ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 39 e 165 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), promosso con ordinanza emessa il 18 marzo 1993 dal Tribunale di Vicenza sull'istanza proposta da Parise Francesco, nella qualita', iscritta al n. 205 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice relatore Renato Granata; Ritenuto che il Tribunale di Vicenza - al quale il Commissario liquidatore della societa' Inteltrade S.a.s. aveva chiesto la liquidazione del compenso per l'opera svolta quale commissario giudiziale in una procedura di concordato preventivo - ha sollevato (con ordinanza del 18 aprile 1993) questione incidentale di legittimita' costituzionale degli artt. 39 e 165 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare) nella parte in cui, prevedendo che il compenso al commissario giudiziale preposto al concordato preventivo sia liquidato secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la grazia e giustizia, recepiscono (da ultimo) l'art. 5 d.m. 28 luglio 1992 n. 570; che sarebbe stato violato il principio della parita' di trattamento (art. 3 Cost.) per la ingiustificata disciplina differenziata posta rispettivamente per il commissario giudiziale preposto al concordato preventivo e per il curatore fallimentare, atteso che i criteri di determinazione del compenso spettante al primo sono ingiustificatamente piu' favorevoli rispetti a quelli previsti per il secondo, ancorche' quest'ultimo svolga un'attivita' piu' impegnativa, o comunque assimilabile, a quella del commissario giudiziale; che altresi' vi sarebbe ingiustificata disparita' nell'ambito della stessa categoria dei commissari giudiziali secondo che si tratti di concordato con garanzia o con cessione dei beni essendo di fatto piu' favorevoli i criteri di calcolo del compenso per il commissario giudiziale preposto ad un concordato con garanzia anche se questo svolge un'attivita' meno impegnativa di quella del commissario giudiziale preposto ad un concordato con cessione dei beni; che la censura puo' - secondo il giudice rimettente - investire il decreto ministeriale perche' questo, in forza del rinvio operato dalle citate norme della legge fallimentare, acquista forza di legge; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile (giacche' l'ordinanza di rimessione investe un decreto ministeriale che non e' suscettibile di sindacato da parte della Corte) e comunque non fondata (perche' la procedura del concordato preventivo e quella del fallimento hanno caratteristiche e disciplina diverse, che giustificano la diversita' dei criteri adottati per la liquidazione del compenso del curatore e del commissario giudiziale); Considerato che le censure del giudice rimettente investono esclusivamente il contenuto precettivo del cit. art. 5 d.m. 28 luglio 1992 n. 570 sull'asserito presupposto che la norma abbia acquistato forza di legge per effetto del rinvio ad essa operato dall'art. 39 (e per esso anche dall'art. 165) del R.D. 16 marzo 1942 n. 267; che si tratta invece di un rinvio formale in quanto l'art. 39 rimette in generale alla normativa sub-primaria la quantificazione della liquidazione del compenso al curatore fallimentare (e al commissario giudiziale) senza richiamare alcuna specifica (pre-esistente) disciplina, mentre il rinvio materiale richiede che "il richiamo sia indirizzato a norme determinate ed esattamente individuate dalla stessa norma che lo effettua" (sent. n. 311 del 1993); ne' l'interpretazione dell'art. 39 cit. esibisce alcuna integrazione della fattispecie legale mediante recezione del contenuto normativo di precedenti disposizioni regolamentari, integrazione che altrimenti avrebbe consentito l'impugnazione della norma primaria nelle specificazioni contenute nella fonte secondaria (sent. n. 1104 del 1988); che conseguentemente non e' stata modificata la natura (regolamentare) della fonte richiamata, ne' alle sue disposizioni e' stata conferita forza di legge; che pertanto la disciplina denunciata come ingiustificatamente discriminatoria e' contenuta in un atto che, in quanto sprovvisto di forza di legge, non e' suscettibile di essere oggetto di giudizio incidentale di costituzionalita' sicche' - secondo la giurisprudenza di questa Corte ( ord. n. 352/93, sent. n. 311/93 cit., sent. n. 199/93, sent. n. 454/91, sent. n. 23/89, ord. n. 255/88, ord. n. 121/88) - la questione sollevata e' manifestamente inammissibile, mentre l'assunta violazione del parametro costituzionale evocato puo' essere sempre accertata incidentalmente dal giudice ordinario al fine della disapplicazione della norma regolamentare (sent. n. 199/93 cit., sent. n. 333/91); Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;