ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  5-  bis,  commi
 1,2  e  5,  della  legge 8 agosto 1992, n. 359 (rectius: art. 5- bis,
 commi 1.2 e 5, del d.-l. 11 luglio 1992,  n.  333,  convertito  nella
 legge 8 agosto 1992, n. 359) (Misure urgenti per il risanamento della
 finanza pubblica), promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa il 76 maggio 1993 dalla Corte d'Appello di
 Bologna nel procedimento civile vertente tra Ferranti Anna  ed  altre
 ed il Comune di Cento, iscritta al n. 408 del registro ordinanze 1993
 e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima
 serie speciale, dell'anno 1993;
     2) ordinanza emessa il 9 marzo 1993 dal  Tribunale  di  Benevento
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  Pacelli  Alberto ed altri e
 l'Amministrazione provinciale di Benevento, iscritta al  n.  483  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto di costituzione di Ferranti Anna ed altre nonche' gli
 atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 15 dicembre  1993  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto  che  nel  corso di un giudizio di opposizione alla stima
 dell'indennita' definitiva di  espropriazione  proposto  da  Ferranti
 Anna  ed  altri  l'adita Corte d'appello di Bologna ha sollevato (con
 ordinanza del 7 maggio 1993) questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 5- bis, commi 1, 2 e 5, della legge 8 agosto
 1992  n.  359  (rectius:  art. 5- bis, commi 1, 2 e 5, d.l. 11 luglio
 1992 n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992  n.  359),  che  ha
 introdotto  nell'ordinamento  positivo una nuova normativa in materia
 di determinazione della indennita' di espropriazione,  immediatamente
 applicabile (anche) ai giudizi in corso;
      che  la  Corte rimettente ritiene che il primo comma della norma
 censurata violi l'art. 42, comma 3, Cost. nella parte in  cui  riduce
 del  40%  l'importo  ottenuto mediando il valore venale sull'immobile
 espropriato col reddito dominicale rivalutato perche' non risponde al
 canone di congruita' un indennizzo  espropriativo  pari  a  circa  il
 31,8% del valore venale del bene espropriato;
      che inoltre il secondo comma dell'art. 5- bis (stabilendo che in
 ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato puo'
 convenire  la  cessione  volontaria  del  bene  e  in tal caso non si
 applica  la  suddetta  riduzione  del  40%)  viola  il  principio  di
 eguaglianza perche' attua una irragionevole disparita' di trattamento
 tra  chi  al  momento  della  sua  entrata  in  vigore ha gia' subito
 l'esproprio e non puo' piu' convenire la cessione volontaria del bene
 e chi invece non e' ancora colpito dal provvedimento ablativo e  puo'
 addivenire alla detta cessione volontaria;
      che  altresi'  la  norma confligge con l'art. 24, comma 2, Cost.
 perche'  condiziona  la  proposizione  dell'opposizione  alla   stima
 dell'indennita'   di   esproprio   in   quanto  induce  ad  accettare
 l'indennita' determinata in sede amministrativa anche ove  il  valore
 venale posto a base del calcolo sia inferiore a quello effettivo;
      che   infine  la  disposizione  del  quinto  comma  della  norma
 censurata, secondo cui e' rinviata ad un regolamento, da emanarsi con
 decreto ministeriale, la definizione dei criteri e dei requisiti  per
 la  individuazione  della  edificabilita'  di cui al precedente terzo
 comma, viola la riserva di legge (di cui all'art. 42, comma 2, Cost.)
 perche'  autorizza  l'esercizio   di   una   potesta'   regolamentare
 ministeriale,  prescindendo  peraltro  da  qualsiasi  indicazione dei
 principi direttivi ai quali il potere esecutivo deve  uniformarsi,  e
 lascia    al    Ministro    una   assoluta   discrezionalita'   nella
 classificazione  delle  aree  edificabili;  che  inoltre  la  mancata
 previsione  di  un  limite  di  tempo entro il quale tale regolamento
 debba essere  emanato  si  riflette  negativamente  sia  sul  diritto
 dell'espropriato  alla  corresponsione  dell'indennizzo  entro  tempi
 ragionevoli  (art.  42,  comma  3,  Cost.),   sia   sulla   sollecita
 definizione  dei  giudizi  di  opposizione alla stima, non essendo il
 nuovo criterio estimativo applicabile prima dell'emanazione del detto
 regolamento (art. 24, comma 1, Cost.);
      che  si  sono  costituite  le  parti  private   senza   svolgere
 argomentazioni  difensive e solo successivamente - ma fuori termine -
 hanno depositato memoria;
      che e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che le questioni siano dichiarate non fondate;
      che  nel corso del giudizio promosso da Pacelli Alberto ed altri
 nei  confronti  dell'Amministrazione  provinciale  di  Benevento  per
 sentirla condannare, tra l'altro, al pagamento dell'indennita' per il
 periodo  di  occupazione  legittima  di  un  fondo di loro proprieta'
 l'adito Tribunale di Benevento - dopo aver  disposto  c.t.u.  per  la
 quantificazione  dell'indennita'  di  occupazione  con il criterio di
 stima del 5%  del  valore  dell'indennita'  di  espropriazione  -  ha
 sollevato  (con  ordinanza del 9 marzo 1993) questione incidentale di
 legittimita' costituzionale del medesimo art. 5- bis, commi 1, 2 e 5,
 per contrasto con gli artt. 3, 24, comma 1, e 42, commi 2 e 3, Cost.,
 svolgendo argomenti in tutto simili  a  quelli  addotti  dalla  Corte
 d'appello di Bologna;
      che  anche  in  tale  giudizio  e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato  richiamando la sentenza n. 283 del 1993 della
 Corte e chiedendo che le questioni siano dichiarate  inammissibili  e
 comunque non fondate;
   Considerato  che la questione se sia costituzionalmente legittimo -
 in riferimento all'art. 42, comma 3, Cost. - il primo comma dell'art.
