ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
    Nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della
 legge 17 dicembre 1986, n. 890 (Integrazioni e modifiche alle leggi 7
 agosto  1985,  n.  427  e  n. 428, sul riordinamento della Ragioneria
 generale dello Stato e  dei  Servizi  periferici  del  Ministero  del
 tesoro), promosso con ordinanza emessa il 2 luglio 1992 dal Tribunale
 amministrativo regionale per il Lazio sui ricorsi riuniti proposti da
 Roberto Ronci ed altri contro il ministero del tesoro, iscritta al n.
 284 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto di costituzione di Roberto Ronci ed altri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  16  novembre  1993  il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Udito l'avv. Francesco Braschi per Roberto Ronci ed altri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 2 luglio 1992, il Tribunale  amministrativo
 regionale per il Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 97
 della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art. 3 della legge 17 dicembre 1986, n. 890 "nella parte in  cui
 omette  di  estendere  i benefici normativi ed economici previsti dal
 d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319  al  personale  gia'  appartenente  alla
 carriera speciale o ordinaria di concetto delle Direzioni provinciali
 del  tesoro che avesse superato concorso di ammissione nella carriera
 stessa articolato su tre prove scritte ed un colloquio, transitato ai
 ruoli centrali del ministero del tesoro".
    In  particolare  il  Tribunale amministrativo regionale precisa di
 essere stato adito da un gruppo di ex dipendenti  del  ministero  del
 tesoro  i  quali  -  assunti  in  servizio  nella  soppressa carriera
 speciale ed ordinaria delle Direzioni provinciali del tesoro in  base
 al  superamento  di un concorso articolato su tre prove scritte ed un
 colloquio  -  sono  successivamente  "transitati"  alla  carriera  di
 concetto dello stesso ministero.
    Gli  stessi  si  dolgono  di non aver potuto conseguire i benefici
 contemplati  nel  d.P.R.  n.  319  del  1972  per  essere  al   tempo
 dell'entrata  in  vigore  di  quest'ultimo  gia'  transitati ai ruoli
 centrali del ministero del tesoro e chiedono l'applicazione - in  via
 di  interpretazione  estensiva - dei benefici contemplati nell'art. 3
 della legge 17 dicembre 1986, n. 890.
    Invero a tali benefici essi assumono di avere  diritto  in  virtu'
 dell'art. 3 della legge n. 890 del 1986 il quale non circoscriverebbe
 affatto  l'ambito della propria operativita' ai dipendenti tuttora in
 servizio presso le direzioni provinciali del tesoro. Al contrario  la
 norma   in   questione   assumerebbe  l'appartenenza  alle  direzioni
 provinciali del tesoro come "momento acquisitivo di uno status",  cui
 e'  collegata  l'attribuzione  dei  benefici predetti e non gia' come
 "condizione    attuale",    cui    risulterebbe    subordinato    "il
 riconoscimento" dei benefici stessi.
    Ritiene  il giudice remittente che l'art. 3 della legge n. 890 del
 1986 deve essere letto alla luce dell'art. 4, primo comma, del d.P.R.
 n. 319 del 1972 e di conseguenza sia destinato ad  operare  solo  con
 riguardo  al  personale che - in possesso degli ulteriori requisiti -
 fosse in servizio presso le direzioni  provinciali  del  tesoro  alla
 data di entrata in vigore della legge n. 890 del 1986.
    Ne'  ai fini di una diversa interpretazione potrebbe avere rilievo
 l'orientamento espresso dal Consiglio  di  Stato  con  riguardo  alle
 diverse ipotesi di personale proveniente da altre amministrazioni, in
 servizio  presso  la  Ragioneria  generale  dello  Stato  al tempo di
 entrata in vigore della legge n. 427 del 1985  ed  appartenente  alle
 soppresse carriere ordinarie di concetto.
