ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 53 del  d.P.R.
 20  dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unita'
 sanitarie  locali),  1,  comma  4-quinquies,  del  decreto-legge   27
 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento
 economico  dei  dirigenti  dello  Stato  e  delle  categorie  ad essi
 equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), convertito,  con
 modificazioni,  con legge 28 febbraio 1990, n. 37, e 3 della legge 19
 febbraio 1991, n. 50 (Disposizioni  sul  collocamento  a  riposo  del
 personale medico dipendente), promossi con n. 2 ordinanze emesse l'11
 luglio  1991  dal  Tribunale  amministrativo regionale della Puglia -
 sezione di Lecce - sui  ricorsi  proposti  da  Buonsanto  Annibale  e
 Peluso Ermanno contro la U.S.L. BR/4 di Brindisi, iscritte ai nn. 360
 e  361  del  registro  ordinanze  1993  e  pubblicate  nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 28,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1993;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre  1993  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che il Tribunale amministrativo regionale della Puglia -
 sezione di Lecce -, con due ordinanze di  identico  contenuto  emesse
 l'11  luglio  1991  e  pervenute a questa Corte il 12 giugno 1993, ha
 sollevato, in riferimento agli artt. 3 e  38,  secondo  comma,  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 53
 del  d.P.R.  20  dicembre  1979,  n.  761,  1, comma 4-quinquies, del
 decreto-legge  27  dicembre  1989,   n.   413   -   convertito,   con
 modificazioni,  con  legge 28 febbraio 1990, n. 37 -, e 3 della legge
 19 febbraio 1991, n. 50, "in quanto non  vengono  estesi  i  benefici
 contenuti  nelle  predette disposizioni al personale con qualifica di
 primario ospedaliero collocato a riposo prima del 21 febbraio 1991";
      che il remittente osserva che il decreto-legge n. 413 del 1989 -
 convertito con legge n. 37 del 1990 - ha  esteso  ai  soli  dirigenti
 civili  dello Stato il beneficio della proroga dell'eta' pensionabile
 a  settant'anni  (gia'  accordato  agli  insegnanti),  al   fine   di
 consentire loro l'incremento della base stipendiale pensionabile;
      che  cio'  determinerebbe la violazione degli indicati parametri
 costituzionali,  per  la  palese  ed  ingiustificata  disparita'   di
 trattamento  in danno dei sanitari delle uu.ss.ll. e, in particolare,
 dei primari, i quali, oltre alla responsabilita' organizzativa di una
 complessa unita' divisionale, svolgono  anche  una  elevata  funzione
 didattica e di promozione di iniziative di ricerca scientifica;
      che,  inoltre - prosegue il remittente - l'art. 3 della legge n.
 50 del 1991 ha ancor piu' accentuato la discriminazione a  danno  dei
 primari  collocati  a riposo prima del 21 febbraio 1991, in quanto ha
 elevato  l'eta'  pensionabile  a  settant'anni  per  i  soli  primari
 collocati  a  riposo  dopo  detta  data,  senza  neanche far salve le
 situazioni per le quali esistevano giudizi pendenti;
      che e' intervenuto in  entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 Generale  dello  Stato,  il  quale  ha  concluso  per  la   manifesta
 infondatezza delle questioni.
    Considerato  che i giudizi, concernendo identiche questioni, vanno
 riuniti e decisi congiuntamente;
      che  le  medesime  questioni  sono  state  gia'  dichiarate  non
 fondate, sotto tutti i profili, con sentenza n. 440 del 1991;
      che  in  detta  pronuncia  si  e'  in  sintesi affermato che nel
 vigente quadro normativo non e' ravvisabile una regola generale,  per
 tutti i pubblici dipendenti, di collocamento a riposo al settantesimo
 anno  di  eta', bensi' soltanto la sussistenza di deroghe a favore di
 determinate  categorie,  disposte  dal  legislatore  in  virtu'   del
 discrezionale  e  non arbitrario apprezzamento delle ragioni di volta
 in volta poste a loro fondamento, e che, d'altra parte,  la  garanzia
 del  conseguimento  del  massimo  trattamento  pensionistico  non  e'
 oggetto di tutela costituzionale  come  lo  e',  invece,  quella  del
 raggiungimento del minimo pensionabile;
      che   detti   principi  sono  stati  costantemente  ribaditi  in
 successive pronunce (cfr. sentt. nn. 491 del 1991, 374 del 1992,  459
 e  460  del  1993;  ordd.  nn.  98, 170, 193, 212, 320, 349 e 362 del
 1992);
      che in ordine, poi, alla censura relativa all'art. 3 della legge
 n. 50 del 1991, nella medesima sopra citata sentenza n. 440 del  1991
 si  e' ribadito che rientra nella discrezionalita' del legislatore la
 fissazione della data di entrata  in  vigore  delle  leggi,  essendo,
 peraltro, connaturale alla generalita' delle medesime la demarcazione
 temporale (cfr. anche ord. n. 397 del 1992);
      che,  non essendo dedotti, negli attuali giudizi, motivi nuovi o
 diversi rispetto a quelli gia' esaminati nelle richiamate  decisioni,
 le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.