IL PRETORE
    Esaminati gli atti di causa;
                                OSSERVA
    1. - Con atto di precetto notificato in data 3 marzo 1993 il Banco
 di Napoli, filiale dell'Aquila, intimava alla signora Cesaro Ivana il
 pagamento di L. 96.138.731 oltre interessi legali, Iva e CPA, come da
 decreto  ingiuntivo emesso dal presidente del tribunale di Sulmona il
 21 ottobre 1992.
    2. - Stante il mancato pagamento e poiche' la signora Cesaro Ivana
 risultava dipendente del Ministero delle poste e telecomunicazioni  e
 impiegata  presso  l'ufficio  postale di Pratola Peligna, il Banco di
 Napoli, filiale dell'Aquila predisponeva atto di pignoramento  presso
 terzi,    citando    la   Direzione   provinciale   delle   poste   e
 telecomunicazioni dell'Aquila, in persona del direttore  provinciale,
 per rendere la dichiarazione di cui all'art. 547 del c.p.c.
    3.  -  All'udienza del 16 aprile 1993 il procuratore della signora
 Cesaro Ivana eccepiva l'incompetenza territoriale del pretore adito a
 favore del pretore di Roma dal momento che,  ai  sensi  dell'art.  3,
 primo  comma,  del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 "per gli impiegati e
 salariati  delle  amministrazioni  dello  Stato  anche ad ordinamento
 autonomo, il sequestro ed  il  pignoramento  di  stipendi,  salari  e
 retribuzioni  equivalenti,  pensioni, indennita' che tengano luogo di
 pensione, ed altri  assegni  di  quiescenza  si  eseguono  presso  il
 Ministero   del  tesoro,  ispettorato  generale  per  il  credito  ai
 dipendenti dello  Stato,  in  persona  dell'ispettore  generale  capo
 dell'ufficio".
    4.   -   Alla  stessa  udienza  il  delegato  dell'Amministrazione
 provinciale delle poste eccepiva che  la  notifica  dei  pignoramenti
 delle  retribuzioni  e  delle  pensioni  dei  dipendenti  pubblici si
 eseguono presso il Ministero del tesoro come diposto dall'art. 3  del
 d.P.R. citato.
    5.  -  Il  creditore  procedente  ha rilevato nelle sue difese che
 l'eccezione  sollevata  dal  debitore  sarebbe   qualificabile   come
 opposizione  agli  atti  esecutivi  e,  come  tale,  sarabbe tardiva.
 L'argomentazione  non  e'  meritevole  di   attenzione   in   quanto,
 trattandosi  di competenza funzionale ex art. 28 c.p.c., la questione
 sarabbe rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del processo
 (art. 38 del c.p.c.).
    6. - Le eccezioni sollevate dalla  parte  debitrice  e  dal  terzo
 pignorato  evidenziano  come  la  disciplina  dettata  dall'art. 3 in
 questione appaia  contemporaneamente  lesiva  di  molteplici  diritti
 costituzionalmente   garantiti  contemplati,  rispettivamente,  negli
 artt. 97, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, e 3, primo
 comma della Costituzione.
    7. - In particolare, l'art. 97 della Costituzione nel disciplinare
 l'organizzazione dei pubblici uffici si e' ispirato al c.d. principio
 del buon andamento della pubblica amministrazione: vale  a  dire  che
 l'organizzazione  amministrativa  deve  essere  retta dalle regole di
 buona amministrazione e tendere a raggiungere la maggiore efficienza,
 realizzando, nello stesso tempo,  l'interesse  collettivo.  Ora,  non
 sembra  affatto che l'art. 3 del d.P.R. n. 180/1950, con l'accentrare
 la  competenza  giurisdizionale  in  capo  ad  un  unico  giudice  in
 relazione  a qualsiasi causa sorta nell'ambito di tutto il territorio
 nazionale, realizzi quelli  che  sono  gli  obiettivi  costituzionali
 sopra    richiamati.    Infatti    tale   disciplina   comporta   per
 l'Amministrazione, terzo pignorato, un  notevole  aggravio  di  costi
 (per  la  necessita'  di  continui  contatti  tra  le Amministrazioni
 periferiche ed il Ministero del tesoro) e rende  la  procedura  molto
 piu'  farraginosa  rispetto  alla  snellezza  ed alla velocita' di un
 procedimento   che   si   potesse   svolgere   tramite   le   singole
 amministrazioni  periferiche.  Lo  stesso  vale per l'amministrazione
 della giustizia, atteso  che  presso  la  sola  pretura  di  Roma  si
 concentrerebbero  tutte  le  procedure  riguardanti le espropriazioni
 promosse nei confronti di tutti i dipendenti statali, le  quali  sono
 cresciute  notevolmente  di  numero  dopo  le  pronunce  delle  Corte
 costituzionale n. 89 del 25 marzo 1987 e n. 878 del 7-26 luglio 1988,
 e la cui trattazione piu' razionalmente potrebbe  essere  distribuita
 altrimenti in sede decentrata.
    8.  -  La  competenza  del  pretore di Roma a decidere di tutte le
 controversie aventi ad oggetto il sequestro  ed  il  pignoramento  di
 stipendi  e  simili, conseguiti dagli impiegati delle amministrazioni
 dello Stato, appare altresi' intaccare  il  fondamentale  diritto  di
 difesa, di cui all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
    La  difesa,  si  sa,  consiste  nella possibilita' di resistere in
 giudizio; orbene, tale possibilita' e'  certamente  ridotta  per  chi
 debba  affrontare le difficolta' di uno spostamento dal proprio luogo
 di residenza fino alla capitale per  comparire  all'udienza  prevista
 per  la dichiarazione del terzo, nonche' affrontare le maggiori spese
 necessarie  per  farsi  assistere  in  un   eventuale   giudizio   di
 opposizione.
    9. - pare anche configurabile, in collegamento a quanto dedotto al
 punto  precedente,  una  violazione  del principio di uguaglianza per
 aver  creato  il  legislatore  una   ingiustificata   disparita'   di
 trattamento  tra  i  cittadini  ed  in  particolare tra chi presta la
 propria attivita' lavorativa alla dipendenze  dello  Stato  ed  altro
 lavoratore  non  dipendente  statale  il  quale ultimo soltanto ha il
 vantaggio che nei suoi  confronti  l'esecuzione  viene  promossa  nel
 luogo  ove  egli  presta  la propria attivita' lavorativa (ovvero nel
 luogo di "residenza del terzo" ex art. 26 del c.p.c.).
    Tale disparita' di trattamento non appare  giustificata  da  alcun
 apprezzabile criterio di ragionevolezza.
    10. - Infine, la disciplina qui in esame sembra inosservante anche
 di  un  altro  principio  costituzionale,  che  e' quello del giudice
 naturale precostituito per  legge,  dal  quale  nessuno  puo'  essere
 distolto (art. 25, primo comma, della Costituzione).
    Tale principio, infatti, implica che non si possono creare giudici
 ad hoc e che l'istruzione ed il giudizio non possono essere sottratti
 al giudizio competente per territorio.
    11.  -  Ritenuto che la questione non e' manifestamente infondata,
 e' necessario investire della stessa la Corte costituzionale, essendo
 altresi' accertato  che  la  procedura  in  esame  non  possa  essere
 definita  da questo giudice indipendentemente dalla risoluzione della
 questione medesima.