    Infatti  l'art. 3 della legge n. 890 del 1986, essendo inserito in
 un  diverso  testo  legislativo,  avrebbe  un   contenuto   estensivo
 rigorosamente   delimitato   dal   contesto  letterale  della  stessa
 disposizione  e   pertanto   insuscettibile   delle   interpretazioni
 estensive attribuitele dai ricorrenti.
    Cio'  posto,  tuttavia sussiste - ad avviso del giudice a quo - il
 dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge n.  890
 del 1986 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Dubbio che non sarebbe affatto superato dalla sopravvenienza della
 legge  4  agosto  1990,  n.  238  la  quale  chiarendo  -  in  via di
 interpretazione autentica - che dei benefici contemplati dagli  artt.
 8, sesto comma, della legge n. 427 del 1985 e dall'art. 3 della legge
 n.  890  del  1986  possono  fruire  gli  "impiegati  .  .  che siano
 transitati, quali vincitori di concorso,  nei  ruoli  della  carriera
 direttiva  del ministero del tesoro" omette, peraltro, "del tutto" di
 considerare le posizioni di quanti siano  transitati  nei  ruoli  del
 ministero  del  tesoro  in  carriera  di  concetto.  Detta  omissione
 contenuta in una legge che ha il  precipuo  intento  di  definire  le
 posizioni  dei  soggetti  che  avessero  acquisito la piu' favorevole
 posizione di status anteriormente alla entrata in vigore della  legge
 n.  890  del  1986  ne'  supererebbe, ne' sposterebbe i termini della
 proposta questione di legittimita' costituzionale.
    Sicche' il problema resterebbe circoscritto all'art.  3  della  n.
 890  del  1986  il  quale,  nel  disporre  l'estensione  dei benefici
 normativi ed economici previsti dal d.P.R. 1 giugno 1972, n.  319  al
 personale  della  soppressa  carriera  ordinaria  di  concetto  delle
 direzioni provinciali del tesoro, ha omesso di considerare  "analoghe
 situazioni  di  quanti  nella medesima situazione di partenza fossero
 transitati  nella   carriera   di   concetto   dei   ruoli   centrali
 dell'amministrazione  del  tesoro  o  per  vincita  di  concorso o in
 applicazione dell'art. 200 del T.U. n. 3 del 1957".
    Ad  avviso  del  giudice  a   quo,   detta   omissione   normativa
 risulterebbe  "fortemente  ed iniquamente lesiva" avuto riguardo - da
 un  lato  alla  coincidenza  dei  requisiti  di   accesso   (concorso
 articolato  su  tre  prove  scritte  ed  una  orale) e delle mansioni
 conferite ed espletate nell'ambito  di  ruoli  diversi  della  stessa
 amministrazione;  dall'altro all'"intento perequativo manifestato dal
 legislatore con le leggi n. 427 del 1985 e n. 890 del  1986  prima  e
 successivamente  con le leggi 24 maggio 1989, n. 193 e 4 agosto 1990,
 n. 238".
    Invero la ratio ispiratrice degli artt. 8 della legge n.  427  del
 1985  e  3  della  legge n. 890 del 1986 starebbe nella necessita' di
 "attribuire benefici coincidenti a  dipendenti  il  cui  rapporto  di
 impiego  abbia caratteristiche simili" ed in quest'ottica il dato cui
 attribuire rilievo sarebbe costituito  dagli  analoghi  requisiti  di
 accesso,  avendo i dipendenti "transitati" nei ruoli centrali, di cui
 si e' detto, superato un concorso articolato su tre prove scritte  ed
 un  colloquio.  Il  che renderebbe "assolutamente incomprensibile" il
 disfavore del legislatore nei confronti di questi ultimi.
