ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 43, secondo comma, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), promosso con ordinanza emessa l'8 febbraio 1993 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Caltanissetta sui ricorsi riuniti proposti da La Vaille Benito contro l'Ufficio provinciale I.V.A., iscritta al n. 204 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice relatore Renato Granata; Ritenuto che con ordinanza dell'8 febbraio 1993 la commissione tributaria di 1 grado di Caltanissetta, adita con ricorso La Vaille Benito, sottoposto a procedura fallimentare, per l'annullamento dell'avviso di accertamento (e di irrogazione di sanzioni) dell'Ufficio provinciale I.V.A. - ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 113, comma 2, Cost., questione incidentale di legittimita' costituzionale del secondo comma dell'art. 43 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare) nella parte in cui non riconosce al fallito la capacita' processuale alla proposizione del ricorso tributario per contestare la ricorrenza delle violazioni fiscali penalmente sanzionate; che il ricorrente, in quanto gia' dichiarato fallito, ha perduto la capacita' processuale attiva e passiva, in relazione ai rapporti di natura patrimoniale, mentre la legittimazione e' esclusivamente riconosciuta al curatore del fallimento, con la sola eccezione, in favore del fallito, dell'intervento nel giudizio per le questioni da cui potrebbe conseguire un'imputazione di bancarotta ( ex art. 43 cit.); che tale limitata capacita' processuale e' pero' inidonea a consentire al medesimo fallito l'esercizio del diritto di difesa per la salvaguardia da altre sanzioni penali comminate per violazioni fiscali; che il mancato riconoscimento di capacita' processuale direttamente in capo al fallito puo' essere causa di gravi e pregiudizievoli effetti in ragione dell'eventuale successivo accertamento di responsabilita' penale; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; Considerato che la pregiudiziale tributaria non opera piu' per i reati tributari commessi a partire dal 1 gennaio 1983 per l'intervenuta abrogazione (ad opera dell'art. 13 del d.-l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982 n. 516) delle norme che la prevedevano; mentre per i reati commessi precedentemente questa Corte e' intervenuta ripetutamente, ma settorialmente, con pronunce di dichiarazione di illegittimita' costituzionale (sent. nn. 5/93, 258/91, 2/89, 247/83, 89/82 e 88/82) le quali hanno progressivamente ridotto l'ambito della residuale applicabilita' dell'istituto; che la Commissione rimettente non indica a quale epoca risalgano i fatti contestati al contribuente successivamente dichiarato fallito, ne' specifica di quali reati questi possa o debba rispondere, facendo genericamente riferimento al cit. d.l. n. 429/82, e alle violazioni delle prescrizioni in materia di I.V.A.; che, al fine della rilevanza della questione di costituzionalita', la Commissione rimettente avrebbe dovuto motivare in ordine alla riconducibilita' dei fatti addebitati al contribuente fallito in fattispecie di reato per le quali residualmente opera ancora, in regime transitorio, la pregiudiziale tributaria; riconducibilita' che in realta' non e' neppure prospettata non avendo la Commissione rimettente indicato di quali violazioni alla normativa dell'I.V.A. si tratti; che la questione di costituzionalita' e' pertanto manifestamente inammissibile per difetto di (motivazione sulla) rilevanza; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;