ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) n. 68 ordinanze emesse il 6 aprile 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Foggia nei procedimenti penali a carico di Croce Pietro ed altri, iscritte ai nn. da 487 a 548, 592, 593, 594, 614, 618 e 641 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 38, 39, 41, 42 e 43, prima serie speciale, dell'anno 1993; 2) ordinanza emessa il 24 gennaio 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura di Matera nel procedimento penale a carico di Pastore Carlo, iscritta al n. 617 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 1 dicembre 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Foggia ha sollevato, con numerose ordinanze, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 160, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede, tra gli atti che interrompono il corso della prescrizione del reato, anche la richiesta di emissione del decreto penale di condanna, deducendo al riguardo la violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto, mentre nei confronti dell'imputato "semplicemente" rinviato a giudizio si applica un termine di prescrizione del reato piu' lungo, operando l'effetto interruttivo connesso alla translatio iudicii, l'imputato "addirittura" assoggettato ad una richiesta di condanna - quale e' la richiesta di emissione di decreto penale - non subisce l'identico effetto interruttivo, con la conseguenza che "ad un atto di maggior portata punitiva corrisponde minor efficacia, nell'esprimere l'attualita' della volonta' punitrice dello Stato"; che analoga questione e' stata sollevata dal Giudice per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Matera, il quale, nel denunciare la medesima norma per violazione del principio di uguaglianza e per contrasto con l'art. 112 della Costituzione, rileva a quest'ultimo riguardo che la disposizione censurata avrebbe omesso "di considerare la possibilita' che il P.M. richieda decreto penale di condanna per un reato prossimo a prescriversi ed il giudice la rigetti e restituisca gli atti (art. 459.3 c.p.p.) quando ormai si e' verificata la causa d'estinzione del reato"; e che nei giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata; Considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che, quindi, i relativi giudizi vanno riuniti; che i giudici a quibus nella specie richiedono una pronuncia additiva in materia penale vo'lta ad integrare la serie degli atti che tassativamente l'art. 160 del codice penale enumera come i soli idonei a produrre l'effetto di interrompere il corso della prescrizione; che una simile pronuncia palesemente fuoriesce dai poteri spettanti a questa Corte, ostandovi il principio di legalita' sancito dall'art. 25 della Costituzione (v., da ultimo, ordinanze nn. 391, 188 e 193 del 1993); e che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;