    2. - Si sono costituiti  gli  interessati,  che  avevano  proposto
 ricorso  al  Tribunale  amministrativo  regionale remittente, i quali
 chiedono   preliminarmente   che   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 3 della legge n. 890 del 1986 sia dichiarata
 infondata   in   quanto   detto   art.   3  sarebbe  suscettibile  di
 interpretazione estensiva nei confronti di  quanti  siano  transitati
 dai  ruoli  periferici  al  ruolo  centrale  del  ministero,  essendo
 sufficiente che gli stessi abbiano ottenuto l'accesso  alla  carriera
 mediante  il  superamento  di  un  concorso  articolato  su tre prove
 scritte e abbiano svolto mansioni uguali a quelle corrispondenti all'
 ex carriera speciale.
    L'intento del legislatore con la normativa  di  cui  e'  discorso,
 sarebbe  quello  di  estendere  i benefici di cui godeva il personale
 della ex carriera speciale in virtu' del d.P.R. n. 319 del 1972  agli
 impiegati  delle  carriere ordinarie di concetto, i quali - svolgendo
 identiche mansioni ed avendo superato identico concorso -  potrebbero
 vantare  "almeno  sul  piano  sostanziale"  un  identico  rapporto di
 servizio.
    In subordine gli stessi chiedono  l'accoglimento  della  questione
 riproponendo     sostanzialmente    le    argomentazioni    contenute
 nell'ordinanza di remissione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Questa  Corte  e'  chiamata  a  vagliare  la   legittimita'
 costituzionale dell'art. 3 della legge n. 890 del 1986 nella parte in
 cui  -  disponendo  l'estensione  dei benefici normativi ed economici
 previsti dal d.P.R. n. 319 del  1972  al  personale  della  soppressa
 carriera ordinaria di concetto delle Direzioni provinciali del tesoro
 -   esclude   dal  proprio  ambito  previsionale  i  dipendenti  gia'
 appartenenti alle carriere speciali ed ordinarie  di  concetto  delle
 suddette  Direzioni,  nel  frattempo  transitati  nelle  carriere  di
 concetto dei ruoli centrali dell'Amministrazione  del  tesoro  o  per
 superamento di concorso o in applicazione dell'art. 200 T.U. n. 3 del
 1957.
    Detta  esclusione,  introducendo  una  irrazionale  disparita'  di
 trattamento tra le due categorie di personale, violerebbe gli artt. 3
 e 97 della Costituzione.
    Alla  base  delle  dedotte  censure  vi  e'  sostanzialmente   una
 particolare connotazione della legge n. 890 del 1986, caratterizzata,
 secondo  il  giudice  a  quo,  da  "finalita' perequative", in quanto
 intesa  ad  attribuire  benefici  coincidenti  a  dipendenti  il  cui
 rapporto  di  impiego  abbia  caratteristiche simili. Nella specie il
 rapporto di impiego dei dipendenti "transitati"  nei  ruoli  centrali
 dell'Amministrazione  del tesoro sarebbe senz'altro "coincidente" con
 quello  dei  dipendenti  rimasti  in  servizio  presso  le  Direzioni
 provinciali dello stesso ministero.
    Coincidenza che il giudice a quo individua in un duplice ordine di
 dati:  a) i requisiti di accesso nella carriera di concetto (concorso
 articolato su tre prove scritte ed una orale); b) mansioni  conferite
 ed  espletate  "coincidenti"  pur  nell'ambito di ruoli diversi della
 stessa amministrazione. In  altri  termini  il  "transito"  ai  ruoli
 centrali   dell'Amministrazione   del   tesoro  dei  dipendenti  gia'
 appartenenti  alla  Direzione  provinciale  e  muniti  dei  requisiti
 surrichiamati non introdurrebbe elementi di rilievo tali da connotare
 diversamente  le  situazioni  tra  le  due  categorie  del  personale
 succitato e da giustificare un correlativo trattamento differenziato.
    Sicche' la  mancata  espansione  della  normativa  censurata  alla
 categoria  analoga  dei dipendenti "transitati" integrerebbe - attesa
 la finalita' perequativa della norma censurata - gli  estremi  di  un
 trattamento  irrazionale  con  palese  violazione  degli artt. 3 e 97
 della Costituzione.
