebbe in contrasto con gli articoli 121 e 122 della Costituzione se riferita a nomine di competenza del Consiglio regionale, attesa la configurazione costituzionale del presidente del Consiglio regionale quale soggetto privo di rilevanza esterna; b) l'art. 3, relativo al regime di proroga degli organi amministrativi scaduti e degli atti da questi emanati, nel limitare la competenza degli organi prorogati ai soli atti urgenti e indifferibili, inciderebbe sulla competenza regionale in materia, violando l'art. 117 della Costituzione; questa censura sarebbe da estendere al successivo art. 6 del decreto-legge, che prevede la nullita' di diritto degli atti compiuti dagli organi scaduti; c) l'art. 8, che convalida e mantiene fermi gli atti di ricostituzione di organi scaduti adottati da presidenti di organi collegiali, in sostituzione dei collegi, anteriormente all'entrata in vigore del decreto, sarebbe lesivo sia dell'art. 77, ultimo comma, della Costituzione - in relazione anche all'art. 15, comma 2, lett. d) della legge n. 400 del 1988 - sia delle competenze legislative e statutarie delle regioni (articoli 117 e 123 della Costituzione) sia infine delle competenze amministrative degli organi collegiali: il decreto-legge non puo' - afferma la Regione Calabria - "convalidare cio' che in base alla Costituzione e' invalido" e non puo' dunque "sottrarre al legislatore ne' all'amministrazione regionale il potere di qualificare come invalidi atti applicativi di decreti-legge non convertiti", cosi' impedendo agli organi collegiali di "revocare gli illegittimi atti dei loro presidenti e di provvedere diversamente in ordine agli organi scaduti"; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione; Considerato che il decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 7 non e' stato convertito in legge entro il termine prescritto, come risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 1993; che, pertanto, in conformita' alla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, le ordinanze nn. 389 e 351 del 1993 nonche' le altre in quest'ultima richiamate), la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;