ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca nel procedimento penale a carico di Espinoza Gustavo, iscritta al n. 335 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1993. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice Mauro Ferri; Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale "nella parte in cui pur nell'evidenza della responsabilita' dell'imputato non consente di dichiararne immediatamente con sentenza il difetto totale di imputabilita' che gia' risulti dagli atti"; che, ad avviso del remittente, per effetto della sent. n. 41 del 1993 di questa Corte (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 425, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui stabilisce che il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere quando risulta evidente che l'imputato e' persona non imputabile) diviene dubbia la legittimita' costituzionale dell'art. 129 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 101 della costituzione; che, in relazione al primo degli indicati parametri costituzionali, viene lamentata una disparita' di trattamento rispetto ad altre situazioni contemplate dalla medesima norma (ad esempio nel caso dell'operativita' di una scriminante); disparita' risolventesi, altresi', in una ingiustificata limitazione della funzione giurisdizionale contrastante con l'art. 101 della Costituzione, in quanto l'udienza preliminare "si esaurirebbe in uno scontato meccanismo di devoluzione della regiudicanda privo di ogni contenuto concreto di giurisdizionalita'"; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita' o comunque per l'infondatezza della questione. Considerato che la questione sollevata dal giudice a quo tende palesemente a riprodurre, nell'ambito dell'art. 129 del codice di procedura penale, la medesima regola di giudizio gia' dichiarata illegittima dalla sentenza n. 41 del 1993 di questa Corte in relazione all'art. 425 del codice di procedura penale, (norma che costituisce appunto specificazione - nell'udienza preliminare - dell'obbligo dell'immediata declaratoria di determinate cause di non punibilita' previsto in via generale dall'art. 129); che, pertanto, rimanendo identici i termini della questione (al di la' delle peculiarita' di ogni caso di specie) occorre ribadire che nell'udienza preliminare non esistono "prove", ne' significativo accertamento dei fatti (cfr. sentt. n. 41 del 1993 e n. 431 del 1990) e che, proprio in previsione della possibile applicazione di misure di sicurezza, assume maggior rilevo l'esigenza di garantire la completezza del diritto di difesa; esigenza certamente non bilanciabile da contrapposti motivi di economia processuale; che, inoltre, palesemente erroneo risulta il rilievo circa la possibile sospensione del processo a tempo indefinito in applicazione degli artt. 70, 71 e 72 del codice di procedura penale, in quanto dette norme disciplinano la diversa ipotesi dell'infermita' mentale dell'imputato sopravvenuta al fatto; che le argomentazioni sopra svolte valgono ad escludere ogni contrasto della norma impugnata anche con l'art. 101 della Costituzione e che, pertanto, la questione sollevata dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lucca deve essere dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.