    2. - Preliminarmente occorre esaminare il  contesto  normativo  su
 cui  poggiano  gli elementi richiamati e censurati dal giudice a quo.
 Al riguardo questa Corte ha gia' affermato (sent. n.  190  del  1992)
 che  la  legge n. 890 del 1986 (unitamente alle leggi n. 17 e 427 del
 1985) ha carattere derogatorio, introducendo  "eccezioni  fondate  su
 uno specifico e circoscritto apprezzamento del legislatore".
    Invero,  il  sistema  normativo richiamato, posto come elemento di
 raffronto del giudizio  di  comparazione  ai  fini  della  estensione
 dell'art.  3,  della  legge  n.  890  del  1986, vale a dire le norme
 concernenti le carriere speciali, la  loro  soppressione  nonche'  la
 "sistemazione"  successiva del personale da esse provenienti, attuata
 con il d.P.R. n. 319 del 1972 (particolarmente art. 4), rappresentano
 un quadro normativo totalmente estraneo alle situazioni  disciplinate
 dalla norma, oggetto del giudizio di costituzionalita'.
    Le  carriere  speciali  erano  state  istituite a suo tempo presso
 varie amministrazioni statali ed, in particolare, presso il ministero
 del tesoro (per il personale delle Ragionerie provinciali dello Stato
 e per il personale delle Direzioni provinciali del tesoro: artt.  195
 e  seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, nonche' il quadro 84 ad
 esso  allegato).  Dal  punto  di vista organizzativo tali carriere si
 contraddistinguevano per il fatto che in esse il personale  direttivo
 ed  il  personale di concetto non era ripartito in due ruoli distinti
 (come nelle carriere ordinarie), ma era compreso in  un  unico  ruolo
 suddiviso  in  due  tronconi: di concetto per le prime tre qualifiche
 (iniziali)  e  direttivo  per   le   ulteriori   quattro   qualifiche
 (terminali).  Al troncone direttivo si accedeva per pubblico concorso
 per esami  riservato  agli  impiegati  del  troncone  di  concetto  e
 articolato  su tre prove scritte (a carattere teorico-pratico) ed una
 orale (art. 196, d.P.R. n. 3 del 1957). Sotto il  profilo  funzionale
 le   carriere   speciali   erano   caratterizzate  dalla  sostanziale
 omogeneita' delle funzioni affidate agli  impiegati  appartenenti  ai
 due tronconi.
    Occorre  sottolineare  a  questo  punto  che  esse  nacquero dalla
 esigenza di tutelare gli impiegati che, muniti di titolo di studio di
 scuola secondaria svolgevano funzioni identiche rispetto a quelli del
 gruppo A (muniti di diploma di  laurea),  ma  ciononostante  venivano
 relegati   nella  carriera  di  gruppo  B,  corrispondente  a  quella
 ordinaria di concetto senza poter oltrepassare l'allora grado VI.
    Fu cosi'  che  fu  considerata  la  possibilita'  di  operare  una
 commistione fra le due carriere, prendendo dall'una, la direttiva, le
 qualifiche  piu'  elevate  e  dall'altra  (quella  di  concetto),  le
 qualifiche inferiori. Ne risultarono le c.d.  carriere  speciali  cui
 venne  applicato  il  principio  della  non  distinzione, per i gradi
 minori, fra le  carriere  direttive  e  le  carriere  di  concetto  e
 l'attribuzione  di  qualifiche  direttive soltanto agli impiegati che
 svolgessero compiti direttivi. Ne conseguiva che le carriere speciali
 comprendevano attribuzioni che, nel sistema allora vigente, erano  in
 parte direttive ed in parte di concetto.
   Le  ora  dette  carriere speciali furono soppresse e trasformate in
 corrispondenti carriere ordinarie in virtu' dell'art. 147 del  d.P.R.