 5- bis cit. perche' l'indennizzo espropriativo non  presenterebbe  le
 caratteristiche  del  "serio  ristoro", che invece dovrebbe avere, e'
 gia' stata da questa Corte dichiarata non fondata nella  sentenza  n.
 283/93  e  successivamente  manifestamente infondata con ordinanza n.
 414/93 e con sentenza n. 442/93; ne' nuove e  diverse  argomentazioni
 sono  prospettate  dalle  Corti  rimettenti  sicche'  la questione e'
 manifestamente infondata;
      che  e'  altresi'  manifestamente  infondata la questione se sia
 costituzionalmente legittimo - in riferimento all'art. 3 Cost.  -  il
 secondo  comma del medesimo art. 5- bis (prospettata sotto il profilo
 della disparita' di trattamento tra espropriati nei cui confronti, al
 momento della sua entrata in vigore, sia stato emesso il  decreto  di
 espropriazione,  e proprietari nei cui confronti non sia stato ancora
 emesso il decreto ablativo) atteso che sul punto questa Corte e' gia'
 intervenuta  con  pronuncia  additiva  dichiarando   l'illegittimita'
 costituzionale  della  disposizione  censurata nella parte in cui non
 prevede  in  favore  dei  soggetti  gia'   espropriati   al   momento
 dell'entrata  in  vigore  della legge n. 359 del 1992 e nei confronti
 dei quali l'indennita' di  espropriazione  non  sia  ancora  divenuta
 incontestabile  il  diritto di accettare l'indennita' di cui al primo
 comma con esclusione della riduzione del 40% (sent. n. 283/93 cit.);
      che la ulteriore censura del medesimo secondo comma dell'art. 5-
 bis - in riferimento all'art. 24, comma 1, Cost. - prospettata  sotto
 il  profilo  che l'abbattimento del 40% dell'indennizzo espropriativo
 in  caso  di   cessione   volontaria   opererebbe   come   deterrente
 dell'esercizio della facolta' di agire in giudizio e scoraggerebbe le
 opposizioni  alla  stima  con conseguente vulnerazione del diritto di
 azione e' manifestamente inammissibile (come gia' ritenuto da  questa
 Corte  nelle cit. pronunce) atteso che da una parte l'ordinanza della
 Corte d'appello di Bologna si riferisce ad un'area gia' espropriata e
 quindi  attiene  ad  un  procedimento  nel  quale,  per  essere  gia'
 intervenuto  il  decreto  di espropriazione, non e' piu' possibile la
 cessione volontaria e conseguentemente non e' applicabile la relativa
 disciplina; d'altra parte l'ordinanza del Tribunale di  Benevento  si
 riferisce ad un'area assoggettata ad occupazione provvisoria e quindi
 attiene  ad  un  procedimento  nel  quale  non e' ancora possibile la
 cessione volontaria;
      che parimenti e'  manifestamente  inammissibile  la  censura  di
 incostituzionalita'  -  in  riferimento agli artt. 24, comma 1, e 42,
 commi 2 e 3, Cost. - del quinto comma dell'art. 5- bis, censurato per
 violazione della riserva di legge nella parte in cui, prescindendo da
 qualsiasi indicazione dei  principi  direttivi  e  senza  neppure  la
 previsione   di   un  limite  di  tempo,  rinvia  ad  un  regolamento
 ministeriale la definizione  dei  criteri  e  dei  requisiti  per  la
 individuazione  del  carattere  di edificabilita' di fatto delle aree
 assoggettate ad espropriazione, cosi' incidendo negativamente sia sul
 diritto dell'espropriato alla  corresponsione  dell'indennizzo  entro
 tempi  ragionevoli  (art.  42,  comma  3, Cost.), sia sulla sollecita
 definizione dei giudizi di opposizione alla stima (art. 24, comma  1,
 Cost.); ed infatti la questione e' carente di rilevanza nei giudizi a
 quibus  atteso  che  da  una parte nell'ordinanza di rimessione della
 Corte d'appello di Bologna si precisa che la  destinazione  dell'area
 espropriata,  quale  risultante  dal P.R.G. all'epoca dell'esproprio,
 era di zona di attrezzature per  il  tempo  libero,  per  la  pratica
 sportiva  e  per lo spettacolo sportivo, mentre non si fa menzione di
 attitudine edificatoria di fatto;  d'altra  parte  nell'ordinanza  di
 rimessione  del Tribunale di Benevento non si precisa la destinazione
 edificatoria,  o  meno,   dell'area   assoggettata   ad   occupazione
 provvisoria,  ne'  si  fa  menzione  di  una sua possibile attitudine
 edificatoria di fatto;
      che  infine  non  c'e'  luogo  a provvedere, perche' non ricorre
 l'indefettibile presupposto della pregiudizialita',  in  ordine  alla
 richiesta   della   parti   private   costituite  che  sia  sollevata
 (d'ufficio) la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11,
 commi 5, 6, 7, 8 legge 30 dicembre 1991 n. 413 sotto il  profilo  che
 la  ritenuta d'imposta del 20% sull'indennizzo espropriativo, da tali
 disposizioni prevista, riduce quest'ultimo al di sotto  della  soglia
 di congruita';
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
 e  29,  secondo  comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.