 28  dicembre  1970, n. 1077. Evidentemente, siffatta soppressione non
 poteva non porre il problema del personale proveniente dalle carriere
 speciali nel senso che - avuto riguardo alle peculiarita' che -  come
 si e' dianzi rilevato - connotavano queste ultime ed, in particolare,
 alla  loro  "natura  mista"  -  non  lo si poteva far confluire nelle
 corrispondenti carriere ordinarie senza al contempo svantaggiarlo.  E
 di  fatti l'art. 147 piu' volte richiamato istitui' ruoli organici di
 carriere ordinarie direttive e (in via provvisoria) di  concetto,  ma
 con  riserva  di  sistemazione  successiva  del personale proveniente
 dalle  ex  carriere  speciali  di  concetto.  A   tale   sistemazione
 definitiva  si  e'  provveduto con il d.P.R. 1 giugno 1972, n. 319 il
 quale all'art. 4 ha disposto - a certe condizioni  -  l'inquadramento
 nelle rispettive carriere direttive di tutti gli appartenenti alle ex
 carriere  speciali,  nonche' il conseguente avanzamento di carriera e
 la connessa  valutazione  economica  della  pregressa  anzianita'  di
 servizio (art. 6).
    Con  queste  disposizioni si uniformava lo stato giuridico di gran
 parte del personale statale nel senso  che  il  relativo  ordinamento
 perdeva,  con  riguardo  a qualifiche, progressione in carriera ecc.,
 ogni carattere di specialita': correlativamente  tutto  il  personale
 rientrava  in dotazioni organiche ordinarie, abbandonandosi la logica
 degli "inquadramenti speciali", che rispondevano ad esigenze superate
 dal fine del riordinamento, possibilmente  omogeneo,  della  pubblica
 amministrazione.
    3.  -  Il  quadro di riferimento normativo surrichiamato e' - come
 gia' detto  -  estraneo  alla  situazione  disciplinata  dalla  norma
 censurata,  nella  quale  non  vengono  in considerazione le carriere
 speciali. Infatti i benefici di cui al d.P.R. n. 319  del  1972  sono
 stati estesi dall'art. 3, legge n. 890 del 1986 (nonche' dall'art. 4,
 comma  14- bis, legge n. 17 del 1985 e dall'art. 8, sesto comma della
 legge n. 427 del 1985)  al  personale  di  concetto  delle  soppresse
 carriere  ordinarie  delle  Direzioni provinciali del tesoro (nonche'
 dell'amministrazione finanziaria e della  Ragioneria  generale  dello
 Stato)  sulla  base  dei  seguenti  presupposti:  a)  superamento dei
 concorsi di ammissione alla carriera articolati su tre prove  scritte
 ed  un  colloquio;  b) svolgimento di mansioni analoghe o identiche a
 quelle degli impiegati delle ex carriere speciali.
    In forza di  questa  estensione  gli  appartenenti  alla  carriera
 ordinaria hanno potuto usufruire dei benefici accordati dal d.P.R. n.
 319 del 1972 alle carriere speciali. Senonche' l'estensione di questa
 disciplina  alle  carriere  ordinarie  di  concetto  non  e'  affatto
 riconducibile  alla  ratio  che  ha  governato  la  disciplina  delle
 carriere speciali, rispetto alla quale rappresenta, anzi, un elemento
 ostativo.
    Si  e', infatti, piu' volte rilevato, che la normativa di riordino
 delle carriere, posta con il d.P.R. n. 1077 del 1970 e proseguita con
 il  d.P.R.  n.  319  del  1972,  ha  compiuto   una   operazione   di
 "assimilabilita'"   alle   carriere  direttive  delle  sole  carriere
 speciali di concetto, sulla base di  determinati  presupposti  ed  in
 ragione  di  particolari peculiarita' connesse alle carriere speciali
 stesse.
    Da  questo  quadro  normativo  e'  possibile  trarre  una   regola
 generale:  le  carriere di concetto ordinarie non sono assimilabili a
 quelle speciali e quindi non danno titolo al trattamento previsto per
 queste ultime. La legge n. 890 del 1986  introduce  una  deroga  alla
 norma   generale,   sostituendo   ad   essa  una  diversa,  specifica
 disciplina.
    Accertata la natura derogatoria della norma censurata, e' evidente
 che essa non puo' avere  "finalita'  perequativa".  Detta  finalita',
 invero,   presuppone   un   rapporto   tra  norme  con  finalita'  di
 aggiustamento; tra le due  discipline  non  vi  e'  frattura,  ma  un
 confluire  a  finalita'  correttive.  Quando  invece  si verifica una
 rottura con la disciplina posta dalla norma  generale,  come  avviene
 per  effetto  della  norma  in  deroga,  ne  deriva  che quest'ultima
 circoscrive  la  propria  forza  prescrittiva  ai  soggetti  ed  alle
 situazioni   da   essa   disciplinati.   E  l'unica  possibilita'  di
 applicazione e' data dalla circostanza che tra il caso  ricompreso  e
 quello  escluso  ricorra l'eadem ratio, sicche' sia ingiustificato il
 restringersi  della  disciplina  soltanto  ad  alcune  delle  ipotesi
 comprese nella sua ratio.
    Nella specie non ricorre tale presupposto.
    Infatti,  l'art.  3  della  legge  n.  890  del 1986 circoscrive i
 benefici  piu'  volte  richiamati  agli  impiegati  delle   soppresse
 carriere  ordinarie  di  concetto  delle  Direzioni  provinciali  del
 tesoro. I dipendenti gia' appartenenti alle suddette Direzioni e  nel
 frattempo  "transitati"  nelle  corrispondenti carriere ordinarie dei
 ruoli centrali o, in virtu' dell'art. 200 T.U. n.  3  del  1957  o  a
 fortiori,  in  virtu'  di  concorso,  pur  appartenendo  alla  stessa
 amministrazione,  si  qualificano  per  l'inquadramento  in  un'altra
 carriera caratterizzata da sue peculiarita'.
    Del resto, lo stesso art. 200 T.U. n. 3 del 1957, disciplinando il
 trasferimento  degli  impiegati  da un ruolo ad un altro della stessa
 amministrazione, richiede  l'elemento  della  corrispondenza  tra  la
 carriera  di  provenienza e quella di destinazione. Il che implica la
 diversificazione delle carriere stesse e, quindi, la peculiarita'  di
 ciascuna di esse.
    Ne  consegue  che i dipendenti "transitati" hanno spezzato il loro
 legame con la carriera precedente delle Direzioni provinciali, cui si
 riferiscono i successivi interventi del legislatore,  a  seguito  del
 loro  confluire  nei  ruoli  centrali  della  stessa amministrazione,
 perdendo cosi' caratteristiche e trattamento propri  della  pregressa
 carriera.
    Non  e' dunque, configurabile una prosecuzione giuridica (e quindi
 economica) destinata ad  esplicarsi  in  una  carriera,  cui  non  si
 appartiene,  dato che il "transito" ex art. 200 T.U. n. 3 del 1957 (o
 a fortiori su opzione per superamento di concorso) ai ruoli  centrali
 ha  bloccato la situazione, connessa a "quel" rapporto di impiego, al
 momento del passaggio.
    Pertanto, i miglioramenti  giuridici  ed  economici,  propri  alla
 precedente  carriera,  successivi  a tale momento, non possono essere
 rivendicati dai dipendenti "transitati", in quanto  connessi  ad  una
 situazione  che, essendo cessata ad ogni effetto, non e' suscettibile
 di ulteriori sviluppi.
    Restano assorbite le censure sollevate con  riguardo  all'art.  97
 della Costituzione che, del resto, non avevano autonomo svolgimento.
    Deve,  quindi,  dichiararsi  non  fondata  la  questione  relativa
 all'art.  3  della  legge  n.  890  del   1986   che   il   Tribunale
 amministrativo  regionale per il Lazio ha sollevato con ordinanza del
 2 luglio 1992.